Massimo De Santis - Poesia Terapia - L’amore non è pace è pazzia divina
Collana "I Gigli" - I libri di Poesia 15x21 - pp. 140 - Euro 20,00 ISBN 9791259511157 Clicca qui per acquistare questo libro In copertina: «Tre sguardi verso il cielo» opera di Mario De Luca Introduzione Poesie varie, senza apparentemente un filo logico, una connessione, un complotto. Varie come gli stati d’animo di un uomo: ora felice, ora arrabbiato, ora indifferente, ora triste, ora appagato, ora inappagato, ora vivo, ora morto. Il dualismo dell’anima che si ripropone in ogni istante della vita, che infierisce, che ci rende succubi delle nostre emozioni, dei nostri sentimenti, delle nostre volizioni, delle nostre innaturalità. E sì, perché quando attraversiamo una giornata con il nostro corpo, ne usciamo sempre insoddisfatti e distrutti e incompresi e inappagati e stanchi, difficilmente felici. (La felicità è un attimo che svanisce nella prospettiva di nuovi sogni.) Per fortuna che c’è il domani, al quale deleghiamo i compiti che oggi non abbiamo potuto portare a termine, al quale affidiamo le nostre pur brevi speranze. “Domani sarà diverso” ci sentiamo ripetere dal nostro dentro che non sappiamo bene se sia la nostra anima o la nostra coscienza o chi per esse, ma ci consola e ci consoliamo ed andiamo a letto fiduciosi. Si dorme? Non si dorme? Lo scopriremo ben presto alle tre di notte quando ci ritroviamo con la penna in mano a scrivere poesie o leggere qualche libro che ci annoi, con la speranza di riprendere sonno. Dunque c’è una doppia vita. Scoperta dei poeti o anche dei pittori, o anche degli scultori o anche degli scrittori? E chi non è tutto questo conta le pecore? Poesia terapia, per stare bene. È perché proprio quando nel nostro corpo ci sono delle tensioni che non riusciamo ad individuare, attraverso la poesia le esorcizziamo e le rendiamo innocue. Spesso queste tensioni sono causate dal contatto del nostro corpo e della nostra mente con l’esterno. Provate ad imbracciare la penna quando siete arrabbiati e cercate di fare una linea diritta su un foglio bianco. Poi un’altra, poi un’altra ancora, poi ancora… concentratevi sulla linea con tutta la rabbia che avete in corpo. Quando vi sarete calmati, date un’occhiata al foglio sul quale avete tratteggiato tutte quelle linee e scorretene l’andamento. Di sicuro le linee non saranno diritte! Adesso provate allo stesso modo con le parole. Scrivete con tutta la rabbia che avete in corpo tutte le parole che vi vengono a mente, senza ragionare. Fatto? Ottimo! Adesso andate a leggere quello che avete scritto sul foglio e vedrete in versi quale è il problema che vi assilla e come vorreste risolverlo o se avete una via d’uscita o se c’è una premessa a qualcosa o una soluzione. In ogni caso dentro a quello scritto ci siete voi di sana pianta, e spesso in un modo a voi persino sconosciuto! Ma non bisogna scrivere solo quando si è arrabbiati, ma anche quando si è immensamente felici, o sentimentalmente impegnati (non è importante se corrisposti oppure no, tantissimi poeti hanno scritto libri sull’amore platonico e sono diventate delle vere opere d’arte), oppure quando si è in uno stato d’indifferenza assoluta oppure di solitudine immensa (vorrei precisare che in effetti noi non siamo mai soli in quanto figli di Dio. Abbiamo un padre che ci ha messo al mondo e che ci adora, proprio così come siamo. Stupendo). Poesia terapia perché una volta che abbiamo scaricato le nostre tensioni su quel foglio di carta, ci sentiamo più tranquilli, più rilassati, più consapevoli e quindi più preparati a continuare la lotta per l’esistenza. L’esistenzialismo, eccolo il nocciolo duro della realtà che più ci preoccupa e che