Hellgate - Il principio della fine

di

Lorenzo Mattioli


Lorenzo Mattioli - Hellgate - Il principio della fine
Collana "I Salici" - I libri di Narrativa
15x21 - pp. 524 - Euro 22,00
ISBN 978-88-6587-2192

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In copertina: Dragons © dvarg – Fotolia

All’interno: illustrazioni di Fabio Peggi


Prefazione

“Hellgate” di Lorenzo Mattioli è un romanzo che ben rappresenta la narrativa di genere fantasy, grazie ad attenta dosatura di ogni ingrediente e ad una calibratura tra panorami fantastici e personaggi che riconducono ai canoni dell’eterna lotta del Bene contro il Male, seppur vista in chiave originale, nonché, in ultima analisi, si avverte la volontà narrante di creare immaginifiche situazioni e offrire una straordinaria galleria di personaggi che si muovono in un autentico mare magnum di invenzioni.
Lorenzo Mattioli, grazie alla sua fervida creatività e alla capacità di raccontare in modo ammaliante e coinvolgente, riesce, attraverso innumerevoli vicende e mirabili gesta dei protagonisti della sua storia fantastica, ad affascinare il lettore e a renderlo partecipe di un’aspettativa sul probabile susseguirsi degli avvenimenti, fino a ricercare, con curiosità, il possibile epilogo.
“Hellgate” narra di un viaggio mirabolante e fantastico di quattro personaggi che, nel susseguirsi di avvincenti eventi, scopriranno di essere i “quattro cavalieri dell’Apocalisse”, destinati a svelare un diabolico inganno da parte del loro perfido Avversario: la tragicità di questa rivelazione consiste nel fatto che, oltre a cercare di salvare il “loro” mondo, grazie alla riuscita dell’incredibile impresa, si renderanno conto che saranno destinati a salvare anche “tutte le realtà possibili” da una inevitabile “fine di tutto.”
Nel dipanarsi della vicenda, infatti, si comprenderà la reale intenzione del loro diabolico nemico, denominato l’Avversario: creatura dell’Inferno, dotata di immenso potere, contro il quale lotteranno in un incredibile scontro finale.
La storia di questo viaggio fantastico ha inizio con l’entrata in scena di Chromium, giovane drago femmina che, a causa di una maledizione, si trova a vivere, fin dalla sua nascita, nel corpo di una giovane elfa. Ad un certo punto, decide di partire ed avventurarsi nel mondo, lasciando l’amata madre e la sicurezza della sua condizione di vita: Chromium porta con sé un forte senso di giustizia e una naturale predisposizione ad aiutare coloro che incontrerà durante il suo percorso.
Il primo incontro, nel suo mirabolante viaggio, sarà con Voxan Slanir, un vampiro alquanto “strano”, intelligente, saggio e dotato di grandi conoscenze, accettato dalla comunità in cui vive, ma proteso a ricercare il suo passato, come ad inseguire una necessità vitale di conoscere se stesso, fino in fondo.
Il vampiro Voxan si affezionerà ben presto a Chromium e sarà sempre pronto a offrirle utili consigli: capiranno che il loro incontro non è stato casuale ma dovuto al fatto che sono creature con facoltà straordinarie.
Dopo aver viaggiato in realtà assai diverse, alla ricerca di una pietra scomparsa dalla quale sembrano scaturire tutte le vicende, incontreranno Goma Taris, un umano che presenta un terzo occhio sulla fronte, ma dotato di un eccezionale istinto e dalla personalità “imperscrutabile.” Il consesso dei maghi ha chiesto a Goma di unirsi a loro due.
Nell’avvincente susseguirsi delle varie storie, i tre protagonisti iniziano a svelare alcuni segreti e scoprono l’esistenza di Tianos, un drago che è morto ma è tornato come spirito, grazie ad un sogno, dopo aver oltrepassato i confini della morte. Tianos, infatti, è uno spettro capace di creare potenti sfere di luce.
Lo spirito di Tianos si unirà a Chromium, Voxan e Goma: rivelazioni ed antiche leggende, arcani testi di magia e strabilianti poteri, talismani ed incantesimi, stregoni che provengono dalla dimensione dei morti nonché il Grande Padre dei draghi, condurranno i protagonisti in spettacolari avventure, fino a scoprire, come già ricordato, che sono i quattro cavalieri dell’apocalisse destinati a salvare “tutte le realtà” dalla fine di tutto, dal dominio del Nulla.
La storia di “Hellgate” ha le caratteristiche per essere rappresentata anche come un gioco di ruolo e Lorenzo Mattioli ben sottolinea questa peculiarità nella sua presentazione: ciò dimostra che la “creatura” riesce ad appassionare e a far divertire anche se trasposta in un gioco di ruolo.
La narrazione può infatti paragonarsi ad un susseguirsi di giochi pirotecnici che alimentano la curiosità anche per il fatto che gli ingredienti salienti del genere fantasy sono tutti presenti: personaggi fantastici come draghi, elfi, maghi, spiriti, vampiri e grifoni, nonché la presenza di una pietra segreta, di antiche leggende, di consessi di maghi e cavalieri, di arcane scritture e maledizioni, in un alternarsi narrativo che riesce sempre ad appassionare.
Lorenzo Mattioli dimostra saper creare un romanzo fantasy capace di ammaliare e coinvolgere fino all’ultima pagina: con notevole impegno e profonda passione, cercando sempre di creare nuovi personaggi, misteriose trame e impensabili visioni, come a seguire il desiderio di offrire stupefacenti rivelazioni capaci di creare continue aspettative, dimostrando di possedere straordinarie capacità inventive e una magica fantasia.

Massimo Barile


Hellgate - Il principio della fine


A mia moglie, ai miei figli, a coloro che mi hanno
sostenuto, e a tutti coloro che amano la fantasia.


Prologo

Ti racconterò questa storia, così com’è stata raccontata a me!
Scaffali pieni di libri scorrono ai lati, infiniti scaffali… poi tutto si ferma. Una mano si sporge per prendere un volume che è dorato e brillante sul fronte, vecchio e liso sul retro.
La stessa mano, lo appoggia su un tavolo, lo apre, e prende una piuma per intingerla nel proprio sangue, in fine… scrive:
“Questo è il principio della fine!”


CAPITOLO 1


REALTÀ, INGANNO

Notte.
In una grotta, tra le ombre, due voci femminili discutono:
Voce anziana: “Ti prego figlia mia, non è saggio alla tua età andare in giro per il mondo… oltretutto da sola!”
Voce giovane: “Non ti preoccupare madre, so benissimo badare a me stessa!”
V.a. “Non hai mai pensato alla tua maledizione, come ti difenderai là fuori?”
V.g. “Ci ho pensato madre, ma la cosa potrebbe andare a mio vantaggio, non insistere, sai che sono cocciuta! …E non metterti a piangere!”
V.a. “D’accordo, ma promettimi di farmi arrivare tue notizie!”
V.g. “Bene, allora … addio madre!”

Altrove, in un castello ai confini di una città, cadevano parti delle mura come se fossero strappate.
Al suo interno un sarcofago con incise sopra scritte di morte si mosse, e con un tonfo quasi attutito dalla polvere, il coperchio cadde.
Dall’oscurità dei suoi meandri, uscì una mano seguita da un leggero lamento.

Primo giorno.

