Franco Casadei - Ed io che sono?
Collana "Le Schegge d'Oro" - I libri dei Premi - Poesia 12x17 - pp. 32 - Euro 6,00 ISBN 978-88-6587-1621 Clicca qui per acquistare questo libro In copertina: «Maremma toscana». Fotografia di Franco Casadei Pubblicazione realizzata dal Club degli autori quale premio, in quanto opera 3^ classificata del Concorso Letterario «Jacques Prévert» 2011 – Sezione Poesia Motivazione dell’attribuzione del 3° premio al Concorso Letterario «Jacques Prévert» 2011 Sezione Poesia In questa raccolta c’è dolore, attesa del commiato, forse anche desiderio di commiato. Non c’è paura, però. Curiosità, semmai, e tanta voglia di continuare a farsi domande, anche sapendo che le risposte, con ogni probabilità, arriveranno esattamente quando sarà troppo tardi per poterle rivelare. Vediamo la prima questione: il dolore. Uno dei motivi per cui la poesia, in generale, è poco amata – specie dai giovani, specie quando se la trovano di fronte a scuola – è proprio questo. La domanda ricorrente è: ma i poeti non sanno fare altro che essere tristi e angosciati, e pensare alla sofferenza e alla morte? Su, un po’ di vita! È certo che in un tempo presente come il nostro, che ha rigettato l’idea stessa del dolore – fisico o mentale che sia – come condizione oscena e indegna, parlarne risulta un po’ difficile. Per dirla tutta, rischia di diventare la voce del profeta che chiama nel deserto. Eppure, noi sappiamo, anche se vorremmo non sapere. Sappiamo che ignorare la dimensione del dolore – totalmente e interamente umana – ci lascia soli e smarriti più di quanto già non siamo. Sappiamo che il dolore si può vivere solo nell’empatia, nella consapevolezza che si è uguali e fratelli proprio lì, dentro e di fronte al male (di vivere, di esserci, di esistere). Ma niente da fare: è argomento tabù, un po’ come la spazzatura nei salotti buoni. Pazienza, allora: sopportiamo che l’immaginario collettivo ci imbonisca con miraggi di eterne giovinezze, di prestanze fisiche pret-à-porter, di sorrisi smaglianti un tanto al chilo; e concediamoci il lusso di qualche solitudine privilegiata, lasciamo che versi come quelli di Casadei rammentino che dire “dolore” si può e si deve, e non occorre tapparsi le orecchie perché, anzi, l’immagine di poveri cimiteri di campagna, ombrosi e solitari, commuove e conforta: “si cammina in silenzio sulla ghiaia / e sui sentieri d’erba, i marmi sbrecciati […] Vi passerò il tempo del riposo / se inquieto / mi pare il posto giusto”. Accogliamo nel nostro immaginario privato, visto che in quello pubblico non si può, la vecchia povera di cui rimane solo l’ “eco della tosse”, la ragazza che entra in clausura (“spiga matura / e bionda a S. Giovanni […] rimasta solitaria in mezzo al campo”), la mater dolorosa (“gli avevo tessuto le mani / gli occhi, la carne rosa del fiore […] Non voglio essere consolata, a Te avvinta sarò di marmo, statua”); chiediamoci “è una condanna vivere?” e accettiamone le conseguenze (“pagherò il pedaggio / prima del commiato / che io meriti la terra che mi copre / vi cresca folta l’erba”), fino all’ultima, che riassumerà in uno solo gesto tutto il percorso: “per un solo passeggero / scenderà l’uomo in divisa / con garbo indicherà la mia carrozza / guarderò dai finestrini alla partenza / le strade bianche delle mie colline / e il mare. / Dirò grazie, appena un po’ commosso”. Grazie, ecco: lo diciamo anche noi. Olivia Trioschi Ed io che sono?La collana editoriale “Le schegge d’oro” rappresenta un simbolico scrigno letterario nel quale vengono custodite le opere degli Autori che hanno meritato riconoscimenti e affermazioni nei numerosi concorsi letterari. Contatore visite dal 02-02-2012: 3109. |
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