più ci crea ansia e tensioni. Il voler essere uguali agli altri, il desiderare le cose che desiderano gli altri, il perdere di vista l’obiettivo della propria esistenza, lasciandosi attrarre dalle chimere. Occorre accedere ad un livello superiore che non è precluso a tutti, anzi, è lì che attende che tutti ci arrivino prima o poi. È la spiritualità! È semplice: basta lasciarsi coinvolgere dalle Sacre Scritture e tutto cambierà. Ma proprio tutto, soprattutto quello che mai avremmo pensato che potesse cambiare. C’è bisogno di Dio nella nostra vita! “Vivere quaggiù guardando in su” sembra una frase fatta, che nella nostra vita chissà quanti milioni di volte l’abbiamo ascoltata. Ebbene, io dico: distrattamente, superficialmente, inconsapevolmente, arbitrariamente, colpevolmente, aprioristicamente, indifferentemente e casualmente. Allora, volutamente ho letto e riletto e continuo a leggere la Sacra Scrittura, inizialmente anche con l’ausilio di un assistente spirituale perché avevo paura di non comprendere, come si diceva e come sento dire ancora. Ma non è vero! Chiunque può, anzi deve avvicinarsi alla verità così come per diventare ingegneri o dottori o maestri o artigiani c’è bisogno di imparare le regole per svolgere quella attività. Non si possono costruire grattacieli se non si hanno i principi base dell’ingegneria, non puoi insegnare ad un altro le cose che non sai! E la vita, la tua vita, come l’affronti? Con quali basi? Escono queste cose dalla tua poesia. I bisogni dell’anima! Escono dalla tua poesia. È la tua anima che parla, il tuo cuore, la tua mente, il tuo corpo. In ogni poesia ci sei tu: chi sei, chi vorresti essere, le tue aspirazioni, i tuoi tormenti, i tuoi amori, il tuo Amore, i tuoi sensi. Poesia terapia. Sarebbe bello scrivere un libro di poesie su un solo argomento, magari a scelta, o a richiesta, o peggio, a pagamento. Ma è impossibile! Mancherebbe in ogni caso l’Anima dello scrittore. Ecco perché è importante il “getto”. Scrivere di getto. Significa mettere giù le parole senza riflettere, così come vengono, apparentemente alla rinfusa, ma che hanno un’Anima. Si possono scrivere anche poesie pensate ed arricchite con parole sublimi, ma sono mancanti di Anima. Certamente ad una poesia scritta di getto si può mettere mano, con l’ausilio di adeguata documentazione, al fine di abbellirla nella forma, ma non si può mettere l’Anima ad una poesia scritta senz’Anima! E si vede. E si sente. E si percepisce. E si tocca. Ecco la poesia! Ecco la libertà, un tema molto caro ai poeti, spiriti liberi, incontaminati, incorruttibili. Dentro. Dove ci sono soltanto loro, nel vero senso della libertà. Quella libertà che fa paura ai pragmatici, ai potenti, agli occultatori di verità, ai tiranni. Quanti poeti sono stati esiliati o uccisi per motivi politici? Poeti che nel cuore avevano la libertà. E questo desiderio di libertà del loro popolo loro la descrivevano con il sangue delle loro penne su fogli di carta bruciata come le loro vite, per difendere i diritti dei più miserabili, dei più poveri, dei più derelitti, della gente comune. La storia si ripete: da sempre un piccolo gregge di uomini spera di dominare sulle masse schiavizzandoli, rendendoli succubi delle loro leggi ingiuste, delle loro atrocità, delle loro meschinità, delle loro inutili guerre, della loro ossessione di essere Dio. Vergogna. Vergognatevi! La bellezza vi sopprimerà! Ma non la bellezza dei vostri edifici, dei vostri ponti, delle vostre cementificazioni, dei vostri aeroplani, dei vostri missili, dei vostri treni superveloci, dei vostri asfalti. Sarete sommersi dalla Bellezza dell’Anima. Che non si può comperare nemmeno con tutto l’oro di questo mondo, dico, non si può comprare nemmeno con tutto l’oro di questo mondo! Non c’è oro che possa acquistare un’Anima. Solo l’Amore! Massimo De Santis
