Abbazia di S. Galgano
San di cielo
e di costole umane
e di ventre femmineo
queste navate.
Han del pallore
e del colorito,
dell’astinenza
e del riso,
le vele tra gli archi
spicchiate da flauti di vertebre.
E luci a coni
da alte bifore,
pietre in ricami,
unghiature di mani
che mani
han risolto in fogliame,
l’assaporano
di grazia austera
e silenzio celeste
oltre ogni vissuto.
Oltre.
Alga di vento
Alga di vento
portata dall’onda
che muta dal fondo
in berillo gelato.
Un cristallo scomposto
m’appare da sotto
la massa agitata
del liquido sale
baciato dal sole…
che si vuole stirato
e che il vento l’increspa.
Mi lascio cullare,
assente
al richiamo del fiato,
sospinta alla riva
da forza sinuosa,
che m’abbandona.
Osservo soltanto
con occhio di alga
la luce che filtra
che nutre la vita qua sotto,
in assenza di suono.
Alga divento…
alga di vento.
Aprile innamorato
Di limoni
e gelsomini in fiore
non spegne la festa
questo trascorrer
di nubi
in tuoni cupi.
D’aprile
ultimo giorno.
Aprile.
Nel profumo,
che fu dei tuoi occhi,
si libera
l’eco segreta
di un cuore inchiodato,
verde ancora
dell’unico abbraccio,
crudele, assetante:
croco involuto,
mai schiuso.
Arianna nel labirinto
Polvere e sangue
agitano l’aria ancora.
Ancora si mescolano
al fragore del tonfo
nell’ultimo fiato.
Si ripete l’immagine
rallentata in un’eco
ad ogni palpebra socchiusa.
Un diluvio che insiste,
imperversa,
ha lavato la notte,
ogni pietra,
ogni singola goccia di sangue.
Non era uno solo
Il mostro divino.
Ben più di una volta
in quel labirinto,
ben più di una volta
terra, lagrime e sangue.
Cerchio
Scivolo,
mi lascio cadere
in un letto,
nel fondo più fondo
sprofondo
in un centro lontano
che indietro,
indietro nel tempo
diventa giaciglio,
e nudo nel freddo
sono essere antico:
solo occhi per capire,
solo mani per aiutare gli occhi
e pelle come manto
per servire il sonno
delle gambe stanche
di sudare sentieri
verso se stesse.
Così ancora lontano
trovare una pietra
di grotta
che accolga le membra,
il sonno protegga
e trovare il calore di graffi
a rossi colori
che diventano luce
e sogno
di passi lontani,
lontani ma al centro
d’un seme fecondo,
di cammino sicuro,
così ancora lungo
che porta ad un letto
dove scivolo
mi lascio cadere…
Cielo qualcuno
Pellicole rosse
qualcuno ha disteso
su un indaco
vespero cielo.
Di zucchero filato
bianche matasse
qualcuno ha incantato.
Stasera disfatte
somigliano ad un giuoco
d’incarto da festa
dove un bimbo
ormai stanco
s’è perso
distratto.
Come il Duomo di Milano
Imponente e delicato
ricamo di pazienza secolare.
Nessuna guglia
eguaglia l’altra
e quando un tema
pare un fondamento
e corre l’occhio
a cercar segmenti per l’intero,
lo sguardo s’arricchisce in firmamento
e il vertice raggiunge lo stupore!
Nell’oltre,
ben nascosto,
il ruolo funzionale
di una meccanica,
che spiega,
la mirabile facciata.
Pietra polverosa
di grigie scale,
segrete porte
e marchingegni occulti,
espressa in memorabile magia.
Come un’isola
S’arruffa il mio universo
s’arruffa il mio genio
che pace ricerca
nell’aria inquieta
di vento e di voci.
S’azzuffa
col tempo che voglio sia mio,
con un tempo che ruba
le cose alle cose.
Mi giungi così,
in un filo sonoro
mentre sono alle prese
con lembi di cielo
e scirocco e grecale,
…come un’isola tu.
Con te m’allontano,
mi tuffo in tua voce,
ti sento vicino
e al contempo… non più.
Mi scaldi
con acque gitane… spagnole… isolane…
Mi culli di azzurri incredibili
di terre indicibili…
Trasformi in sorrisi
la lotta col vento,
mi colmi col canto
col sogno,
con l’eco
di voce che scava
in abissi intestini.
Ed ecco mi sento
toccata a distanza.
E se dentro mi guardo
non sono più azzuffi… non più…
Solo il rosa e l’arancio
distesi su fili
di nuvole sciolte
in turchesi di sogno.
Cambiato è il mio intimo cielo,
cambiato è l’arruffo
in quiete e tramonto.
Confine
L’acqua assume
di terra il sapore
e la terra s’aggiunge
al sale del mare.
In questa conquista
continua
l’onda disegna,
incide la terra…
Lì sul confine
si rinnova il creato.
Festa di compleanno
Ti regalo il mio rossetto,
te lo incarto in un pacchetto
di ginestre e fiordalisi
poi ci metto sopra un fiocco
che lo tenga stretto stretto…
Ti regalo… tua sorella,
che hai desiderato.
Ti regalo… il tuo cane,
il pelo, che ha bisogno di essere spazzolato,
quella parte di giardino non curato…
Ti regalo il desiderio
con il quale t’ho voluto,
il sorriso di tuo padre
quando al cielo ti pretese
e il suo orgoglio
ad ogni tuo successo.
Ti regalo la tua casa,
il disordine che c’è,
tutti i libri sempre in giro,
tutti i sogni che contiene,
i segreti antichi e no
e i viaggi di cui è fatta
(è il vento che la abita
e che un po’ t’ha contagiata)
Ti regalo un quadrifoglio…
ti regalo tutto il bene che ti voglio,
ti regalo anche il tormento
di sentirmi insufficiente
per quell’animo inquieto,
esigente
che da me hai ereditato
quasi certamente.
Ti regalo le mie ansie,
la bellezza tutta Ricci
dei tuoi occhi
fermi e neri.
Ti regalo l’ironia
di quel modo tutto tuo
di raccontare.
Ti regalo la tua rabbia
che è la mia.
Ti regalo la tua altezza
che è antica e documentata,
la tenerezza che ti prende
quando a te vicino
compare un bambino.
Ti regalo,
tienilo stretto,
il tuo senso di giustizia.
Ti regalo tutto questo.
Alcuni di questi regali
portali pure via,
altri non potrai
perché vorrò continuare
a regalarteli
per tutta la vita.