Germogli di viole

di

Floredana De Felicibus


Floredana De Felicibus - Germogli di viole
Collana "Le Schegge d'Oro" - I libri dei Premi - Poesia
14x20,5 - pp. 46 - Euro 8,00
ISBN 978-88-6587-0280

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In copertina: fotografia dell’autrice


Pubblicazione realizzata con il contributo del Club degli autori quale premio, in quanto opera 1^ classificata al Concorso Letterario Internazionale Jacques Prévert 2010 – Sezione Poesia


Motivazione del premio

«Uno dei temi proposti dalla poetessa Floredana De Felicibus è l’importanza della parola; la parola per la parola, ma anche la parola come veicolo di somma importanza per la trasmissione di immagini e sensazioni. La solitudine è onnipresente, “stiamo tutti insieme ma siamo soli”, affermazione che bene connota la vita della nostra epoca e così la parola non diventa solo un’espressione vocale dell’uomo, ma diventa una sovrapposizione di identità individuale “io stessa sarò parola e tormento” e una ricerca di comunicazione, in assenza della quale è classificabile solo come mera emissione di suoni. Altro caposaldo è il silenzio, opposizione e giustificazione della parola. Il silenzio è sì immobilità, ma con associazione ossimorica è anche musica che tutto pervade, “il silenzio della stanza / il silenzio delle membra / il silenzio della mente”. Una bella ricerca spirituale all’interno della presenza costante del tempo che fugge e stigmatizza ogni azione dell’uomo».

Il presidente della sezione poesia premio letterario J. Prévert 2010
Benedetto Di Pietro


Germogli di viole

A mia madre
A mio fratello Paolo


REGINA

D’alta forma
il tuo verbo sale
e nulla or s’ode al vento,
se non il sol del tuo bel viso
che nasconde il pallido cuor
o nèvea Musa!

Paolo De Felicibus


CON L’INCANTO DEL TUO SORRISO

E adesso anche Tu mi parli
con l’ipocrisia dei tuoi albori
e rovesci sulla tavolozza sbiadita del mio cuore
tutti i colori della tua passione,
li mesci coi toni opachi
di una primavera ostile
tra linee spente di un orizzonte,
ma senza increspature d’onde!
E diluisci il tuo vigore
sulle mie ali tinte di pallore,
mentre io intanto volo
nel silenzio della bruma
dove l’inerzia di un pennello
non fa esplodere
la policromia di un fiore.
E non so se appoggiare
il mio diniego di energia
ad un arcobaleno di illusioni
e non so se tingermi di lacrime vermiglie
e restare con l’inganno,
col baluginio di un istante.
E intanto avvolgi i miei rami nudi
con trame d’ocra di calore
e ne cingi i fianchi
con olezzi di ciliegi in fiore,
ma fredde son le tue parole,
scarne dell’intenso cielo
le mie pupille azzurro mare.
E mentre t’arrendi al buio del silenzio
all’orizzonte un’esitazione…
ti ostini tra toni tenui e intensi
tra cirri in trasparenza
a rovesciare su di me una lusinga, un ultimo bagliore…
Tenace tu, persuasa io, ti guardo
e ridipingo la mia mente con l’incanto del Tuo sorriso!


LEGGERE TRASPARENZE

Con passi sciolti avanzo
immersa in un tutto velato di nulla,
rimbocco un vocio soffocato
di movenze segrete
ricurve nell’aria, sospese…
Effimere parole sdrucciole
sui muri attenti
s’insinuano sui solchi informi
scavati nella polvere,
fuggevoli sospiri sostano
e poi si mesciano,
nell’individualità soccombono.
Un silenzio di leggere trasparenze,
sospeso su filo come marionetta,
avanza, appare e poi scompare
decanta parole su parole nell’eco inascoltata
e si perde tra la gente.
Leggeri tratti
e un movimento discreto corre,
seguono gli sguardi
che graffiano nell’aria
a parlarmi con chiarezza,
abbasso i toni
e mi sollevo con ali trasparenti.
Scorgo la casualità di effimere esistenze.
Chissà se piangerà ancora il cielo
ora che il sole è tra le mie mani?
S’anima il pensiero
in una fuggevole serenità,
ora il tempo non ha voce…
in un istante
scivolano zaffiri di nuvole sui miei occhi.


L’IMMAGINE DI TE

Eppure so che vaga torni
anche se non t’aspetto mai
ma arrivi di sorpresa d’egual vestita
e mai rinnovi la tua impronta flagra,
sali e poi m’appari
dalla curva della tua ombra
che ormai pareva perduta.
E sfidi ogni memoria
sgranata lungo il filo dell’oblio
e come grandine mi scrosci dentro
e mi frantumi
in un diluvio di rimpianti e nostalgie
e lì ti ricomponi
dove l’anima dal corpo ascende
e s’avvolge di luce e d’immortalità.
Di te m’investi
comprensibile presenza,
in te rifletto trasparentissima sostanza!
È incredibile come ogni volta torni
in questo luogo della terra
dove è tanto se riusciamo a riconoscerci,
stiamo tutti insieme ma siamo soli.
Ognuno segue strade e verità.
Ed io so chi sei, anche se sono tanti gli anni,
clemente con te è stato il tempo
che ha strappato la carne liscia dei tuoi anni
ma ha preservato l’anima e la beltà.
Il tuo tempo, mamma, non ha età
e quando il corpo soffre e nel cuore spera
la mia pena non dura oltre quell’attimo
della tua immagine,
che ritorna in me con la sua saggezza e vitalità!


