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Oltre l'orizzonte - Racconti tra sogno e realtà
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Manuela Fiorini - Oltre l'orizzonte - Racconti tra sogno e realtà
Collana "I Salici" - I libri di Narrativa
15x21 - pp. 280 - Euro 15,00
ISBN 978-88-6037-7739
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In copertina: «Sfida», cm 70 × 80, olio su tela, 2007 opera di Maurizio Delvecchio foto di Daniela Ori
Il libro contiene opere di: Daniela Ori – Gabriele Sorrentino – Manuela Fiorini
RINGRAZIAMENTI
Un grazie di cuore a tutti coloro che mi hanno sostenuta ed incoraggiata nel continuare la difficile strada della scrittura, trasmettendomi il coraggio e la determinazione per portare a termine questa mia seconda avventura, che segue la pubblicazione del mio primo romanzo. In particolare, la mia gratitudine va alla mia mamma Maddalena, a Claudio e ad Elena, per la pazienza e la perizia critica del “lettore esigente”, con le quali hanno letto i miei racconti, consentendo loro e a me di migliorare e maturare. Ringrazio, in modo speciale, Daniela e Gabriele, per avermi coinvolta nell’idea di questo libro e nella sua realizzazione.
Manuela Fiorini
Prefazione
La presente raccolta degli autori Daniela Ori, Gabriele Sorrentino e Manuela Fiorini, raccoglie alcuni racconti eterogenei che spaziano da atmosfere prettamente legate al genere noir, alla rivisitazione dalle classiche caratteristiche horror, all’ambientazione di narrazioni che nascono e si plasmano su vicende storiche, alle visioni oniriche fino alla fantascienza che riportano ad una continua espansione d’una creatività proteiforme.
Il filo conduttore sotterraneo è quel muoversi sulla linea di confine tra il mondo reale e materiale ed una propensione alle molteplici possibilità di visioni irreali, fantastiche e misteriose, in una costante ripresa del sovra umano.
Un autentico viaggio di scoperta nelle dimensioni dell’animo umano che porta con sé le contraddizioni, i dissidi interiori, le inquietudini e le sue fragilità: una percezione più sottile di ciò che viene visto con gli occhi e sentito nel profondo dell’animo, nelle variazioni dell’esistenza oltre la concezione comune.
Gli interrogativi sono numerosi, le domande altrettanto e le risposte non sempre sono avvertibili in prima battuta ma occorre scandagliare, fino in fondo, le più labili mutazioni, i più semplici segni che contraddistinguono la conoscenza ortodossa.
Tale processo di superamento dei limiti conoscitivi viene portato avanti e viene alimentato di continuo allo scopo di rappresentare le antinomie del mondo, le difficili condizioni della limitante finitudine dell’Uomo che conosce i suoi limiti ma non si capacita di rimanere incatenato ad essi.
Tutto il mare magnum delle possibili evidenze, riscontrabile nelle vicende narrative, viene racchiuso all’interno dei racconti che, in varie forme, esplicano la loro forza e deflagrano con la loro energia propulsiva in avvincenti storie che compongono tale raccolta.
Ecco allora che nei racconti luminosi ed ammalianti di Daniela Ori, vengono in superficie, quasi estrapolati dall’immaterialità, la figura d’un uomo che è convinto esista una porta segreta che conduce ad una dimensione ignota, proprio lui che è nato lo stesso giorno in cui si sentì un urlo straziante nel castello di San Leo, il castello di Cagliostro ed ora, in quello stesso giorno, torna alla ricerca della porta segreta quasi perdendosi in una dimensione irreale ed evanescente. Poi storie di fantasmi e arcane presenze in castelli e una lettera nascosta in un affresco, segnali onirici e segni che riportano a luoghi pervasi di mistero.
In un altro racconto, emerge la figura di Egloge Vetilia, una donna giunta come schiava a Roma e poi liberata da Lucio Valerio, un decurione di Mutina, che si era innamorato di lei e aveva fatto ogni cosa per poterla sposare: proprio per questo motivo, lei aveva voluto erigere un’ara grandiosa che ricordasse per sempre il suo amore per il marito ed il figlio ed ora quell’opera monumentale era venuta alla luce come a voler rappresentare il simbolo dell’amore eterno che risorge sempre dalla polvere del tempo. E ancora, la figura d’una donna con una forte sensibilità, che scrive poesie per esprimere se stessa, per liberarsi dalle costrizioni quotidiane, che non è compresa dall’uomo che è al suo fianco ma un magico incontro con un’altra donna “magica” cambierà ogni prospettiva.
