Canti Del Cielo e della Terra Degli Uomini e degli Amori

di

Mirko Lucchini


Mirko Lucchini - Canti Del Cielo e della Terra Degli Uomini e degli Amori
Collana "I Gigli" - I libri di Poesia
12x17 - pp. 58 - Euro 6,80
ISBN 978-88-6587-0211

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Presentazione

[…]Quando l’anima della donna le chiese: “Chi sei tu?” la figura spirituale rispose: “[…] io sono l’immaginazione e provengo da un regno lontano. Da quel regno lontano sono entrata nella regione delle Gerarchie che si chiama degli Spiriti della volontà”.
“Che cosa posso fare per te?” chiese l’anima della donna.
[…] questa figura pretese che l’anima della donna unisse la propria entità con la figura degli Spiriti della volontà, e […] l’anima della donna […] divenne una figura del tutto animica.
“Poiché lo hai fatto, sei ora in grado di ispirare nell’anima degli uomini la facoltà che sul globo terrestre essi sperimentano come fantasia poetica. Tu sei diventata l’archetipo della fantasia poetica, e grazie a te gli uomini saranno in grado di esprimere nel loro linguaggio qualcosa che mai potrebbero esprimere attenendosi soltanto al mondo esterno per riprodurre solo le cose che esistono nel mondo fisico. Tu darai agli uomini la facoltà di esprimere grazie alla tua fantasia tutto ciò che muove la loro volontà e che non potrebbe venir espresso in altra forma.[…]”

Rudolf Steiner

Ho voluto, prima di parlare delle Poesie di Mirko Lucchini, portare le immagini che ci ha donato Rudolf Steiner (V. “Arte e conoscenza dell’arte – La natura delle arti” O.O. 271 Editrice Antroposofica) per caratterizzare l’Arte della Poesia, poiché mi sembra che bene introducano questa splendida raccolta.
Due anni fa l’incontro con questo giovane si è rivelato “non casuale”: alto, magro, sorridente e pulito, con occhi chiari e limpidi, aveva ed ha molto da dire, in particolare attraverso l’arte.
Il suo percorso artistico lo ha condotto a svelare mondi, inizialmente attraverso la Pittura. Poi, le sue ali, che hanno bisogno di grandi spazi, hanno cercato e trovato nell’etere cosmico anche la Poesia,

“[…]alla cerca della vera immaginazione
lì dove risiede
il tempio di Osiride.”
(Taliesin)

Quella che Mirko Lucchini presenta in questo libro è una raccolta di poesie che si apre con un inno, che è anche una preghiera, proprio a “Taliesin”, rivolgendosi a lui come ad una Guida, affinché lo conduca, come Virgilio fece con Dante, oltre la Soglia, là dove è possibile che i dolori e le sofferenze si trasformino in luce, si purifichino in amore, aiutando gli esseri umani a “cogliere” frutti maturi da donare attraverso la Fantasia Poetica.
Infatti le sue poesie, limpide, luminose, trasportano in quel luogo eterico “del cielo e della terra” e “degli uomini e degli amori” e parlano con un intenso carattere di religiosità vera, non dogmatica, come ricordi serbati nel cuore:

“Silfidi e Ondine,
nello scrosciare delle onde
sui faraglioni sembrano danzare.”
(Mari del Nord)

rievocando sommessamente i Cavalieri della Tavola Rotonda, i draghi, i combattimenti, le spade, e cantando l’amore, Merlino.
Sembra voler ricordare, sommessamente e forse inconsapevolmente, che tutte le azioni umane, corrette o malvage, tutti i pensieri, razionali o spirituali, che feriscono o consolano, tutti i tormenti e le gioie, non svaniscono nel tempo. Ma c’è un luogo eterico ove ne resta la memoria, per gli esseri umani, per la Terra e per il Cosmo e le sue Leggi:

“E con loro tu tornerai,
lo so tornerai.”
(Nei Tempi)

Così tutte le poesie ci regalano colori, suoni, odori che ci collegano a quel “luogo della memoria” ove anch’essi dimorano, e possono venir richiamati anche da un Canto, come quello ove si narra dell’Essere cosmico che si fece Uomo, ed in particolare della Sua morte e deposizione:

“D’Amore infinito
il tuo sangue sapeva […]”
(Il giardino)

ove il corpo del Cristo viene poi accolto da Giuseppe d’Arimatea e da Nicodemo, e risorto, verrà scambiato da Maria di Magdala per il Giardiniere (V. Vangelo di Giovanni).
Il richiamo a Giuseppe d’Arimatea che raccoglierà il sangue del Cristo nella Coppa già servita per l’Ultima Cena, ci conduce a Parsifal, destinatario del sacro simbolo. Trattenuta nel mondo spirituale dopo la morte di Giuseppe d’Arimatea, verrà poi, dagli angeli prescelti, consegnata a Titurel, che costruirà nel nord della Spagna il castello del Graal, e poi a Parsifal, il cui nome è scritto nel cielo… (“Parsifal”).
I Canti parlano di dèi, come “Demeter”, la dea delle messi, a cui riconsegnare un giorno l’involucro del nostro essere spirituale; parlano della Fantasia , amica degli artisti e dei poeti, che ne accoglie le preghiere (“Sophia”); e parlano del dolore degli dèi, che aiutano e preparano l’evoluzione umana, coinvolti direttamente sia dai tormenti che dall’amore terreni (“Andromeda”); e di esseri mortali tramandati dalla storia, di esseri il cui destino si intreccia con il destino dell’umanità, sia nella poesia “Ipazia” (un’individualità speciale del 400 d.C., di Alessandria, matematica, filosofa, nella cui anima risuonava l’eco dei misteri orfici, ma che fu aggredita violentemente ed uccisa da una folla inferocita aizzata contro la savia vergine da chi voleva ad ogni costo disfarsi della sua potenza spirituale); e poi ancora, nella poesia “Giovanna d’Arco”, mettendo in risalto, anche qui, in maniera veramente efficace, il suo sacrificio più che la guerriera che, ventenne, si mise al servizio del karma dell’umanità, conducendo gli eserciti alla vittoria e il Re Carlo all’incoronazione.
Regalando ancora colori, suoni, odori. E tutte narrano di ideali luminosi: della purezza, di cui il cigno ne è simbolo, che viene dal mare, dall’etere cosmico:

“Mentre versavi amare lacrime
un bianco cigno venne dal mare […]”
(Il cigno)

Di esseri elementari, che ci sostengono e ci accompagnano nel nostro percorso sulla Terra, invisibili e di solito ignorati, ma che vengono riabilitati alla nostra percezione: sia in “L’unicorno”, in cui abbiamo l’immagine della fonte della Vita e degli spiriti del bosco ridestati dal canto delle driadi, ed ancora:

“Esseri fatati
ti accompagnavano,
come in un sogno ad occhi aperti […]”
(Serena passeggiavi)

Belle le immagini, molteplici, della Luna, che ci viene presentata come Amante, Sposa, Madre: “Luna nuda” restituisce alla Luna il carattere di femminilità che le appartiene, regalandoci un’immagine sensuale ed inedita; mentre ne “Il canto del Sole e della Luna” la Luna è la compagna del Sole; e la Luna è poi madre eterna e terrena, a cui rivolge una vera e propria Ode. Alla sua cara madre l’autore si rivolge con venerazione ed amore…beato colui che sa riscaldare il cuore di una madre!

“Eterna Madre
che il sole celi dietro il tuo manto,
la mia anima a te si rivolge
intonando questo suo canto.”
(Madre)

Tutte le Poesie si percepiscono parte di un tutto, in cui ognuna suona la sua melodia, in cui tutte insieme suonano un Concerto.
Vanno lette, secondo me, a piccoli sorsi, ascoltate, gustate, meditate.
Non con la testa, ma col cuore.
Ed allora figure storiche, leggendarie, divine, amori terreni ed amori divini, rimpianti, stelle, arcobaleni, draghi, cigni, musica, volteggeranno nella nostra anima, “donando” emozioni:

“A chi sereno
dona amore
non odio”.
(Il dono)

Umbra Perchiazzi


Canti Del Cielo e della Terra Degli Uomini e degli Amori

Possano questi canti
parlare ai cuori


Canti


Taliesin

O Taliesin,
aiutami a cantare
memorie perdute
di storie antiche.
Di quando l’uomo
nello splendore delle stelle
e nell’incanto del cielo
guardava gesta divine.
Di anime umane
che inferno non conoscevano
e giunto l’attimo della morte
verso il sole sereni andavano.
La magia poetica,
svanita nel tempo,
ha lasciato il posto
ad egoica intellettuale cantica.
Che riviva ancora
l’antica arte
che al cuore parlava,
non alla mente.
Accompagnami, se m’è permesso,
alla cerca della vera immaginazione,
lì dove risiede
il tempio di Osiride.


