Copertina ideata e disegnata da Maria Lucia Faedo
Libro scritto da Antonio Fiorito e da Maria Lucia Faedo
Maria Lucia Faedo:
“La poesia non ha età ed ho scoperto nell’ora del tramonto questo straordinario DONO.
C’è sempre una prima volta e questa è la mia prima volta. Spero di aver colto il profumo della vita che scorre. Amo anche narrare: Le storie stanno nell’aria basta saper ascoltare… I sogni continuano tutta la vita”.
Antonio Fiorito:
“Le mie memorie, scrivo, forse perché, ora, i ricordi del tempo trascorso si affacciano con quotidiana prepotenza, forse perché i ricordi sono un’àncora per evitare la deriva e il desiderio del ritorno è un po’ come rinnovare il percorso della vita”.
Prefazione
Tra Maria Lucia Faedo e Antonio Fiorito vi è un’amicizia che si perde nel tempo, con vicinanze alternate a lontananze anche prolungate. Entrambi hanno la ‘penna’ nel sangue da sempre e questo ha fatto loro decidere di scrivere un libro di poesie a quattro mani, per Maria Lucia prima uscita in pubblico.
Ho accettato di redigere molte prefazioni a libri di narrativa o di poesia, ma sempre di un unico autore; sulle prime non ho pensato che trattando due autori contemporaneamente poteva sorgere qualche difficoltà. Asserisco subito che, pur nella generale validità dei versi, la poesia di Lei dimostra aspetti e sostanze che si diversificano molto da quanto Lui rappresenta.
Appena incontrata, ho chiesto a Maria Lucia di dirmi cosa aveva caratterizzato di più la sua vita e mi sono sentito rispondere: “nulla, perché la mia vita è cominciata solo ora”. Una gioventù mentale che non sapevo potesse esistere così radicale. ‘Gioventù’ che parrebbe contrastare perfino con la complessità dei concetti espressi dai Suoi versi, ma che in realtà, con più attenta osservazione, finisce per lasciare convinti sulla Sua sostanziale lontananza da qualsiasi sentimento vissuto a lungo. Nei Suoi versi gioca la freschezza del giudizio, non influenzato da eventuali impeti dovuti a esperienze positive e/o negative. Il pensiero di Maria Lucia sembra nascere libero e spontaneo, superando tempo e dimensione.
Dalla lettura dei Suoi versi ho fin da subito notato alcune caratteristiche peculiari, che riporto come mi vengono, ma delle quali sono convinto.
A metà fra l’immaginazione e la fiaba insiste nel far apparire un mondo incantato: “Vecchia e canuta, / mi trovo seduta / ancora a sognare / castelli e mare” (da «Sogni»). Fra incertezze e speranze sembra trasmettere un vivere dubbi: “Cosa farai senza di me, / che ho amato, / ogni attimo del tuo respiro…” (da «Senza di me»). Fra ricordi e futuro sceglie solo un lanciare rimpianti: “Sono scappata impaziente / ed ora ti cerco / anche / negli arabeschi / di una candela” (da «Abbraccio»). La favola è sempre presente, anche quando è sottintesa: “Con il tuo nome ho costruito / un ponte trasparente / senza fine…” (da «Un ponte»), “Il flauto suona per te / e scorrono sul filo di seta / lacrime gelate simili a gemme…” (da «Canto d’amore»); “E ti trovi sulla sabbia spinosa / in un vortice d’oro e d’argento incantato dalla perla dai riflessi viola / dove specchi i tuoi sogni / a poco prezzo” (da «Venditore di sogni»).
Altro aspetto non indifferente di Maria Lucia è la capacità di ‘dipingere’ con le parole i suoi versi: “Il buio nero / oleoso / come l’inchiostro / mi ha sorpresa seduta alla finestra” (da «Speranza»); “Sola / celata dalle grate / dell’indifferenza” (da «Invisibile»); “Qui son venuta / per un lavoro sicuro / ma amaro copione / sono solo un’ombra / sotto un lampione” (da «Ombra»). Incantevoli i Suoi accosti, non certo casuali per rendere uno stato d’animo: “Quanti passi / hai fatto / con scarpe chiodate / e calzini di seta” (da «Quanti passi»); “Ascolta anima mia / il respiro resinoso / del vento” (da «Ascolta»).
Insomma, ha ragione Maria Lucia, può aver scritto le Sue poesie anche decenni fa, ma la Sua “vita poetica” è nata comunque solo ora, perché non tiene conto del tempo, perché può soffermarsi indifferentemente sul sorriso di un bimbo o sulla storia di un peccato, sull’aspetto di una malattia degenerante o sulla carta vetrata del suo intimo, e farti vivere ogni volta l’incanto di un orizzonte senza confini. Suoni e colori che vivono nei versi con efficacia straordinaria e che creano lo sfondo accattivante anche dei Suoi finali 12 Haiku.
