Il fervore dell’anima

di

Jean-Claude Dubail


Jean-Claude Dubail - Il fervore dell’anima
Collana "I Salici" - I libri di Narrativa
14x20,5 - pp. 102 - Euro 10,00
ISBN 978-88-6037-9566

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In copertina dipinto di Nazzarena Cuicchi


Dai “granelli” di conoscenza che ho menzionato, l’attimo che ci sfugge ci fa comprendere quanto è fragile la nostra esistenza, ma l’accolto ramo d’essere è così armonioso che ci comunica il lato più positivo da seguire. Perciò ti auguro di stimarti per intendere che esistere vale più di qualunque cosa alfine di manifestare poi l’obiettivo serenamente raggiunto.
In questa spiritualità, non ho trovato confini né barriere che intralciano il raggiungimento della mèta, per quando l’oltre ne è la cima ineguagliabile.
Non devi mai temere la spontaneità del tuo spirito, perché da questa circostanza potrai valutare i tuoi sottili averi per fortificarne la perspicuità, dacché da ciò rinvieni un lauto refrigerio.

Dalle righe di questo “misero” libro, penso d’aver potuto incoraggiare la persona in cerca delle sue possibilità di riuscita dal narrare le sorgenti, in quanto questi semplici “messaggi” diventeranno forse la sua sicurezza per plasmare una singolare orma con il proprio io.


Il fervore dell’anima

Da adolescente, ho creduto che l’uomo avesse
bisogno d’essere assecondato dalla provvidenza
per sentirsi realizzato.
In queste cognizioni mi è venuto in mente, tramite
i luoghi ed i protagonisti del mio fantasticare, di
descrivere i “chicchi” raccolti e seminati, per udire
più intensamente la voce della mia coscienza alfine
d’aiutarti a fecondarne l’accumulata essenza.
Un giorno, avendo potuto tornare alla saggezza
dei miei genitori insegnata già in tenera età,
mi sono accorto che questi miei ciclamini dovevano
essere trapiantati per non appassire. Sicché credo
che vivere gioiosamente deriva dalle emozioni avvertite per gustare la naturalezza in questo nostro quotidiano vivere.

