CAPITOLO 1
Roma, 16 ottobre 1943
Il piccolo Guido era avvolto in un turbine di disperazione. Non aveva ancora compiuto quattro anni, ma il calore della mamma gli mancava già terribilmente, sostituito dalle braccia accoglienti, seppur estranee, di una donna in divisa. Non riusciva a comprendere, con la sua innocenza di bambino, perché fosse stato allontanato da quella presenza rassicurante e amorevole che era tutto il suo mondo.
Ogni passo che lo allontanava dalla madre sembrava amplificare il vuoto dentro di lui. “Stai tranquillo, Guido”, lo rassicurava dolcemente la donna, “qui troverai nuovi amici. Ci sono tanti bambini come te, e insieme faremo un sacco di giochi divertenti”. Ma in quel corridoio, l’unico suono che risuonava era il suo pianto inconsolabile, una melodia di dolore puro che si disperdeva nell’aria.
Quando raggiunsero il primo piano, la suora aprì una porta che dava su un’ampia camerata. Lì, una cinquantina di bambini stavano terminando la colazione. Davanti a Guido fu posizionata una tazza fumante di latte e una fetta di pane dolce, ma lui non toccò cibo. Non era la fame a tormentarlo; ma era la nostalgia di un amore che, in quel momento, sembrava irraggiungibile.
CAPITOLO 2
Annunziata, affettuosamente soprannominata Nunziatina, serviva come domestica nella famiglia Bianco, noti avvocati di Messina. Con il tempo, i Bianco si trasferirono a Roma, portando con sé Annunziata e i loro quattro figli, in un elegante appartamento situato nella rinomata via della Balduina, un quartiere prestigioso della capitale.
La vita di Nunziatina era stata un alternarsi di tragici destini e inaspettate fortune. Nel 1908, all’età di soli quattro anni, era miracolosamente sopravvissuta al devastante terremoto che colpì le regioni tra Calabria e Sicilia, diventando l’unica sopravvissuta della sua famiglia. La sua salvezza fu attribuita alla fortuita caduta delle sponde del suo lettino, che insieme formarono una sorta di scudo protettivo attorno a lei durante il crollo.
In seguito alla tragedia, fu accolta da una lussuosa scuola gestita da suore tedesche, grazie all’intervento delle autorità comunali. Qui, fu circondata da attenzioni e cure costanti, con gli adulti dell’istituto che si adoperarono in ogni modo per preservarla dal peso del lutto, tentando di offrirle una spensieratezza che contrastasse con il tragico destino che le era stato riservato.
Durante gli anni delle elementari, Nunziatina dimostrò un tale impegno e talento nello studio da riuscire, già a dieci anni, a parlare fluentemente sia l’italiano che il tedesco, merito anche dell’influenza culturale delle suore. Proseguì il suo percorso accademico con eccellenza, superando brillantemente gli anni della scuola media e completando il liceo ragioneria. Giunta a questo punto cruciale della sua vita, si apriva davanti a lei il cammino verso il futuro, un futuro che avrebbe dovuto scegliere e plasmare con le proprie mani.
CAPITOLO 3
Giuseppe Bianco, iscritto per ottenere la licenza di ragioniere, veniva affettuosamente chiamato Peppino da Nunziatina, un’amica speciale che desiderava ardentemente continuare a frequentare. Tuttavia, il destino li aveva temporaneamente separati: Nunziatina, infatti, risiedeva e studiava presso un istituto scolastico, dove aveva scelto di scambiare la sua operosità per l’ospitalità concessale, progettando di rimanervi per ancora qualche anno.
Inaspettatamente, la sorte giocò a favore di Peppino quando un giorno udì i suoi genitori discutere sulla necessità di trovare un aiuto per Maria, la governante di famiglia, in previsione dell’arrivo di un quinto bambino. Colto dall’impulso di rivedere Nunziatina, Peppino propose al padre di chiedere alle suore dell’istituto di considerare la ragazza per il ruolo.
L’idea fu accolta con entusiasmo: l’avvocato Bianco, padre di Peppino, si recò prontamente all’istituto per discutere la proposta. Le suore, dopo aver ascoltato la richiesta, acconsentirono a far incontrare la loro giovane ospite con la famiglia Bianco, a patto di concederle un giorno per riflettere su questa importante decisione.
Il giorno seguente, i signori Bianco, entrambi avvocati, completarono le formalità necessarie per garantire la protezione e il benessere di Nunziatina. Con i documenti firmati e il cuore colmo di speranza, lasciarono l’istituto non più in due, ma in tre, pronti ad accogliere Nunziatina nella loro vita e nella loro casa.
CAPITOLO 4
Nel 1923, una famiglia in espansione – composta da marito e moglie, quattro figli con un quinto in arrivo, una governante devota e una giovane assistente – pianta le sue radici nella vibrante città di Roma. Annunziata, la nuova venuta, si adatta rapidamente al ritmo familiare, contribuendo con piccole ma significative mansioni, trovando nella cucina il suo angolo di serenità, proprio come faceva nell’istituto.
Gli anni trascorrono, portando cambiamenti: Annunziata, ormai ventitreenne, fiorisce in una donna dalla figura armoniosa, catturando l’ammirazione silenziosa di Peppino. Un giorno, spinto da un sentimento timido ma profondo, chiede alla madre il permesso di invitare Annunziata al cinema. La risposta, un no categorico, lo lascia a interrogarsi sulle ragioni: forse la distanza sociale che ancora li divide?
