Danza la foglia
fiammeggiando
malinconica e bella
su prati disabitati
e in solitudine d’anima.
Tutto l’autunno, foglia,
è questa danza ardente
che tutta ti consuma.
Non conosco niente di ordinario
Nessun filo d’erba. Nessun uccello
che lo sorvoli.
Nessun campo di terra. Nessun solco
che lo attraversi.
Nessuna strada. Nessun passo
che la calpesti.
Nessun giorno. Nessuna notte.
E niente di ciò che accade
ora prima dopo
E cammino nella vita
come dentro me stessa
lentamente
senza mappe
senza santuari
senza chiedere al cielo
ciò che non è in grado di dare.
Sono prati alti e solitari
nati dalla malinconia di pallide rocce
prati segreti e fruscianti
stesi all’ombra di sponde alberate
E da una sponda all’altra
un mondo di cose inafferrabili
disciolto nelle piume e nel vento
infinito e incredibile
come questo cielo d’agosto
dal color di fiordaliso.
Ora che tutto è trapassato
delle cose sofferte rimane
soltanto l’esterno del guscio
un guscio inerte e freddo
svuotato com’è di ogni dolore
e la pietà che lo riveste
ha contorni indefiniti e vaghi:
scivola in fretta dall’anima
come la sabbia sulla mano
e poi non rimane che l’ombra.
Siede sulla soglia di casa
vestita di silenzio e d’oblio:
le mani assorte sul grembo
sul grembo l’incavo dei giorni
i ricordi racchiusi nell’ombra
nell’ombra la stanchezza del sogno.
Di limpido rosa è la sera.
Di limpida ampiezza il cielo.
Non c’è traccia nel cielo:
eppure soltanto da poco
ho visto volare alti gli uccelli.
E’ la terra delle case di latta
dei materassi pulciosi
dei corpi disfatti
delle mani rapaci
degli sguardi sfuggenti
dei miseri stracci appesi a un chiodo
della muffa del fango.
Qui non c’è fruscio d’erba e d’acqua
questa è la terra degli alberi morti
Qui l’anima si sfalda come un foglio
di carta straccia
questa è la terra degli uomini infranti
E i bambini hanno occhi immensi
e negli occhi l’esilio del cielo.
Ora che sono morte
solo il vuoto ha preso
il loro posto sul ramo.