Al Sacro eremo di Camaldoli
Se dei semi
Un ronzio d’insetti
che si affannano
urtano
precipitano
sopra i vetri delle finestre
che guardano le cime degli alberi,
molesta la quieta della cella
dentro la quale
lascio passare il tempo.
La solitudine
e il cuore sereno
mi fanno compagnia.
Aspetto se dei semi
spunteranno
dal terreno del silenzio.
Un limpido pensiero
Navigo
in un esteso mare
dove non c‘è
qualcuno
che mi aspetti
da qualche parte.
Un limpido pensiero
illumina la mente
il cuore
percepisce battiti
di altri cuori.
Ciascun essere amato
è interamente presente
dentro l’anima
mentre
dal tempo che si ferma
zampilla una profonda
insondabile attesa.
Sopra questo pianeta
dove niente
attende di essere compiuto
e tutto
scorre liberamente
odo all’improvviso
risuonare
dei cauti passi per le scale
oltre la porta.
Di là dalla finestra
dietro la quale
scruto discendere la notte,
una falce di luna
pende
dai rami del faggio
che svetta contro un cielo
dove si affacciano stelle
risplendenti.
Il soffio della grazia
Dentro un involucro di silenzio
scosso dal vento
mentre un banco di nebbia
discende sopra il bosco
togliendo dalla vista
le cime degli abeti,
attende il soffio della GRAZIA.
Fiocchi di neve radi e candidi
turbinano d’intorno
ornando i ricami
i rami spogli
di betulle e di faggi
che si addentrano
nella nube grigia
alzandosi
dalla nascosta vetta
del monte.
Il sabato
La SPERANZA
ha radici più profonde
che la VITA
da quando
ci hai insegnato
il SABATO
e al di sopra di esso
hai stabilito l’AMORE.
LA TRACCIA
Al di là del sentiero
d’arenaria e di sassi
lungo il quale discende
un rigagnolo limpido,
proprio sotto il crinale
da cui il vento
soffia impetuoso,
si sono ammucchiate le foglie
in strati diseguali.
Dopo quel soffice letto
(dalla parte d’Oriente)
il terreno molle
è segnato dalle impronte
ungulate di un cervo
che discendono verso il Sacro Eremo
attraversando la chiazza di neve
radunata in un valloncello
dove si alzano
radi olmi giganti.
Qual è
la traccia del mio cammino?
In parola
Dei miei peccati
ho perduto il conto
spero soltanto
nel perdono.
TU hai detto:
il MIO sacrificio
è per tutti.
Per i santi
che già hanno il premio
per i malvagi
perché si pentano,
per i deboli
prima che i forti,
per i semplici
prima che i sapienti,
per gli smarriti,
i poveri,
gli afflitti.
Ti prendo in parola.
Un vento
Scrollando i rami dei faggi
un vortice improvviso
attira le ultime foglie
in mulinelli fruscianti.
Oltre lo spoglio
bosco dei cerri
la barriera scura degli abeti
inclina esili cime
sopra fusti solenni.
Il turbine rinforza
con soffio crescente
tutta ne vibra
la montagna.
Quando, SIGNORE,
avvertirò un vento
scuotermi l’anima
dalle fondamenta?
Sacro eremo
Si è placato il vento
alberi stanno immobili
di fronte al velo di luce
che è rimasto
sopra i crinali dei monti
ad Occidente.
M’avvolge
un’armonia di voci
cadenzate e serene.
La preghiera antica
si espande per l’Eremo
sollevando in alto
cuori
assetati d’ETERNO.
La ceppaia
La ceppaia di faggi
è abbarbicata
sopra un dosso spoglio
lambito da due esigui ruscelli
le cui acque chiacchierano
mescolandosi fra loro.
Lungo le brevi
e ripide pareti
s’intrecciano radici
prima d’infiltrarsi
nella terra.
I tronchi
s’alzano verticali
e con esili punte di rami
si dirigono verso il cielo.
Gocce trasparenti
Il monte dove ieri
soffiava la tormenta
è carezzato da un limpido sole
e vestito di candido nevischio.
I tenui ricami
sopra i rami degli alberi
si sciolgono cadendo
in forma di piccole gocce
trasparenti.
Un vento leggero
muove l’aria
fa vibrare le punte
di una selva di faggi
e parla sottovoce
con una schiera d’abeti
screziata di bianco
che svetta dal versante opposto.