La vita di Annunziata si intreccia con quella di Maria, la governante cinquantenne, che condivide con lei non solo le mansioni ma anche le riflessioni sulla vita. Maria, con una punta di malinconia, le confida di sentirsi invisibile agli occhi del mondo – un destino che teme possa toccare anche ad Annunziata. La consapevolezza di Maria sulla propria solitudine e il desiderio inappagato di una famiglia tutta sua echeggiano nel cuore di Annunziata, spingendola a riflettere sul proprio futuro.
La giovane donna, ormai ventottenne, si trova di fronte alla stessa enciclopedia di sfide incontrate da Maria. L’attenzione di Pietro, il fruttivendolo affabile ma già impegnato in un matrimonio con prole, si sposta lentamente ma inesorabilmente da Maria ad Annunziata. Il consiglio di cautela di Maria suona come un campanello d’allarme: “Attenzione, è sposato e ha due figli”.
Il tempo, indifferente alle speranze e alle preoccupazioni umane, scorre inesorabile, lasciando dietro di sé domande senza risposta e sogni in sospeso. La vita, con le sue complessità e i suoi intrecci, continua a scorrere lentamente ma senza sosta, come il fiume che modella il paesaggio della loro esistenza.
Annunziata, nonostante gli anni trascorsi nella famiglia che ormai considera quasi sua, si sente ancora un’estranea nel mondo degli incontri amorosi. Peppino, il cui sguardo sembra perdersi altrove, non sembra notarla in quel senso, alimentando la sua convinzione di essere invisibile agli occhi di chi desidererebbe attirare. Così, nei suoi rari pomeriggi liberi, si rifugia in solitarie passeggiate tra le vetrine luminose della zona, dove gli sguardi incuriositi dei passanti non fanno che accrescere la sua timidezza, spingendola a evitare qualsiasi contatto.
Tra le figure maschili che costellano il suo quotidiano, Pietro, il proprietario del negozio di frutta e verdura, rimane l’unica costante. “Avrà vent’anni più di me”, riflette spesso, consapevole della barriera insormontabile rappresentata dal suo stato civile. Ma l’amore, si sa, non conosce confini né ragioni, e così, un giorno, Pietro colse l’occasione per avanzare una proposta audace.
“Nunziatina, giovedì prossimo, nel tuo giorno libero, ti andrebbe di venire con me al giardino del lago? Faremo un giro in barca”, le disse, approfittando di un momento di casuale vicinanza.
La risposta di Annunziata fu immediata e ferma: “Ma tu sei sposato, non voglio essere la causa di un dolore familiare”.
“Sì, è vero, sono sposato, ma il rapporto con mia moglie è giunto al termine. Mi stai a cuore, Nunziatina”, insistette lui, tentando di ammorbidire la sua risolutezza.
“La risposta è no”, tagliò corto lei, senza lasciare spazio a repliche.
I mesi successivi furono un susseguirsi di tentativi vani da parte di Pietro e di ferme resistenze da parte di Annunziata. Fino a quando, in un gesto di inaspettata serietà, Pietro decise di giocarsi il tutto per tutto. “Ascolta, Annunziata: ti ho chiamata per nome intero per farti capire la gravità delle mie intenzioni. Giovedì, ti aspetterò sotto il tuo portone. Ti porterò a casa mia, dove mia moglie confermerà le mie parole: la nostra separazione è imminente”.
Dopo una lunga pausa, durante la quale il tempo sembrava sospendersi, Annunziata accettò: “Va bene, giovedì prossimo scenderò alle tre”.
Nunziatina, con il cuore colmo di dubbi, accetta di seguire Pietro fino al suo appartamento nel quartiere Trionfale, sperando, forse ingenuamente, di trovare una verità diversa da quella che sospetta. L’appartamento, ben tenuto e vuoto, accresce la sua apprensione.
“Dov’è tua moglie?” chiede, sperando ancora in una spiegazione razionale.
Pietro, con un’imbarazzante noncuranza, risponde che deve essere uscita. Nunziatina, sentendosi ingannata, insiste per andarsene. Pietro tenta di dissuaderla con promesse di sostegno e benessere, ma le sue parole suonano vuote alle orecchie di lei.
Il tentativo di avvicinamento da parte di Pietro la spinge a riflettere sulla propria dignità e sul rispetto che merita, indipendentemente dalle circostanze. Nunziatina, in quel momento di confusione, decide di prendere le distanze, comprendendo che nessuna promessa può giustificare la mancanza di rispetto per la sua persona.
La successiva interazione al negozio rivela la verità delle intenzioni di Pietro: evasivo e riluttante a mantenere le promesse fatte. Le sue azioni, compreso il lasciare denaro nel tentativo di compensare, non fanno che confermare a Nunziatina l’importanza di affidarsi a sé stessa e ai propri valori.
La loro relazione, sporadica e basata su promesse vuote, diventa un simbolo della lotta di Nunziatina per riaffermare il proprio valore e indipendenza in un mondo che spesso sembra non riconoscerli. Quando qualcosa va storto, è il segnale che forse è il momento per Nunziatina di tracciare un nuovo percorso per sé, lontano da chi non ha saputo rispettare la sua dignità e i suoi desideri.
[continua]