Ai limiti di una città che si trova sul mare, una ragazza elfica con la pelle color dell’ebano, e dai capelli neri come la notte, tranne che per un ciuffo dorato, si avvicina a una bimba che gioca con altri coetanei.
Ragazza: “Scusa bambina, sai dove devo andare per l’edificio del connestabile?”
Bambina: “Come ti chiami? Sei tanto strana, hai le orecchie a punta come un elfo, ma la tua carnagione è più scura!”
Ragazza: “Mmm… grazie per lo strano, e scusa se non mi sono presentata. il mio nome è Chromium!”
Bambina: “Ah, anche il nome è strano, io mi chiamo Nata… da dove vieni?”
Un ghigno di nervi compare sul volto di Chromium: “Ti rispondo solo se rispondi alla mia domanda.”
Bambina: “Va bene… lo troverai al centro della città dove c’è la fontana. Guarda verso il mare, e là lo troverai.”
Chromium le rispose: “Grazie, e scusa se ho fretta, in ogni caso vengo dalle montagne di fuoco.”
La bambina la salutò rimettendosi a giocare: “Di niente, e grazie per l’educazione!” A sentire l’affermazione della bimba, Chromium s’irrigidì.
Ormai, calata la sera, Chromium arrivò finalmente dal connestabile, entrò nel palazzo e lo trovò stranamente spoglio e vuoto, vi era solo un bancone da taverna, al quale appoggiati c’erano solo un uomo magro anziano, con una lente in mano, dalla parte opposta un altro uomo, con un vestito lungo e scuro, dai capelli che giungevano alle spalle raccolti in una treccia. Il suo volto era giovane, ma lo sguardo anziano.
Chromium si avvicinò cautamente al bancone, guardando il viso pallido dell’ultimo, poi si mise ad ascoltare i due.
L’uomo in scuro, era nel pieno di un discorso con l’anziano signore: “La capisco benissimo connestabile, ma abbiamo sempre tenuto buone relazioni, rispetto la mia natura, ora mi può spiegare perché il mio castello è crollato in parte, come sotto il colpo di un incantesimo?!”
Il connestabile, abbassò lo sguardo intimorito: “Le giuro che non ne so niente Baron Slanir, anzi sono capitati altri incidenti di questo tipo, io non so neanche perché ci sia una così gran mobilitazione di maghi e stregoni da ogni dove.”
Slanir si fece scuro in volto alla sua risposta: “Con la mia reggia che dovrei fare? Per loro…” Chromium prese a quel punto Slanir per il bavero, lo abbassò in modo che il suo viso fosse pari al proprio, e mentre al connestabile sfuggì un’imprecazione di terrore, Voxan Slanir ebbe un unico pensiero nella mente: Per gli Dei, se è forte …e pesante! Eppure ha l’aspetto di una tredicenne elfica.
Chromium: “Capisco i tuoi problemi, ma se non mangio mi arrabbio! Sai sono in piena crescita, per questo ho bisogno di lavorare! Puoi gentilmente lasciarmi parlare con il signore?”
Il connestabile cominciò a tremare visibilmente, Voxan accennò un sorriso che lentamente si allargò sempre più divenendo un ghigno e lasciando scoprire i suoi due canini lunghi e affilati.
Lei, di risposta, fece un passo indietro: “Sei un vampiro? Maledetto, l’hai incantato!”
Il connestabile gonfiò il petto e si ricompose: “No, ragazzina impudente! Il Baron Slanir è nostro gradito cliente con cui abbiamo rapporti di reciproco aiuto!”
Chromium: “Che cosa gli date in cambio dei vostri servigi? Il vostro sangue?”
Il connestabile alzò la voce: “Porta rispetto ragazzina! Baron Slanir non si è mai abbassato ad atti di violenza neanche con chi, come voi, se lo sarebbe meritato… in ogni modo, con infinito dolore devo avvertire entrambi che non mi è possibile aiutarvi in nessun modo, purtroppo gli incidenti sono causa di scompiglio e mobilitazione per tutti!”
Chromium visibilmente irritata, rivolse la parola a Voxan:“Tu! Vieni con me! Mi aiuterai a cercare lavoro. Se sei un vampiro sarai certamente forte!” Strattonato Voxan, riuscì solo a lasciarsi scappare un’imprecazione di stupore.
Appena all’esterno, con Voxan ancora confuso, un uomo torvo dagli indumenti leggeri e vaporosi, si portò al cospetto dei due salutando: “Chiedo scusa per la mia intrusione, mi chiamo Bertrand Gon, e ho …come dire… origliato i discorsi col connestabile, ho sentito che cercate lavoro, per la verità ero venuto in cerca proprio del Baron Voxan!”
Voxan ripresosi, con un gesto ammutolì la ragazzina: “Cosa ci offri oltre al lavoro?”
L’uomo rispose: “Sarà ben ricompensato vi assicuro, ma non sarà neppure un lavoro tranquillo, almeno, non lo sarebbe per molti!”