Massimo De Santis e il ritorno all’«uomo interiore» Se volessimo risalire al messaggio veritiero di quale siano gli elementi fondamentali della vita, sarebbe dapprima necessario chiarire il significato della parola “fondamentale”, analizzando in principio – com’è proposto in Poesia Terapia – la natura delle «emozioni, dei nostri sentimenti, delle nostre volizioni, delle nostre innaturalità» nell’anima. In un corso universitario a metà degli anni ’50, Martin Heidegger spiegava: «In primo luogo, la parola “fondamento” (Grund) indica la profondità, per esempio il fondo del mare, il fondovalle, la distesa di prati (Wiesengrund), una depressione del terreno, una terra o un suolo che si trovano più in basso; in senso lato fondamento si riferisce alla terra, al suolo terrestre. In un senso ancora più originario, a tutt’oggi, nell’area linguistica svevo-alemanna la parola tedesca Grund [fondo, fondamento] equivale a humus. La humus è il fondo naturale, il suolo terreste greve e fecondo». Sono come il mare Eri acqua dolce, ora sei mia
Ma nelle sue lezioni Heidegger legava il concetto di fondamento a quello privilegiato di tempo, spiegando come «il linguaggio del pensiero parla di fondamento dell’essere, di fondamento del divenire», chiedendosi: «Che luogo è questo? È quel luogo verso il quale ancora ci troviamo in cammino». Anche il flusso della temporalità che interessa il nostro poeta è essenzialmente quello prossimo venturo, rappresentando una realtà a latere di stampo onirico idonea a cementare passato e futuro in un continuo e sfuggente cammino: Scorre senza senso
Per affrontarlo, nonché conoscerlo meglio, occorre «imbracciare la penna», scrutare e descrivere: La chiazza sgualcita
Assume allora dimensione centrale la riflessione dell’autore sul “fare poetico”, rintracciabile in alcuni brani di particolare importanza cui è affidata l’articolazione di un singolare “discorso sulla poesia”: «Puoi amarlo o non / amarlo, il poeta, ma egli scrive per te!» [E se ti dicessi], «Questa lacerazione verbale / che avviene mano a mano / e ti apre nuove prospettive» [Questa], «Mai vinto strappo fogli su fogli per dirti / per cercare di dirti» [Mi lascio accadere], «virgole punti apostrofi maiuscole / invadono scottano bruciano divampano / parole avverbi congiunzioni iperboli» [Fuoriesce lava dal cranio], «andrei a piedi nudi su per i monti / e con gli scarponi in mezzo al mare / così, solo per scrivere una poesia» [Se io fossi poeta]. un iceberg che non doveva È vero, la poësis vive di libertà, spiega Massimo De Santis: Un tema molto caro ai poeti, spiriti liberi, incontaminati, incorruttibili. Dentro. Dove ci sono soltanto loro, nel vero senso della libertà. Quella libertà che fa paura ai pragmatici, ai potenti, agli occultatori di verità, ai tiranni! E prosegue: Escono queste cose dalla tua poesia. I bisogni dell’anima! Escono dalla tua poesia. De Santis è però cosciente di come una estrema libertà, se non ispirata dal raziocinio, rischi di portare alla disarticolazione del codice. L’evenienza di un simile fallimento comunicativo nella comunicazione è ben descritta nelle scritture automatiche di go na fa da re s e, allineamento di stringhe dove il linguaggio umano rinuncia alla comprensibilità e si arrende all’enigma: mi si fa la di da da sa la Qual è, allora, la via d’uscita dalla disarticolazione del linguaggio? Nel suo eccezionale interesse all’espressione umana (anticipatore di secoli della moderna linguistica), Agostino metteva in guardia rispetto all’invito (da lui stesso formulato) a trascendere se