Diario di Smiderle Franca L’Io d’amore
Quando sono uscita per prendere alcune cose che mi mancavano mi sentivo stanca e andavo avanti con fatica, ho pranzato mi sono ripresa ed ho messo in ordine la cucina, sono ritornata a letto; sono qui dove ho accumulato i pensieri, il pensiero corre per prati e valli infiniti, tra le foreste e il deserto, tra le sabbie mobili e le voragini infinite. Telefonavo alle amiche, mi piaceva parlarne, come se lui fosse mio figlio, quel figlio maschio che non ho mai avuto, poi come un amante con passione, come una padre, quel padre che ammiravo prima che si risposasse e mi portasse via il posto di mia madre morta a soli trentotto anni; quel posto vuoto che lei aveva lasciato prematuramente, quel vuoto che mai riempì nessuno nella mia vita, mai. Risaliva quel vuoto d’amore che mia madre aveva lasciato come una cicatrice incancellabile, era una ferita e spesso si riapriva, allora guardavo la sua foto del quadro ovale che tengo nella camera da letto, che aveva fatto riprodurre mio padre alla sua morte; era bella mia madre, aveva un sorriso dolce e magnifico, l’adoravo; l’ultima volta avevo un’orchidea lilla e l’avevo deposta sopra il quadro, ora è ancora là essiccata, ma è là perché l’amore che ancora le serbo è vivo, e vale di più di quel fiore sciupato, è una fiamma che arde nel cuore e mai si spegnerà, qualche volta mi avvicino alla foto e la bacio, resta un segno che dopo un po’ di tempo sparisce.
Piove, sono tornata col motorino dal “Gruppo Artisti Scledensi”, c’è stata la riunione di fine mese, al 20 di dicembre esporremo i quadri per la mostra collettiva, io esporrò (L’oasi) ninfee gialle, c’era la scuola di pittura, disegnavano.
Deve passare ancora del tempo e poi rivedrò Massimo, il desiderio è forte e insigne all’amore; ma la mia è proprio pazzia? o normalità? Possibile che vada sempre alla ricerca del puzzle per formare quel disegno nascosto nella mia mente. Quell’amore che ho sempre sognato, cercando di riunirlo per farne orizzonte della vita, ma invece le nubi l’oscurano rendendolo sempre impossibile. Il tramonto è chiaro, il sole cala rosso dietro il monte, sono serena, ma stanca di andare continuamente nella casa di riposo a trovare la zia, dove i vecchi sembrano rami secchi e attendono di spezzarsi e giorno dopo giorno sono lì e vivono come larve umane.
Andrò a camminare lungo la via Siberia, dove la strada porta verso il bosco e nella valle scorre l’acqua limpida, una vecchia fontana grigio scuro stilla acqua cristallina, una signora qualche volta va ancora a lavare i panni su questa fontana, camminiamo, ci sono alberi di meli e noci, mele piccole che nessuno raccoglie stanno ai piedi dell’albero e noci, ne prendo una, ha ancora la buccia nera, la provo e cammino, da lontano un cane abbaia, ci viene incontro ma poi torna nella vecchia casa, dove vivono all’antica.
HO acceso la luce, poi la radio, inizia il giorno, il sole sale dall’orizzonte schiarendo il giorno, tutti dormono o quasi, si sono alzati gli operai che debbono andare al lavoro per le sei. Seguirò il giorno sulla strada che scivola via piano nella realtà della mente, “ho bisogno di lui infinitamente” “Ti raggiungerò attendimi”; Massimo, nome fittizio (nome di mio padre). Ma chi sei tu? chi ti ha dato la vita? chi era tuo padre? Sento che sei molto importante agli occhi miei. Sono ansiosa, sofferente, sto male non nel fisico me nella mente, il pensiero vaga e ogni parola esce a stento, sento il sangue scorrermi nelle vene, il cuore battere, battiti irregolari. Si fermeranno e il sangue gelerà; la morte, la liberazione dei sofferenti.