Quello strano individuo aveva proposto al gruppetto appena formato, di liberare da dei briganti (come li chiamava lui) i sotterranei della diga del fiume sotto la città, a parere suo, questo doveva essere il momento migliore, con la conseguente decisione di accettare la proposta.
Voxan e Chromium, si erano appostati poco lontano dall’entrata dei sotterranei, che all’aspetto sembravano una vecchia miniera.
“Va bene, ti sei divertita a tenere le redini in mano, ma adesso la situazione è meglio che la prenda in mano io!”
Chromium: “Va bene, va bene, non te la prendere, hai qualche idea su come entrare?
Il vampiro rifletté un attimo: “Mmm… no!”
“Bene, allora le redini le riprendo io, basterebbe soltanto riuscire ad arrivare al dormitorio, e poi, compari tu; di certo abbiamo entrambi una buona vista, e sperando che tutti dormano…”
Chromium alzò le spalle come per affermazione.
Voxan era divertito, e per lui era certamente una cosa particolare, non aveva mai sentito un piano tanto banale, ma visto i rischi ne voleva vedere i risultati. L’interesse non era solo per la situazione che gli era caduta addosso, proprio ora, nella sua vita tranquilla, dopo ottantatré anni.
L’interesse per la forza che aveva dimostrato Chromium, si era fatto più grande. Non solo in Chromium aveva visto tutti i passaggi che la gente normale faceva nel momento della sua conoscenza: stupore, paura e accettazione; ma tutto questo in pochi minuti.
Il viso di Voxan cambiò espressione, insieme alle sue idee.
“Come ti chiami? E come fai ad essere così forte?”
Chromium rispose al vampiro: “Mi chiamo Chromium, ed è una maledizione!”
“Non sembra una maledizione!”
Il viso dell’elfa mostrò perplessità: “Beh… nella situazione in cui ti trovi, penso che tu possa capire che dia qualche problema nelle relazioni sociali.”
Voxan non si scompose, rispose a tono a quella che pareva in tutto e per tutto una frecciata: “…Sei istruita e intelligente, ma sei grezza come un diamante. In ogni modo, cerchiamo di finire il lavoro prima dell’alba!”
“Non capisco se sia un complimento… ma perché prima dell’alba?”
“Dimentichi? Sono un vampiro!… andiamo?”
I due cominciarono a muovere i primi passi verso l’entrata coperti dall’oscurità.
Voxan si mise davanti a Chromium, annusando l’aria come se fosse un animale. Riusciva a sentire l’odore delle persone poco lontane dall’entrata, così fece cenno a Chromium di acquattarsi, cosa che non le fu difficile per il suo metro e mezzo di statura. Scivolarono attraverso l’erba fino ad arrivare allo sterrato dell’entrata, il ronfare delle persone all’interno tranquillizzò subito i due;. Si mossero attraverso i cunicoli silenziosi come il vento, fin quando Chromium non si fece scappare un urletto isterico.
Voxan si girò di scatto pronto a colpire, credendo di essere sotto attacco, ma vide soltanto il volto stupito di Chromium.
Così si rivolse a Chromium con voce soffiata: “Cosa c’è da urlare?”
Chromium non aveva ancora risposto, che aveva già girato l’angolo: “Guarda!”
Il vampiro seguì la ragazzina dietro l’angolo… ritrovandosi in una stanza dove conformazioni cristalline grandi come un braccio, scendevano da una parete, riflettendo la poca luce delle torce ormai quasi spente, affisse alle pareti di quelle grotte. Voxan scosse leggermente Chromium:
“Torneremo qua dopo, ora fai silenzio! Prima di svegliare anche i morti!”
Chromium fece un cenno con la testa… si rimisero in cammino, e dopo qualche angolo, guidati anche dal russare di chi dormiva, arrivarono al dormitorio.
Era tutto perfetto. Voxan si pose al centro della stanza montando sopra ad uno sgabello per farsi ancora più alto, aprì il mantello e sguainò i suoi canini in un grottesco sorriso, lo sguardo divenne cupo e penetrante, poi fece un cenno a Chromium che rovesciò nello stesso istante il tavolo che si trovava poco distante, e su cui si trovavano le stoviglie della sera. In molti sussultarono al boato delle stoviglie di rame, la visione di quella gigantesca ombra al centro della stanza, fece scappare gran parte dei briganti dal panico.
Uno, forse non del tutto consapevole, prese il proprio arco, e puntandone una delle estremità al petto di Voxan, lo caricò facendo trasformare il ghigno del vampiro in una smorfia di stupore.
Chromium a quel punto rivoltò gli occhi indietro, tracciò qualche segno nell’aria pronunciando alcune parole con una voce quasi aliena, fece comparire un lampo di luce proprio davanti al vampiro.
Entrambi gli avversari, abituati al buio, si ritrovarono completamente accecati e confusi.
La giovane elfa, vedendo sia il brigante, che il suo compagno in difficoltà, schernì con parole di rabbia, lo stesso Voxan: “Guarda che cercavo di aiutarti, ci caschi anche tu?”
Il vampiro con gli occhi socchiusi dal dolore, rispose: “Potevi anche avvertirmi, e poi com’è possibile che tu sappia usare incantesimi?!”
Chromium, urlando, colpì con un sasso il brigante accecato che si diede alla fuga, poi voltandosi verso Voxan, disse: “Tutti gli elfi hanno una base d’incantesimi!”
Voxan istintivamente aveva notato qualcosa di strano nelle parole che aveva detto, ma per il momento non riusciva a capire cosa fosse.
Il gruppo riprese ad esplorare quei sotterranei ormai vuoti, Voxan rassicurò Chromium sul fatto che di certo quegli uomini non sarebbero tornati fino al mattino seguente.
Arrivarono a una porta socchiusa, prudentemente guardarono all’interno sentendovi il rumore di un respiro. Chromium fu la prima a farsi avanti.
In un angolo della stanza vi era addormentato un grifone, uno splendido esemplare. La sua testa d’aquila era grossa quanto il torace di un uomo, le piume dai riflessi dorati ricoprivano tutto il suo corpo di leone, artigli lunghi quanto un dito, uscivano dalle sue zampe, e lunghe catene imprigionavano le stesse.
Voxan spiegò a Chromium che alcuni esemplari erano addomesticati per essere usati come cavalcatura, ma mai aveva visto un capo branco. Indicò poi, col dito, le decorazioni di piume variegate che portava ai lati del becco, lei affascinata si portò avanti e di scatto si aprirono due occhi grandi color ambra.
In meno di un respiro si ritrovò immobilizzata e schiacciata a terra da una delle possenti zampe del grifone.
Voxan si fece avanti lentamente, con lo sguardo serio e penetrante.
Dal becco arcuato di quella possente bestia uscì una voce gracchiante:
“Non muovere passo, uomo, rompi la mia prigionia, e la bimba sarà salva!”
Quasi non finì la frase, che sentì sollevare la sua zampa dalle esili mani di Chromium: “Chi sarebbe una bimba, micetto?!”
Il grifone balzò all’indietro seguito dallo sferragliare delle catene, e arruffando le piume del collo si preparò a un nuovo attacco.
Voxan, con la stessa calma, continuò ad avanzare, portandosi quasi faccia a faccia col grifone, poi la sua voce cominciò a vibrare: “Capisci la mia lingua, vero?”
Il grifone quasi senza volerlo annuì.
“Bene, allora noi siamo amici!”
Chromium guardava con attenzione la scena, capiva che stava osservando l’imposizione mentale di cui erano capaci i vampiri e ne volle capire i misteri.
Il vampiro, lentamente, sciolse il grifone dalle sue catene, poi si allontanò nuovamente continuando l’imposizione: “Quali sono i tuoi desideri?”
E con occhi ormai vacui, il grifone rispose: “Cibo!”
Voxan, guardò con la coda dell’occhio Chromium che tirò fuori dal suo zaino qualche pezzo di carne essiccata che si era portata dietro, poi rimasero lì a guardare in silenzio, la poca grazia che il grifone stava sfoggiando nel mangiare.
Chromium azzardò una domanda: “Come ti chiami?”
Il grifone rispose: “Non ho nome tra i due artigli!”
“Allora ti chiamerò micetto!”
Lo sguardo del grifone si allargò facendo dilatare le sue pupille dorate.
“Preferisci Tigre?” Il grifone non fece nessun gesto, o nulla che potesse sembrare un diniego, questo per Chromium era anche troppo. Dopo qualche minuto di discussione, Voxan cominciò a spingere Chromium ad uscire da lì, ricordandole che l’alba si stava avvicinando.
Chromium fece spazientire più volte Voxan fermandosi ad ogni oggetto luccicante, per prenderlo, come fosse stata al mercato cittadino.
Tornando in città Chromium notò quanto questa fosse grande. Voxan si congedò con qualche parola, spiegando che sarebbe tornato dopo pochi minuti, e che si sarebbero trovati al municipio. Arrivata dal connestabile, notò che il grifone che avevano liberato, li stava seguendo cautamente ad una certa distanza.
Gli fece segno come ad un amico di vecchia data, perché si avvicinasse.
Voxan nel frattempo arrivò con un carro. A trainarlo vi era un cavallo ben strigliato dal manto castano. Il cigolio delle due grosse ruote del carro ne avvertiva il movimento, si fermò proprio davanti al municipio, poi il vampiro scese, con le sue sole forze scaricò una cassa da morto ben rifinita.
Bussò sonoramente al portone del municipio, dalla finestra del secondo piano di quell’abitazione costruita in legno, comparve il viso anziano del connestabile: “Baron Voxan! Le sembra questa l’ora di disturbare la gente che lavora?”
Voxan: “Devo chiederle ospitalità, nella mia abitazione entra un po’ troppa luce!”
Il connestabile rispose semplicemente con un grugnito assonnato… per poi, pochi minuti più tardi, rimuovere il chiavistello della porta.
Con un gesto gentile, e un’espressione irritata, invitò i due ad entrare.
Chromium: “Eeeeemh… potrei fare entrare un povero randagio signor connestabile? Solo per stanotte!”
Il connestabile alzò le spalle, e con un altro grugnito: “…Siete miei ospiti, ma ricordatevi che questo non è un albergo, io torno a dormire!”
Per sua fortuna aveva già salito le scale, quando il grifone trovato da Chromium entrò dalla porta.
Voxan sistemò la bara a fianco al bancone, e la aprì per entrarci.
Chromium vide che all’interno, non era ricoperta di stoffe pregiate o rifinita come aveva immaginato dalle storie raccontate da sua madre sull’abitudine umana, ma vi era solo del terriccio. Chromium chiese spiegazioni, Voxan fermandosi e sedendosi sul ciglio di quella cassa, spiegò che per loro natura i vampiri, passato il giorno, si sarebbero risvegliati solo se coricati nella terra in cui erano morti.
Chromium: “Non hai paura che qualcuno, per quanto tu sia un vampiro, possa fregarti i tuoi averi mentre dormi?”
Lo sguardo di Voxan balenò alla luce della lampada ad olio, poi portandosi la mano al mento: “…Hai ragione, gli farò mettere un bello spioncino!”
Alzando un sopracciglio apostrofò il vampiro con qualche offesa spiegando che come lui avrebbe potuto vedere fuori, così anche la luce sarebbe entrata.
Voxan rispose con una risata, poi chiuse il coperchio della bara.
Dopo due ore Chromium e Tigre, furono svegliati dalle urla isteriche del connestabile: “Cos’è quell’ammasso di piume in mezzo all’ufficio? Avevi detto che era solo un cane!”
La ragazza rispose placidamente che lei aveva detto che era un randagio, poi si scusò calmando quel povero vecchio, anche per paura che quel rossore in volto fosse un sintomo d’infarto, in fretta e furia spinse il grifone fuori della porta.
Passarono qualche ora a sonnecchiare a fianco della stessa, attirando l’attenzione dei passanti. Tigre, in Chromium vedeva una certa affinità, percepiva qualcosa d’animale, forse per questo si sentiva a suo agio a dormire in mezzo ad una città d’umani, i quali, spesso erano considerati dal suo popolo più una minaccia, che qualcosa di buono.
Ormai con il sole levato in cielo, Chromium si stirò tra le calde piume al fianco del suo nuovo amico.
Chromium: “Tigre, ti va di accompagnarmi all’accademia di magia? Se qua non c’è lavoro voglio provare a chiedere là!”
Il grifone si scrollò le piume, e arruffò il collo, sistemò col becco alcune delle piume delle sue grandi ali, e con un cenno si rivolse a Chromium: “Monta su!”
Il volto di Chromium s’illuminò, e senza indugio saltò sul collo piumato.
Al levarsi del grifone in volo, vi fu una marea di mormorii di stupore, perché solo in una capitale si sarebbe potuto assistere a una scena del genere. Chromium si teneva stretta al grosso collo di Tigre, sentiva il vento sferzargli gli occhi, si sentiva al settimo cielo, e avrebbe voluto aprire le braccia immaginando di volare anche lei.
Poi, con sforzo, guardò in basso, indicando a Tigre dove si sarebbero dovuti dirigere.
Il grifone cominciò a scendere a larghi cerchi, per non far cadere il suo passeggero, atterrando davanti all’accademia. Chromium scese dal grifone, si sentì girare la testa dall’emozione, poi si ricompose e si rivolse di nuovo al suo amico: “Ci abbiamo messo un attimo, è fantastico!” Tigre la seguì all’interno dell’accademia, ma due guardie, lo bloccarono all’entrata.
Ancora persa nei suoi pensieri Chromium, arrivò dagli Arc Magi dell’accademia senza accorgersi di essere rimasta sola.
Si ritrovò in una grande stanza, al suo centro una scultura di cristallo lampeggiava di strana luce, e intorno, vari maghi borbottavano tra loro; si avvicinò a uno di questi. Dal suo punto di vista doveva essere tra i più importanti. Poi cercò uno stratagemma per attirare la sua attenzione.
Con sé si era portata il cristallo che aveva trovato dentro la grotta, ma il mago sembrò anticipare le sue mosse, si avvicinò, e tirò fuori dalle tasche della sua tunica un medaglione, questo era inciso di rune ai bordi, mentre al centro vi era una stella a sei punte. Il medaglione, passando davanti al viso di Chromium, s’illuminò, e un istante dopo chi lo teneva in mano, pronunciò a voce alta: “Ecco ne abbiamo trovata una!”
Chromium capiva che forse la situazione non era a suo vantaggio: “Che cosa sta succedendo?”
Il mago la esortò a seguirlo, fino a una stanza dove avrebbero potuto parlare.
Giunti in questa stanza, il mago si sedette e invitò Chromium a fare lo stesso, poi schiarendosi la voce: “Sai cosa sta succedendo in giro?”
Lei rispose tranquillamente: “So solo di un gran via vai di gente, e che a un mio amico, gli è crollata una parte dell’abitazione.”
Un lato della bocca del mago si sollevò leggermente: “Per la precisione, molta gente sta arrivando in questa città, e quello che è successo al tuo amico non è un caso!”
Chromium: “Prima domanda… può spiegarsi meglio?”
Il mago: “Puoi chiamarmi Endeor. Quello che sta accadendo è un po’ difficile da spiegare, forse capirai meglio con un esempio: A circa otto giorni di grifone a sud ovest di Haeven, vi era una città chiamata Meridian…”
Chromium: “Era?”
Il mago abbassò lo sguardo: “Ora al suo posto vi è una fossa, è stata spazzata via o… è scomparsa nel giro di una notte.”
Chromium: “Mi piace essere informata, seconda domanda, perché lo dici a me? A proposito il mio nome è Chromium!”
Endeor: “Vedi Chromium, il medaglione che ti ho fatto dondolare davanti, è uguale a molti altri creati nella capitale, servono per trovare gli individui migliori, con le capacità necessarie a viaggiare tra i piani. Devo dire che sono rimasto stupito che il medaglione abbia scelto una ragazzina, ma il mio compito rimane comunque cercare una persona come te!”
Lei rimase con lo sguardo vuoto, ed Endeor si preparò subito nel dilungarsi in spiegazioni!
“Quello che successe a Meridian, fa parte di quello che ho detto. Ti spiego meglio: quello che senti, che vedi… quello che vivi, non è la sola realtà possibile, dovresti immaginare tutto quello che ti circonda come una pagina di un libro, tu vivi su una di queste pagine, ma ve ne sono altre, molte altre e… possono essere girate. I punti di passaggio da una pagina all’altra, sono come gorghi nell’acqua, come succederebbe per una barca che è risucchiata, così succede per la realtà che incontra questi gorghi. Meridian era sulla rotta di uno di questi gorghi.”
Chromium già non era pronta, per la sua giovane età, a questa specie di fantasia, cercava di immaginarsi perché ne era stata tirata dentro, avrebbe voluto che almeno Voxan o Tigre, fossero stati lì ad ascoltare. Continuava a cercare una spiegazione, nella sua poca esperienza, da quello che aveva ascoltato.
Aveva una mente sveglia, ma quel poco che sapeva non bastava a farle luce: “Mi hai raccontato una specie di favola, ed ora io, dò per scontato che non sia uno scherzo o una bugia, mi hai detto che ci sono altre realtà, e che io sono adatta a viaggiarvi attraverso, ma perché?”
Endeor capiva di aver spaventato la ragazzina che aveva davanti, ma non cambiava nulla, a quel punto, se avesse reso il tutto più dolce, quindi rincarò la dose: “Quello che è successo a Meridian, sta succedendo in tutta la nostra realtà, e sta peggiorando giorno dopo giorno, tu con molti altri potresti riuscire ad eliminare il problema! So che sei troppo giovane, e non capisco come il medaglione ti abbia riconosciuta, per questo non continuerò oltre a farti paura.
Ti chiedo però di accettare il medaglione, e se vorrai aiutarci con quel che puoi, ti saremo grati!”
Chromium si allontanò dalle stanze degli Arc Magi con lo sguardo vacuo, non sapeva che decisioni prendere, ma uscita dalla torre guardò Tigre…i suoi pensieri evaporarono come nebbia al sole: la aspettava un altro volo.

