Alla memoria mia madre.
Papà, non t’incazzare tu!
Che ti voglio bene, in ogni caso.
La Mamma, su questo, mi capisce di più.
Guido.
Perché a mia madre.
Perché Lei aveva dentro la purezza e la dolcezza, negli occhi la luce del sorriso e della malinconia ed era tutta semplicità nel dire e nel fare.
Mi ha sempre detto, finché ha potuto dirmelo, che io le somigliavo.
C’è voluto del tempo, molto tempo perché io capissi il significato di quel messaggio.
Lo scoprii di recente quando, rovistando tra le tante carte, per fare pulizia, mi ritrovai tra le mani delle vecchie locandine, stampate in occasione di una sua mostra di pittura.
Vittoria Palazzo, una scrittrice che, allora, quando io la conobbi, la giudicai, subito, strampalata, aveva curato la presentazione della pittrice naif, mia madre.
Vittoria che era amica della buonanima di mio fratello Franco – sognatore a mezz’aria, vissuto male per via dei subbugli interiori di chi mal si rassegna al trambusto della praticità della vita – si era affezionata di cuore a mia madre, tanto da chiamarla teneramente mammà. Di lei aveva scritto:
“…Caso raro, oggi che naifs si improvvisano in molti poi che va di moda… Per esserlo veramente nelle immagini, bisogna però esserlo dentro, aderendo al significato esatto del termine: candido, primitivo, immediato. Puro, infine. Di questa purezza che nasce dal cuore e si riflette chiaramente nel sorriso, nello sguardo di Maria Teresa Corapi…”
Rileggendo lo scritto di Vittoria, dopo tanti anni, ho capito il senso delle parole che mia madre, di tanto in tanto, mi ripeteva come un messaggio.
Voleva dirmi, mia madre, che la sua purezza dentro, la dolcezza e il candore negli occhi e la semplicità nel dire e nel fare, li aveva trasmessi anche a me col suo Amore.
Perché le emozioni che vibrano in petto, i sentimenti che spaccano l’anima, che non si vedono e non hanno peso né costo, sono l’essenza e il vero nutrimento della vita.
E mia madre di queste, definiamole, astrattezze, a mia insaputa, mi ha abbeverato. Perché questo, una madre, lo sa fare davvero,
Grazie mamma, da qui
Guido tuo.
La fossa
Nulla rimane
la gioia
il dolore
l’amore
Tutto domani
finirà
nell’unica fossa
d’eterno.
Principessa di sogni
Padrona dei miei sogni
mentre risuona in mente
un gong di tristezza
lapidi
col tuo sorriso ironico
la quiete dei miei giorni
Cinico io ti guardo
e statuario di cose mai vedute
tradisco i miei perché
e cerco voluttà fuori dal tempo
Echi si spengono
in silenziose valli di mistero
e tutt’intorno le illusioni danzano
col tempo che trascorre cinico
sopra di me
principessa di sogni
Il tuo richiamo
è solo
ironico sorriso
per giocare la vita
Ti porgo titubante la mia mano
proteso alla vaghezza
e inseguo il tuo bagliore
principessa dei sogni.
Caos
Al bisogno di gridarti il mio amore
mentre gelide lune sostano sui tetti
inosservate
le parole sofferte immensamente
ricamano tristezze nei miei occhi
Di te
io mi dispero in una forma sola
E ricompongo vero
il caos esistenziale che mi beve
senza un limite esatto.
Cieli di piombo
Giostre e sorrisi
gru e malinconie
che graffiano
cieli di piombo
La mia malinconia
ha paura del giorno.
Milano pisciata dai cani
Milano svegliata da poco
ancora assonnata
ha un nuovo colore
spazzata è di nebbia
e un sole bizzarro
sbatacchia violento
il Duomo appena lavato
Milano già apre il suo ventre
e si svela
Milano pisciata dai cani
Colombe biancastre intessono voli
e il verde del Parco Sempione
scoperchia i giardini del vizio
Vergogne e pudori
stanati da nebbie nascoste
Mercanti di carne
svenduta di giorno e di notte nei viali
straparlano vili
ai bimbi innocenti che inseguono voli
e ridono ai pesci del lago
e piangono pure
È meglio che torni la nebbia
che tutto discioglie e nasconde.
Libero
Tre trentadue quarantuno…
occupato
ripeto
ancora occupato
Giù chiudono i battenti al supermarket
ed io ritento
con l’ansia della cassiera
colla fretta della commessa
attese dai ragazzi in cinquecento
Vanno nella notte che avanza
Tre trentadue quarantuno…
libero
Poche parole fredde e incomprensibili
una voce lontana
per niente tormentata
Ascolto
Pausa
lunga pausa
nient’altro
E’ arrivata la notte dappertutto
Sevizio nella mente le purezze
che mi danzano intorno
come una cosa enorme
indefinita
che si divora tutto
che non conosce niente.
Fuochi alti
Fuochi alti
al freddo che trafigge
ragazze in minigonna spinta
Tutto intorno è brina
e la notte è stanca di sostare
sulle spalle di piccoli idioti
che attizzano
senza un motivo esatto
Fuochi alti
la strada è solo un palpitare
ironico di scelta
ma niente d’altro
perché tutto è scontato
con la morale
chiusa in cassaforte.
Stazione
Un tavolo andato o quasi
quattro panche di legno
e la piccola vita
che inizia a cogliere il giorno
da tutte le parti
Un ribaltabile
svuotando pietrame
ha rotto il mattino annebbiato
in più pezzi
Il sole non s’apre
E il primo convoglio
già tocca la curva
per darci distanze
Un piccolo uomo
segnato di sonno sul volto
automa si siede
attende
poi sale sul treno
sonnecchia
e scende a Bovisa
di fretta.
Poeta
S’io fossi poeta
ti scriverei di sogno
ruberei alla luna i tuoi capelli
al cielo gli occhi tuoi
al sole il tuo sorriso
chiederei alla pioggia
un ritmo frenetico
per darti in una danza
senza tempo
i miei silenzi
s’io fossi poeta
ti verrei a cercare
di melodia trafitto
ti canterei d’amore.
Subbugli
Viale luna
Guaiti di cani randagi
Viale luna
Io tu
Subbugli
Parole di niente
Subbugli di me
di te
del viale
degli alberi spogli
Subbugli che scavano sempre
in me in te
nella notte
Io tu
col viale negli occhi
con cani randagi impazienti
con lune rossastre
con ombre che sfuggono sempre
Subbugli
Subbugli che muovono dentro.
Momento
Protesa
in un baleno
superi le forme
per smorfiare
un sorriso voluttuoso
Dagli occhi
ti traspare
una stranezza insolita
che il volto ti deforma.
Ma poi
Ho guinzagliato la vita
e me la porto dietro
come un cagnolino timoroso
per non dimenticarmi d’esserci
Ho sigillato tanti pezzi di momenti
in un’urna di granito bianco
l’ho sepolta profonda
negli abissi dei ricordi
perché niente
riaffiori nella mente
Avrei voluto andarmene via
ma poi
ho legato la vita al guinzaglio
per pietà
ed ora
me la trascino dietro
come un cagnolino timoroso
Tanto di me
si è già perduto in sogno.
Natale
Quando nel cielo buio
trapuntato di stelle e cristallino
esploderà la luce
a mezzanotte
e il suo bagliore
oscurerà le stelle
e tutto il firmamento
cercami tra gli umili pastori
del tuo presepe
stanchi di vagare
dietro la cometa
Là tu mi troverai
in mezzo a loro
cogli occhi trasognati
di mistero.