Sono stata in giro tutta la mattina, dopo essere andata dalla Nory per farle gli auguri, ai magazzini Nico ho comperato un golf rosso corallo di mohair da mettere con la gonna marrone, nei momenti più festosi. Ho la mente offuscata, “sono felice”. Vorrei andare da lui e raccontargli la mia gioia, sono come un uccello tenuto troppo tempo al buio, e che poi esposto alla luce comincia a cantare, vedo la luce, e mi prenderà per mano, è la luce di essa, “mia madre” sento la sua mano forte e calda stringermi, cingermi tenermi ferma e raccontarmi di quando ero piccola e mi dondolava sulla sedia per addormentarmi, mi ninnava mia madre, mi adorava mia madre; è vero il detto (chi fa più di mamma inganna); nella nebbia di un giorno d’aprile l’hanno seppellita, la nebbia era dentro di noi che l’amavamo, mio padre, mia sorella. Le lacrime scendono e bagnano il mio volto; non dovrei scavare nel passato perché la mia memoria è quella di un elefante; ma fanno bene, sì, mi faranno bene. Questa sera vado ad iscrivermi al circolo fotografico, domani sera andrò alla presentazione del libro di poesie della Gorgeri a Palazzo Capra; non devo chiudermi in casa anche se uscire di sera mi pesa.
Sì, domani rivedrò Massimo dovrò incontrarlo per vari motivi rimasti sospesi, sarò determinata e sicura, come sono sempre, è la mia forza, non voglio attendere ancora, devo scivolare su quell’amore impresso nella mente senza falsi termini, lui capirà dopo avermi ascoltata, così poserò su di lui l’amore velato acceso di desiderio, e formerò una catena invisibile alquanto importante. Questo mio avvicinarmi a lui sta diventando una realtà, una realtà che non può essere vera ma simile a quella vera, avrò la possibilità di rivederlo, parlargli ed anche stargli vicino. Per Natale gli spedirò quel biglietto ricavato da una mia fotografia.
Hai raccolto la forza e sei andata da Massimo, tenevi la testa abbassata, ne avevi sentito il passo; mi aspettava entrai, sentii i suoi occhi sul mio volto osservarmi, parlai, mi ascoltò, poi sovvenne tranquillo, era sereno; mi disse di tornare, ed io parlai senza finire il discorso, lo lasciai; lasciai scorrere il fiume lento, tranquillo, e tornai al mare della vita con un tulipano rosa, un iris viola senza profumo, perché tra non molto sarebbe iniziato l’inverno e quei fiori primaverili erano tumefatti dagli uomini, ma le ridonai la semplicità nel fotografarli con una specie di candelabro acceso che intesi intimare data la stagione avanzata. Nell’intimo ho una sofferenza senza fiamma, riferisco le braci sotto la cenere che ardono vive e continue, vado alla ricerca di smorzarle, alla ricerca di gioia, di pace, serenità.
Non riesco a dormire, anche se ho preso dieci gocce di EN, ascolto musica sinfonica, ho visto il cinema di (Don Milani) e mi è venuto male al petto, non un vero malore ma mi è rimasto come un peso, mi sono sentita i battiti cardiaci veloci, ho extrasistole e si aggiungono ad aritmia cardiaca. Forse sarà a causa della mente se ho tutti questi disturbi, forse m’immergo troppo nella realtà della vita, penso troppo ed è come se vivessi due realtà, quella che scrivo e quella che vivo.
Nella mente ritrovo i suoi occhi trasparenti, le parole che scorrono rare, misurate, ragionate, mentre le mie parlano al vento tra le stelle, vagano tra le nuvole, profonde veritiere che vengono alla superficie ardenti e accese dopo l’uragano, come l’arcobaleno; quando parlo mi sembra di recitare, ed espongo la mia verità anche se gli altri non la comprendono, e mi trovano strana, e Massimo prova interesse, lo comprendo, lo intuisco, così la mia forza irrompe, ed estasiata continuo a pensare a lui.
Verrà quell’ora ambra del riconoscere in noi il sentimento che brama al mio essere donna, verrà l’ora bruna della notte quando i sogni esprimono la sua verità, quando intrecciano l’esistenza ancora riempita di esaltazione propizia al nostro io superbo e veritiero, verrà: allora le braccia ti cercheranno per formare un girotondo d’amore.
