Innamoriamoci
Vieni con me, nella mia fiaba
in un dispiego d’ali,
ma senza fretta e con rispetto.
Coi palpiti dell’edera
lasciando l’ansia
negli occhi delle allodole.
Ti offro una merenda
di mirtilli, raccolti uno ad uno
in cima al monte
dove la coda del vento
si snoda e zufola, tra cespugli
arruffati e zoomorfe pietre
che fan da guardia sul sentiero.
Dove è facile toccare
l’incertezza delle nubi
prima che una coccola di sole
le disbrighi di un’attesa
densa di emozioni.
E di morbidi volumi, poi,
vedere la terra rinnovarsi
anima e radici ridipinte.
Faremo all’amore,
con quel soldino in tasca
di tenera follia
(come ai tempi belli della scuola)
sui tappeti erbosi
con ancora quel filo di rugiada addosso.
Occhi negli occhi
tra i mille botton d’oro freschi di telaio
tessuti di notte per noi soli.
Dove i grilli son grilli
per passione naturale
e le lucciole son fiaccole sincere.
Sui prati dei poeti
C’è tanta luce
dagli occhi seduttivi
sui prati dei poeti…
Sciami di lucciole
che vivono in eterno
in diari di stupore.
Un disciogliersi alla gioia
per un baratto di anime
che fa d’ogni respiro una scultura
che modella il cuore.
Di sonorità infinita
è fatto il loro tempo:
di sapori e di segni mai perduti.
Specchio di liquidi diamanti
in attesa
ricolmi di speranza.
Vado cantando
(a mio padre)
Vado cantando di un tempo
il fischio del vento,
tra fessure di scuri allargate
e un gioco di bimbi, tra balle di fieno
sino ai coppi, in fienili stipate.
Di volti bruniti dal sole,
di ritorno al tramonto, su schiene piegate,
con fiaschette ormai vuote alla cinghia
e zappe in spalla a mo’ di chitarra!
Di gente schietta, dall’integro cuore,
che ancora oggi interroga il cielo,
la promessa di domani,
per paura di una “stregatempesta”
sull’oro del grano.
Di fierezza e sudore, di uomini
di terra, io canto,
dalle grandi, ruvide mani,
che sulla fiducia, quando siglano
un patto, stringono forte!
Ma così tenere di carezze
ad ogni minimo sguardo di figlio.
Pilastro di fede
Scivola il mio cuore
su aghi di pino,
ai margini
di una lunga passeggiata.
Sogno percorsi di pace
sulla via di un mistero
che mi tormenta l’anima.
Cammino…
e, mentre cammino,
di fuoco s’avvampa
la mia preghiera,
come questo tramonto
che mi dipinge il viso.
Un pilastro di fede
sto cercando,
su cui poggiare sfiniti pensieri.
Una chiara mappa
tra le lenti del mio caleidoscopio.
L’erba alta delle Sue parole
per far chiarezza nelle mie.
L’oasi che cerco,
ahimè!
è assai lontana,
lastricata di dure prove,
unica via per arrivare.
E la fonte,
mi dicono…
è quasi prosciugata.
Teneramente
In quest’alba
merlettata ancor di sogni
sulla pelle appena desta
indosso la tua fragranza
di vergine pensiero.
Stelo e corolla
di un’anima giardino
che non sa il freddo
della neve
perché nel cuore
arde sempre
un focolare.
Stupendo è il mattino
Stupendo è il mattino
quando stropicciata
ancor di sonno
avvolta tra le pieghe
di un lenzuolo
dagli iris color lilla
mi bussi alla finestra
il tuo saluto
con leggiadria di palpiti
e sospiri
che da tenera colomba
io ricambio
a suon di baci.
Dall’onda di mezzo
Questa notte…
dall’onda di mezzo fatti rapire!
Da quella dei sogni caparbi
che non cedono alle lusinghe del giorno
qualunque.
Ti aspetto qui!
Alle porte di un’alba nascente
dove il tempo
che ha fretta d’arrivare
non è mai nato.
Qui!
Dove fiorisce il pensiero
come l’occhio di un cielo chiaro
sgombro da nuvole
e si confondono stormi di uccelli
nell’oro fuso dei tramonti.
Dove lo scrigno dell’anima
è sempre aperto in ogni sua fibra
allo stupore della terra
che semina la vita.
Terra sulla quale posano passi leggeri
e sottovoce ci si parla
per non tradire un suono d’aria
un sospiro…
un battito d’ala…
la scheggia di un’eco lontana.
Vecchio borgo…
Tra presenti e assenti
in alto te ne stai,
vecchio borgo,
aggrappato alla roccia
che ti sostiene.
Scolpito dal vento,
a scandire le ore
in ombra di memorie,
su viottole accidentate,
tra alberi dal tronco rugoso
che san di palpiti e sospiri.
Muretti a secco
innervati di edera rupestre.
A picco,
degradante verso il mare,
su cale e calette,
dove il cuore ad ogni passo
si fa tenero d’ascolti
per un raccontar la vita
tra un vorticar di voci dissepolte,
da uomo a uomo,
le impronte a te lasciate.
La musica che di te
Seppur inesorabile è
questo tempo, che ci vive
e ogni cosa confonde,
frantuma e disperde.
Diabolico turbine,
ridda imperiosa
o meteora che impatta,
per celare, poi,
irrefrenabile artefice,
quel che resta
fin sotto lo strato
che a lui partecipa.
La ritrovo intatta, io,
aggrappata al codice
di questo mio cuore,
la musica, che di te
non smette,
e su tutto primaria s’impone,
cetra perfetta;
evidente ad ogni mio passo,
in ogni mio respiro,
e nell’humus di questa mente
che sempre ti ragiona.
Amore che ci sei
Fiaba sui miei ginocchi
tempo di dolce avventura
canzone dall’anima gradita
intreccio di bianco gelsomino
che ammicca lucido e brioso
dall’inferriata di una casa
sul blu velluto notte
dei pensieri miei più belli.
Ebbi paura: sì!
Mille volte ebbi paura
di non trovarti
al mio risveglio,
come un sogno clandestino
che vive il tempo di un sospiro
e svapora
nella luce forte del mattino.
E invece ci sei,
come sempre ci sei.
Qui, sul cuscino
orlato di rose e di merletti
del mio giorno,
al tempo buono del raccolto
d’ogni ora e d’ogni minuto.
Pronto a ruotarmi attorno,
filigrana di parole
come un pianeta la sua stella,
qual miracolo celeste
a rinverdire il mio giardino
di vergine stupore,
dove spesso mi rifugio
e al cuore ti stringo.
Incanto e magia
Un pensiero soave
è quel che mi prende.
Un bacio di foglia
a labbra socchiuse.
Un tuffo nel cuore
che mi parla di amore.
Una magia?
Un incanto?
Un giocoliere di biglie
e di anelli
dal cappello che vola?
Una scatola chiusa
che s’apre
dove appare un coniglio?
No!
Non ci sarà alcuna magia
né canto di bislacca sirena
o sguardo di musa bugiarda
a infrangere l’onda
di un violino che suona
se la tua guancia resta
accostata alla mia.
[continua]