L’Oasi
Era l’anno 1962 ed avevo sei anni quando, per la prima volta, misi piede all’Oasi. L’Oasi era, ed è tuttora, un importantissimo centro di riabilitazione motoria, con sede a Roma, in via Ardeatina, a poche centinaia di metri dalla casa in cui sono nato. La via Ardeatina nasce come moderna diramazione dell’ Appia Antica, esattamente dall’evangelico: Domine, quo vadis? Dal punto, cioè, dove Pietro, fuggente, incontrò Cristo! Dopo circa 3 km si incontrano le, ahimè, famigerate Fosse Ardeatine. All’epoca il cartello “ROMA” si trovava proprio davanti alla sinistra inferriata delle Fosse Ardeatine. Noi stavamo al quarto km, per cui, stavamo “fuori Roma”. Andavamo all’asilo prima e alle elementari poi, dalle Suore Orsoline di Via Tasso, “A ROMA”. All’epoca c’era un vecchio autobus, o meglio una vecchia diligenza del Far West, che passava, quando passava, ogni due ore e che faceva la linea: Scala Santa (vicino la triste via Tasso) – Santuario Madonna del Divino Amore. Una madre a turno accompagnava tutti i bambini a scuola. Altri tempi!!! Ho narrato ciò per evidenziare il fatto che, all’epoca, quel tratto della via Ardeatina era aperta campagna, per cui, eravamo pressoché isolati dal resto del mondo, a parte l’ Oasi dove, calzoncini corti e calzettoni, approdai per la prima volta, perché invitato a giocare da due fraterni amici d’infanzia, Graziano e Lino , i quali abitavano all’interno dell’area di pertinenza dell’ Oasi stessa. La loro madre vedova, santa donna che si era dovuta sobbarcare da sola il ménage familiare con due figli piccoli, era dipendente dell’ Oasi ed aveva lì un alloggio di servizio. A noi si unirono altri due amici coetanei: Maurizio e Stefano. Eravamo, dunque, cinque ragazzini di cui: due interni e tre esterni. L’abitazione di Graziano e Lino era, per meglio intenderci, una sorta di dependance della struttura del centro vero e proprio. L’abitazione si trovava vicino ai parcheggi e, quindi, a livello con la via Ardeatina, mentre la vita dell’ Oasi si svolgeva in un vastissimo piazzale rialzato al centro della struttura, al quale si accedeva tramite ascensore. I nostri erano i giochi dei bambini dell’epoca: un immancabile pallone, le figurine della Panini Modena ed un mazzo di carte da briscola. Un giorno, però, Graziano e Lino ci “introdussero” al piazzale, zona vietata per gli esterni. E lì, lo racconto con un grande magone, noi tre esterni venimmo a contatto con una realtà che oggi, senza presunzione alcuna e con grande umiltà nel cuore, potrei accostare a quella di umano dolore che trovò il Buddha quando fuggì dalla reggia paterna. Tanta gente sulle sedie a rotelle!!! ambini, giovani, vecchi!!! Rimasi immediatamente colpito dall’accoglienza gioiosa e fraterna che i paraplegici riservarono a me e agli altri due sconosciuti! Da quel giorno i nostri giochi bambini si ampliarono, perché si trasferirono al “Piazzale”. Infatti, sul Piazzale c’era il bar con bigliardino, flipper e tavolo da ping pong.
Le nostre vite divennero un giornaliera, costante simbiosi con il piazzale e con gli “amici”
del piazzale. Uno dei primi paraplegici che conobbi fu Giovanni Pische, sardo, ex ufficiale dell’Aviazione Italiana, abbattuto nella battaglia aerea di Malta nel 1941. Giovanni era fondatore e Presidente dell’A.N.S.P.I. (Associazione nazionale sport paraplegici italiani). Giovanni vinse svariate medaglie d’oro alle para-olimpiadi di Tokyo 1964. Lasciato l’agonismo, si dedicò all’organizzazione dello sport che ebbe, ed ha tuttora, un grande ruolo per quel che riguarda il recupero psico-fisico dei paraplegici. Poi conobbi Antonio, centralinista dell’ Oasi. Amico fraterno che ancora frequento. Antonio è calabrese. Era operaio a Torino quando cadde da un’impalcatura. Quando tornava dalla Calabria era un banchetto collettivo: vino come l’inchiostro, olive e salami piccantissimi, formaggi, dolcetti vari… ma all’epoca non avevamo problemi di colesterolo e soprappeso. Successivamente conobbi Giuseppe Trieste, calabrese anche lui. Giuseppe, all’età di 13 anni, cadde da un albero e addio colonna vertebrale. Con Giuseppe, tra le altre cose, abbiamo frequentato, nei primi anni ’70, l’Accademia Britannica di Viale Manzoni, a Roma.
Andavamo con la sua macchina, perché io non avevo ancora 18 anni. L’Accademia Britannica aveva, ahimè, delle strettissime scale a chiocciola. Helen, la Preside, inglese ovviamente, la prima volta era preoccupata, ma poi si rese conto che il lavoro di équipe, di Giuseppe e mio, non conosceva ostacoli architettonici. Giuseppe, con il placet di Giovanni Pische, mi portò in alcuni paesi dell’Europa Occidentale: Francia, Inghilterra, Belgio, Germania, Austria. Giuseppe era infatti all’epoca, il più medagliato degli atleti italiani ai vari para-giochi italiani, europei, mondiali, olimpici. Lo chiamavamo, alla romana, “ER MEDAJA”! Giuseppe primeggiò per anni in varie specialità: corsa, gymkhana, tennis da tavolo, tutte le specialità del nuoto, tiro con l’arco! Un vero fuoriclasse!!! Pensate: soltanto ai Giochi di Roma 1974, conquistò 13 medaglie in 13 gare!!!
