Ellittici raggi
di sole,
posati su pelle distesa,
assaporati,
saldati,
portati
nelle ossa con la morte
e
lucidi,
focosi,
irradiati
dopo
e
sempre
dopo la morte.
***
Alberi di plastica
la luna
fatidica veste,
lussurioso incarto
di lumini,
liberi,
potenti,
lividi
e
fissi
come nuvole di lucciole,
ai fianchi pozze e terre
avide di grilli,
tutto dentro
senza tempo
a
lucido nella memoria
***
Libera
zitta,
ardita,
assoluta
e
sempre
leggera
e
presente
virgola
c‘è
***
In silenzio
affaticata,
lieve,
rigurgita
il lavandino,
visioni,
missioni,
passioni,
oggi
è estate
***
Buona
silenziosa
e
greve
interprete
e
scalfisce
lieve,
lieve,
lieve.
***
Se cambiano
i miei occhi,
cambiano le cose
e
vere rose irridenti
e
perfide
oscillano
amorfe
e
fedeli.
***
Con un chicco
di riso,
estrovede
estrada
e
fomenta
perfide
luride bellezze
***
Ti riempi
la vita,
di ovvietà
e
di puntiglio,
sconquassi,
mitigati
e
formali,
il tempo
è
relativo,
ma
incipiente
la vita
ti lascia
con licenza poetica,
bava,
versi affastellati,
riflessioni ossessive,
tremore,
sfida,
e
lucente
ricordo
flebile
nutrice,
latte,
terra,
campana
e
e
e
trivellazione.
***
Mi si è spelato
il pube,
il ventre
comprime,
arride
pustole
arcibugiarde
e
flebile,
il lamento
della fertilità,
proiezione,
altri porti
mistificati,
corre
ed
è morta
la vita,
resta
il declino,
indenne
pirata.
La stanza
la regolarità,
l’ovvietà
produce seriali fantasie morte.
Amore mio,
figlia mia,
quante
e
tante
bandiere, cose, mi hai consegnato,
un trillo di cellulare
è
un poema epico.
Affronto
dedico
a te
le mie piccole
illusioni
e
battaglie.
Odio telefonare
per sapere come stai
e
chiedere che cosa
vuoi per cena.
Il legame
e
la parte migliore
di me
è in te.
È libera, forte
tenera
sicura
vengo con te.
***
Qui a Castellamare
ti ho sentita
anche se non c’eri
l’affabile indaffarata
è ridiventata
madre di ventre,
ti cerco
ma so che riderai
***