L’autore


Il fervore dell’anima

Alfredo era cresciuto in una famiglia con due fratelli e due sorelle, un rispettoso nucleo domestico dove regnava l’imparzialità e l’ottimismo. Alfredo aveva un corpo snello, viso rotondo, i capelli ricci neri, occhi azzurri e gli piaceva scherzare, comunicare e divertirsi per condividere i suoi sentimenti con i ragazzi della sua età ma detestava essere preso in giro.
Sua madre Adriana, esortava al buon umore per superare le difficoltà, sicché da questa serenità lei manteneva frequentemente il sorriso per alleviare la sua fatica giornaliera di casalinga. Suo marito Roberto faceva il muratore in una piccola impresa di costruzioni nella quale il signor Pino era il responsabile. Con Roberto lavoravano Walter, muratore come lui, Giustino che faceva il manovale, Enrico era imbianchino e idraulico, mentre Pino, che era architetto e geometra, faceva anche l’elettricista e sapeva progettare case di ogni tipo. Il lavoro non mancava, perché Pino era conosciuto in città e nei dintorni di Napoli, e s’impegnava, con serietà ed onestà, a disegnare mappe e progetti per costruire specifiche dimore secondo i suggerimenti e le esigenze degli individui consultati. La sua bravura era raramente contestata perché il suo simpatico intuito era molto apprezzato dalle persone interpellate, in quanto la sua professionalità nell’attività contribuiva alla sua integra reputazione.
Alfredo non era il più intelligente della famiglia Ronchi, ma sapeva cavarsela con discrezione in ogni situazione, perché pensava che avere una certa dimestichezza fosse utile per non restar senza punti d’appoggio davanti alle difficoltà della vita. Egli aveva appena finito gli studi come cuoco, in una scuola specializzata di Bari, ottenendo ottimi risultati.
In un giorno nuvoloso, mentre passeggiava sul litorale di Napoli, gli venne in mente d’imbarcarsi su una nave turistica per esercitare la sua professione e viaggiare così alla scoperta di nuovi mondi per soddisfare le sue brame.
Alfredo con i suoi ventitré anni era rimasto single poiché non aveva ancora trovato l’anima gemella con la quale condividere le sue passioni e le sue emozioni. In questo suo desiderio aveva avuto parecchi flirt ma niente di più, perché le ragazze che incontrava non corrispondevano alle sue pretese, poiché, ogni qualvolta comunicava le sue idee in merito ad una unione sincera come egli sperava, loro lo lasciavano perché, sfortunatamente, pensavano che questa coerenza nei sentimenti era ormai superata. Quindi lui rimaneva deluso ma, nella sua mente, prendeva forma qualcosa d’ineguagliabile, in quanto era convinto che il tenace amore potesse trasformare seriamente qualsiasi persona. Quando poteva, Alfredo leggeva volentieri selezionati libri secondo le sue necessità, grazie ad essi alimentava progressivamente una nobile cultura per sentirsi appagato. Grazie a ciò questo ardore lo portava nell’oltre dove si sentiva debole e fragile, per entrare con tatto e conforto in questa positiva dimensione.
Il giorno dieci aprile informò i suoi genitori:
“Fra quindici giorni m’imbarcherò sulla “Minerva” come cuoco”.
“Così, dunque, ci lasci” disse sua madre.
“Sì… ma non sarà per sempre, dato che quando tornerò con la nave a Napoli verrò a trovarvi per lasciarvi la somma guadagnata. Ho preso questa decisione perché qui il lavoro è scarso e non ho avuto l’occasione di sistemarmi come volevo” disse Alfredo con risentimento.
“Non avevo pensato che volessi allontanarti così all’improvviso dalla nostra casa, nonostante ciò, se questa è la tua volontà, fai secondo i tuoi desideri” rispose suo padre.
“Qui ho vissuto felicemente grazie alla vostra benignità, quindi sono certo che qui rimarrà sempre qualcosa di me. Ho preso la decisione di partire perché ora ho una professione e quindi voglio guadagnarmi da vivere da solo” spiegò Alfredo.
Passarono due settimane. Alfredo aveva messo nella sua valigia tutto l’occorrente per far parte dell’equipe dei cuochi su “La Minerva”, una nave da crociera con settecentotrentasei persone d’equipaggio, e che poteva ospitare fino a duemilaseicentoquarantasette passeggeri e quando salpò fu quasi al completo. La nave “Minerva” era composta principalmente da millesettecentocinquantatré cabine, delle quali, un po’ più della metà, avevano un balcone, cinquecentosei suite quasi tutte con balcone privato, sei ristoranti con relativa cucina, uno di questi, l’“Amalfi”, a pagamento e su prenotazione, poi, una pizzeria, una panificazione con quattro forni, nove bar, una pasticceria, una sala divertimenti, una sala per conferenze, una discoteca, una sala cinematografica, un teatro su tre piani, una sala biliardo, quattro piscine di cui una più piccola per i bambini, sei vasche idromassaggio, un salone di bellezza, due shopping center, tre boutique, una galleria d’arte, un negozio di scarpe, una gioielleria, due casinò, una cappella, un’infermeria, un percorso jogging esterno, un centro benessere con palestra, una sala per massaggi, sauna e bagno turco, un campo da gioco, una libreria, una sala internet con biblioteca, un campo polisportivo, uno schermo gigante sul ponte piscina e ben quindici ascensori.