Nei racconti di Gabriele Sorrentino, allo stesso modo, vengono recuperate le risorse inesauribili del mistero grazie ad una profonda capacità di costruzione narrativa ed emergono così le leggende della Baia del Mattatoio, ricordi di epoche lontane con le reminiscenze di spettri della Torre del Mattatoio “che si nutrivano di anime umane”, riti satanici ed ancestrali, incubi da lenire o ancora, in un altro racconto, uno strano negozio aperto “dal tramonto all’alba” che vende curiosità e regali ed una splendida donna imprigionata in una sorta di maleficio che la rende così bella solo per un giorno all’anno, il giorno del suo compleanno mentre per il resto dei giorni è ormai una donna molto vecchia: una ninfa proveniente dal gineceo dove dimoravano le Naiadi capace di far perdere la cognizione del tempo e dello spazio.
E poi ancora, nei racconti di Manuela Fiorini, la sensibilità femminile diventa profondamente ricettiva come nella vicenda di due ragazzi Max e Luna che diventano viaggiatori fantastici con una irreale agenzia Dreams Tour grazie alla loro fantasia e alla loro capacità di inventare storie fantasiose: lei scriverà le storie e lui le illustrerà. E poi con il racconto, decisamente interessante, de “Il Guardiano della Cattedrale” con la protagonista Micol, una restauratrice appassionata al suo lavoro, che durante il restauro del Duomo di Modena, scopre l’esistenza di un “angelo” che sembra emanare una forza propria, un’energia misteriosa seppure con una espressione di estrema sofferenza L’Angelo come simbolico guardiano dal volto straziato che sembra chiedere aiuto e chiamarla come già era successo ad un frate che aveva sentito la stessa voce dell’angelo prima di lei. Proprio come le antiche leggende che affermavano che ad ogni cattedrale veniva assegnato un custode quasi a riportare in vita la magia dell’antico Egitto che consisteva nell’incanalare le energie della natura ad esseri soprannaturali e ancora centauri e messaggeri degli dei, riferimenti mitologici, incubi notturni, alchimie letterarie e rivisitazioni di ancestrali leggende.
Nei racconti di questa seducente raccolta si possono ritrovare le numerose fascinazioni ed alchimie che accompagnano l’essere umano da sempre: nulla è così vicino alla verità come quando viene nascosto nel suo significato più recondito, nulla è così chiaro come quando abbandoniamo le gabbie mentali e lasciamo che il nostro istinto ci guidi nei meandri dell’avventura umana.
Il distacco dalla realtà e la conseguente prospettiva dell’infinito che fa percepire la solitudine, conducono all’abbandono della propria esistenza per elevarla ad un’avventura ultraterrena.
Nel tuffo indistinto che accompagna in una dimensione irreale forse possiamo ritrovare più concretezza di quanto pensiamo: un abisso artificioso, un’entità indistinta, una porta segreta per un mondo parallelo, un ritorno di figure mitologiche, il continuo esplicarsi di eventi che hanno parvenza magica, l’inevitabile dissolversi di pseudo certezze della nostra mente, le visioni che diventano incantesimi da “vivere” e la dilatazione di ancestrali paure mai sopite, mai dimenticate.
Massimo Barile
Presentazione degli autori
L’orizzonte è un luogo lontano, magico, fantastico, che nessuno può mai raggiungere, perché muta ogni volta che si cambia il punto di osservazione. Descrivere cosa c’è “Oltre l’orizzonte” è come un viaggio verso l’illusione di raggiungere qualcosa di inafferrabile, che è consentito solo alla narrativa. Ciò che non si coglie nella realtà, lo si vive con la fantasia. E così si scoprono dimensioni del vivere e dell’animo umano, che sono precluse ad una visione tradizionale delle cose. È questo il cammino che abbiamo cercato di percorrere con queste nostre storie.
Questo libro raccoglie racconti differenti tra loro. Alcuni hanno tratti squisitamente noir, altri sono a sfondo storico, qualcuno si può genericamente definire horror, qualcun altro si fonda sull’arguzia e l’ironia; un altro, infine, può tranquillamente vestire la casacca della fantascienza. Che cosa, dunque, li accomuna? Tutti i racconti si muovono sul labile confine tra la dimensione reale e quella soprannaturale; dimensioni che, in un continuo gioco di specchi, si guardano, si fondono e si confondono. Queste distorsioni della realtà sono l’artificio narrativo, che ci ha permesso di affrontare temi diversissimi come l’amore, il diverso, il delirio di onnipotenza della scienza, il coraggio. Sono, insomma, la maschera dietro la quale abbiamo tentato di rappresentare il mondo, come noi lo percepiamo.