Nel chiedere anche ad Antonio cosa aveva caratterizzato maggiormente la Sua vita, mi son ritrovato sommerso da una postfazione riportata in un libro già pubblicato, descrivente ogni emozione, ogni decisione, ogni attimo condiviso con la realtà che via via incontrava. Son venuto a conoscere nei dettagli le Sue prime emozioni amorose, le Sue vicissitudini scolastiche, le Sue esperienze amatoriali in campo teatrale, il Suo girovagare l’Italia e oltre, nella caparbia scalata percorsa con pieno successo nel mondo del lavoro.
Al contrario di Maria Lucia, la Sua storia, i Suoi affetti, le Sue amicizie sembrano far parte ancora attiva del Suo presente.
Ho estrapolato da quella miriade di informazioni due aspetti per me utili a meglio comprendere la figura dello scrittore e del poeta. Il primo è l’aver saputo che già nell’adolescenza avesse tradotto in versi le Sue emozioni, chiudendo in un cassetto centinaia di fogli, salvo distruggerli qualche anno più tardi con decisione di cui ancora si pente. Il secondo che sia anche un appassionato fotografo, al punto d’aver realizzato a Roma una mostra personale. Capita di rado che convivano nella stessa persona il poeta e il fotografo, perché la tecnica e la lirica impongono due diversi strumenti di rappresentazione dell’intimo.
Antonio, stranamente, riporta sotto ogni poesia la data in cui l’ha scritta, così come nelle foto compaiono numeri digitali di giorno, mese e anno, quasi a creare per sé una memoria temporale, un impegno a non modificarla mai più.
Una buona metà delle poesie riportate in questo libro parlano di una città, anche quando il titolo non ne richiama direttamente il nome. Sono raffinate cartoline poetiche, che fotografano il ricordo di emozioni sullo sfondo di palazzi e selciati, descritti talora nella lingua locale, quasi a rappresentarne anche il sottofondo sonoro: “… nelle lunghe nottate / animate da ritmi / e da canti / e da balli sensuali / … Cerveza de hielo / palabras antiguas / bajo el cielo estrellado (teatralmente scenica quella birra con ghiaccio / fra parole antiche / sotto un cielo stellato)” (da «Barcellona»). O ancora è vissuta la nostalgia per un luogo: “Nostalgia delle case / di un Paese di pietra /… / E un giardino selvaggio / cancellato dal tempo / dove i nostri ricordi / si rincorrono ancora…” (da «Caposele») e “Sono i luoghi dove nacque mio padre / Magna Grecia distesa sul mare / che respira nella Valle dei Templi / nella brezza di terra / e di sale” (da «Città e Luoghi d’Italia»). O infine la storia intravvista con il filtro di un evento atmosferico: “Roma in attesa / primavera annunciata / da mimose già in fiore / le rovine dei templi / oggi trovano pace / sotto l’acqua / che lava anche i giorni di ieri” (da «Pioggia di marzo»).
Si noterà come Antonio usi molto i verbi declinati al passato, mal celando l’impulso di far rivivere i giorni con i sentimenti ridotti a ricordo: “L’orizzonte è scomparso / e l’approdo alla meta / la terra promessa / sono forse perduti / per sempre” (da «Autunno violento»); “Ero tornato a casa / per Natale / e sulla soglia di casa / la tua risposta assente / amaro presagio / mi fu” (da «C’era la neve»); “Tutto quanto scrissi / adolescente / e nella prima età adulta / ho cancellato…” (da «Tutto quanto»). Molte le dediche a familiari non più in vita, ma l’imperfetto regna anche in versi dedicati alla figlia divenuta genitrice a sua volta: “Con un bacio / e un abbraccio / ti affidavo / ormai donna / alla vita / e ti ho vista / leggera volare / sulle ali di un sogno” (da «A Elena»).
Ci sono versi che sembrano avvalorare quanto ho appena detto sul pensiero poetico-filosofico di Antonio: “Nello spazio / nel tempo / nell’immenso Universo / su lontane galassie / il pensiero di sempre” (da «Tramonto») e ancora: “Le mie memorie / scrivo / forse perché / ora / i ricordi del tempo trascorso / si affacciano / con quotidiana prepotenza” (da «Memorie»).
Non sarei corretto se non citassi anche altre poesie dell’Autore che presentano aspetti diversi. Efficace quel Suo: “Nel vespro / il villaggio si immerge / nel rosso / e nel bacio salato / di uno specchio argentato” (da «Acquerello») e meditativo quel: “nessun approdo / è possibile / se una Stella Polare / non si accende / a indicarci la via” (da «Stella Polare»).
Di genere assolutamente e insospettatamente opposto i suoi «12 Haiku per Quattro Stagioni». Sembrano scritti da un Antonio tornato sbarazzino, che guarda solo al futuro in attesa delle stagioni che verranno.
Concludo richiamando la mia difficoltà a presentare due soggetti così poeticamente diversi, come, per me, lo sono Maria Lucia Faedo e Antonio Fiorito, ma affermando anche che al lettore capita raramente la fortuna di leggere, quasi in contemporanea, la Vita attraverso due angolazioni perfino opposte, benché entrambe straordinariamente valide.
Brunello Gentile
scrittore e promotore culturale