Quando arrivò il giorno della sua partenza disse a sua mamma:
“Non ti dimenticherò, tornerò fra tre settimane quando la nave attraccherà qui”.
“Ti auguro tanta felicità, figlio mio” rispose lei abbracciandolo forte.
Con una certa nostalgia nel cuore, in quello stesso giorno, Alfredo salì sulla nave e, dopo essersi sistemato nella sua cabina, cominciò subito a preparare succulenti piatti.
In quel periodo, tra aprile e maggio, la nave partì secondo il programma per un viaggio nel Mediterraneo. Era convenuto d’attraccare a Istanbul, Caifa, Alessandria, Tripoli, Algeri, Barcellona e Marsiglia per far ritorno a Napoli.
Su “La Minerva” il lavoro non mancava e così Alfredo si dimostrò un cuoco esperto, dacché oltre ad essere stimolato nella sua professione, gli piaceva dialogare con gli altri undici cuochi per perfezionare le sue pietanze.
Nelle cucine, oltre ad Alfredo e agli altri cuochi, c’erano sette ragazze e sei ragazzi che erano addetti ad aiutare a preparare i più svariati cibi, a pulire le pentole, i fornelli e le vasche alimentari.
Così, mentre “La Minerva” stava per approdare ad Istanbul, Alfredo fece la conoscenza di Clara, una ragazza di ventuno anni che si era imbarcata anche lei per la prima volta.
Ad Alfredo piaceva andare subito al succo delle cose perché aveva imparato che così facendo si arrivava meglio a capirsi per rispettare il parere altrui.
Clara aveva un bell’aspetto, il suo fisico era attraente, il suo viso di carnagione rosea, i suoi occhi erano chiari, le sue sottili labbra ed i suoi lunghi e lisci capelli neri attiravano lo sguardo dei ragazzi anche perché era piuttosto socievole nonostante la sua discrezione.
Siccome lavoravano uno accanto all’altra, capirono presto che potevano fidarsi a vicenda, poiché, con cordialità e prontezza, s’impegnavano volentieri nel preparare i cibi anche se Clara era meno esperta di Alfredo. Così, a lei fu dato il compito di lavare e tagliare le verdure con le quali Alfredo e Gustavo elaboravano i loro piatti. Grazie a quella occasione di poter lavorare insieme, improvvisamente, tra Alfredo e Clara nacque una genuina simpatia perché lei curava molto la pulizia e ciò era molto gradito ad Alfredo.
Lo stesso giorno, Alfredo scrisse a sua madre, esprimendosi così: “Qui va tutto bene. Con i miei colleghi vado molto d’accordo e quando tornerò a Napoli sarò lieto di comunicarti le mie impressioni perché sono contento di questa mia esperienza”.
Quando la nave attraccò ad Istanbul venne concesso a tutto il personale di fare una breve passeggiata, e Alfredo cominciò a corteggiare Clara, la quale acconsentì alla loro relazione, allorché lei sentiva un forte impulso interiore perché apprezzava la schiettezza di Alfredo.
Durante la loro uscita, Alfredo venne a sapere che lei aveva tre sorelle: Marta, Debora e Jessica. Alfredo le confidò che era il primogenito e che aveva due fratelli, Flavio e Costanzo, e due sorelle, Irma e Lucia. Da questo sereno colloquio Alfredo comunicò a Clara la professione di suo padre e che aveva appreso da sua madre il gusto per la cucina, mentre Clara le dichiarò che suo padre Germano aveva ereditato, dai suoi genitori, una rinomata trattoria a Napoli dove sua madre Luisa dava, quando poteva, una mano in cucina, anche perché spesso faceva la cameriera insieme a Giulia. Poi disse ad Alfredo che abitavano nella periferia della stessa città. Clara le confidò che dopo il suo matrimonio avrebbe preso il posto di suo padre dal momento che la trattoria era ben avviata e quindi rendeva abbastanza. Invece Alfredo le rivelò che, finora, non aveva ancora pensato al suo avvenire, perché il suo interesse attuale era guadagnare una certa somma per consolidare, in seguito, il suo progetto d’acquistare un ristorante, a pochi passi dalla sua residenza. Dalla loro amichevole conversazione capirono che potevano confidarsi l’uno con l’altra, sicché da quelle parole, avvertirono di poter allargare le loro sensazioni. Mentre tornavano sulla nave, Alfredo, pensando alla buona impressione che gli aveva fatto la sensibilità di Clara, le chiese:
“Cosa ne pensi, potremo un giorno stare insieme?”
“Beh… non lo so, mi pare un po’ presto per prendere questa decisione, non ti pare?” rispose Clara.
