Sprazzo di luce cosmica
Avrò avuto vent’anni; un’età che tutti giudicano invidiabile perché il trascorrere del tempo modifica la memoria del passato lasciando intravedere quasi interamente le esperienze piacevoli, e rivestendo di rosa quelle sgradevoli. In effetti, se ben si valuta l’evolversi della vita in generale, in ogni epoca, sia essa infanzia, giovinezza, maturità o vecchiaia, si riscontrano periodi di serenità e di tristezza irregolarmente distribuiti.
L’adolescenza rappresenta il periodo più arduo dell’intera esistenza umana essendo caratterizzato dalla crisi puberale che comporta una serie di complesse trasformazioni biologiche e sociali.
I miei verdi anni, proprio come quelli di tutti gli adolescenti, si svolsero necessariamente fra disarmonie ed instabilità più volte evidenziate nel mio diario. Prediligevo la solitudine, anche se, nello stesso tempo, cercavo con timore di ampliare le poche amicizie già consolidate. L’inesperienza mi dava motivo d’insicurezza e di timidezza nei confronti di compagni ed insegnanti causando difficoltà a scuola e poi all’università.
Fu proprio uno degli esami del primo anno di medicina, che non ero riuscito a superare, a gettarmi in una cupa disperazione. Mi chiedevo se non dovessi abbandonare gli studi ed andare a lavorare come operaio; mi chiedevo se non era il caso di fuggire di casa e vivere alla giornata, o ancora, argomentando estreme conseguenze, se dovessi continuare a vivere.
Seduto sul balcone di casa mia, all’imbrunire, meditavo su questi problemi personali, né mi dava pace il cielo sereno ove spuntavano le prime stelle, né mi rasserenava l’ampio panorama che s’illuminava poco a poco di luci cittadine, ed ero pronto per il tragico salto finale.
Improvvisamente dentro di me ho avvertito una voce chiara, protettiva, disponibile, ma imperativa, che non ammetteva repliche; era la voce ultima dell’Assoluto che rispondeva ai miei dubbi dandomi una risposta completa, risolutiva e definitiva. Questa risposta comprendeva non solo i miei singoli ed egoistici problemi personali, ma soprattutto il significato concreto della vita in generale e del cosmo intero.
E’ stata un’esperienza folgorante, durata forse pochi decimi di secondo, che mi ha segnato per sempre. Ricordo che, qualche minuto dopo essermi ripreso dalla meraviglia di quest’avventura, sono rientrato in casa e ne ho palato con i miei genitori, ma essi, non avendola vissuta, non riuscirono a capire, pur complimentandosi con me per essere riuscito a risolvere così rapidamente i miei problemi esistenziali.
Cercherò ora di descrivere ciò che percepii in quel brevissimo istante anche se dovrò impiegare molto più tempo. La voce innanzi tutto mi consolò facendomi capire che un esame fallito non era nulla di fronte a quelli che già avevo superato, alla cultura ed all’esperienza che avevo accumulato negli anni. Vidi me stesso alle elementari, alle medie, al liceo e all’università. Un ostacolo come quello, o come altri che avrei incontrato, era naturale che accadesse, e faceva parte delle difficoltà che ogni essere vivente doveva superare per maturare. Mi fece capire, e lo vidi, che le piante, gli animali e gli uomini sono come piccolissimi ed innumerevoli ingranaggi di un unico, immenso complesso, e tutti hanno la funzione di muoversi secondo precise leggi naturali per un progresso comune ed universale. Non esiste pertanto un individuo vivente, per quanto minimo ed apparentemente insignificante, che non abbia la sua importanza in questo grandioso meccanismo in continuo sviluppo ed evoluzione. Con chiarezza impossibile a descriversi compresi che tutte le creature sono permeate di proprietà e principi che, con il compiersi ciclico delle generazioni, li rende perfettibili e quasi immortali.
In quel periodo non m’interessavo ancora con passione di astronomia, ma rimasi impressionato nell’osservare il funzionamento dell’universo intero in cui distinsi il puntino infinitesimale, rappresentato dalla Terra, sperduto nel vuoto. Il Sole, i pianeti, le stelle, le galassie, gli enormi spazi del cosmo. In questa dimensione era stupefacente la sensazione in cui mi trovavo, al di fuori del tempo: presente, passato e futuro non esistevano o coesistevano; non c’era inizio né fine ed era tutt’uno. Potevo contemplare l’eternità nel movimento stesso della sua concretizzazione. Non formulavo domande, perché le risposte erano già pronte nella mia mente. Ero, in qualche modo, onnisciente; avevo una visione universale con una consapevolezza totale vertiginosa della verità, anche se, ora, stento a ricordarla nella sua interezza.
Era la voce di Dio o la conseguenza di un’elaborata riflessione, improvvisa ed inconscia generatasi nel mio cervello stressato? Non lo so. Anche se oggi propendo per la seconda ipotesi, mi piace ricorrere al dubbio, o meglio, lascio un’apertura all’altra eventualità, senza impormi una risposta per un quesito al quale non è possibile replicare scientificamente. Quell’esperienza cosmica ha indubbiamente influenzato la mia vita intera mutando la concezione religiosa in cui ero nato e vissuto fino allora. Mi ha spinto a ricercare sempre di più quale fosse il modo migliore per realizzare le facoltà di cui disponevo. Non ha infine diminuito gli ostacoli con i quali mi sono imbattuto, ma ha modificato le modalità con le quali ho reagito, anche nei confronti dell’idea della vita e della morte.
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