Francesco Mauro - Non si muore per amore ma non si può vivere senza amore
Collana "Koiné" - I libri di Religione, Filosofia, Sociologia, Psicologia, Esoterismo 12x17 - pp. 88 - Euro 9,00 ISBN 978-88-6587-3076 Clicca qui per acquistare questo libro In copertina: Raffaello Sanzio particolare “La scuola di Atene. Diogene” (per gentile concessione: Musei Vaticani, Roma) Quarta di copertina: Jean Léon Gérome “Diogene” (per gentile concessione: The Walters Art Museum 600 N. Charles St. Baltimore) Prefazione La lettura del libro Non si muore per amore ma non si può vivere senza amore, opera di Francesco Mauro, ha fatto emergere dalla mia memoria una delle maximes morales di Francois de La Rochefoucauld, che recita: “Il vero amore è come i fantasmi: tutti ne parlano ma pochi li hanno visti”. Massimo Barile Introduzione Nella consapevolezza della mia misera fine, allontanata da me ogni speranza, nella fondatezza delle mie congetture, la verità che ne vien fuori sebbene chiarita e capita non mi dispensa dal dolore della sofferenza! Sebbene debba odiarti, fino a desiderare di farti male e di progettar vendette, io comunque invece piango e ancora ti rimpiango! Leggo letture inerenti al mal d’amore, con le quali mi ritrovo talvolta d’accordo, senza per questo sposarle e trovare in loro, la serenità e la forza di praticarle! Non avrei mai pensato che fosse possibile **morire per amore**, ma devo ricredermi e riscrivere la frase **“non si può vivere senza amore”** ed è per questo che, è possibile morire per amore, morire per te. In questa (lettera) piccola introduzione al libro, emergono verità sofferte, ma vere sono anche le contraddizioni, perdono e rancore, gocce d’odio e ancora tanto amore. Che Fare? Esistono saggi o manuali infallibili per guarire dal mal d’amore? Saggi: SÌ – Manuali infallibili e rimedi universali: NO Nei saggi, troverete molti buoni consigli che sebbene possano essere condivisibili, scoprirete che hanno anche dei limiti, soprattutto quando i suggerimenti si trasformano in veri diktat spacciati per verità assolute, che sono invece tutte da ponderare se non addirittura da confutare. L’argomento, infatti, è così delicato e devastante, che sarebbe opportuno avvicinarcisi con estrema umiltà e cautela, rivolgendosi a dei cuori infranti bisogna tener conto delle loro sofferenze, delle loro sensibilità, delle loro diverse capacità di reazione. “La consapevolezza altro non è che sbagliare sapendo di sbagliare” (F. Mauro, Pensieri pensati per te). Allora è preferibile imparare dai propri errori, che sbagliare costretti nel seguire strade tracciate da altri. Pensieri del passato talvolta in contraddizione tra loro, ma comunque sempre illuminanti che v’illumineranno la strada o meglio, le strade migliori che potrete scegliere per poi tentare di percorrerle secondo le vostre forze. Sarete così voi a scegliere e a piluccare tra le diverse portate senza paura di commettere errori, che errori poi non sono mai. L’Autore Non si muore per amore ma non si può vivere senza amoreCAPITOLO I “Dopo un dissidio e una lite personale, tra uomo e una donna, una parte soffre moltissimo all’idea di aver fatto male all’altra, l’altra invece soffre moltissimo all’idea di non averne fatto abbastanza alla prima; perciò con lacrime, singhiozzi ed espressioni sconvolte, procura di appesantirle il cuore anche dopo” (Nietzsche). Alla fine di un amore, di ogni amore, la sofferenza è tanto maggiore quanto maggiore era l’intensità dello stesso, più l’amore era profondo così il dolore e la sofferenza saranno profondi e intensi. Già, ma chi soffre di più? Chi lascia o chi è stato lasciato? Senza orgoglio quasi in ginocchio oppure colmo di rabbia quasi a sfiorare la violenza, supplicherà amore laddove non ce n’è più.