Siamo partiti da esperienze umane e professionali assai diverse, uniti dalla passione di scrivere, non solo per noi stessi, ma anche per condividere il nostro mondo interiore, fatto di sogni, speranze, fantasie, creatività ed amicizia.
Questa passione per la scrittura ci prende e ci avvolge, come un velo leggero, trasparente e impalpabile ma, al tempo stesso, resistente. Attraverso la magia della penna, esso ci conduce in una dimensione senza tempo, dove il tempo non lo sentiamo più, perché la frenesia di scrivere ci coinvolge e ci avvolge, fino a che liberiamo quelle parole, quelle frasi, quelle storie che, fino a poco prima, erano solo un’intuizione.
È proprio allora che gli orizzonti si superano, i sogni si colorano di sfumature sempre più intense e le parole incarnano voci segrete e speranze.
Il risultato è questo libro. Pagine scritte con passione da chi desidera confrontarsi col mondo che lo circonda. Pagine dove la vita reale si intreccia con il ricordo ancestrale dei miti e dove le immagini dei personaggi della storia escono dalle pagine dei volumi letti e sfogliati, o dai dipinti ammirati, per sussurrarci segreti e confidenze. E, a fare da sfondo, sul quale si muovono i personaggi, immaginati, eppure reali, la nostra città, Modena, ma non solo, che diventa un teatro senza più contorni o confini, uno spazio aperto alla mente e che, a sua volta, conduce il lettore nella dimensione della fantasia e del sogno.
Anche nella scelta del dipinto, che abbiamo voluto nell’immagine di copertina, è racchiuso il segreto del nostro viaggio letterario. “Sfida”, opera del pittore Maurizio Delvecchio, rappresenta il dualismo della vita, il reale e l’irreale, il vero e il sogno, la quotidianità e la fantasia, in una danza che disegna il continuo desiderio di far emergere qualcosa, oltre quello che si vede, come una sfida, come nella vita.
Abbiamo sognato tanto, scrivendo queste storie. Speriamo di far sognare anche tutti coloro che vorranno leggerle.
Daniela Ori
Gabriele Sorrentino
Manuela Fiorini
Modena, marzo 2009
Oltre l'orizzonte - Racconti tra sogno e realtà
A Carlo Alberto Pederzoli
Noi siamo le voci dei venti erranti
che vanno lamentandosi in cerca di riposo e mai lo trovano.
Ascolta! Così com’è il vento, così è la vita dei mortali:
un pianto, un sospiro, un singulto, una tempesta,
una battaglia.
The Deva’s Song, di Sir Edwin Arnold (1832-1904)
9
IL VIAGGIO DEI SOGNI
di Manuela Fiorini
“Bene! E con questo abbiamo finito!”. Luna chiuse rumorosamente il libro di geografia e lanciò uno sguardo di attesa al suo compagno di studi.
“Sei sicura che siamo abbastanza preparati?”. Le rispose il ragazzo seduto di fronte a lei, facendosi scivolare gli occhiali sul naso.
“Ma dai, Max! Sei quello che ha i voti più alti di tutta la classe. Abbiamo studiato e ripetuto lo stesso capitolo per quasi due ore. E poi, vuoi che chiamino proprio te, con tutta quella schiera di ignoranti, che mendicano una sufficienza?”.
“Forse hai ragione; è che sono così insicuro…”.
“Vedi? È per questo che ti prendono in giro. Perché tu mostri sempre il tuo lato debole a chi si prende gioco di te. Prova a rispondere con un po’ di grinta, una volta tanto. Vedrai che le cose cambieranno”.
“La fai facile tu. A volte sei talmente aggressiva, che ti stanno lontano solo per il tuo aspetto”.
“O, forse, perché una volta ho dato una testata sul naso a quel bellimbusto di Franco, che aveva osato darmi del “cioccolatino”, perché ho la pelle scura, sai…”.
“E ti hanno sospesa da scuola per tre giorni…”.
“Sai che paura… mi sono fatta tre giorni di vacanza. E mi sono anche fatta un bel viaggio. Ho preso l’aereo e sono andata in un posto bellissimo. Era un’isola con le montagne blu, il mare color smeraldo e tanti animali. Gli alberi erano tutti d’oro e sulla spiaggia si trovavano le pietre più grosse e preziose, che io avessi mai visto. Ne avevo riempito uno zaino…”.
“…Ma poi il drago che governa l’isola ti ha sorpresa, ti ha fatto venire un mezzo infarto e tu sei stata costretta a ripartire, lasciando tutto dov’era”.