Passarono diverse settimane in cui Tigre, Chromium e Voxan, fecero più lavoretti per accumulare soldi, ma non furono altrettanto fortunati come la prima volta. Furono costretti ai lavori più umili, soprattutto per le abitudini di vita del barone Slanir, il quale si chiedeva ripetutamente, quale motivo lo spingesse a seguire quella ragazza.
Forse la curiosità di tanta abilità in un così giovane corpo.
La stessa domanda Voxan se la poneva anche verso il grifone, così ammansito da Chromium, infatti, era consapevole che Tigre era un capobranco, e quindi doveva sentirsi legato a Chromium per il debito di libertà nei suoi confronti.
Questi pensieri comparivano e scomparivano, come il luccichio di una lucciola in una notte buia. Altri pensieri, infatti, si ammassavano nelle menti dei tre. In quelle settimane videro cambiare la città di Haeven.
Molta gente arrivò in città, e sembrava si stesse radunando da tutto il mondo, infatti, furono costruite persino delle palafitte sopra al fiume, nei pressi della diga dei pescatori, che contribuirono alla costruzione.
Chromium, Tigre e Voxan, avevano trovato un accordo, lavoravano fino a tarda notte, poi Voxan rimaneva di guardia fino al mattino, per poi far sì che Tigre e Chromium potessero fare lo stesso fino al tramonto del giorno dopo.
Tigre, un giorno, scomparve per ricomparire il giorno successivo, e per quanto fosse inespressivo il suo muso d’aquila, si poteva leggere la preoccupazione nei suoi occhi. Fu Voxan il primo a farsi avanti: “C’è qualcosa che ti affligge?”
La testa di Tigre si levò, facendo rispecchiare il fuoco dell’accampamento nei suoi occhi, poi la testa ritornò ad abbassarsi, ora immobile alle ombre del fuoco, pareva una roccia: “Mio popolo in pericolo!”
Voxan rimase un attimo in silenzio, e come sua abitudine cercò le parole giuste: “Puoi confidarti con noi, ci hai aiutato spesso…”
La testa di Tigre si rialzò, stavolta per guardare Chromium che era distesa e addormentata poco lontano: “Troppo pericolo!”
Voxan cercò di tirar fuori un po’ della saggezza che aveva acquisito nei suoi anni di vita: “Una roccia può sgretolarsi, e un granello di sabbia resistere, il problema che hai potremmo riuscire a risolverlo, affidati a noi!”
Tigre chiuse lentamente gli occhi, e appoggiò il capo tra le due grandi zampe: “Domani!”
L’indomani all’alba, Tigre disse a Chromium ciò che aveva già detto a Voxan, che naturalmente non esitò un attimo, si misero in marcia verso le montagne in cui abitava il popolo dei grifoni. Fu una marcia di quasi venti chilometri per arrivare a scorgerne le rocce in lontananza. Voxan risvegliandosi al tramonto, rimase stupito del cambio di paesaggio.
I tre prepararono un fuoco, e si accamparono.
Tigre spiegò a lungo che “un due piedi” alto quanto un albero, cacciava la sua tribù per nutrirsene.
Il vampiro spiegò che quello di cui stava parlando, era di certo un gigante delle leggende. Erano incroci tra gli dei e gli uomini, la forza dei due piedi, com’erano chiamati da Tigre, era proporzionale alla loro statura, e così come un uomo, brandendo un bastone, avrebbe potuto uccidere un altro uomo, così un gigante, brandendo un tronco d’albero, avrebbe potuto ucciderne cento. Voxan decise di far riposare il resto del gruppo per la marcia del giorno dopo, oltretutto anche il cavallo che trainava il carro, cominciava a sentire la fatica nel risalire i sentieri.
Il giorno dopo Tigre scomparve, Chromium si mise in ogni modo in viaggio, ma a metà del percorso vide uno stormo di grifoni sorvolarla. Lei cercò di sfuggire ai loro occhi per timore di un attacco, si rifugiò sotto gli alberi, e per quanto potesse essere difficile scorgere una così minuta figura, non lo era certamente notare il cavallo e il carro su cui Voxan dormiva. Due grifoni scesero in picchiata e agguantarono la bara, un terzo invece seguì Chromium agguantandola alle spalle e portandosela via in volo. Chromium scalciava e urlava verso la bestia che l’aveva presa, e si sentì quasi morire quando la presa del grifone si allentò. Cadde per alcuni metri per poi fermarsi sul collo robusto di Tigre.
Presa dal panico sbracciava per aggrapparsi a qualcosa. La cavalcatura sotto di lei virò leggermente nell’aria per far stabilizzare il suo cavaliere: “Meno paura, o cadrai di nuovo!” Chromium riconobbe subito quella voce gracchiante, e cominciò a urlare: “Tigreee! Maledetto! Un altro scherzo del genere, e ci arrivi senza piume ovunque tu mi stai portando!” Il becco di Tigre non aveva espressione ma leggermente aperto com’era, sembrava formare un ghigno divertito.
In meno di venti minuti di volo, percorsero la strada che avrebbe impiegato a percorrere a piedi in tre giorni. Sorvolarono il passo della montagna, il freddo e la mancanza d’ossigeno, facevano girare la testa a Chromium che riuscì in ogni caso a scorgere delle grotte in lontananza.
Una moltitudine di grifoni si levò in volo al loro arrivo, e accompagnarono Tigre nella discesa sulla pianura davanti alle grotte. Chromium rabbrividiva dal freddo, anche per la pioggia che cominciava a scendere, e a un cenno di Tigre, due grifoni la avvolsero con i loro corpi, continue grida dei grifoni si elevavano al cielo in saluto di Tigre, il loro capobranco.
Chromium e Voxan, il quale giaceva ancora nella bara, furono portati all’interno di una grotta. Lì furono ammucchiati frutti e bacche per i nuovi ospiti. Chromium incuriosita e infreddolita si guardava intorno. Diversi oggetti erano sparsi per la grotta, poi guardò Tigre, la quale fece un cenno di consenso capendo i suoi desideri.
La giovane ragazza si alzò lentamente per colpa del freddo alle giunture, si avvicinò a un mucchio di oggetti che aveva notato, e cominciò a frugare al suo interno.
Vi erano in gran parte oggetti d’uso comune all’uomo, Chromium pensava che molti, probabilmente, fossero stati dei regali in cambio di servigi.
Vi trovò anche delle armi e qualche vestito pesante per difendersi dal freddo, poi brandì una spada corta e un piccolo scudo per sé, e un’altra più grande per Voxan, quest’ultima era di bella fattura, la lama, sembrava esser stata ricavata da uno dei cristalli che aveva già visto.
Si sedette in un angolo e cominciò a mangiare aspettando che Voxan si svegliasse. Molti grifoni già dormivano, e fuori, per colpa delle spesse nubi, era già giunta l’oscurità. Persino Tigre si era appisolato, Chromium si sentiva leggermente smarrita in quel silenzio. I primi movimenti di Voxan si fecero sentire all’interno della bara, e dopo poco, il coperchio si aprì. Voxan si levò per metà busto all’esterno, e anche se la treccia dei suoi capelli era ancora in ordine sulla fronte, si levavano ciocche di capelli in disordine, la cosa fece ridere Chromium.
Voxan Slanir si guardò intorno e vide le armi, la sua fronte si aggrottò in disappunto: “Sei già convinta di combattere?”
Chromium alzò le spalle: “Sì! Non vedo altra soluzione.” Voxan strinse leggermente le labbra come un maestro farebbe con l’allievo: “Mai sentito parlare di diplomazia?! Sei troppo ottimista a pensare di poter battere una creatura del genere sul piano fisico, un’intera tribù di grifoni non ci ha provato, ti sei chiesta il perché?” Chromium, abbassò lo sguardo immersa nei pensieri, poi chiuse gli occhi e senza rispondere si sdraiò.
Voxan con tono di rimprovero: “Va bene, vedremo quando ci saremo!”
Passarono diversi giorni, e quel maledettissimo temporale peggiorava continuamente, persino di giorno era difficile riuscire a scorgere qualcosa oltre i trecento metri, la pioggia e il nevischio formavano una cappa che sembrava attutire tutti e cinque i sensi.
Voxan, per la sua esperienza, sapeva benissimo che se quel gigante si fosse presentato, la situazione non sarebbe stata certamente a loro favore.
Sapeva che Chromium faceva troppo affidamento sulla sua natura di vampiro, ma non volle farle perdere la fiducia che aveva in lui. Nel silenzio della bara, sperava solo che quella creatura non si fosse presentata di giorno, e allo stesso tempo, non immaginava quali conseguenze avrebbero avuto se lo avessero incontrato di notte. Tigre spiegò a Chromium e a Voxan, che anche solo per la difficoltà di cercare il cibo, di certo si sarebbe fatto vedere presto.
Alla notte del quarto giorno, un grifone entrò nella caverna in preda alle grida, Chromium si alzò di scatto, ma non era preparata a quello che stava vedendo: il becco superiore del grifone era spezzato per tre quarti, fino ad arrivare alla carne, e il sangue che grondava dal muso, lo stava lentamente soffocando.
Il grifone stramazzò a terra, mentre la voce grossa del gigante all’esterno della caverna rimbombava insieme ai tuoni della tempesta, stava cercando il grifone che aveva appena colpito.
Voxan capì subito che dovevano attirare il gigante fuori dalla caverna, in mezzo alla tempesta, se volevano avere una qualche possibilità di riuscire a batterlo, anche perché ormai era scontato che i suoi piani diplomatici fossero, in quella situazione, inutili.
Stava per rivolgere la parola a Chromium per spiegarle quello che voleva fare, ma Chromium era già avanti di qualche passo, anche se per un altro motivo: non voleva assolutamente che il gigante arrivasse alle uova.
La mente di Chromium si mise a lavorare velocemente, mentre risaliva verso l’entrata della grotta, escogitò subito un modo per trarre l’attenzione del nemico, appena si sentì pronta si fermò e lanciò un incantesimo, il suo stesso corpo cominciò a brillare leggermente, e con appena un sussurro: “Questo dovrebbe bastare!”
Voxan dietro di lei, capendo le intenzioni suicide di Chromium, e sapendo che non ci sarebbe stato modo di farle cambiare idea, le passò davanti, il suo corpo cominciò a mutare, e nell’arco di pochi passi, si trasformò in un lupo, in questo modo sarebbe riuscito ad arrivare prima lei.
Le prime tracce di neve si cominciavano a scorgere indicando l’entrata della caverna, le urla del gigante si facevano più grosse. Voxan, grazie ai suoi sensi, riuscì a scorgere la sagoma del gigante. Gli balzò direttamente ad una gamba, che graffiò appena con le sue mascelle, perché la stessa era troppo grande.
Chromium, dietro per la luminescenza che emanava, riuscì a vedere il gigante, mentre con un pugno scagliava la forma lupina di Voxan contro la parete. Dalla bocca di Voxan partì un fiotto di sangue. Poi non si mosse più!
L’elfa sfoderò la spada leggera che aveva, e prima che il gigante si potesse voltare, la fece scivolare su una delle sue nude cosce. Presa dalla paura le ritornavano in mente le parole di Voxan, e l’unica cosa che le faceva sperare di sopravvivere, erano le urla all’esterno della grotta degli altri grifoni.
Riuscì a raggiungere l’entrata, il freddo pungente della pioggia e del nevischio la feriva come vetro, a malapena riusciva a tenere gli occhi aperti.
Il gigante, inseguendo Chromium e uscendo dalla grotta, poté rialzarsi in tutta la sua altezza, uno dei fulmini lo illuminò.
Agli occhi di Chromium era alto forse più di quattro metri, portava su di sé, dalla coscia al collo pellicce di diversi animali, i capelli lunghi e disordinati cadevano ai fianchi di una fronte calva.
Gli occhi del gigante fissavano dritti verso Chromium, e lei capì che l’incantesimo che aveva addosso, era il più grande sbaglio che avesse mai fatto.
I grifoni con molta difficoltà potevano almeno avere un punto di riferimento. Alcuni dei più coraggiosi e forti si levarono in volo in mezzo a quel vento. Intanto il gigante avanzava verso Chromium che era paralizzata dal terrore, il suo unico pensiero, era la ferita alla coscia che era riuscita a infliggergli.
Il gigante stava abbassando un fendente con la sua clava, Chromium si riscosse dal suo torpore saltando di lato, la clava picchiò violentemente a terra alzando schegge e fango da tutte le parti. Chromium sentì un dolore lancinante alla gamba sinistra, un pezzo di pietra appuntita vi si era conficcata. Annaspando in mezzo alla neve e al ghiaccio, cercava di allontanarsi dal gigante, mentre un secondo fendente le stava per arrivare addosso.
Al bagliore del suo corpo un’ombra spuntò dall’oscurità. Uno dei grifoni si abbatté sul gigante, il quale cominciò ad agitare le braccia e la clava.
Poi una delle sue mani si strinse su un’ala del grifone, e il rumore delle ossa che si spezzavano, risuonò col fragore di un tuono. Il gigante lo sbatté violentemente a terra, con un solo colpo della sua clava gli sfondò il torace.
Chromium, in preda al panico, sperava che quello che era intenzionata a fare, sortisse un qualche effetto. Pronunciando le parole di un incantesimo, la pelliccia del gigante avvampò tra le fiamme, che anche se spente quasi subito dalla pioggia, lo spaventarono e lasciò la clava cominciando a rotolarsi nella neve.
Poi strinse l’elsa della spada caricando il gigante sdraiato… una profonda ferita si aprì nel suo fianco.
Chromium fu colpita da un pugno del gigante che la scaraventò a qualche metro di distanza.
In preda al dolore cercò di aprire gli occhi per vedere che il gigante le era già addosso. Da dietro la sua schiena, comparve in un balzo il volto di Voxan, i suoi canini affondarono nella spalla del gigante.
Gli occhi dello stesso cominciarono a girare per poi spegnersi, e tutto il suo corpo crollò a terra.

