IN BILICO
Ho lanciato “In bilico” nel mondo
in mezzo alla grandine
che scheggia finanche fiotti di luna
ampolla di polvere nivea
s’apre dentro la mia siringa, di nuovo,
e poi sul selciato
candido manto bianco
rampa di lancio per missili di pensieri,
non più a un passo da me, già lontani
boomerang che schianta l’etere
ed è dissonanza. Dissolvenza.
E poi assenza. E nell’assenza
viatico è in bilico. Buon viaggio.
Dissidi dell’animo
Concavo, convesso
rotondo, piatto.
Dicotomia di pensiero
mi sorprende svelandomi
facce contrapposte
di una stessa medaglia.
Testa e croce.
Croce e testa.
Da sempre.
Sfumano i pensieri
sul lungolago
approdo sicuro di esistenze al limite
dissidi dell’animo, profondi,
andare, restare
partire. Tornare.
Attori di un dramma
ancora tutto da scrivere
inciampiamo nelle onde
che giungono a riva
sorrisi, improvvisi
e poi acqua dal cielo
e son lacrime
tristi ricordi da allontanare
con indosso la maschera
del tempo felice
che riecheggia nella memoria
e spumeggia nella risacca.
E nell’oscurità della notte
si tinge di luna.
Turbamento cosmico
Scosse dal vento
sono le foglie di un albero,
nel cielo terso,
che ha dimenticato pioggia e tempeste,
illuminato dal sole.
L’albero s’innalza sovrano
in uno spazio di cielo
inondato da luce
trasfigurata, corrente elettrica
stilizzata, spiaccicata sovrana
sulla tela dell’artista contemporaneo.
E disegni di botole, di lacci consunti
di teneri fiori e dolci paesaggi
si schiantano sulla tela, leggera,
che non sopporta il peso
di tanto colore e pennellate
di forte stupore.
Grondano gocce di blu e rosso
i punti sforati della tela
e cadono sui piedi dell’artista
ora più ricco… o fortemente più naif.
Fili elettrici, stilizzate figure d’alluminio
campeggiano (troneggiano)
su estesi manifesti pubblicitari,
signori della città.
Padroni del nostro mondo psichico
in ogni ora del giorno
e s’innescano strani meccanismi
negli animi feriti, scossi.
Turbamento cosmico.
Fra le vie del centro
Visi inespressivi s’aggirano
fra le vie del centro,
persi nelle vetrine
a caccia di saldi.
E d’affari particolari.
Malvolentieri lanciano un’occhiata
ai mendicanti sulla strada.
Non sono mai per i poveri
le caldarroste fumanti.
Tutt’al più indolente trastullo
che riscalda le mani
di chi è in cerca di nuovi balocchi.
Spinta compulsiva all’acquisto
che scarnifica il sé.
E ancor più spesso confonde.
La polvere dei morti
Buche nella terra scava il vento
è tutto un vortice
di terreno e fango, sedimentato.
Volatilizzano, magici.
È la polvere dei morti
che s’alza improvvisa
e raggiunge le mie mani,
si posa sulle nuvole,
s’insinua silenziosa e riverente
in anfratti misteriosi e sconosciuti
noti, forse, alla sola saggezza eterna degli dei.
La polvere dei morti
fa agitare i rami
il foglio sul quale sto scrivendo
s’insinua, subdola, nei miei occhi
generando attrito
fra le pupille e la mucosa delle palpebre.
Ecco, il vento è divenuto più impetuoso
e la polvere dei morti,
in un turbinio più vorticoso,
improvvisa, si spande tutta in cielo,
pezzetti di mondo in una deflagrazione
scompaiono nel nulla, si disintegrano.
Violento terremoto e temporale improvviso.
Cielo ad un tratto di gesso scuro, plumbeo.
Isolati gabbiani, spauriti, ancora
sorvolano il mondo.
So che il mondo ha ancora tanti colori
E mi ritrovo qui
su un pavimento freddo,
di una casa che non è mia,
a raccogliere cocci di vissuto,
tra poco nemmeno quelli.
Lacrime di dolore questa sera
piovono a terra
e lo straccio non ce la fa
a raccogliere acqua, lacrime.
E pensieri improvvisi
che cadono nelle lacrime.
Vorrebbero ancora disegnare
geometrie d’arabeschi
e andare lontano, a briglie sciolte.
Immaginare verdi praterie
che ora vedo solo in arazzi, spenti
intrisi di polvere e mangiati dal tempo.
So che il mondo ha ancora tanti colori.
Libera
Correvo libera
nei campi di grano.
Andavo verso la luce
nella casa del cielo,
che era il tetto
di tutte le case in terra.
Le spighe si aprivano immense
e risplendevano i chicchi
sotto il sole cocente
e abbagliante di luglio.
Mietitura? Raccolto?
Grano da portare al mercato?
Corro libera
nei campi di grano
digradanti verso il mare.
Superbe conchiglie, come d’incanto,
vanno in mezzo alle spighe.
E come le spighe odorano di terra.
È il loro nuovo regno.
Prima della prossima glaciazione.
Correrò libera.
Elefante azzurrognolo
In una coppa di luce che rotola sull’asfalto
bagnato di pioggia precipitano
sorrisi e sguardi.
E baci.
Si rincorrono sulle rotaie
insieme a parole mai dette.
O dette a metà.
Frenate improvvise
arrestano il mondo che giace sui massi.
Inerti.
Archeologia del pensiero,
intrepido attende, confuso, che il pomeriggio passi
e danzi serafico su ciglia di cartapesta
velate di sonno.
E spia il pomeriggio che tarda ad andare
le prime ombre e luci, della sera,
lontane, scivolano fra le dita
ed è acqua fresca di sorgente
che scorre rapida e leviga
foglie di vento finite nel fiume.
Attonito, nastro d’inchiostro,
sorvolato da allodole, canta un inno alla notte.
Elefante azzurrognolo, appena dopo il crepuscolo,
avanza, lento.
In un pantano di nero di seppia.
[continua]