Avere l’illusione di un Dio supremo, un Dio creatore del mondo è sublime, avere fede, pregare talvolta e sentirsi ascoltati, ascoltare una muta preghiera (anche se sembra inutile), tracciare parole sulla pietra e volgerti una domanda; “ma tu credi in Dio?”, sperare che la risposta sia affermativa; sì, mi dici; anch’io come te voglio avere fede, perché nulla s’affermi alla contrarietà, niente sia avverso al nostro “IO D’AMORE”. Pensieroso come un filosofo, passionale come un amante, silente come una fontana spenta, una preghiera muta, “L’IO D’AMORE” coraggioso e sincero, franco ed esaltante, esuberante e temprato, non lascia trasparire il suo profumo ad altri; ma lui percepisce, sente, ascolta, attende un giorno diverso; l’inebriante verità sfiora le membra, accende il desiderio e brama l’unione.
Il cielo è grigio, nevica, anche la mia vita è grigia, non ho entusiasmo, si sta esaurendo la voglia di vita, tutto appare opaco, insignificante, sono momenti, solo momenti, dopo riprenderò la strada; poi si aprirà quel desiderio che vedo spento.
Sabato, piove, mi sono coccolata nel letto finora, mi si è spenta l’ispirazione, ho appoggiato i piedi per terra e mi sono accorta che è pura illusione; ora cercherò altre vie luminose rischiarate dal sole, un altro uomo che potrà darmi molto.
Primo giorno d’inverno, è mezzanotte, sono tornata dalla cena degli artisti; un serata tranquilla, serena, abbiamo parlato.
Che bella notte di Natale, Stefania mi ha telefonato e mi ha detto che Babbo Natale le ha fatto un bel regalo, ed io le ho chiesto: quale? sono incinta, mi ha confermato, ho fatto il test; io sono al settimo cielo dalla felicità: quando nascerà” “alla fine di agosto”. Ti attendo nipote, sei il mio terzo nipote, nulla cambierà nell’amore”.
Si sente qualche botto sparare, tutto è tranquillo; ti penso in questo giorno sereno al nuovo anno, mi cerchi, cerchi il beato respiro dei sogni, attendi un’apertura all’anno nuovo importante, sì, ci sarà qualche passo scintillante e troverà vita nuova. Mi sento esuberante e possiedo grande speranza verso la vita, vedo già i germogli dei tulipani e dei giacinti spuntare dopo la pioggia di Febbraio, qualche nube alzarsi dileguandosi col vento e il sole riscaldare, la primavera rinverdire i prati; vado oltre il presente, attendo un sogno, ma non dormo sono sveglia completamente.
Un meraviglioso tre Gennaio, ho ricevuto molta posta; invito ai concorsi di poesia ed altro, il più interessante l’ho ricevuto da massimo; un biglietto bianco con gli auguri, mi ha risposto così “Nel complimentarmi per la sua splendida foto, ricambio i più graditi auguri per un sereno anno nuovo”.
Le foto sono riuscite,
L’io d’amore mi ha raggiunto, sento d’amarti fino allo spasimo, sento che possiedo una parte della tua anima (mi appartieni) nel senso intuitivo dello svolgersi delle ore terrene ricche di altruismo e povere di materia, sei nella buona strada e ti raggiungo col senso del dovere; sento che non posso tralasciare quello che ho donato; tutto l’abbandono dei sensi materiali privi di futuro, ma ho maturato lo spirito che non morrà; musica sento nel profondo dell’essere, musica esistenziale che trasmette luminosità attraverso la mente, e in questo momento preciso so che ci sei, qui, accanto come una luce infinita.
C’è un cielo bianco, nevicherà, sono andata ai magazzini Nico, ho comperato due magliette con maniche corte per il nascituro di Stefania. Mi sento fuori dal mondo, sto viaggiando nei pianeti senza vita, mi sento sola in questa terra e so che Massimo mi cerca, cerca l’artista che si è verificata col tempo, sente d’amarla e di provare interesse per lei, vorrebbe sapere…
In casa di riposo c’era odore di morte, era appena morta Enza; avevo bisogno dell’infermiera per la zia perché era agitata, ma arrivò tardi, disse che non poteva darle le gocce perché altrimenti si sarebbe addormentata, la zia diceva di stare male per l’agitazione, poi quando mi sembrò più calma tornai a casa.
Massimo mi guardò con gli occhi chiari, vitrei ed eterni, mi sfiorò la sicurezza della sua presenza come un bianco prato di margherite; passò un attimo e lo abbracciai, poi alla fine lo osservai teneva gli occhi abbassati per timore; lo amai in quei pochi istanti come mai era avvenuto prima.