“Hai ragione… ma sappi che, fino ad ora, non avevo mai provato così intensamente quel qualcosa che ti fa veramente gioire, per cui mi sono permesso di farti la mia richiesta” disse amabilmente Alfredo.
“Anch’io non avevo mai provato niente di simile ma per innamorarsi davvero occorre più di un lieto pensiero, siccome è dalla nostra certezza di provar focosi sentimenti che la mente s’infiamma per non avvertire altro che la conseguita piacevolezza” rispose Clara.
“Da quello che mi dici vedo che sei una ragazza in gamba, cioè con la testa sulle spalle, e ciò mi lusinga molto. Comunque, da quello che mi dici, anche tu senti qualcosa come me battere nel cuore, per cui ti chiedo ancora se vuoi continuare a frequentarmi” domandò Alfredo.
“Per il momento, voglio soltanto riflettere su questa tua proposta, ma quando sarò certa di quello che provo per te, te lo farò sapere, va bene?” fece Clara.
“Con quello che mi dici credo che andremo molto d’accordo, tuttavia, come te, voglio pensare come la nostra esistenza potrà essere vissuta insieme” rispose Alfredo.
“Ah… vedo che anche tu alimenti la stessa perspicacia e ciò mi rende molto felice dato che la tua schietta vicinanza mi riempie di gioia” disse dolcemente Clara.
Quando salirono a bordo de “La Minerva” trovarono la stiva che si riempiva di rifornimenti di varie scorte: dalla nafta, all’acqua potabile e ai liquori.
In seguito, la nave lascio Istanbul. Come al solito, Alfredo si dava molto da fare affinché i suoi piatti risultassero gustosi, così lo chef Osvaldo lo notò per la sua bravura e gli confidò che poteva fare in modo di aumentare il suo stipendio. Questo complimento rallegrò molto Alfredo, quindi s’impegnò ancora maggiormente per far valere le sue ricette, lasciando ogni tanto ai suoi colleghi un pizzico di fantasia per decorare le portate. Intanto, Clara lo assecondava sempre più, perché si era accorta che era il momento propizio per imparare a cucinare meglio.
Da questo legame, nel quale entrambi avevano voglia d’approfondire le loro virtù, nacque una sincera amicizia, perché erano disposti a seguire prontamente gli insegnamenti dalla collaborazione con l’altro. Così appena avevano un momento libero, si scambiavano le loro opinioni, poiché sentivano che la subentrata attenzione poteva mutare silenziosamente in amabilità e quindi trasformarsi in qualcosa di più solido. In quello stesso giorno, prima di andare al letto, Alfredo disse a Clara:
“Sai, finora non ho mai incontrato una donna schietta come te”.
“Anch’io è la prima volta che mi confido in questo modo. Ho frequentato un uomo di ventitré anni, però, quando accettava d’uscire con me, era soltanto per far l’amore e questo mi disgustava assai” rispose Clara.
“Per me, ciò è importante, ma solo dopo essermi sposato, perché non ho voglia di prendere questo fatto alla leggera, anche se questo può sembrare strano per la mentalità odierna. Oggi è permesso sconvolgere un po’ tutto, al contrario di un tempo, quando i nostri avi erano rigidi nell’educarci secondo questo criterio e ciò, a mio avviso, era assai vantaggioso per fronteggiare gli inevitabili disagi o i guai della vita ed essere sufficientemente preparati per sbrigare facilmente le nostre incombenze quotidiane” annuì Alfredo.
“Ti ringrazio per avermelo detto e, a tale riguardo, condivido perfettamente la stessa idea” dichiarò Clara.
“I miei genitori devono spesso faticare per arrivare a fine mese ma, nonostante ciò, non mi è mancato nulla grazie soprattutto al loro affetto. Per cui, in me, è maturata la sensazione di trovare una brava giovane, proprio come sei tu!” fece, sorridendo, Alfredo.
“Da parte mia, ho conosciuto la povertà e questo mi ha reso cordiale e spontanea, siccome ho capito che senza queste chiare emancipazioni, non si può arrivare a nulla e non si riesce ad attivare qualcosa di meraviglioso come lo è l’acquisita briosità del proprio cuore” annuì Clara.
“Credo che potremo continuare la nostra relazione ora che so che posso contare sulla genuinità di entrambi, che ne pensi?” dichiarò Alfredo.
“La penso allo stesso modo, tuttavia, il rispetto reciproco non deve essere mai infranto se vogliamo frequentarci più intensamente come spero” rispose decisa Clara.
“Adesso che ci siamo scambiati le idee, credo che potremo rivelare il nostro legame ai nostri genitori quando saremo a Napoli, se le nostre sensazioni saranno comuni, come lo sono adesso, in questa gioconda affinità” disse calorosamente Alfredo.
“Sono d’accordo con te, ma non correre troppo perché l’innamoramento è una cosa seria” annuì disinvolta Clara.
“È la stessa cosa per me ma, dal momento che provo per te una sensibile emotività, dovevo pur iniziare a sciogliere il mio intenzionale romanticismo” disse con un tono affettuoso Alfredo.
