Gli uomini
sono esseri ingegnosi,
gli uomini sanno amare
senza essere amati
Nâzim Hikmet
UN’OMBRA A BUCHA
La notte più volte uccisa da lampi umani
porta a termine, muta, il suo dovere agli orologiai
e consegna attonita il mantello al giorno infingardo
la cui luce ha perso per sempre lo sguardo.
Furtiva cammina Antigone per le strade abbandonate.
Si ferma, si china, tocca l’invitta ferita,
poi una carezza, un bacio
sulla fronte ancora rimasta pulita.
Le rovine della città odorano di futuro,
infausto colore,
ieri è una parola sepolta
nei libri di antico valore.
Rondini restano ferme aggrappate ai rami scampati
e in volo non osano librarsi
per paura di mostrare speranze
ai fuggiti che sono tornati.
L’ombra di Antigone si sposta in processione
da un fratello ad un altro
e ai corpi esanimi impartisce
eternità di compassione.
Gelida scende la sua pioggia sui vivi e sui morti
e con la terra stringe un patto
che a noi non è dato sapere.
Dono per quelli che saranno sepolti.
LA RAGAZZA CON L’ORECCHINO DI PERLA
La ragazza con l’orecchino di perla
riede a notte, dall’abitudine consolata
e sovrappone i suoi passi
all’ombra amica della solitudine
verso una plaga mutata dai tempi,
verso una casa cercata dai venti
che più non è.
Resta un ulivo sui cui rami
una bambina agganciava sogni
e un fiume che dopo gli spari
cominciò a chiamare papà.
La ragazza con l’orecchino di perla
ha lobi immacolati,
la perla non sa,
qualcuno le ha detto
che è come tenere in mano la luna,
ma se il buio consola,
il freddo tempra
un’anima avvoltolata in un burqa
che imbianca i capelli,
assottiglia le ossa
e dimentica di cancellare i pensieri
di una bambina che amava
calpestare le ombre
ora che agli angoli di strada ogni barba spaura,
ora che la speranza è un inganno di natura
e se due mani vermiglie ti mostrano la luce del futuro,
due mani armate ti spingono indietro da un muro
toccato dalle mani dei nessuno
che ritornano all’arca
lasciata naufragare
dagli indifferenti
nel tempo
e nel suo dolce mare.
LONTANO DAL BENE E DAL MALE
Dell’alba
non sono state oggi le carezze, amore,
a risvegliarci.
Stamane
ci siamo vestiti in fretta sotto il chiarore
di un tramonto da rivelarsi.
Abbiamo camminato
di vita assonnati
per viali sconosciuti
e i nostri passi sotto i pergolati
delle foreste ad inseguire lo stormire
degli echi perduti
battendo il ritmo
della canzone della sorte
lasciando indietro
esili note,
briciole di vetro
e fili invisibili.
Ci hanno portato in un luogo dalla memoria celato.
Abbiamo iniziato a scavare, tutti insieme,
per costruire un vuoto dalle vite colmato
e a ogni spinta del piede, amore,
ti ho pensato,
per raccontarti cose mai immaginate
di un tempo che tutto travolge
e tutto seppellisce nel passato.
Ci gridano di lasciare a terra le pale,
e di metterci in fila lungo un frale
destino ai bordi della vita,
ma io ti guardo, amore,
e vedo i tuoi grandi occhi favillare
come due pianeti che in letizia
risorgono in un ignoto sistema solare.
Lentamente si avvicinano i soldati
con lo stesso timore che avrò per giungere da te,
amore,
quando leggiadra metterai
il tuo vestito nuovo dolcemente
e io avrò paura di abbracciarti.
C’è silenzio, prima dell’ordine,
come prima di una pioggia che stenta ad arrivare.
Guardo le nuvole
in marcia sul celeste viale
al ritmo delle onde del mare.
I nostri respiri
salutano a turno il Tempo
in attesa del segnale,
mentre io ti aspetto,
mia sconosciuta,
lontano dal bene e dal male.
ILIO
Non è mai esistita Ilio in realtà.
La storia che ci hanno raccontato non è altro che la nostra.
Il desiderio seguitiamo a rapire
per portarlo a notte tra le nostre mura
e mostrarlo agli amici come nostra proprietà.
Ci ostiniamo nella difesa dell’assurdo
mandando fuori dalle mura
la parte più eroica di noi
a combattere il nemico infallibile.
E trascinati dai cavalli del destino
finiamo per bruciare,
tizzoni di noi stessi,
puniti per aver creduto alla Bellezza.
Ardono le mura
sotto i colpi degli evi,
ardono i ricordi,
ardono gl’inganni
e quando tutto
sarà cenere,
sarà il silenzio
a ritirarsi furtivo
in cerca di Elena.
ILLUSIONI
omaggio a Emily Dickinson
Cercai la Bellezza.
Scavando,
trovai sua sorella:
la Verità.
Non era sola.
Avvinta,
giaceva insieme a lei
la Sofferenza.
Dissero che
la muta stanza
lasciò
per seminare nuove illusioni.
AD EST
La vidi ad est
di un rosato risveglio,
quando le braccia stiracchiate del mattino
allungano vecchie promesse
ai mortali dormienti.
Lanciava occhiate d’argento
a una luna rassegnata,
a me stregò
senza nemmeno provarci.
Mostrami, Stella del mattino,
la tua parola straniera
per poterla dimenticare
lungo una vita.
Il tuo roteare, Afrodite,
illude gli astri spasimanti
e corre senza sosta
in direzione di un segreto
un giorno confessato.
Mostrati, o Venere, anche domani
alla mia vita che assottiglia le certezze
e dal mio vuoto
insegnami ad offuscare l’alba.
La mia luce flebile è solo un debito
da rendere all’ignoto.
RICOMINCIARE
Il nostro amore prima d’incontrarci.
Il nostro amore in attesa di noi
agli angoli dei vicoli lontani,
sopra i ponti deserti quando annotta l’inverno,
sulle panchine fredde occupate dalle foglie accartocciate.
Il nostro amore che scivola sui violini
e tra le corde di chitarra
vibra con i nostri sguardi.
Il nostro amore che muove i campanili
per dire a tutti che è festa.
Il nostro amore che si nasconde nei silenzi
quando il buio ci separa.
Il nostro amore che urla mentre litighiamo.
Il nostro amore nel tuo pancione
e nei tuoi vestiti larghi.
Il nostro amore sul punto di lasciarci
che ci accorda una possibilità ancora.
Il nostro amore nelle code alzate dei gatti.
Il nostro amore nelle rughe e nelle occhiaie.
Il nostro amore nei capelli bianchi.
Il nostro amore
senza di noi.
Ad aspettarci.
E ricominciare.
[continua]