__Dedico questa silloge alla donna guerriera,
trasparente ed autentica che vive dentro di me,
la dedico a Marina.__
NOTTE
Finita la notte,
divorata dal giorno, palpitante,
con lapilli di luce e di energia.
Avviluppa parole, il giorno, sentimenti,
in una grossa matassa arruffata,
lambisce i contorni del mio corpo,
lascia il suo segno indelebile.
Sento il sapore della vita che quasi sfugge,
scivolandomi addosso, mi graffia,
buffa creatura riottosa.
E cerco me.
Cerco me dentro un filo d’erba,
cerco me nelle foglie rosse dell’autunno,
calpestate,
cerco me dentro l’acqua del fiume,
che scorre libera, fresca, leggera.
Continuerò sempre a cercarmi.
Mi cercherò,
finché succederà che all’orizzonte
i colori si scioglieranno,
accadrà,
si ripeterà,
e la notte nelle sua nera scorribanda,
farà razzia della luce del giorno.
NASCERE DOMANI
Voglio nascere domani.
Voglio nascere me stessa,
camminare leggera nella vita.
Voglio abbandonare le lacrime, la tristezza,
il dolore forte del passato.
Voglio toccare un lembo di felicità,
al confine dei sogni, più sottili e tenaci.
Mi vedo sommersa dai sentimenti,
che mi tolgono il fiato, fino a risvegliarmi.
Voglio che la vita mi attraversi,
come un dardo potente, fiero,
che non si piega mai.
Voglio sorridere guardando la linea dell’infinito,
sapendo che arriverà domani.
SERA
Scende la sera, delicata, su di noi.
La sera, chimera dei sogni più profondi,
ci rende uguali, non fa distinzioni.
La sera è per tutti, è di tutti, sempre è la sera.
Sera, sofferta sorella del giorno, ti stringo,
amica mia, mi abbandono a te,
come ci si abbandona ad un grande amore.
Porta via i miei pensieri appuntiti,
porta via la paura del vivere,
travolgimi come un’onda scura del mare,
voglio toccare le tue acque profonde,
impervie, pericolose.
Nuotare senza vedere, affidandomi a te,
fino all’infinito.
Una lacrima nera scende sul mio viso,
allungo le mani, verso il cielo,
lascerò le mie impronte nel buio
a celebrare la loro eternità.
Un giorno qualcuno alzando gli occhi le vedrà,
senza difese, nude, davanti all’universo.
A VOLTE
A volte siamo vittime della vita,
a volte carnefici.
A volte superiamo il dolore,
diventiamo più forti.
A volte soccombiamo
e ci lasciamo morire
SDRAIATA SULLA VITA
Sdraiata sulla mia vita, ne contemplo i bordi,
ne vedo i limiti, ne sento il dolore e le gioie,
osmosi cromatica infinita.
Ho dato molto, almeno ho creduto di farlo.
Come una lucciola solitaria
ho illuminato uno spiraglio della mia notte.
Vorrei rimettere tutto a posto,
ma il passato è un tempo morto,
troppo lontano dal futuro, nel mezzo ci sono io.
Ho amato, sono stata amata, ora ho me stessa.
Non scriverò solo me stessa,
perché aversi, appartenersi, è molto.
L’inizio di un sodalizio
meravigliosamente univoco,
un gioco alla scoperta di sé stessi.
Abbraccio la vita che ho vissuto,
la stringo a me come un figlio,
mi ha resa la donna che sono e questo mi piace.
Adoro questo frutto maturo del tempo,
che spende fragranza leggera,
ha colori stupendi,
ha sorrisi infiniti,
ha dolcezza,
consapevolezza di ogni suo limite,
di ogni fragilità.
Consapevole consacrazione del sé.
TRAMONTO
Amo camminare al tramonto,
d’estate in riva al mare.
I pensieri mi si affollano nella mente,
poi svaniscono, piano, piano,
mentre la salsedine entra nelle narici,
scende fino alla mia anima nel profondo,
dove anch’io non saprei cercare.
Mi sento naufragare nella sincronia dei sensi.
Voglio piangere, forte,
gridare alla brezza la mia angoscia,
ma non riesco, non ho più voce né lacrime.
Riesco a sentire il suono avido del mare,
non capisco cosa dice è turbolento.
Improvvisamente si calma il dolore,
si lenisce, quasi non lo sento più,
il mare mi guarisce sempre, solo lui può farlo.
Ci sono momenti,
in cui entro in simbiosi con l’acqua,
momenti in cui galleggio morbidamente libera.
Poi arriva uno splendido tramonto,
irradia luce calante,
sbizzarrendosi in maestose dispute cromatiche.
Domani sarà un altro giorno,
io sarò seduta qui,
ma sarà un giorno diverso.
GHIACCIO
Stasera non riesco a dormire,
la mia anima rumoreggia,
soverchia le certezze del giorno.
Cerco un barlume di lucidità nel caos della mente.
Mi giro, non ci sei, sono ancora sola.
Il calore del tuo corpo
ha lasciato ghiaccio sul cuscino.
Ho freddo, il cuore disadorno senza te,
mentre un grido silenzioso esce dalle mie labbra.
Non ti cercherò nella notte, troverei solo fantasmi.
Domani mi alzerò, tremolante nel passo,
fiera nello spirito.