stessi e a tornare nell’“uomo interiore”: «Ma ricordati, quando trascendi te stesso, che trascendi l’anima razionale: tendi, pertanto, là dove si accende il lume stesso della ragione». La ragione di cui discute il grande pensatore fa pervenire l’uomo alla verità, è una disposizione il cui obiettivo è il piacere supremo dello spirito. Così, in De Santis, l’alternativa al caos della scrittura prende una forma analoga: Occorre accedere ad un livello superiore che non è precluso a tutti, anzi, è lì che attende che tutti ci arrivino prima o poi. È la spiritualità! La Parola rivelata («ho letto e riletto e continuo a leggere la Sacra Scrittura») diventa il fulcro generatore della coscienza, dell’esistere, della poesia consapevole e terapeutica nei confronti dei dolori del mondo, della lirica e dell’anima, della vita e dello spirito che vanno di pari passo all’ingegneria e alla medicina, all’economia e alla legge, come ricordava il personaggio del professor John Keating, parafrasando Walt Whitman, nel film L’attimo fuggente (1989) di Peter Weir. Nell’arte poetica, in particolare, De Santis precisa: È la tua anima che parla, il tuo cuore, la tua mente, il tuo corpo. In ogni poesia ci sei tu: chi sei, chi vorresti essere, le tue aspirazioni, i tuoi tormenti, i tuoi amori, il tuo Amore, i tuoi sensi. Poesia terapia. Ed eccolo, finalmente, l’Amore: Cammini davanti al deserto
La tematica amorosa, tanto cara al nostro autore (che le ha riservato la precedente silloge Donne di cristallo), procede ricca e imperativa tra i versi fino a sfiorare il cuore delle cose, a scoprire il proprio essere allargandosi a numerosi campi semantici. In effetti, gli antichi Greci con il termine ἔρως (èros) intendevano il desiderio erotico e insieme romantico, distinguendolo dall’amore spirituale (ἀγάπη, agàpe) e dal sentimento parentale-famigliare (στοργή-storghè, φιλία-filìa) nonché in opposizione all’inimicizia, al distacco, all’ostilità. Scrive De Santis: Non conosco dell’odio
Sulla traccia di evocazioni provenienti da Donne di cristallo, l’indistinzione della figura femminile con il mondo della Natura – in particolare con il regno minerale – procede superba e abbagliante in Poesia Terapia tra la roccia e la sabbia, il mare e la polvere, il diamante e l’alabastro, l’argilla e la terracotta, l’incenso e il topazio: Ed il seno si riempì d’argilla
Eri prima di te
Sei deserto che s’invola, sabbia che ricopre,
Per quanto il modo di sentire dell’amore non sia uno dei più presenti nelle indagini filosofiche, esso gestisce un’importanza rilevante nella storia. E prima di arrivare al Simposio di Platone, forse il più bel testo di filosofia mai scritto sull’eros, il primo pensatore a porre esplicitamente la questione con il relativo piano referenziale è stato Empedocle. Il siceliota del V secolo a.C. alludeva a un divenire determinato dalla dialettica di odi et amo applicata a una coppia di fattori cosmologici basilari, due forze opposte dell’Essere con l’idea di unità e fusione compresi nell’aura complessa dell’ἔρως (èros). luce accecante e onda Sempre nell’antichità, Platone aveva trasferito il concetto dell’ἔρως dalla cosmologia alla metafisica, in quanto tensione verso il divino Bene (una sorta di sfumatura paragonabile alla «spiritualità» positiva di De Santis) da cui scaturiscono le Idee come suoi attributi. L’insieme coincide, pertanto, con l’area cognitiva delle anime individuali a proposito delle quali, in un volo immateriale di migliaia di anni, nell’introduzione di Poesia Terapia leggiamo: Poesie varie, senza apparentemente un filo logico, una connessione, un complotto. Varie come gli stati d’animo di una persona. È una pura verità filosofica quella contenuta nelle parole del nostro autore: affinché il ragionamento sia a tutti gli effetti necessario ed efficace, ha bisogno del giudizio finale dell’anima, seppure a costo di smarrire la infallibilità e cadere nella varietà del molteplice. Così, nelle pagine di De Santis, il λόγος (lógos) appare in veste quasi “ausiliare” dell’amore, sotto forma di suo «preambolo» epifanico: quale bagliore nella notte