“Si, ma una pietra piccola piccola mi è rimasta in tasca … peccato che, una volta tornata a casa, per magia è tornata ad essere un semplice sasso”.
“Guarda, Luna, che l’ho letto il tuo racconto…”.
“E lo hai anche disegnato…”.
I due ragazzi scoppiarono a ridere e riposero definitivamente i libri nello zainetto.
Luna e Max avevano entrambi quattordici anni ed erano amici per la pelle, da quando erano piccoli. Abitavano ad un piano di differenza in un grosso palazzone popolare. Le loro madri si erano conosciute proprio grazie al fatto di avere due bambini della stessa età e, non di rado, si scambiavano favori nella gestione dei piccoli. Così che i due ragazzini erano, di fatto, cresciuti come fratelli.
Tuttavia, Luna e Max avevano anche altre cose in comune, oltre alla scuola, la stessa casa e la medesima situazione di figli unici. Prima di tutto, i loro padri avevano pensato entrambi di sparire dalla circolazione, quando i bambini erano molto piccoli. Secondo, il loro aspetto fisico rifletteva chiaramente la rispettiva origine multietnica.
Luna aveva un bell’incarnato color ambra ed i capelli che le scendevano sul viso in una miriade di deliziosi riccioli. Era più alta della sua età ed aveva un fisico longilineo, che la faceva assomigliare ad una gazzella. Luna non si ricordava il volto di suo padre, ma la sua fantasia volava veloce, fino ai confini di un paese lontano, dove non era mai stata, ma del quale sentiva il richiamo in tutto il suo essere. Per questo, inventava racconti di viaggi fantastici, dove lei era sempre la protagonista, che viveva mille avventure nel paese del padre e dove incontrava gli esseri più incredibili.
Max era più basso di Luna, non tanto per la diceria secondo la quale i maschi maturano successivamente alle ragazze, quanto per le caratteristiche della sua razza. Nonostante il nome italianizzato, gli occhi allungati ed il naso schiacciato del ragazzo, l’incarnato e i fini capelli neri e diritti testimoniavano il suo sangue asiatico. A Max piaceva molto disegnare ed era decisamente bravo in questa sua attività. Luna gli presagiva spesso un futuro da illustratore ma, intanto, lui si divertiva a riprodurre sulla carta i mondi fantastici, creati dalla fantasia dell’amica.
Max nutriva una profonda ammirazione per Luna, non solo per la grande amicizia che li legava; di lei apprezzava il coraggio, la vivacità e l’ottimismo. Tutte caratteristiche che lui sentiva di non avere poiché, anche se faceva fatica ad ammetterlo a se stesso, il fatto di non essere figlio dei suoi genitori, gli pesava. Era stato adottato quando aveva pochi mesi, dopo averne trascorsi diversi in un orfanotrofio cambogiano e, quando anche il suo padre adottivo se ne era andato, si era sentito tradito un’altra volta. Ma poi aveva conosciuto Luna, che per lui era diventata come una sorella; le voleva bene perché era diversa, ma proprio per questo, così simile a lui.
“Senti, Max, che ne dici se ce ne andiamo a fare un giro al Luna Park? Oggi è l’ultimo giorno, non avremo un’altra occasione… Mi sono avanzati un po’ di soldi dalla paghetta settimanale, se ne hai un po’ anche tu, potremo fare una colletta e scegliere una giostra che piace ad entrambi…”.
“E i biglietti omaggio che ci hanno dato a scuola?”.
Luna perse per un attimo la sua naturale vivacità, si fece pensierosa, poi assunse quell’espressione tipica, che Max conosceva bene, di chi stava per raccontare una grossa bugia.
“Gli ho barattati in cambio di un biglietto aereo… Va bene, hai ragione, li ho regalati al bambino dei vicini, che desiderava tanto andare alle giostre con i suoi fratelli. E i tuoi?”.
Max abbassò lo sguardo, imbarazzato.
“Me li hanno rubati. Quei ragazzi di terza che mi danno sempre del muso giallo”.
“Maledetti – disse Luna, mentre gli occhi le diventavano come fiamme per lo sdegno – prima o poi devo dare loro una bella lezione”.
“Dai, Luna, non fa niente, va a finire che poi ti metti nei pasticci e fai piangere tua madre”.
Così decisero di recarsi al Luna Park e di utilizzare il piccolo gruzzolo, che avevano da parte, per fare un giro sulla grande ruota panoramica, che consentiva di vedere dall’alto tutta la città. Del resto, non avendo altro denaro a disposizione, si limitarono a passeggiare tra le giostre, a dire di no ad invitanti bastoncini di zucchero filato ed a trattenersi di fronte agli allettanti inviti dei giostrai che, armati di microfono, descrivevano le meraviglie delle loro attrazioni. Dopotutto, anche se il budget aveva consentito loro di permettersi un solo giro di giostra, l’atmosfera magica del luna-park, con le sue luci, i suoi suoni ed il profumo di croccante e frittelle, aveva regalato ai due amici un bel pomeriggio.
