Prometeo
Io sono un concerto di ferite
e nel chronos cerco senso e amore.
Con le fatiche quotidiane
plasmo gli uomini,
Prometeo del mio tempo,
e punito costruisco la catena
della mia prigionia.
Nella risibile società umana
anch’io trovo le aquile
a mangiarmi il fegato.
Allora indosso l’oblazione
e prego sempre la notte
di giungere dolce a ricompormi
il fegato sul Caucaso
che è poi la mia tundra.
Maschere
Inquisitore
della perpetua alterità
esploro sentieri amicali
proteo nella caverna del mio cuore.
Il mio tribunale giace
vulcano assopito
sotto le ceneri dell’Olimpo.
Anch’io come Zeus desidero il lampo,
il tuono e il fulmine
ma non vedo ciclopi.
Alle baccanti ordino
di gettare le maschere
e di rendermi la mia persona.
Dies Irae
Sguardi di cipresso
nel puzzle caotico
del globo.
Prue senza bussola
Nel mare morale
navighiamo con nuvole
e l’anima razionale
deturpata.
S’accumula la brina
di massificazione e solitudine
su campi di repentina
inquietudine.
All’alba
il nuovo giorno
sarà Dies irae?
Mio tempo
Occhi d’amore,
barbone senza bisaccia,
girovago a caccia
della verità sono ascoltatore
della mia essenza.
I miei pensieri perforati
dall’inquieta quotidianità
e lo slancio di felicità
che mi rende bucati
mani e piedi.
Mio tempo
è una «distentio animi»
a capofitto nell’oceano.
Fluido sin nell’anima.