Chromium si sforzò di aprire gli occhi, li sentiva pesanti, vedeva ombre ondeggiare davanti a lei, poi nelle mani strinse il pelo di una pelle posta su di lei, si rese conto che doveva essere svenuta.
Si guardò intorno, era di nuovo nella grotta, e al risvegliarsi dei sensi risentì il dolore alla gamba e di qualche altra decina d’escoriazioni e lividi. Cercò di rialzarsi, col rischio di svenire di nuovo. Stava perdendo ancora sangue, per quella grossa scheggia di pietra ancora infilata nella gamba. Affinando la vista alla luce del fuoco, vide Voxan chino sul grifone con il becco frantumato, mentre poco lontano, Tigre lo guardava, fece un cenno con la testa a Voxan, il quale passò lentamente la mano sulla testa di quel corpo che tremava, dopo poco quel brivido rallentò fino a fermarsi insieme al respiro affannato, poi gli occhi, si chiusero per non riaprirsi più.
Voxan, a quel punto, si voltò verso Chromium, avvicinandosi lentamente a lei. Chromium, per la scena a cui aveva assistito, cercò istintivamente di allontanarsi da lui.
Chromium: “Che cosa vuoi farmi?”
Voxan rispose con voce calma: “Fidati, non voglio farti del male!” Allungò le mani, le portò vicino alla ferita, e una leggera luce si sprigionò da esse. Il frammento di roccia cominciò a scivolare attraverso le pareti della ferita, fino a cadere a terra, poi ad un tratto, la ferita smise di sanguinare.
Voxan: “Più di così non posso fare. Ti rimarrà la cicatrice!”
Chromium, ora più rilassata, chiese: “Sei un guaritore?”
Il vampiro si sedette a fianco di Chromium senza guardarla: “Non lo so, non ricordo… probabilmente lo ero prima di morire.”
Chromium aveva un’espressione stupita, alle sue parole: “Ma i poteri di un guaritore, non sono concessi dai nostri Dei? Non dovresti più poterli usare!”
Voxan rispose con un sorriso: “Sono concessi alle persone che ne fanno buon uso!”
Lei riportò lo sguardo sul grifone, riprese con riluttanza il discorso: “Cosa gli hai fatto?”
Voxan continuava a non incrociare lo sguardo di Chromium, e lo faceva volontariamente: “Quello che ho fatto al gigante! Mi sono nutrito dei loro ricordi … fino a quando non hanno dimenticato anche come si respira, ti spaventa?”
Chromium fece un cenno con la testa, e tra la tristezza e la rabbia gli rispose: “Quello di cui viviamo… che ci rende vivi, anche a Haeven ti nutrivi così?”
Il vampiro chiuse gli occhi: “Sì, ma in gran parte di ricordi dolorosi, e quello di cui mi nutro diventa parte di me!”
Ora Chromium si sentiva in colpa per la rabbia che provava verso di lui, per quel che aveva fatto, doveva essere un gran peso, ora era presa dalla curiosità: “I vampiri sono tutti dei tiranni e dei malvagi, perché tu sei un’eccezione?”
Il sorriso di Voxan si allargò a scherno di quelle parole: “Tutti noi siamo così all’inizio, amiamo la vita perché non la sentiamo scorrere in noi, alcuni la odiano da subito perché non possono averla, ma per chi la ama, il tempo passa, se ne dimentica, o la fa diventare un’ossessione!”
“In una vita che può durare millenni, quella degli umani vivi, che dura una frazione, perde d’importanza.
Col passare del tempo, forse per il senso di superiorità o per la forza, arriverò a esserlo anch’io!”
Voxan appoggiò la mano sulla spalla di Chromium:
“La morte è un vuoto incolmabile, il freddo del sangue, il silenzio del cuore che non batte, è tremendo!
Finché hai una vita, tienitela stretta, è stato duro starti dietro!” Poi Voxan si alzò, e se ne andò voltando le spalle.