Se ne stavano già tornando a casa quando, ad un tratto, la loro attenzione venne attirata da un piccolo gruppo di persone, radunate, probabilmente, attorno ad un artista di strada.
“Dai, Max, andiamo a vedere!”.
“Luna, è tardi, se mia madre rientra e non mi trova…”.
“Solo un attimo, che mai sarà. A tua madre invento qualcosa io…”.
Si avvicinarono, facendosi spazio tra la folla disposta a semicerchio. In mezzo, c’era un omino magro magro dai capelli lunghi, tirati indietro con il gel. Aveva un bizzarro vestito a quadri gialli e viola e due improbabili mocassini di vernice rossa. Mostrava un volto gioviale e allegro ed un sorriso circondato da due sottili baffetti. Teneva in braccio un pupazzo, vestito con un elegante frac nero, un enorme papillon rosa e, sul viso, il caratteristico naso da pagliaccio.
“Guarda, Max, è un ventriloquo!”.
L’artista era davvero bravo. Sembrava proprio che dialogasse con il pupazzo, che si muoveva quasi si trattasse di una persona.
“Ci pensi se il pupazzo in realtà fosse un nano?”. Sussurrò Max all’orecchio dell’amica.
“Potrebbe anche essere, in realtà, una fata tenuta prigioniera, in questo mondo, dal malvagio che la costringe ad esibirsi durante le fiere”.
Quando lo spettacolo finì, il pubblico si disperse in fretta. Qualcuno gettò qualche monetina nel cappello dell’omino. Luna e Max, che non avevano più soldi, si mescolarono al gruppo.
“Ehi, ragazzi!”.
I due amici si voltarono piano. Con un’occhiata reciproca si scambiarono il medesimo presentimento: forse lo spettacolo era a pagamento e le loro tasche erano decisamente vuote.
“Sì, dico proprio a voi due, laggiù – gridò l’omino – non avete forse dimenticato qualcosa?”.
“Se si riferisce al biglietto – si affrettò a rispondere Luna – ci dispiace, davvero, ma non pensavamo che lo spettacolo fosse a pagamento. Solo che abbiamo speso tutto alle giostre…”.
“Non preoccupatevi, non mi riferivo a questo. Piuttosto, non è che avete perduto qualcosa?”.
L’uomo, tenendo sempre tra le braccia il pupazzo, porse ai due ragazzi un bigliettino da visita, delle dimensioni di una carta da gioco.
“No, non mi pare sia nostra”. Disse Max.
“Invece sì, penso proprio che sia vostra!”. A parlare, questa volta, era stato il pupazzo. “Voi due avete molta fantasia, non è vero? In particolare, tu – disse guardando Luna – sai inventare delle bellissime storie. Ma anche tu, giovanotto, nonostante quell’aspetto timido, esprimi la tua immaginazione attraverso i disegni”.
Come diavolo facevano il ventriloquo ed il suo pupazzo a conoscere le loro attitudini? Max voleva darsela a gambe, ma Luna rimase lì, come incantata.
“Scommetto anche – continuò il pupazzo – che ognuno di voi due ha un desiderio da realizzare, o un luogo in cui vorrebbe andare, non è così?”.
I due amici annuirono, incerti sul da farsi. Fuggire o soddisfare la propria curiosità? Vinse la seconda ipotesi.
“Allora, quel biglietto da visita è proprio vostro. Fatene buon uso”.
E mentre lo sguardo dei ragazzi si concentrava sul piccolo oggetto, che stringevano tra le mani, il ventriloquo ed il suo pupazzo sparirono, come per incanto. Anche Max e Luna sparirono, ma per la paura! Si ritrovarono ansanti, sotto al portone di casa.
“Mi raccomando, Luna, non dire niente a tua madre di quello che ci è successo oggi. Sai che lei si preoccupa sempre del fatto che potremo fare brutti incontri”.
“D’accordo, acqua in bocca anche tu, però. Domani è domenica, ti va se ce ne andiamo al parco con le bici? Portati anche l’album da disegno, così ci inventiamo qualche storia su questa esperienza pazzesca!”.
***
Il pomeriggio seguente, all’orario stabilito, i due amici si ritrovarono nel cortile.
