Columba livia
Poeti.
Larghi occhi
e spalle frali.
Affetti
da dolce,
esiziale disprassia.
Incapaci
di vivere.
Poeti. Non li invidio.
E d’altro canto, come potrei? Son come piccioni; troppi. Una vita a grugare, tubare… tanti versi, per nulla.
Distanti, distratti; vittime di un’esistenza casuale. Come fossero altrove; sempre.
Manco di fronte a un’auto si spostano, s’involano. Devi aver cura tu di loro, scartandoli.
Davvero li amano in pochi, costoro. Questuanti, sempre a capo chino, sempre a caccia di briciole, semi; avanzi.
Cari pennuti, il mondo non ama chi cerca, ma chi trova!
E poi volano, e volando crivellan tutto quanto con la loro merda. Se sparissero d’un tratto, ti ricorderesti di loro unicamente per quella: per quegli oltraggi cagati a casaccio, come a dir “è tutto un cesso”.
Mi hanno raccontato una storia sui piccioni. Pare conquistino i sottotetti, sfondando gli abbaini a cornate.
In pratica si gettano sui vetri, per infrangerli ed aprir varchi, per chi verrà. Uno sull’altro, passano; come gli anni, fino a liberar la vi(t)a.
Puoi declinar come credi: altruismo, eroismo, spirito di squadra…
Io provo pena, per loro.
Penso s’immolino perché non han cura di sé. Perché nessuno s’accorgerebbe della loro assenza; a nessuno mancherebbero.
Il narciso giallo
Nel mio giardino
è nato un narciso.
Uno.
Fossero mille, sarebbe un sogno…
Lui, è la realtà.
La bellezza è un evento
raro;
isolato.
Perciò sorprende.
Perciò rattrista.
L’unicità è solitudine.
Vuoto a perdere
La beauté séduit la chair pour obtenir la permission de passer jusqu’à l’âme.
(Simone Weil)
Mangio la sola polpa;
non il torso,
che svello,
avanzo…
o sputo.
L’anima è tara;
un peso in più,
che paghi.
Tuttavia è frutto;
sostanza del frutto.
E col frutto
si vende,
senza definirlo;
senza stimarlo.
L’accetti com’è,
anche se,
a volte,
è tanto amara
che vorresti
mancasse.
Passaggi
Barchette di carta
le parole
le nostre vite
solcano.
E i bambini?
Lo ami?
Siamo naufraghi.
Funamboli
E poi, la resa.
Ammainati
lo sguardo
e gli occhi, deposti
negli altrui ho visto
i tuoi, scuri;
e identiche colpe,
vere o apparenti
davvero, davvero
non contano più.
Due cuori agli estremi di un’asta;
un funambolo al centro, l’amore.
E noi, un cratere nel petto,
a guardarci, lassù,
sperando resista
la fune, tesa
sul vuoto.
Unità
Sa di foglie d’autunno, di fiori raccolti;
sa di grano mietuto
l’amore.
Di cose che, morte,
seppure per poco, profuman lo stesso.
Corteccia
Le rughe e i miei occhi;
le une a imbrigliare
le piene degli altri.
S’incanala il dolore?
C’è cura e illusione nell’incipiente
vecchiezza; si tracciano
solchi, quasi ad aver
da seminare domani.
[continua]