Camminerò verso il mio futuro,
sola.
CAMPAGNA
Mi ricordo settembre, bambina, in campagna.
Appoggio il cuore sui ricordi,
che sanno di terra arata,
di grano maturo, di verdi ortaggi, di polli, conigli,
arcaica allegria agreste.
Ridondanti richiami per cena… io dov’ero?
I fusti alti del granturco mi sovrastavano,
alzavo gli occhi su un cielo traboccante di stelle,
il naso all’insù,
potevo quasi toccarle quelle splendide luci divine,
esprimere mille desideri,
in quel momento padrona del mondo.
Correvo libera nei campi,
giocavo coi rossi papaveri, piccoli fiori di campo.
Ricordi di un tempo che ancora mi appartiene,
un fruscio, gatti maldestri fanno le fusa,
le uova calde nelle piccole mani.
Il mio nome, Marina,
scandito tra le spighe dorate del grano maturo,
forse sono ancora lì, seduta, che sorrido,
sperando di non essere trovata, mai.
DONNA
Guardo lo specchio, riflette un’immagine,
una donna.
Mi guarda con i suoi occhi segnati.
Non riesco a staccare lo sguardo da quegli occhi,
splendidi, azzurri, non più giovani,
ma non sfioriti dal tempo passato,
ricchi ancora di una strana passione,
qualcosa che non definisco ma ne sono attratta.
La vedo sorridere di fronte allo specchio,
come se l’altra, quella riflessa, fosse sua amica,
la sua unica vera amica.
Le guardo le mani, i capelli chiari, come il grano
appena mietuto, sa di buono, sa di terra bagnata,
di vita vissuta, di gioie di dolore, profuma di rosa.
Rosa bianca.
Le rose bianche sono le mie preferite,
non hanno colore, solo candore e purezza,
sono le più sofisticate,
fantasticamente cromatiche, nell’assenza di colore.
Chi è questa donna?
Me lo sono chiesto molte volte, ma non ho risposte.
Un mistero irraggiungibile.
Chi è questa donna, che sa far ridere il mondo,
se solo lo vuole, che sa piangere i suoi sentimenti,
perché libera da ogni costrizione.
Chi è questa donna che ha imparato ad amarsi,
perché era l’unica certezza, che ha un cuore grande,
ferito ed acciaccato, ma palpitante… chi è?
Questa donna forse spesso impulsiva e poi
pronta a pentirsi,
sempre troppo tardi e a pagare i propri errori.
Questa donna è dentro di me.
CAMMINO
Cammino, fruscio di foglie secche sotto le scarpe,
il ticchettio dei bastoncini sul terreno ghiacciato,
mi fa compagnia, mentre uccelli neri, forse cornacchie,
si alzano improvvisamente in volo,
come uno scherzo di un bizzarro artista,
invidioso di questo splendido cielo azzurro,
a volerlo macchiare, per un attimo,
interrompendone la perfezione.
Vorrei che questo luogo così bucolico,
così selvaggio a modo suo,
mi aiutasse a dissolvere i pensieri,
liberandomi inaspettatamente da ogni legame,
dal passato e dal futuro, in un limbo dove i colori,
gli odori, mescendosi tra loro, diventano infinito.
Oggi è talmente bello il tempo, assurdità dell’inverno.
Cammino e respiro profondamente,
facendo entrare nei polmoni quest’aria fredda
che scende come acqua cristallina e salvifica
a dissetare la mia anima solitaria infuocata.
Continuo il cammino come salvezza,
il passo sempre più sicuro,
il corpo sempre più dritto,
lo sguardo sempre più fiero.
Godo in ciò che vedo, in ciò che sento,
nelle emozioni che provo,
la libertà infinita che ho dentro mi fa sentire bene,
mi fa tremare di gioia, mi rende intensa,
come questa natura piegata dall’inverno,
ma viva dentro, nel profondo.
Ecco dov’è l’anima è nella mia essenza più pura,
nella vita armonica, invisibile coscienza degli umili,
suadente profumo d’immortalità, atavico desiderio puro,
vagabonda puledra selvaggia, infinita antitesi di sensi.
STELLE
Stasera non voglio tornare a casa,
voglio stare seduta qui sulla spiaggia,
ormai sola, tutti se ne sono andati, piano,
come nella vita, a volte resti sola,
quasi senza accorgerti.
Voglio contare le stelle, voglio respirare
il mare, voglio piangere, un pianto liberatorio,
quasi un pianto di gioia.
Sento l’umidità che mi si incolla addosso,
il sale sulla pelle, dà vita alla mia carne,
gli occhi mi bruciano,
ma continuo a guardare il cielo,
mentre le stelle diventano sempre più luminose.
Stasera non voglio tornare a casa,
almeno qui c’è qualcuno che culla la mia inquietudine,
il mare, qualcuno che raccoglie i miei pensieri,
qualcuno che mi avvolge, il buio,
qualcuno che mi parla, le onde.
Mi accoccolo su me stessa, come a raccogliere
tutto quello che di vero posseggo e poi mi lascio
andare al rumore della risacca che si infrange
sulla roccia, mi lascio andare alla vita,
a ciò che verrà e non posso cambiare.
Ora però sono qui, viva, vera, che aspetto
la mia stella cadente, sarà bellissima, perché così
la desidero e forse anche la merito.