“Sai, Luna, ieri sera, mentre mi mettevo il pigiama, mi sono accorto che il biglietto da visita, che mi ha dato quel tizio, mi era rimasto nella tasca della camicia. Allora, sono andato per prenderlo fuori e mi sono reso conto di una cosa altrettanto strana”.
”E sarebbe?”.
“Guarda tu stessa: da questa parte il biglietto assomiglia al retro di una normale carta da gioco, ma da quest’altra brilla come se fosse fatto di piccolissime pietre preziose. E se lo muovi un po’, appare un indirizzo”.
“Hai ragione… aspetta… ma che cosa c’è scritto?“.
“Dreams Tour, il tuo viaggio dei sogni … Sembra il biglietto da visita di un’agenzia di viaggi”.
“Sì, ma non c’è nessun indirizzo. Se qualcuno fosse davvero interessato a passarci…”.
Max si rimise il biglietto in tasca e cominciò a pedalare, insieme a Luna, in direzione del parco. Nel cestino, aveva l’album da disegno ed una scatola di matite colorate; nel suo, Luna aveva, invece, l’astuccio di scuola ed un quaderno, sul quale scriveva tutte le sue storie. Per arrivare al parco, dovevano attraversare il centro storico, un agglomerato di piccole strade acciottolate e di vicoli stretti. Era una scorciatoia che prendevano tutte le volte. Ad un tratto, Luna inchiodò con la sua bicicletta.
“Ma sei matta!”. Le urlò Max. “Per poco non ti salto addosso!”.
“Max, guarda là…”.
In una viuzza stretta quanto le braccia aperte di un uomo, una vetrina piena di luci e fotografie di paesaggi fantastici era sormontata dall’insegna Dreams Tour, il tuo viaggio dei sogni.
Max non provò nemmeno a fermare l’amica, perché, in men che non si dica, aveva già appoggiato la bicicletta al muro ed era entrata. Non gli rimaneva altro che seguirla, almeno per evitare che si ficcasse nei pasticci. Il ragazzo spinse piano la porta di ingresso e, quasi, andò a sbattere contro Luna, che era rimasta in piedi, attonita, nel mezzo di una gigantesca sala. Lungo il perimetro della stanza, erano situati gli sportelli per i clienti mentre, al centro, c’era una porzione di foresta tropicale, dalla quale si libravano nel cielo chiassosi pappagalli e farfalle colorate. Un’intera parete, invece, era ricoperta da una gigantesca biblioteca, con migliaia di volumi allineati. Max, che più di Luna era attratto dai libri, si avvicinò agli scaffali situati alla sua altezza. Il suo sguardo sorpreso vagava sui titoli. In ordine sparso, c’era il meglio della letteratura fantastica e d’avventura: dal “Signore degli anelli” alle “Avventure del barone di Munchausen”, da “Le mille e una notte”, ai più famosi romanzi di Jules Verne, passando per “Il piccolo principe” ad “Alice nel Paese della Meraviglie”. E poi, ancora, “I viaggi di Gulliver”, la trilogia della “Bussola d’oro”, il ciclo di Shannara e “Le cronache di Narnia” e una miriade di altri volumi ancora.
Mentre il ragazzo era intento a fare scorrere il suo sguardo sui titoli, una gentile signorina si avvicinò a lui e a Luna che, invece, era intenta ad osservare la varietà umana che si concentrava davanti agli sportelli. C’erano persone vestite in modo davvero bizzarro. Luna catalogò nella sua mente un centurione romano, un pittore seicentesco, una dama inglese con un ricco vestito di velluto e broccato, una coppia elegantissima, lui con il frac e la tuba, lei con un abito leggero come le nuvole. C’erano anche ragazzini scalzi ed un buffo signore in calzamaglia.
“Buongiorno, ragazzi, che cosa posso fare per voi?”.
“Veramente – disse Luna, imbarazzata – noi siamo qui solo per dare un’occhiata”.
“Davvero? – rispose la signorina con un sorriso gentile – E non vi piacerebbe fare un bel viaggio?”.
“Magari! – rispose Max – ma non ce lo possiamo permettere, quindi non le darà fastidio se stiamo un po’ qui a guardarci in giro? Così, almeno, viaggiamo un po’ con la fantasia”.
“Ah! Perfetto! Un viaggiatore fantastico! E, tu, signorina? – disse la ragazza rivolgendosi a Luna – che tipo di viaggiatrice sei?”.
“Anch’io – rispose Luna, incuriosita e decisamente entusiasta – viaggio molto con la fantasia. E scrivo anche tanti racconti dei miei viaggi. Poi, il mio amico Max li disegna”.
