Grondano occhi di fiele
Grondano occhi di fiele
nell’eremo di pietra scolpita
ed esprimono i tuoi occhi di ghiaccio
il disagio della vita già andata.
Cicale mugugnano tristi
abbracciate in canti di fede e
nei vitrei campi di grano
il luccichio abbaglia le menti.
Tutto tace nelle valli scoscese
della vecchia cordigliera alsaziana.
Un pungolo infittisce il dolore
e suffraga della mente il deserto
anche se tosto ritorna pressante
l’osmosi sospesa dell’anima.
Le cicatrici son solo apparenti
e la forza del cuore le ottenebra.
Sui sentieri placide grida di uccelli
accompagnano le albe dorate.
Notti deserte non son mai infinite
e i sussurri sbiadiscono all’albe.
Un sole rifulge nel cosmo
ma ha il sapore dei tuoi occhi sgranati.
La madre ha partorito il suo giglio
ma esso porta il tuo nome.
La sera
E la sera cade ovunque
ma non nelle braccia e nelle mani
che, avide di riposo, attendono la notte.
Pagine di lettere… nella mente
con parole rossofuoco
pronte per la notte.
La sera è solo un preambolo
ai celesti sussurri della notte.
L’ora, o meglio, il tempo
– perché di tempo si tratta –
delle semicelate ombre
che stridono ed imprecano – forse –
contro il sole che ha dato per
un tempo – breve o lungo – ed ora
si ritira – rifugge –
quelle stesse cose che aveva un tempo
– nel suo tempo – dato alla vita.
La sera vespertina
racchiusa nelle chiglie silenziose
della cappella per il ringraziamento –
Donne e forse uomini di fede
che tramandano alla posterità
i loro discorsi inevasi.
Mesti, malinconici saluti di
stanchi baricentri labili nel corpo
spossato e vinto, ma in procinto
di affrontare una nuova battaglia
con la mente già al domani
consapevoli di questo
della loro postumità.
La sera dei gabbiani
Sono venuti
– chi li ha chiamati –
i gabbiani.
Puntuali nell’ora esatta.
Piombano su torme di ombrelloni chiusi
– abbandonati dal sole morente
– abbandonati nei loro tristi
incappucciamenti
in riga cedono alle ombre cangianti
prima di essere assorbiti nella notte.
Gironzolano, scrutano,
– sospesi e guardinghi –
piombano, si riprendono,
– a schiere –
e poi di nuovo a tuffo
su inerzie di cibi,
lasciati, non dimenticati,
avanzi dell’opulenza, del giusto cibo,
della distrazione, dell’errore.
Invadono – i gabbiani – le spiagge
deserte.
Poi, ritornano a che furono.
È tutto impresso
È tutto impresso nella tela invisibile…
anche la tua bocca incantata traspare
dal sogno, sorpassa la brina argentea,
emana iridescenze copiose che mi
travolgono, s’impossessano delle mie
labbra inventate – le colpiscono – in
totale obbedienza dei sensi. E così
cado avvolto nella tua ombra dorata
naufrago in un mare di cristallo e
sentimenti forti s’impossessano delle
tue gocce notturne d’amore puro.
Resisto ai tuoi occhi di grandine?
Resisto alla tempesta improvvida?
Il sapore del tuo profumo mi distoglie
dal mio immenso sonnecchiare ed un
lirico trillare si accompagna a ineguagliabili
parole insepolte che ora libere – da
chi e da che cosa – che prima non era ed
adesso è troppo, fuoriescono nuove
come non le avrei mai immaginate!
E’ tutto impresso nella tela, questo
nostro essere ora, adesso e sempre!