È TUTTO Lì UN PASSATO
(6 aprile 2009)

Pensieri plumbei anneriscono
le crepe di queste quattro mura,
si staglia affranto il buio trafitto
da timidi accenti di un’inutile esistenza:
fasci di luce che trapelano dalle imposte,
dentro il tempo scheggiato da desideri infranti.
E polvere si spande sui passi e sulle ansie,
sulle ore di silenzio abbandonate tra gli spigoli delle stanze.
Il tempo è fermo sull’odore del tormento espanso nell’aria,
sulle lancette di un orologio
dimentico del ritmo del sole e delle stelle,
sulle note di una canzone ascoltata e poi dimenticata.
A tratti respira di vita una porta
che cigola s’accosta sbatte
e l’angoscia che graffia sull’opaca ceralacca.
È tutto lì un passato accatastato tra memorie affollate,
è tutto lì un mondo ripensato.
È tutto lì un passato dipinto nel presente
appeso ad una parete con un chiodo piegato, impolverato,
parla di una vita,
di verde quiete e papaveri in fiore
(in quella stanza divelta, unica nota di colore).
E nel silenzio, nel pianto ci ricama una farfalla la vita,
ci ricama, dolcemente…
e ci sussurra il vento tra le macerie
ci sussurra, dolcemente…
con carezze e canti melodie e inganni.
Ci ricama ancora la vita con le tue mani vuote,
col le tue mani colme di Speranza!


DOLORE DI UNA MADRE

Hai affondato il tuo dolore su radici brulle
e sei scesa in fondo nell’assenza
dimenticando i giorni e i sogni, l’alba ed il tramonto.
Il nulla ha invaso il tempo con risvegli senza senso.
Ore vuote, piene di memorie, di sguardi incessanti
sulla tua anima andata in frantumi,
sui tuoi sorrisi andati in fumo
dopo un tonfo sordo oltre quella curva assurda.
Canaglia e ingiusta vita che elargisce a piene mani
e poi in un lampo riduce tutto in un abbaglio!
Dei languidi sogni toglie il drappo
e tu non sai proteggerti,
raminga vaghi in labirinti chiusi senza più ritorni.
E disperatamente tuo figlio cerchi!
Lo cerchi nella solitudine di un battito,
tra i toni sbiaditi di un’anima
che aveva deposto le ali alla vita, e lì lo ritrovi.
È lui, sei tu, ancora vivi,
per riprendere la vostra canzone in un nuovo palpito!
Lo cerchi in un profluvio che scorre silente
dove il giorno s’inalba e tramonta,
dove s’intona il rintocco di un cuore nuovo.
Siete voi che scorrete ancora per riprendere
i vostri sogni interrotti, nell’altro, ma sono pur sogni vostri.
E ancora lo cerchi nello sguardo
di un arcobaleno dipinto nei suoi occhi,
nello specchio di una rosa
che ha ritrovato i suoi toni, il suo splendore…
E lui, è lì, nel silenzio nell’allegria
nell’incanto di una nuova vita.
E sempre ci sarà nella consolazione, nella pace,
eternamente, nell’Amore!

(Ritrovarsi in un atto di donazione)


DI ME NON SO PAROLE

Ora che s’allenta
il peregrinare dei miei giorni
raccontami di me dell’inizio del mio tempo,
è silenzio la memoria dei miei primi respiri,
senza voce l’avanzare tra i sassi
a passi nudi sotto un grappolo di stelle.
Tu solo custodisci nel cuore della mente
la scheggia del portico di pietra che ancora serba
la mia esuberanza di grida e canti.
Dimmi, dove disegna ancora,
in volo la mia gonna
le trame di intrecci e balli
tra le foglie d’oleandro?
E dimmi, era sussurro il correre,
in vortice le foglie
e il chiamare dolce, appeso tra le corolle?
Di un tempo questo mio andare non ha memoria,
né è custodito nello scrigno di colei
che ha dato vita al peregrinare del mio tempo:
ella stessa è memoria della mia memoria.
E allora, quando il tempo
non dà voce ai miei ricordi
osservo la bambina che mi è rimasta dentro,
e la scorgo mentre arriva e mi dà la mano.
È lei con la carne matura dei suoi anni
ma con gli occhi ancora di meraviglia,
è lei che nel magico intreccio di un’alba canta
e scioglie l’ali, perché ancora sa volare.
È lei, la donna capricciosa,
è lei, la bambina giudiziosa.