Nella filosofia moderna, Friedrich Hegel riteneva l’amore superasse il diritto nell’offrire qualcosa capace di oltrepassare il contesto, rendendo così auspicabile uno Stato, una società, una famiglia incentrate sul sentimento erotico piuttosto che su schiette regole normative. L’eros non sarebbe delimitato, dunque, dagli stessi confini del diritto, rappresentando l’antitesi a ogni contrasto, il bilanciamento tra poteri, la supremazia sul raziocinio. In un mondo così descritto si muovono i versi di De Santis: E dovremmo in quest’interiore riserbo
noi dovremmo essere solo agire con l’anima è il nostro
L’avventura erotica conduce lo sguardo dell’autore in una dimensione ulteriore: Quest’amore infinito
Sembra così riproporsi liberamente l’incipit delle celebri Confessioni agostiniane, dove il filosofo vescovo d’Ippona testimonia come l’apertura del cuore sia tale da giungere alla consapevolezza della misura in cui il desiderio di amare, decifrare e non temere la morte appartenga all’indole originale dell’uomo, aiutato dalla parola evangelica e dalla fede in Dio: «Ci hai fatti per Te, Signore, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in Te». L’irrequietezza diviene voce autentica dell’anima, all’interno di una sfida nella quale siamo consci di quanto, senza ridestare l’amore a sé, ineffabili risultino la felicità e qualsiasi forma di svelamento o attesa in essa implicita. Questo rinascere infinito Grazie a un enorme sforzo di autocoscienza, dovremmo essere in grado di allontanarci dal «soffio di morte» che passa «sulle nostre rumorose vite» [Passa un soffio]. Eppure De Santis invita noi lettori a essere guardinghi anche verso l’impeto delle passioni, quasi a rammentare le parole sottolineate con enfasi nel XVII secolo dal raffinato e dubbioso Baruch Spinoza: «Possiamo liberarci dall’amore in due modi: o per mezzo della conoscenza di una cosa migliore o per mezzo dell’esperienza che l’oggetto amato, da noi preso per qualcosa di grande e di magnifico, apporta con sé molto dolore e danno». Ma il ragionamento del filosofo prosegue così: «È necessario non liberarci completamente dall’amore, perché, a causa della debolezza della nostra natura, non potremmo esistere senza il godimento di qualche bene al quale siamo uniti e dal quale siamo fortificati». Cinzia Baldazzi (1955) è nata e risiede a Roma. Mario De Luca nasce a S. Elia Fiumerapido (FR) e risiede ad Atina. Nel 1998 è vincitore del Premio Cala–bria Cultura e Turismo, giuria presieduta dal prof. Angelo Calabrese e Vittorio Sgarbi. Dal 2010 al 2015 quattordici sculture vengono installate presso la galleria Museo Beeldentuin di Maastricht. Nel 2011 espone a Londra presso l’Istituto Culturale Italiano. Poesia Terapia - L’amore non è pace è pazzia divina
Non smetterò mai d’emozionarmi
Disperdevi i tuoi occhi inquieti
Ho sognato pari pari l’azzurro
Florence era il nome del suo profumo
Eri prima di te
Sintomi di te
E corre corre senza nell’aria
Perché di appassiti istinti o forse la loro mancanza, il loro Oh ardor che mi prendesti e vinci tu laddove io non potei
Quest’uccellare magico degli storni
Quest’aria d’alabastro
La chiazza sgualcita
Sciogliesti i tuoi esili capelli [continua] Contatore visite dal 27-04-2022: 805. |
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