Del Cielo e della Terra


Genesi

“In principio era il Verbo, ed il Verbo
era presso Dio ed il Verbo era Dio”
Gv 1, 1

Silenzio.
Qui,
tutto ebbe inizio.

Uno spazio atempore,
dove nulla nasce,
dove nulla perisce.

Ecco, proprio là,
vedi,
brilla una luce.

La primigenia fonte
intorno alla quale, attenti,
Spiriti ascoltano parole mute.

Guarda, sembrano gioire.
Ora come musicanti
daranno inizio al principio dei tempi.

Il Verbo, un poetico canto.
Parole come scintille
si posano nello spazio, che tu chiami firmamento.

Il cosmo così nacque.
Lo zodiaco, i pianeti
e le stelle tutte.

Lui, al centro, mise un fuoco.
Osserva, tutti gli Spiriti
lì volgono le loro musiche, plasmandolo.

Sembrano tempeste le cornamuse
e brezze estive i flauti,
che muovono i quattro venti.

Ad ogni vibrare
delle corde dei liuti e delle arpe,
s’innalzano le maree delle acque.

Dal fragore dei tamburi
si formano le rocce, ergendosi
in monti alti e maestosi.

La prima alba della terra.
Solo attendeva
d’esser popolata.

D’un tratto la quiete.
Il tutto fermo,
in attesa, immobile.

Nelle zone remote del cosmo,
come case illuminate dal domestico focolare,
alcune stelle, più d’ altre, brillavano.

Partirono da lì,
viaggiando nello sconfinato spazio,
esseri lucenti

che come dei piccoli semi
giunti sulla terra sbocciarono,
diventando nel tempo uomini.


Il Canto del Sole e della Luna

Un fuoco dorato,
che segna il sorgere degli uomini
e lo scorrere del tempo.

Un fiore argentato,
che serba memoria
delle gesta dei Re del passato.

Da sempre percorrono la celeste volta.
Scandendo i giorni l’uno,
scandendo i mesi l’altra.

Dai primi raggi dell’aurora al crepuscolo,
il sole sale e scende nel cielo
dando di sé spettacolo.

Solca i cieli notturni
la luna cambiando il suo apparire,
come i fiori con le stagioni.

Un altalenarsi eterno,
un rincorrersi senza sosta,
tra il buio della notte e la luce del giorno.

Solo di rado, i due astri
si cingono in un dolce abbraccio.
Teneri eterni amanti.

E sulla terra si fa buio,
perché l’atteso e sperato incontro
è segreto all’occhio dell’uomo.


Gloriae

Cantano le lodi e la gloria
del Sole divino
le angeliche schiere,
indicando il sorgere
di un nuovo cammino.


Sophia

Tu che accogli il figlio del Padre,
alta sulla falce di luna,
coronata da stelle argentate.
O Sophia,
fa ch’io possa sperimentare
ciò che un tempo era pura fantasia.


Ares

Scocca la freccia
il guerriero del rosso pianeta.
Sibila il dardo dall’ira infuocato,
che il ventre della terra ferisce.
Sangue in fiumi le valli ricolma,
e l’uomo dalla furia accecato
perisce.


L’arcobaleno

Il fragore d’un temporale estivo,
rinfresca l’aria afosa e tersa.
Assordanti rombi di tuono.
Il cielo squarciato da una saetta.
Forte il maestrale
apre uno spiraglio
tra le dense nubi nere.
Gentili raggi solari irradiano
tra le ultime gocce di pioggia,
mostrando nel cielo
la magia d’un’eterica visione
nei colori dell’arcobaleno.


Luna nuda

Vestita di soffici nuvole
che nascondono
le tue morbide forme,
attendo che via
le porti il vento
per ammirarti nuda
nel tuo candore.


Il canto della strige

Canta la strige
un canto
che preannuncia morte.

Genti impaurite
fuggono via.
Che tocchi a loro la triste sorte?

Ma quel verso,
che riecheggia funereo
nelle buie notti,

è solo la voce d’un magnifico essere
che intona il suo canto
per l’anime che oltrepassano le porte terrene.


La fenice

“L’uccello solitario ha qui la sua dimora,
la sua orgogliosa esistenza; né mai
la morte l’offende sulla ridente pianura
mentre il mondo invecchia.”
“La Fenice” da Il libro di Exeter

Bruciare, per poi rinascere.
Sola attendi il momento
che si compia la tua sorte.

Tu che in solitudine
covi della morte il dolore,
in te vive la resurrezione.

In cenere il tuo corpo consumato
in nuova vita trasmuta,
nobile essere alato.


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