Da anni Giuseppe è un affermatissimo uomo d’affari! Sottolineo che, senza cinismo da parte mia, quando a seguito dell’incidente arrivò a Roma, economicamente non se la passava per niente bene! Un fulgido esempio di reazione alle avversità della vita! A proposito, non lo conobbi sul piazzale, ma all’ingresso dell’ Oasi, sulla via Ardeatina, in un lago di sangue! Era uno scavezzacollo e guidava un motorino a tre ruote per paraplegici che quel giorno gli si ribaltò a causa della sua guida “allegra”! Oltre ad essere un affermatissimo uomo d’affari, Giuseppe Trieste oggi è, tra le altre cose, Presidente dell’A.N.T.H.A.I. (Associazione nazionale tutela degli handicappati e invalidi) e di F.I.A.B.A. (Fondo italiano abbattimento barriere architettoniche). Casa sua e gli uffici di ANTHAI e FIABA, sono dei veri e propri templi allo Sport che, tuttavia, non bastano a contenere le centinaia di coppe, medaglie, targhe, lauree Honoris Causa, diplomi, attestati, ecc. Giuseppe è un modello da seguire da parte di chi, ahimè, ha subito un handicap! Ho conosciuto anche Franco, ROMANO DE ROMA. Proprietario di un prestigioso ristorante del centro storico. Grande pokerista e fratello maggiore di tutti, sempre pronto a dare saggi consigli e supporto psicologico a tutti, anche a noi “bipedi”. Si, proprio lui a noi e non viceversa!
Poi ho conosciuto Angelo, Paoletto e Bruno, tre tetraplegici. I più disgraziati! Oltre alle gambe, avevano problemi anche alle mani, ma con una mostruosa voglia di vivere. Angelo e Paoletto, ovviamente in tempi diversi, si erano tuffati ad Ostia in un punto dove l’acqua era troppo bassa! Bruno, invece, aveva ricevuto una doppia razione dal destino: era un ex paracadutista! Durante un’esercitazione ebbe problemi di “paracadute”! Si era un po’ ripreso dall’incidente, quando, similmente ad Angelo e Paoletto, si tuffò nel punto sbagliato! Ovviamente la lista dei nomi sarebbe interminabile! Per un periodo fu costituito anche un gruppo musicale di cui, l’unico “bipede”(così ci chiamavano loro) era Maurizio, batterista! Gli anni passavano ed insieme ci spostavamo sempre di più dall’ Oasi che, però, rimaneva sempre il punto di riferimento! Insieme andavamo al mare, in discoteca, in pizzeria, allo Stadio Olimpico! Era l’epoca della musica rock ed eravamo di casa al PalaEur dove venivano tutti i maggiori gruppi dell’epoca: Carlos Santana, Frank Zappa, Pink Floyd, Jethro Tull, Deep Purple, Emerson Lake and Palmer, Super Tramp, Genesis, Banco del Mutuo Soccorso, Premiata Forneria Marconi… Spesso la sera, soprattutto all’aperto, ci facevamo delle scorpacciate di pizza, spaghetti, bucatini, cocomero…insieme a noi partecipava, ovviamente, parte del personale medico e para-medico. Organizzavamo tornei di carte, ping pong, pallacanestro… Noi “bipedi” ci sedevamo sulle sedie a rotelle e formavamo una squadra che, puntualmente ed ovviamente, prendeva delle batoste incredibili. Naturalmente non avevamo la loro forza di braccia. Il tempo passa inesorabilmente e noi “bipedi”, uno alla volta, siamo andati a fare il militare. Io mi sono arruolato nell’Arma dei Carabinieri. Prima ho frequentato la Scuola Allievi Carabinieri di via Carlo Alberto Dalla Chiesa , a Roma (stranezze del destino, due anni fa sono venuto ad abitare di fronte alla Scuola), poi ho frequentato la Scuola Sottufficiali Velletri-Firenze.
Sono stati tre anni particolarmente duri. Più volte ho pensato di mollare! Sapete cosa mia ha dato la forza? Il ricordo dei ragazzi dell’ Oasi! In quei difficili momenti mi chiedevo: – Chissà, loro,
cosa darebbero per stare al posto mio! La vita, si sa, propone, o forse obbliga, strade diverse per tutti e così ci si perde di vista! Gli anni sono volati! Nel 1996 mia madre, con la quale all’epoca vivevo, fu colta da ictus. Ero solo e disperato! Non sapevo cosa fare! Mi preoccupavo, soprattutto, di mia madre, della dignità di mia madre! In quei giorni, dopo tanti anni, ho incontrato (sarà stato un caso?) uno dei ragazzi dell’ Oasi, il quale mi ha spalancato le porte del Centro.
Mia madre tre mesi dopo è morta, ma sono convinto che l’ Oasi è stata lo strumento che Dio Onnipotente ha usato per tutelare l’umana dignità di mia madre, donna che ho amato smisuratamente. Sono convinto che Dio si è ricordato di me! Quanto ci sarebbe da raccontare!!!
Dio esiste!!! Ciao!!!