IL MESTIERE DI VIVERE
Così raro è il tempo dell’Eterno,
oppressi dal mestiere di vivere
ci curiamo di conservare
il presente,
paventando un futuro
troppo incerto,
eppure un tempo, nell’anima
si celava un firmamento
e i sentimenti si plasmavano
come molle creta,
ora come cani da usta
fiutiamo ciò che permette
di non vacillare,
inseguiamo il risparmio,
unica meschina bandiera.
L’homo oeconomicus
ha smarrito la strada,
procede a tentoni
fra spettrali inquietudini,
immemore di possedere
una scintilla divina.
IL SENS0 DELLA VITA
Il senso della vita
è un tenero germoglio
da curare,
a volte appare luminoso
come un’intuizione felice,
a volte nubi minacciose
lo oscurano,
allora si va lentamente
alla deriva, con le vele stremate
il cuore diventato muto,
mute anche le stelle.
Siamo qui per trovare direzione
altrimenti, come edere impazzite,
ci aggrappiamo all’inutile vuoto.
FUNAMBOLI
In quest’autunno
la città è in uniforme grigia
e il livido del cielo
è fin troppo accessibile,
l’asfalto è una palude
di pozzanghere
e le case, una disarmonia
di intonaci corrosi.
Mi opprimono
i corpi gravati
dai pesi quotidiani,
da lontananze imposte,
il grigiore dei volti,
consumati dall’abitudine,
dove lo sforzo di vivere
disegna smorfie strane,
gli sguardi, spenti
di ogni desiderio.
Solo un timido fuoco
accenna a resistere,
la ricerca di un senso
al viaggio dei pellegrini,
al filo della vita,
che le ferite non
hanno mai spezzato,
siamo funamboli
sopra l’abisso della disperazione
o forse della rinascita.
FINESTRE CHIUSE
Vedo trascinarsi il mio cuore
per la casa
su gambe malferme,
fra livide pareti
e muri che trasudano ricordi,
forza non ho
per spalancare le finestre,
cacciare i neri corvi,
che di notte abitano il mio corpo
e lasciar entrare la vita,
con la furia di un cavallo selvaggio
e la voce squillante di un bambino,
si arrende invece il sole
ai vetri grigi di polvere
e, senza linfa vitale,
anch’io sbiadisco
e perdo consistenza.
MATTINO D’INVERNO
Cuore freddo, pensieri gelati,
finestra sul giardino d’inverno,
una rosa tardiva sullo stelo esile,
viva come il cuore di un pettirosso,
scalda la mia giornata.
FUNEBRE POLKA
Troppe bocche voraci
hanno svuotato gli occhi della gente,
pallidi come gusci di ostrica,
senza tracce di sole.
La pelle avvizzita
aderisce arida al corpo,
grucce sbiadite
trasportano simulacri di vita,
imbellettati senza pudore
per la festa
che non verrà.
E’ che si è perso molto
anche il buon profumo di casa,
l’odore sano di sé.
Tra parole svuotate e rituali danzati
col passo di una funebre polka,
si va estranei a sé stessi
in un viaggio insensato,
senza partenza né arrivo.
GIORNI INCERTI
Viviamo in un tempo
di paure,
che soffocano il cuore
in un groviglio di serpi
Procediamo cauti,
incapaci di spremere
il succoso frutto dei giorni
Si accumulano nubi
all’orizzonte
e sorrisi sempre più incerti
rischiarano esistenze
consunte
L’aria è greve,
di una torbida calma
apparente,
come prima dell’uragano
Senza più nulla chiederci
ci guardiamo senza vederci,
gli sguardi opachi, rassegnati
dei vitelli che attendono
il macello
DI NUOVO
Stavo diventando uno stagno
immobile, rassegnata
a giorni sempre uguali,
senza slanci né palpiti,
ma ho visto i fragili petali
degli ireos
fremere alla brezza.
Giacevo sotto la cappa
dello smog cittadino,
privata anche del cielo,
ma improvviso s’è aperto
uno squarcio di azzurro,
così puro,
da fare del mio cuore
un aquilone.
Non avevo più musica,
solo il brusio delle frequenze radio,
il rombo delle auto,
le intermittenze, i tonfi, i sussulti,
ma oggi, sul ramo più quieto
dell’albero, un usignolo,
solo per me, ha cantato.
IL VIAGGIO
Navigo tra relitti abbandonati,
parti di me e degli altri,
il mare è un lago d’inchiostro
senza vita
Dal viaggio non traggo
alcun piacere,
l’unica musica è il tonfo
cadenzato dei remi
Risuonano nell’aria
incomprensibili parole,
livide minacce di temporali
Ignota è la destinazione,
scarse le provviste,
il marinaio guarda fisso
nel vuoto,
anche la luna
si è celata allo sguardo
Nel fondo dell’abisso,
dove non filtra luce,
i pirati hanno sepolto
il tesoro, inutile cercarlo
Eppure andiamo
senza bandiera,
con le vele ammainate,
non c’è un alito di vento,
solo la cieca forza
della perseveranza,
perché anche
l’immaginazione è cieca
Sull’acqua lividi bagliori,
come lame d’acciaio,
segnalano la sinistra
compagnia degli squali
All’orizzonte cielo e terra
si fondono in un lungo
abbraccio di morte
Sommersi dai ricordi,
senza nemmeno
un pallido futuro,
disperati continuiamo
a mantenere la rotta
ACHERONTE
Siamo sulle rive dell’Acheronte,
come se dovessimo traghettare,
invece sostiamo tra i vapori dell’inferno
arrabattandoci a vivere.
Ciò che più pesa è non vedere luce
e intorno a noi facce ingrugnate
e maschere ingessate dai ruoli,
potrebbero cadere
e mostrare un vuoto insopportabile.
Ci specchiamo negli altri, senza consolarci,
cerchiamo compagni di un viaggio disperato,
simile ad un’attesa senza fine,
anche gli abiti sono stracci,
di lusso magari, ma stracci.
Vorremmo pregare
non importa chi, qualcuno
che si prenda cura di noi e delle pene.
Vorremmo sciogliere la lingua
raggrumata in frasi consuete,
gelide, senza canto
e tirar fuori i desideri
che dormono nel fondo dei calzini,
vorremmo che qualcuno
scoprisse la nostra umanità
e la traghettasse ben oltre l’Ade
nel campo degli asfodeli,
dove tutto, anche il profumo dei fiori
è luce eterna.
NOTTI DI LUNA
Ancora qui a chiedermi
chi sono!
E’ crollato il castello delle fiabe
e dentro un vortice oscuro
sparisce ogni certezza.
Dentro di me
ospito molte anime,
ma più di tutto temo la miseria,
che trasforma la vita
in una lotta fra bestie.
Sono tornata un lupo solitario
che spia il mondo
dietro le sue macerie
e teme il suo destino,
ma nelle notti di luna
sogno che una ruvida mano
mi strappi dal cuore la tristezza
e torni quello sguardo innocente,
che ad ogni alba
si stupiva d’esistere.
LA PAZIENZA
L’aria è satura di pesanti attese,
che ne sarà della terra
e delle sue ricchezze
che l’uomo ha sperperato?
Degli alberi che ignari
si agitano nel vento,
del mare che incurante
non smette di lambire
le spiagge
e della pioggia che torna
a rinfrescare le gole arse
da infiniti desideri?
Nulla è paziente come la vita,
nulla così naturalmente ostinato,
il bagliore di una semplice favilla
riaccende il fuoco
che si credeva spento.
[Continua]