LASCIATEMI

Se tutto mi è indifferente
lasciatemi qui a tingermi di silenzio
seduta su questo scoglio di sale e conchiglia
schiaffeggiata dall’impeto inquieto dei flutti.
Aspetterò la bonaccia respirando la brezza
che sale ogni sera tra l’ombra dei pini
e i pensieri che oggi non hanno confini;
troppo larga la trama di rete dei giudizi sottili
e le sentenze affrettate
non restano ferme ai fili ancorati.
Lasciatemi qui a nutrirmi di tormento,
aspetterò l’approdo dei miei ragionamenti
fluttuanti ipotesi, nel fondo dei quesiti intensi,
i miei sguardi rimarranno legati
laggiù sugli specchi di vele, stremati.
Non c’è fretta, inclinato
ora è il sole ma la notte non incalza
a rovesciare i suoi toni
s’attarda in un guizzo sottile di un brusio fitto fitto
in un diluvio di parole moleste
riportate dal vento, sotto un sole ancora cocente.
Non c’è fretta, ch’io cheti il mio affanno lentamente,
io stessa sarò parola e tormento, mimesi del vento,
piano piano spremerò l’impeto della calura del sole
fino a sbiadire la foga di ogni parola,
attenderò l’ultimo momento, catarsi,
ch’io sia libera da ogni passione.
Lasciatemi così ancora un attimo
non ho forza né voglia,
voglio vivermi ancora di luce e di linfa,
domani… domani ricamminerò sul selciato,
all’alba, quando le onde si saranno chetate.


NEL CALDO TEPORE DEL NIENTE

Discreta s’insinua l’alba,
sul mio sonno approdato
alle persiane appena accostate.
E rimango così, in ascolto la quiete
rilassata l’inerzia
nel desiderio di solitudine,
di calma apparente
fisso lo sguardo
nel caldo tepore del niente.
Un’eco solo lontana:
le lancette del tempo
respiro sordo di un giorno che ritorna.
Tutto giace, e sembra in attesa:
il silenzio della stanza
il silenzio delle membra
il silenzio della mente.
E pare che in questi brevi momenti
nella linea che separa il sonno dal tempo
tutto si ritempri … lentamente!
E il cuore riveste d’albe i suoi battiti
per tingersi di nuova vita
e la mente riprende i fili
delle trame del suo destino
e il pensiero corre
per riafferrare i passi del suo giorno.
Poi sbatte nella stanza il tempo…
mentre tutto tace e attende!


APOLOGIA DI PENSIERI

Ostinati pensieri tra petali di tarassaco
sospinti nel gialloverde lucente,
sulle soglie del vento,
all’alba schiuse a tingersi d’argento
e attendere danzanti
il silenzio dell’oscurità.
Respiri di parole racchiuse nell’anima,
a rubare l’effluvio amaro
dai sepali e dalle foglie glabre,
pensieri d’ocra di corolla
che si stendono uggiosi
sul terreno d’ombra.
Fotogramma di una passione,
sfogliato del suo canto
in lanuginosi pensieri vaganti
sospinti nell’aria
in tutta la loro esuberanza,
riverberi scomposti
riposti tra i canali, tra i fossi,
ai piedi, oltre il muro
distanti, incuranti
ad un passo da me.
Sulla soglia un pensiero
calpestato da passi infangati
in attesa che s’apra un’imposta
ferma l’indifferenza oltre la porta.
Soffioni soffiati,
dispersi pensieri
a vagare nel niente
a cercare lo stesso destino:
mute marcire sui prati
dove muore ma si rinnova la vita!


COS’HANNO VISTO I TUOI OCCHI?

Così ti ricordo,
mentre arrotolavi sguardi di tabacco
seduto sulle scale arroccate, davanti casa,
all’ombra di un crepuscolo affumicato.
Aspiravi profondamente
l’unico capriccio della tua vita
e mostravi all’aria le tue dita imbrunite.
In un pugno tenevi ben strette alcune lire
che sfoderavi ai miei pigli spensierati
e attendevi che le pupille mi esplodessero in un sorriso.
Poi, indicando il tuo profilo uguale al mio
accennavi una risata singhiozzante
e ti mostravi orgoglioso
di assomigliarmi tanto.
Sono questi nonno i ricordi che ho più belli,
poi la vita con te è stata ingrata
perché quei sorrisi io non ho più ricambiato.
La mia esistenza dentro un uragano…
le carezze del tempo in vortici di assenze…
l’orgoglio e l’egoismo in sibili di indifferenze.
E in un lampo smisi di starti accanto!

Ti regalai un ultimo sorriso
quando ormai si spegneva l’alba
sul tuo stanco viso
ed io non so se hai visto la mia luce nel rivederti
e non so se il tuo cuore stanco ha affrettato il battito,
non so se hai letto sulle mie labbra il rimpianto
per non esserti stato più accanto.
– Nonno, io non so,
cos’hanno visto in quell’istante i tuoi neri occhi?


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