La tempesta continuò per qualche giorno, in quel periodo Chromium pensò molto alle parole di Voxan, e a quello che era successo, non vi fu nessun festeggiamento per la vittoria, il dolore delle morti e la cura dei feriti, non ne lasciavano il tempo.
Chromium notò che i danni subiti, erano più ingenti di quelli che aveva creduto. Tigre era ricoperto di ferite come molti altri grifoni. Molto probabilmente, non era riuscita a vederli in quei numerosi attacchi che portavano contro il gigante, e pensava che se era viva, era grazie anche a loro.
Col tempo anche la tempesta si placò, Voxan per giorni continuò nella sua opera di curare i feriti, e nel fare questo, non proferiva alcuna parola, questo perché era perso nei pensieri.
La battaglia, lo aveva costretto a ritirare fuori quell’arte che aveva dimenticato: l’arte del guaritore.
Appena aveva un attimo di tempo libero, una domanda lo affliggeva: “Cos’ero prima di morire? Un prete?! Un guaritore?! E perché ho ancora questi poteri?”
Voxan, più cercava di andare a fondo nei suoi ricordi, più vi trovava buio, e allo stesso tempo si facevano nitidi i ricordi successivi alla sua morte, e soprattutto gli insegnamenti del suo padrone e mentore.
Gli ordini, quasi impartiti da Saterslan Slanir, si riferivano soprattutto alle nozioni che un vampiro non doveva assolutamente infrangere, ed era ciò che lui ora stava facendo.
Davanti agli occhi di Voxan, ripassavano le immagini della volta del soffitto, quando aveva aperto gli occhi di quella nuova non vita, con una visione della realtà del tutto diversa.
Il viso di Saterslan che gli si parava davanti, lo vedeva come fosse stato un dipinto, con i contorni imprecisi della mano di un pennello, e dai colori irreali delle tinture della vernice, di quel viso di un giovane uomo robusto dai capelli né corti, né lunghi, e dai baffi prominenti.
Poi il ricordo di quella nuova vista, che non era degli occhi, che si faceva più precisa col passare del tempo.
Ora ricordava ogni attimo delle parole che per la prima volta sentiva, ma che sentiva senza le orecchie: “Benvenuto neonato, questa è la prima regola, poi ne verranno altre. Non infrangerne nessuna, ma soprattutto la prima: questa è la tua nuova vita, non ne hai un’altra da ricordare, vivi con le esperienze che hai, perché se tu dovessi rammentare ciò che eri in vita, impazziresti!”
Voxan sapeva che era una regola ferrea che ogni vampiro doveva rispettare. Già il ricordo del corpo, della vita, era straziante, se anche la mente avesse ricordato come per alcuni era successo, sarebbe diventato “un senza mente” in altre parole, una creatura simile a una bestia guidata dagli istinti.
Sapeva di rischiare, in fondo si era chiesto mille volte come doveva essere ascoltare con le orecchie, vedere con gli occhi, e non percepire il mondo con le strane sensazioni che giungevano al suo corpo morto. Poi Voxan si accorse che questi suoi pensieri gli avevano fatto dimenticare di parlare con chi gli stava attorno, in fondo con una vita così lunga, e da una prospettiva ancora più grande, gli capitava spesso.
Voxan andò da Tigre per primo: “Ora che la tempesta si è placata, ci metteremo in viaggio per tornare a Haeven, desideri venire con noi?” Tigre inclinò la testa di lato, e con lo sguardo obliquo fece capire quanto era ovvia la risposta alla sua domanda ora che il pericolo era terminato, poi Tigre voltò le spalle per andare a prepararsi per il viaggio.
Ora mancava Chromium, Voxan la trovò all’entrata della caverna seduta su una roccia, mentre osservava i primi chiarori dell’alba. Appena si avvicinò la voce cupa di Chromium, risuonò dolcemente in quel silenzio: “Sono giorni ormai che non parli!”
Voxan rispose con lo stesso tono: “Solo pensieri, ricordi e domande, ma parliamone dentro, o per colpa del sole fra un attimo potrei non esserci più!”
Chromium si alzò dalle rocce prese un po’ di neve, e se la mise in bocca, poi con la stessa piena: “Deve esser triste, non poter osservar l’alba!”
A Voxan quella frase così premurosa, detta con un mucchio di neve in bocca, lo fece scoppiare in una fragorosa risata: “Non preoccuparti! Il vedere i brutti scherzi che gioca il fatto di svegliarsi presto alle creature del giorno, è molto più piacevole.” Ora Chromium non sapeva se trovarsi arrabbiata o sollevata, la risata di Voxan l’aveva rasserenata sul fatto che il suo silenzio non riguardava lei, o un suo comportamento.
Quella frecciata sul suo bon ton, la colpiva sul suo lato femminile.
La risposta le venne naturale, tirando un calcio allo stinco di Voxan.
Ora però qualcosa cambiò nella mente di Chromium, quella lotta le aveva mostrato quanto a volte fosse arrogante, e quanto il coraggio di un capo come Tigre mancasse ancora a lei, così come la saggezza di Voxan.
Così davanti a quell’alba, decise anche lei di cambiare, avrebbe fatto di tutto per mettersi in gioco, o rischiare per gli altri, quindi doveva accettare la richiesta dei maghi della Gilda.