Andare nel suo studio e ritrovarlo, stargli vicino ed accarezzarlo con gli occhi, trepidare per lui, timorosa come una farfalla appena uscita dal bozzolo, protesa a volare sopra fiori dal forte profumo primaverile, quando teporosa brezza accarezza i viali della vita e una nube bassa si alza dissolvendosi nel vento alto del cielo; e piano cammina una vita formatosi nel ventre della madre, e diventare persona.
Pensando a te la mia anima si arricchisce continuamente, fervida esprime il senso d’esserci, amorevole avvolge l’intenso cammino dei ricordi, a perseverare sulla strada faticosa della vita, ma a volte lieve come rami di ginestra che dondolano alla brezza del mattino, la forza di correre piano in quel cammino segnato dalla sorte, e scoprire che è stato fantastico avvertirne il senso d’averti incontrato.
Ecco, un momento per pensare, per allontanare il mondo e vivere l’estasi, ecco, il silenzio dentro l’anima e la serenità del cuore, un giorno dove dovrebbe piovere mentre il sole abbaglia.
Penso alla mia gioia che prevale a qualsiasi evenienza e scorre come un ruscello attorniato dai bucaneve, sgorga chiaro e lucente al sole come quei brillanti sulla neve.
Giorno dopo giorno ti raggiungerò, amore lasciato dietro la porta aperta alla ragione, sei chiuso in quella stanza d’attese e, mi aspetti, se il cuore continuerà i battiti giungerò un po’ frastornata, poi metterò a fuoco la mia mente e ti rivedrò chiaro nell’obiettivo dalla macchina cerebrale, ispiratore assoluto di questo romanzo, dalle verità interiori, affronterai tutto quello che ho immagazzinato in tanto tempo perduto dagli anni fin troppo provati dalle avversità; quegli anni in cui tu non c’eri, rimane oscuro il passato; nella voragine è buio, ma esiste la strada chiara che porta in collina, le sensazioni del turbamento esistenziale traccia sulla via (l’essere) la vita ritrovata dopo molte sofferenze.
Nel percorso tra biancospini fioriti esisti, come la primavera che attornia l’esistenza con torpore nella mente, le bianche nubi nell’azzurro portate dal vento e m’immergo in pensieri evolutivi come fossero pianto, mi sento svanire nel nulla ma tu hai braccia tese per raccogliere il mio respiro faticoso, da quanti amori ho raccolto il nettare per trasformarlo in fogli scritti dalle nuvole?
Sei con me, nelle vene come il sangue fluisce, tu sei qui ed io ascolto il cuore, battiti vitali che sfiorano la pazzia, dove intorno il vento di Marzo spazza le uniche foglie morte rimaste; sensazioni che pungono il nostro io d’amore; possediamo la forza del destino.
Il cielo è nuvoloso e tu starai versando parole di alabastro; lascio trascorse il tempo e prego che passi presto per venirti incontro con la passione dei primi attimi che ci siamo visti. Sento la mente esaltare in me quel pensiero che t’ha rincorso; poi sono venuta presso di te ad ascoltarti, allora ti sentisti forte e coronavi il sogno d’essere nella mente di un poeta, per sottrarre la percezione avvinta di artista; non avevi altra via per sopravvivere al tuo corpo mortale; questo pensavo di te e dei tuoi sogni, forse sbagliavo, ma dentro ne sentivo certezza senza fine.
Ho avuto occhi, ma non ti vidi per la città con la pioggia; grigiore del tempo, ma serenità nell’animo, dolcezza di appartenerti cole la luce e l’ombra, rivederti ed esserti accanto, sentirti il cuore mentre batte, battiti palpitanti di pensiero, esitante di percorso speranzoso di vita alla ricerca di luminosità concessa profilata di luce, di poeticità durature nel tempo così precario dell’esistenza provvisoria di un passaggio.
Il sole sta tramontando e la notte si avvicina; abbiamo camminato nel prato verde d’erba e asciutto dalla siccità, la valle era senz’acqua i sassi bianchi opachi, alberi fioriti, il vento era passato; poi tornata nella mia casa la campana scoccava cinque rintocchi, (che giornata meravigliosa).
Mi sento sola, ho telefonato a Luciano ma è tutto finito da un pezzo; ho pensato a Massimo ma ho messo fine alla mia illusione amorosa. Contatore visite dal 23-02-2009: 3123. |
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