“Allora, ho proprio quello che fa per voi. Seguitemi, prego”.
La giovane accompagnò i ragazzi alla sua postazione e li fece accomodare davanti a sé”.
“Vediamo… avete già in mente il vostro viaggio, o preferite dare un’occhiata al nostro catalogo?”.
“Signorina – disse Luna – ad essere sinceri, noi non abbiamo intenzione di acquistare un viaggio. Ci guardi. Siamo due ragazzini di quattordici anni. Le pare che possiamo andarcene in giro per il mondo e, soprattutto, permetterci una vacanza esotica o cose del genere?”.
La ragazza guardò Luna stupita, poi il suo sguardo si posò su un imbarazzatissimo Max.
“Ma voi avete il nostro biglietto da visita, vero? È naturale che lo abbiate, altrimenti non avreste mai potuto trovare la Dreams Tour e nemmeno essere qui davanti a me”.
A quel punto, Max estrasse dalla tasca della camicia la card luccicante. “Ce l’ha data un ventriloquo al luna park …”.
“Ah! Prospero, il nostro addetto marketing!”. Poi continuò: “Sapete, ragazzi, vi svelerò un segreto. Solo chi riceve quella card può trovare la Dreams Tour. Ci sono persone che, dopo aver fatto un viaggio con noi, hanno continuato a cercare la nostra agenzia in tutto il mondo. Alcuni hanno avuto la fortuna di ritrovarla, altri no. Ma siate certi che i viaggi che hanno realizzato con noi, sono rimasti nel loro cuore”.
“Vuole dire che questa agenzia si sposta?”. Domandò curiosa Luna.
“Certo. Non è mai nello stesso luogo, ma nemmeno nello stesso tempo. Solo i fortunati che ricevono “l’invito” possono trovarla. Ma torniamo a noi. Vediamo… che ne dite di un bel viaggio indietro nel tempo? Oppure, abbiamo viaggi di fantascienza, viaggi nella storia, viaggi nello spazio, viaggi nei sogni… In alternativa, possiamo confezionare il vostro viaggio su richiesta”.
“A me – disse Max, avvampando in viso – piacerebbe fare un viaggio, nel paese dove sono nato, vedere com’è, o come me lo immagino. Mi piacerebbe incontrare i miei veri genitori, almeno una volta…”.
La signorina sorrise. “E come immagini che sia il tuo paese? E i volti dei tuoi genitori, come appaiono nei tuoi sogni?”.
Max cominciò a raccontare alla ragazza dell’agenzia come si era sempre immaginato la Cambogia, descrisse il suo paese con dovizia di particolari, tutti ovviamente inventati, perché Max non aveva un vero ricordo del luogo in cui era nato.
La giovane impiegata scrisse tutto quello che Max le raccontava. Luna aggiunse qualche particolare fantasioso, come i draghi che abitavano le caverne e spaventavano gli abitanti dei villaggi, oppure le fate degli elementi che aiutavano gli abitanti nelle vicende quotidiane.
Siccome i due ragazzi espressero il desiderio di compiere insieme il viaggio, che avevano appena costruito, anche a Luna venne chiesto di raccontare il suo viaggio dei sogni. Senza esitare, lei raccontò di un paese fantastico e meraviglioso, dove lei intendeva recarsi per cercare suo padre. Certamente, lo avrebbe trovato. Nei sogni di Luna, lui era un avventuriero che se ne andava in giro per il mondo alla ricerca di una pietra miracolosa, in grado di regalare la felicità a chi ne entrava in possesso.
La signorina annotava ogni cosa. Alla fine, consegnò ad entrambi i ragazzi una specie di traveller cheque con il loro nome ed un timbro dell’agenzia.
“Mi raccomando, tenetelo sempre con voi e mostratelo ai nostri addetti alla partenza e durante il viaggio. E se, per caso, dovreste incontrare delle difficoltà, tenete anche a portata di mano il nostro biglietto da visita. Arrivederci, e buon viaggio, ragazzi!”.
“Aspetti un attimo – disse Luna – ma lei crede davvero che sarà possibile fare un viaggio di questo tipo?”.
“Certo che è possibile: è il vostro viaggio dei sogni. Poi sorrise e fece per andarsene”.
“Che sciocca! Quasi dimenticavo. Per il pagamento…”.
Max lanciò un’occhiata a Luna e le sussurrò piano: “Vedi? Lo sapevo che c’era il trucco. Nessuno ti dà niente per niente…”.
“Per il pagamento, potete fare con comodo, non c’è una scadenza particolare…”.