. La sofferenza di chi lascia, si chiama RIMORSO, figlio della colpa, per la consapevolezza di aver ucciso i sogni dell’altro/a e per il dispiacere di veder soffrire atrocemente proprio la persona che l’ama fino a morire. Questo rimorso, questo senso di colpa comunque durerà poco, specialmente se la ragione della fine era un altro nuovo amore. La nuova infatuazione, renderà crudeli, spietati, cinici ed egoisti; la nuova felicità farà dimenticare in fretta la loro “sofferenza”! Tuttavia la sofferenza, potrà sempre riaffiorare e magari anche più intensa qualora chi lasci, si ravvedesse nel più sentito pentimento, per l’errore commesso . “Perdere qualcosa d’importante è già un dramma, perdere qualcosa d’importante a causa nostra è la vera tragedia” (Pensieri pensati per te). A questo proposito scrissi qualche anno fa “Essere abbandonati da chi si ama, è un dramma e un dolore che, il tempo prima o poi cancellerà, abbandonare chi ci ama è la vera tragedia, il tempo prima o poi ci presenterà il conto da pagare” (Pensieri pensati per te). Scrissi anche però, “Non sempre il tempo rimedia alle pene d’amore, può cicatrizzare le ferite rendendole appena appena visibili, ma la perdita del vero grande amore è più simile a un’amputazione di un arto, e qui il tempo non può nulla, la ferita è sempre bene in vista!” (Pensieri pensati per te). Ecco il tutto e il contrario di tutto, come si può generalizzare? Come si può quantificare e discernere la profondità di un dolore, di una delusione, di un senso di colpa? Come suggerire allora terapie e rimedi per superare le pene che inevitabilmente l’amore porta con sé? Ogni anima, sopravvive al dolore con la propria sensibilità, pertanto non cercate di mettere troppo scrupolosamente in pratica ciò che leggete o sentite, anzi non lasciatevi influenzare da vicende simili alla vostra ma che non è la vostra, seguite invece sempre il vostro cuore e se seguendolo, cadrete, rialzatevi per seguirlo ancora. Penso e ne sono convinto che il dolore più grande, la sofferenza più vera resta ovviamente nel cuore dell’abbandonato/a, nel cuore di chi ancora ama disperatamente. Sofferenza che le donne nascondono e sopportano meglio dell’uomo, l’uomo sesso forte è da sempre nel sentimento il più fragile, e non solo per orgoglio o amor proprio, ma proprio perché quando ama davvero, l’orgoglio e l’amor proprio sono soffocati dal vero sentimento, così che poi perdendo l’amore, la loro rivincita determinerà per lui una tragica doppia frustrazione quasi impossibile da sopportare. “L’uomo che perde l’amore, è perduto nel vuoto del niente, a nulla servirà la bella filosofia letta e riletta, si ritroverà solo a piangere e a mendicare amore” (Pensieri pensati per te). “La filosofia trionfa agevolmente sui mali trascorsi e sui mali a venire. Ma i mali presenti trionfano su di essa” (De La Rochefoucauld). Sono però questi i cuori più belli da dipingere, da scolpire e da poetizzare, le pagine seguenti le ho scritte per loro. Superare la fine di un amore
CAPITOLO II Per superare la fine di un amore, è necessario capire perché è finito, per questo è necessario il chiarimento, chiarimento apportato da colui/ei che abbandona, il quale dovrà essere veritiero altrimenti potrebbe solo illudere e soprattutto rallentare la guarigione dell’abbandonato/a. Fate dunque bene attenzione perché: “Un’anima che si sa amata, ma che non sa amare, rivela la propria feccia, ciò che vi è di più in basso viene in superficie” (Nietzsche). Importante perciò sarà, il coraggio e la sincerità di chi abbandona, e qui subentrano l’attendibilità e la stima che ancora confidate in chi vi sta calpestando il cuore, e questo lo potrete sapere solo e soltanto voi, anzi solo e soltanto il vostro cuore. È necessario chiarire subito, se l’abbandono è la conseguenza di un nuovo innamoramento, è importantissimo saperlo, anche se fa molto male; sapere che si è stati sostituiti è terribile ma aiuta a guarire. (Se l’abbandono è improvviso, la ragione è di solito questa). Purtroppo, è difficile che chi lasci abbia il coraggio di confessarvelo, pertanto sarà più facile, che vi confessi mezze verità e spiegazioni ambigue con il solo scopo di depistarvi o scaricarvi colpe che quasi sicuramente non avete. Discernere la verità e comprenderla è difficilissimo per chi è abbandonato/a, anche per via del forte disagio emotivo e confusionale in cui è sprofondato/a, vuoi l’agitazione e la sorpresa, vuoi la paura e l’impotenza, saranno come bende sugli occhi e tappi negli orecchi, poco