“Sicché, d’ora in poi, ci diremo ogni cosa per non compromettere i nostri affetti, ti sta bene?” fece dolcemente Clara.
“Benissimo… non potevi farmi un regalo più grande” annuì Alfredo.
Nei giorni seguenti ognuno si dava da fare per comporre patti gustosi come desiderava Bernardo, il capo responsabile della cucina dove lavoravano Alfredo e Clara.
Mentre la nave “Minerva” era diretta a Caifa, tra Alfredo e Clara, piano piano, nasceva qualche cosa di più sostanzioso perché sentivano il bisogno di condividere le loro delicate emozioni per essere sempre più uniti.
Prima di andare a letto, Alfredo e Clara si concessero una breve passeggiata al piano superiore della nave. Alfredo, che aveva un temperamento assai romantico e schietto, disse a Clara, osservando la luna:
“Che bella serata, non trovi?”
“Sì”, rispose amichevolmente lei e aggiunse: “Quando, come in questo momento, vedo le stelle brillare così intensamente mi viene voglia d’esprimere un pensiero”.
“Quindi fallo adesso, perché domani non potremo più ammirare lo stesso incantevole spettacolo, in quanto sarà troppo tardi” disse sorridendo Alfredo.
“Hai ragione. Se questa emozione che vivo scaturisce da un fervido amore, cercherò di condividerlo e viverlo affinché possa durare per sempre” disse, con tono gioioso, Clara.
“Allora, l’hai espresso?” chiese interessato Alfredo.
“Sì… sì” annuì cordialmente lei e poi disse: “Ora possiamo anche ammirare il mare, è così quieto che mi sembra di navigare su un lago”.
“Sì, è davvero magnifico come lo è il nostro amore che è iniziato senza battibecchi, e spero che si prolungherà allo stesso modo e per sempre” fece allegramente Alfredo.
“Lo spero, poiché anch’io sento qualcosa d’intenso e mi sono immersa in questo sentimento affinché possa viverlo in eterno” disse cordialmente Clara.
“Ogni coppia ha delle tensioni ma, attraverso il ferreo amore, ogni dissenso scompare, in quanto, nel volersi bene il partner trova sempre il solco favorevole per eliminare ogni difficoltà” fece appassionatamente Alfredo.
“Quello che dici è vero, tuttavia penso che è la costante sostanza che ci fa dimenticare i rancori ed i pregiudizi che non hanno niente in comune con l’intensa amorevolezza” rispose Clara.
“Vedo che la pensiamo allo stesso modo, quindi, in questo avvincente passaggio potremo sicuramente essere leali con noi stessi in qualsiasi situazione, per non ingannare o beffare in nessun caso l’altro” annuì Alfredo.
“Mi hai detto una cosa sensata, ti prometto d’essere sempre franca con te per rafforzare, come spero, in ogni momento, i nostri reciproci sentimenti come lo sono adesso le nostre più tenere passioni” fece contenta Clara.
“Da questo comune modo di sentire, noi potremo fidanzarci fra poco, anche se penso che sia prematuro esaudire questo mio desiderio, comunque, sappi che è ciò che voglio” rispose felice Alfredo.
“Io non voglio compromettermi come te perché ho avuto alcune delusioni, nonostante questo, con te, sento che potrò fare un’eccezione perché sei un uomo con la testa sulle spalle come si usa dire” disse delicatamente Clara.
“I miei genitori mi hanno insegnato che la franchezza è un dono prezioso per cui non voglio sciuparla né con te né con qualcun altro, per non rimanere amareggiato” riprese a dire Alfredo allorché entrava nella sua cabina.
“Si è fatto tardi” disse felice Clara e poi aggiunse: “Domani riprenderemo questo discorso se hai, come me, la voglia di perseverare in questa affascinante direzione”.
“Per me, sta bene… buonanotte Clara” fece Alfredo entrando nella sua cabina.
“Buonanotte anche a te” contraccambiò lei, raggiungendo frettolosamente il suo alloggio.
La cabina di Clara era accanto alla cabina di Alfredo, così potevano comunicare tra loro. Comunque, dopo aver lavorato molto e sentendo la fatica, ognuno preferì riposare.
Nel frattempo, la nave stava per attraccare a Caifa e, durante quella permanenza, i passeggeri, per cinque ore, potevano andare in giro in quella città, ma non fu così per l’equipaggio della nave, in quanto, per ordine del comandante, doveva restare a bordo.
Alfredo e Clara si erano dati appuntamento nel più vicino bar della nave. In quel fausto momento, Alfredo cominciò a chiacchierare, dicendo a Clara:
“Hai dormito bene? Io ho sognato d’essere in groppa ad un cavallo bianco che al galoppo mi conduceva verso la risolutiva libertà”.
“Sì, a meraviglia, invece io ho sognato d’essere in un lussuoso castello dove la servitù ci serviva a tavola con i guanti bianchi, le numerose pietanze, cambiando piatto ad ogni portata, e questo mi faceva credere d’essere una principessa” fece Clara.

[continua]

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