Oh poeta
Oh poeta,
i tuoi cantici
si affievolano,
con l’orrore avanzante.
Le tue odi, non destano
il reale vigore,
nel stagnar di un marasma
nel rumore assordante.
Il tuo emulare
subisce incertezza
in mobili sabbie
melmose ingoianti.
D’armonie confuse
gioie sfumate,
non scorre la penna
con lieto ardore.
Le tenaglie ci stringono
nessuno ti ascolta,
il pianeta piange
lacrime di cristallo.
Accheta la tua rabbia
inutili le tue urla,
la verità è scomoda
meglio non sentire.
Oh uomo
Uomo, qual è il tuo cogitare
tra una lacrima e un tripudio
questo percorso senza tregua
in quali lusinghe affondi.
Lasciarti trasportare
in pantani viziosi,
in avide lussurie
dove l’anima s’accartoccia.
E’ nella danza
di questa esistenza,
echeggia l’armonia
di questo universo.
Oh uomo perché
non vuoi assaggiare
il benessere disponibile
di questa natura.
In questa società
di facili chimere,
invitanti, malavitose
d’approdo suadente.
Dai un senso alla vita
con vivida speme
d’un mondo migliore
coltivando l’amore.
Donna
Sull’orme di Venere
per bellezza e femminilità,
alla conquista di vette irte, erudite.
Sei l’habitat della procreazione,
la maternità è il Tuo trionfo
di un vivido aleggiare armonioso
un tripudio esistenziale.
Il grave è l’etnie melense
dove la Donna è attanagliata
schiavizzata, mutilata.
E’ sacrilegio denigrare
l’essere che gestisce e germoglia
la propria stirpe.
Forse un dì, giungeranno l’ore
dell’attenuarsi a tale indecenza,
sdipanare il divenire
d’un evolversi al terso
in un vezzo convivere
nella danza della vita.