o nulla capirà, anzi, tenderà a negare la realtà, a non credere che questa feccia, sia tutta vera e definitiva, crederà invece che tutto si possa ancora recuperare . È facile che se non avete ascoltato con attenzione e consapevolezza le ultime parole pronunciate da chi vi ha abbandonato/a, non sarete stati nemmeno capaci di opporre le giuste domande, i giusti dubbi e le giuste obiezioni. Ricordatevi invece che chi lascia e accetta il confronto/chiarimento, ha già bene in mente le cose che vuole dire o meglio recitare, facendo ben attenzione a non sbagliare, e qualora riusciste in qualche opportuna domanda, certamente vi presenterà una pronta risposta che era già stata preparata ad arte. Così, di solito il chiarimento non sortisce nessun effetto positivo per l’abbandonato/a, mentre chi lascia (specialmente se bugiardo/a) si gode la soddisfazione per aver adempito l’ultimo dovere, seppure conscio di aver mentito, perché comunque adesso è libero/a, di andarsene senz’altri obblighi. Il fallito chiarimento invece segnerà per l’abbandonato, l’inizio di un vero auto processo. Egli si accuserà di tutto e in maniera ossessiva, rivivrà le immagini dell’ultimo incontro, si ripeterà mentalmente le parole udite ma non assimilate. Così che parola dopo parola, riaffioreranno tutte le parole e i loro veri significati che la mente poi collegherà ad altre vecchie frasi apparentemente banali udite in passato che spiegano inequivocabilmente quelle presenti. Pian piano ricostruirà il puzzle della situazione, che lo porterà a desiderare un nuovo chiarimento per porre le sue obiezioni seppure tardive, colme di rabbia per non averle poste prima. È evidente che se il chiarimento non ha portato la verità, ma solo dubbi e rabbia, l’abbandonato, si ritroverà al punto di partenza, anzi la sofferenza si sarà raddoppiata così come la confusione e la rabbia. L’abbandonato allora si troverà a dover scegliere tra: affrontare con coraggio la verità in un nuovo chiarimento o lasciare tutto così. A) Nel dubbio, vorrà cercare, indagare, chiedere ancora spiegazioni, ma per far questo dovrà umiliarsi a cercare ancora l’ex partner e rischiarne così l’ira e l’indolenza di chi non ama più. Rischiare di sentirsi ancora respinto/a e umiliato/a, talvolta odiato/a e deriso/a. Rischiare ancora un ennesimo fallimento, che lo porterebbe a un nuovo bisogno di chiarimento che ne innescherebbe poi un altro e poi un altro ancora. Rischiare di risprofondare nella disperazione per non essere stato nemmeno rispettato/a, così da non riuscire ad accettare che l’amato/a, sia riuscito a farla franca, alimentando la propria frustrazione davanti alla propria impotenza, aumentando a dismisura i rancori e la rabbia che se sfogata male, sfiora desideri malsani di vendetta che possono purtroppo anche sfociare in violenza. B) Oppure lasciare che sia tutto così, mettersi da parte e sparire con il proprio dolore, trattenere ogni rancore, lasciare tutti i dubbi, alleviare la rabbia con la speranza che l’amata/o possa ravvedersi e nel pentimento tornare a cercarlo/a, (non succede quasi mai) concedendosi un giusto tempo per elaborare la rabbia e confutare le possibili probabilità delle proprie speranze. Nel dubbio, credere ancora nell’amore seguendo quest’ultima speranza: “Tutto ciò che trattieni con forza, lo perderai, tutto ciò che lasci andare lo ritroverai” (Pensieri pensati per te). Che fare? “Si parla tanto del bello che è nella certezza; sembra che s’ignori la bellezza più sottile che è nel dubbio. Credere è molto monotono, il dubbio è profondamente appassionante. Stare all’erta, ecco la vita; essere cullato nella tranquillità, ecco la morte” (Oscar Wilde). In poche parole a restare nel dubbio si soffre ma si vive ancora nella speranza, mentre la certezza è morte! Ho sempre amato quest’aforisma di Wilde e sono sempre stato dalla parte del dubbio, ma nel mal d’amore, per salvarmi, sceglierei senza dubbio la certezza. La speranza in amore prolunga l’agonia e la ferita non si rimargina. La speranza, questa speranza alimenta il dolore cattivo che allontana la guarigione. Meglio rischiare ma cercare la verità, verità che farà male da morire ma indispensabile per guarire. Meglio non aver più dubbi, meglio la certezza che determina l’inizio dell’accettazione. Che sia morte e mai ferita! L’accettazione, il passo più doloroso, più patetico, certamente più difficile, che si articola in due fasi che si succedono l’un l’altra e cioè:
[continua] Contatore visite dal 13-03-2013: 9235. |
||||||