“Mi scusi, signorina – fece Luna – ma le abbiamo già detto che noi non siamo in grado di pagare. Davvero, non abbiamo soldi, e nemmeno possiamo chiederli a casa”.
“E chi ha detto che dobbiate pagare il vostro viaggio con dei soldi? Siete ricchissimi di fantasia! Perché mai dovreste utilizzare carta e metallo, per pagarvi il vostro viaggio?”.
“E, allora, come…”. Abbozzò Max.
“Certamente avete visto quella immensa raccolta di libri che c’è nella parete laggiù. Quelle sono solo una parte delle parcelle onorate dai nostri clienti. Chiediamo a chi viaggia con noi di lasciarci un racconto di fantasia, oppure il resoconto dettagliato del viaggio che ha intrapreso. In questo modo, il nostro catalogo si arricchisce e si alimenta con la fantasia dei viaggiatori. Naturalmente, non chiediamo l’esclusiva e, come dimostra il fatto che voi conosciate molti dei titoli della nostra biblioteca, alcuni dei nostri clienti hanno pubblicato il racconto dei loro viaggi, ottenendo fama e successo come scrittori”.
“Quindi – disse Luna – vuol dire che basta che noi le lasciamo un mio racconto ed un disegno di Max, come pagamento del viaggio?”.
“Proprio così. Una volta tornati, prendetevi tutto il tempo che volete e, quando sarete pronti, lasciate pure la vostra moneta davanti al luogo, in cui vi è apparsa la vetrina dell’agenzia. Non importa se non la vedete, lei troverà voi. Ed ora, cari Luna e Max, non mi resta che augurarvi un buon viaggio con la Dreams Tour”.
I due ragazzi uscirono da dove erano entrati, tenendo tra le mani la loro carta di imbarco. Non appena si chiusero la porta alle spalle, l’agenzia scomparve, lasciando dietro di loro solo un muro di pietra.
***
Quella notte, Luna e Max fecero un sogno bellissimo, vivo e reale. Videro paesaggi strepitosi e si imbatterono in animali fantastici. Una fata segnalò loro dove trovare i genitori di Max, che erano proprio come lui se li era immaginati. Volarono sulle ali di un dragone, fino a raggiungere il luogo dove si trovava il padre di Luna, che era bello, alto e coraggioso come lei desiderava che fosse. Si abbracciarono e, insieme, andarono alla ricerca della pietra della felicità. Non fu facile trovarla, anche perché era custodita da un feroce drago, ma la trovarono assieme. E alla fine, il padre di Luna regalò la pietra miracolosa ai due ragazzi. Prima di congedarsi, baciò la figlia e le promise che si sarebbero rivisti molto presto.
Il mattino seguente, andando a scuola, Luna e Max parlarono del sogno che avevano fatto quella notte, confrontarono le situazioni ed i particolari, constatando di aver sognato la stessa cosa. Ma era davvero un sogno? Luna si tastò la tasca e vi scorse una strana pietra azzurra. Assomigliava sorprendentemente alla pietra della felicità che il padre le aveva donato in sogno.
Luna e Max non seppero dire se l’avventura che avevano vissuto quella notte fosse reale o immaginata.
Decisero, comunque, di onorare il pagamento. Luna scrisse una bellissima storia e Max la illustrò mettendo tutto se stesso, in ogni linea ed in ogni sfumatura. Poi, come da istruzioni ricevute, lasciarono l’album da disegno davanti al muro di pietra dove, una settimana prima, avevano trovato quella strana agenzia di viaggi.
Mentre se ne andavano, un alito di vento li lambì, come una carezza. Si voltarono. Il loro album non c’era più. D’istinto, Max si portò la mano al petto, come per assicurarsi che il biglietto da visita della Dreams Tour fosse ancora nella sua tasca. Ne sentì al tatto la sagoma. Rassicurato, la estrasse ma, con estrema meraviglia, si trovò tra le mani una semplice carta da gioco.
A Luna, invece, era rimasta la pietra azzurra, che conservò come portafortuna. Negli anni, si trovò spesso a rigirarsela tra le mani, riportando il pensiero a quel sogno fatto quando era appena quattordicenne: ci pensò quando sua madre incontrò un compagno meraviglioso, così simile al padre che Luna aveva incontrato sulle montagne incantate. Ci pensò quando pubblicò il suo primo romanzo, e ancora quando decise di donare la pietra al suo carissimo amico Max, designer di successo, in partenza per la Cambogia per ritrovare le sue origini. E ci pensò anche quando suo figlio, di ritorno dal luna park, le raccontò di aver incontrato uno strano ventriloquo con una giacca a quadri gialli e viola e due improbabili mocassini di vernice rossa…
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