Sei la tentazione
a dire sì al giorno,
la trasparenza
che terge dall’acqua
il brivido urgente della vita.
Lo raccontano le tue iridi chiare,
mutevoli nella luce
quando interseca l’ombra
o l’armonia
della tua anima.
Siamo un bacio di luce
nella brezza
e duriamo
il tempo di un abbraccio
tagliato dal fuoco della vita
Andiamo per i campi, amore,
ci terremo per mano,
nel vento che suggella la gioia.
Punteremo verso l’orizzonte,
a chi ci chiede un fiore
daremo un campo.
Riempiremo le nostre borracce,
quelle di latta d’antico ovattate
ove l’acqua regge l’armonia della sorgente
e ci disseteremo
sicuri di non concorrere
al cumulo di plastica
che incombe come un boomerang
sui bimbi appena nati.
Riscopriremo al tatto lo spessore della fibra
e del suo odore acre
aspergeremo le nostre narici.
Imbastiremo di iuta un vessillo
perchè nessuno
si riconosca estraneo al credo.
Quando la scoprii mi baciò col suo fendente
e più non seppi fare a meno di lei.
M’invase tra i marosi
e seppi udire la sua risata nel fragore della roccia
avida anch’essa della sua freschezza.
M’inseguì nel ruggito della cascata
e proruppe come un lampo nella mia anima.
Non seppi fare a meno di lei mai
e la cercai in ogni specchio in ogni sguardo ogni scintilla
che avesse dichiarato la lucida trasparenza
vigorosa come il minerale della nascita.
Tu Luce,
carisma dei paesaggi assolati,
delle anime grandi,
della libellula che sorvola lucente il ridente ruscello,
sei tu il mio tormento,
la mia ricerca,
la mia visione.
Quando giunsi tra le arterie rarefatte della tua linfa,
ti vidi venirmi incontro con la tua bocca d’avorio e di salsedine
e l’indole sempre orgogliosa che ti fece perla.
Sotto la luce rigida della penombra
sembrò non finissero mai le carreggiate polverose
di sabbia e di calore.
Desti l’impressione d’essere terra di nessuno
tanto la libertà aveva scolpito le sue facce indipendenti sulle tue case,
ma le pietre tutte bianche e lucenti come latta
mi restituirono la tua pura identità,
città delle saline e dei mulini a vento,
contesa fra le burrasche e il mare.
Il mare,
fiero e battente come ferro caldo
arrivò fino ai vicoli col suo odore,
Drepanon,
e non potei confondere il tuo profumo ineguagliabile.
Oh città di sole,
il fuoco che t’incombe sul cuore
allevia la durezza che mostrasti ai tuoi canali
quando i servitori t’invasero
e tu offristi al mare l’ebbrezza del tuo amore,
il canto solitario che dalle lampare
saliva fino al mio cuore libero.
Allora ero sulla roccia della tua anima
e contemplavo il tuo ventre pieno di voci vivide,
la tua chioma quasi laminata a festa nella sera,
una sera calata e improvvisa
come la tua visione.
Tra anime disabilitate alla bellezza
m’incendia l’eccentrica voglia
d’innestare il brivido che sa dire t’amo
disciogliendo le arterie indurite dell’abitudine amorfa,
della prepotenza,
dell’egoismo.
Perchè lo stupore è tutto nel circuito d’amore,
nella linfa rivelata ai colori,
al gettito di sospiro,
respiro di luce
nel sole.
continua