Ormai tutto era pronto, ma mancava qualcosa, e solo ora Chromium lo notava. La bara di Voxan era rimasta senza mezzo di trasporto, infatti ricordava che erano stati trasportati in volo fin lì. Chromium fuori della grotta passeggiò nervosamente per più di un quarto d’ora sopra la neve ghiacciata.
Già si ritrovava ad andar contro il suo proposito, vale a dire il fatto di aiutare gli altri, e non di essere aiutata, ma certamente in quel frangente, non poteva far altro che caricarsi la bara in spalla.
Tigre per la sua intelligenza limitata, si poneva diversi interrogativi sul comportamento di Chromium, non riusciva assolutamente a comprendere perché non si decidesse a partire. In fondo non conosceva neppure le idee che le frullavano in testa.
Abituato al comando, Tigre impazientito scattò in avanti sollevando una coltre di neve.
Chromium si voltò al fragore delle ali che sbattevano di Tigre, facendo solo in tempo a vedere il volto aquilino uscire da quella nube, prima di ritrovarsi catapultata in aria.
Vide per qualche istante, letteralmente, il mondo da tutte le prospettive possibili, prima di ritrovarsi carponi ancora una volta sopra il corpo di Tigre.
Le fauci si spalancarono al richiamo di alcuni membri della sua razza, emettendo un forte e stridente grido, così altri grifoni si sollevarono prendendo la bara di Voxan.
Chromium non riuscì neppure ad adirarsi, stupita dall’azione di cui era stata la principale cavia.
La confusione del volo, e la delicatezza con cui era atterrata, l’avevano tramortita di pensieri: Ecco perché è il loro capo! Ecco cosa devo migliorare, le mie abilità, ciò che so fare. E mentre pensava a questo, si accorse che il monile che portava al collo uscì dai vestiti ciondolando davanti a lei.
Poi le vennero in mente le parole del mago dell’accademia: “Il medaglione riconosce le persone adatte a viaggiare tra i piani.” Osservò il leggero bagliore che il medaglione emetteva ogni volta che si avvicinava al suo seno, lo strinse in mano e chinandosi lo avvicinò al collo di Tigre, continuò ad osservare il bagliore che emetteva tra le sue mani, poi le allontanò, e nello sconforto non lo vide più. Allargò le braccia, e strinse delicatamente il largo collo piumato.
Quasi un’ora più tardi Chromium, indicò a Tigre quelli che sembravano i resti del carro in una piana innevata. Tigre cominciò a scendere volteggiando sopra gli alberi, atterrando poco lontano. Chromium scese di corsa da Tigre, correndo verso il carro semi sepolto, lo guardava attentamente, cercando di capire dove fosse il davanti, e una volta individuato, cominciò a scavare. Tigre seguì l’esempio, con i suoi grossi artigli arrivò a scoprire il cavallo, poi si voltò verso Chromium: “Ora?”
Chromium abbassò la testa appoggiando una mano sul muso gelato del cavallo: “Aspetteremo la notte, Voxan era affezionato, sentiremo da lui, intanto finiamo di disseppellirlo!”
All’ordine di Tigre i due grifoni che accompagnavano la bara di Voxan, e che avevano fatto la spola per trasportarla, partirono alla ricerca di cibo, ritornando qualche ora più tardi con un cervo adulto.
Chromium da ormai più di un’ora, cercava di asciugare della legna.
Aveva preso un gruppo di rami, li stava asciugando col calore di un incantesimo sprigionato dalle mani, stava quasi per rinunciare per colpa dello sforzo mentale, ma finalmente, cominciò a vedere uscire del fumo.
Arrivò sera, Voxan si alzò dalla bara, diede uno sguardo al paesaggio innevato, poi lo portò sul focolare dove Chromium e i tre grifoni stavano scaldandosi: “Come mai ci siamo fermati?”
La ragazza puntò lo sguardo in una direzione ben precisa: “Il tuo cavallo!”
Voxan seguì lo sguardo della ragazza che si posava sulla carcassa del cavallo morto. La sua espressione non cambiò per nulla, appoggiò una mano sul bordo della bara, ne uscì, e con alcuni passi si avvicinò al cavallo, poi appoggiò una delle due mani sulla fronte e l’altra sul torace della carcassa, da quelle membra senza vita, vi fu un fremito. Chromium sgranò gli occhi: “Hai tanto potere da riportarlo in vita?”
Voxan scosse la testa: “Non penso che ci sia nessuno in grado di farlo, ma posso rianimarlo!”
Chromium guardava la carcassa del cavallo, mentre i fremiti che la percorrevano, ne rompevano le carni congelate, a quel punto Chromium sfoderò quella piccola lama che aveva, cominciò a caricare il torace del cavallo in preda all’ira. Voxan staccò la mano dal petto prendendo al volo la lama che stava giungendo. Il filo della spada tagliò le carni della mano fino a stridere contro l’osso. Chromium lasciò la spada che gocciolava sangue; poi, quasi per non farsi prendere dallo sconforto per quello che aveva fatto, cominciò a inveire contro Voxan: “Perché lo vuoi portare indietro dalla morte? È una mostruosità!”
Voxan non mosse un muscolo, continuò a stringere la lama che lo aveva ferito: “Allora, lo sono anch’io?!”
Chromium presa in contropiede, si ritrovò prona per terra, il suo cuore si calmò per un attimo: “Non hai detto forse tu, che quella di essere un morto che vive è una situazione ignobile?”
Poi la voce di Chromium si alzò fino a gridare tanto, che persino i grifoni si alzarono in piedi: “Tu stesso non hai detto che soffri?! Come puoi dare la tua stessa sorte a qualcun altro?”
Voxan rimase in silenzio qualche minuto accarezzando dolcemente la fronte del cavallo, i cui occhi, esprimevano solo dolore: “È stato abbandonato, per giunta da chi si fidava!”
Voxan girò la fronte guardando gli occhi di Chromium con lo sguardo ancora più gonfio di dolore: “E poi, non sarebbe tornato se non lo avesse voluto lui!
Non ho il potere di costringere un morto a camminare se lui stesso non lo vuole e, in tutta sincerità, anche se potessi, non lo farei!”
Chromium portò lo sguardo sul cavallo, notando quanto il suo dolore si leniva ad ogni carezza di Voxan, poi si alzò, prese la mano di Voxan e la aprì dolcemente per far cadere la lama.
La sua compagna di viaggio, cominciò a curargliela: “Scusami, solo che a volte certe azioni mi sembrano così…”
Il vampiro parlò per Chromium: “Mostruose?! Io, ho un mondo diverso dal tuo, cerco solo di comprenderlo. Ad ogni modo ora non pensare a me, stai vicino al cavallo, avrà bisogno di tutta la compagnia possibile, in fondo morire è un po’ come nascere!”

Chromium, forse per rimorso o per cercare di capire, diede ascolto alle parole di Voxan, accarezzò quelle carni martoriate fino a notte fonda, mettendosi a piangere più di una volta.
Mentre faceva questo, Tigre la osservava sentendosi orgoglioso di avere conosciuto una persona così speciale.
Quasi all’alba Voxan diede una pacca al cavallo: “Forza rialzati in piedi!” Il cavallo, barcollando come un puledro appena nato, cercò di muovere i primi passi in quella nuova realtà, poi Voxan disse a Tigre che poteva congedare i due grifoni perché avrebbero proseguito il resto del viaggio a piedi. Come all’andata, il viaggio durò qualche giorno, le carni del cavallo, cominciavano a marcire, e a puzzare. Al passaggio della compagnia, in città, molta della gente si rinchiudeva in casa, o faceva scongiuri secondo la propria religione.
Chromium aveva il cuore immerso in uno strano sentimento di vergogna e di rabbia: “Non so se saremo accettati di nuovo in città.”
Voxan quella sera camminava elegante come suo solito: “Fu così anche per me. Si ha sempre paura di ciò che non si conosce. Una volta arrivato al mio castello, ne ripulirò le ossa dalla carne. E una volta diventato più presentabile, i bambini ne saranno incuriositi, e… giorno dopo giorno, la paura scomparirà!”

[continua]


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