Notturna tropicale
Mare incantato… senza “i balena“…
troppo il caldo, poco il vento…
per compagna… luna piena…
questa notte… io ci tento.
La “notturna” fu l’accordo,
ma fu verso l’imbrunire,
che qualcuno divenne “sordo”
per “paura di morire”.
D’inchiostro nero l’acqua pareva
e di piccole luci il mare brillava,
il faro potente… luce spandeva,
ma c’era qualcosa che mi spaventava.
Spade di luce sul corallo dormiente,
paura del mostro a volte azzannante,
che volentieri mangia la gente
e che ci mette un solo istante…
dormi o chirurgo nella scogliera,
dentro l’anfratto al riparo dall’onda,
colori assopiti… maschera nera,
lama tagliente… forma rotonda.
Tempo scaduto, bisogna salire
verso il battello che galleggia nel mare,
lasciamo i coralli ancora dormire…
questa notturna… è da ricordare.
Vedove tristi
Occhi velati del pianto sommesso…
Bagnato il guanciale già al canto del gallo,
alla vedova triste lui aveva promesso:
“è l’ultima volta che rubo il corallo”.
Di vil metallo la sonante moneta…
per tanto sudore e molteplici affanni,
ma nobile il fine… “la chiesa completa
per tanti fedeli al Santo Giovanni”.
Cesti calati laggiù nell’abisso,
colmati dai rami di rosso corallo,
forse Nettuno “non l’aveva concesso“…
e i corallini “caddero in fallo”.
Mare padrone, scoglio francese,
vele spezzate dalla tempesta…
il mare, beffardo, “troppe vite si prese”
e là i pescecani “fecero festa!”
fu forse realtà, fu forse leggenda
di chi si è perso nella tempesta;
vive nei cuori questa vicenda
e tanta tristezza è quel che ci resta.
I Corallini di Cervo
Tempio solenne… sul mar dominante…
eretto qui… col denaro “sonante”
del rosso corallo… sul fondo pescato…
infausta tragedia… tristissimo “il fato”.
Salparono un dì con le… vele al vento…
pianto di donne… infinito il tormento;
vedove tristi e la gente “mesta”,
guarda lontano… all’isola “franca”
almeno adesso…
in chiesa “si canta”
La Liona racconta
Io sono un fiume… io son la Liona,
io son colui… che non perdona.
Mio vero padre è Zovencedo
e a nessun’altra tesi… “cedo”,
e dove il Gazzo… “m’entra nel fianco”,
divento grosso… e poi “m’infango“…
Le dolci figlie… mie gocce d’acqua,
sono il mio sangue… che qui “s’annacqua”.
Son come lacrime salate…
per “certe cose“… forse scordate.
Non animali… solo brucanti…
ma bestie nere… “orripilanti”,
nella dimora del Signore…
han sparso sangue… e anche terrore.
Han sparso il sangue degli innocenti…
dei nostri figli… di “nostre genti”.
Erano solo… sette ragazzi…
uccisi… ad opera di “pazzi”,
Comandava la squadraccia…
uomo infame… che la faccia…
nascondeva, gran maiale,
proprio nel… confessionale.
Le membra umane dilaniate,
il rosso sangue… mani stampate…
sul bianco muro… della chiesetta
che fu d’allora… “maledetta”
Scorre il tempo e come l’acqua…
i ricordi un poco “annacqua”,
ma quando il sol va giù a morire
suon di campana… ci vuol dire…
che non si può… dimenticare…
le sette vite… “le sette bare“…
che si sono spente a Pederiva.
Questo ricordo… ancora viva,
sia nei cuor che nella mente…
di chi vive… “giustamente”
44… otto di giugno…
gran dolore… “come un pugno”:
45… il due di maggio
e a Lonigo scese il “raggio“…
“nella piazza Garibaldi“…
di mattin… “non troppo tardi“…
al gran giudice Bettini,
furono tutti… “assai vicini”.
Si sentenziò la giusta sorte…
dell’assassinio… e fu sì forte…
grande festa e acclamazione
… era la… liberazione!
Sospiri su ponte
In duplice via permettevi il passaggio,
al condannato che andava alle “nove”,
ancora una volta consenti l’assaggio
dell’ultima aria… poche le prove,
sarà nel conclave
che ti giudicheranno
cercan la paglia… ma non vedono il “trave”
e questo giudizio sarà un misero inganno.
La trama oscura e tutta la corte
d’inquisitori che decideranno
che ancora stavolta vinca la morte…
oh crudelissimo ponte d’affanno.
A Edda
Edda dolce fanciulla bionda,
il tuo ricordo… “ancora inonda”...
l’angolo triste del mio cuore
di quel che fu… “giovane amore”.
“Più nessun altro io voglio amare”...
se non potrò... “Piero sposare”.
Forse vollero… dal cielo…
accontentarti… e “scese il velo”...
della morte sul tuo viso,
velocemente… “all’improvviso”.
Vecchia tomba… “io ritornai”...
e la tua foto… non ritrovai.
Una vocina: ... “da breve data”...
non è più qui… “l’hanno spostata”...
Colavan lacrime sul viso…
ma ritrovai… “il tuo sorriso”
il tuo visino… “in bianco e nero”
ha ispirato… “il mio pensiero”...
la nera morte… sì ... “t’ha ucciso”...
ma vivi ancora…
“in paradiso”
Russia: la ritirata!
Bianche, gelate le distese
e dalle file… “sol mani tese”,
mancava il cibo… mancava il bere,
in terra berretti… e penne nere…
era di ghiaccio il paesaggio…
dal vincitor un sol messaggio:
“la prigionia… oppur la steppa!”
eran soldati, non eran “teppa”.
Giovanni… e dieci bersaglieri,
ancora forti… uomini veri…
una sola slitta… nella tormenta…
verso la steppa… sù dai… si tenta…
Gelo che taglia anche la faccia
senza fucil… senza borraccia…
la fame… mordeva… “le budella”...
forse era meglio… star “nella cella”.
Cammina forte… non ti fermare
e non ti devi… addormentare.
Se tu ti fossi… “addormentato”...
eri già morto… “assiderato”.
La barba lunga… la barba dura…
Toccava man… “era puntura”.
Vuota la pancia… per “riempire”...
mangiavi terra… “a non finire”.
Giorni e poi… giorni a camminare,
solo tabacco… come “mangiare”.
Delineata ormai la sorte…
avrebbe vinto… infin la morte.
La slitta ferma… un solo uomo…
che nella neve… “andava prono”.
Era Giovanni, il bersagliere…
che da due giorni… “senza bere”
vide lontano… “come miraggio”
un lume fioco… che come un raggio…
illuminava… un fabbricato,
alla cui porta… ha poi bussato.
Spalanca l’uscio il contadino…
e con il viso venne “vicino”
a questo… giovane soldato…
stracciato, stanco e … “congelato”.
Parlava russo il contadino…
ed il soldato… a capo chino…
non rispondeva… bocca tappata…
mascella dura… era bloccata!
Allora a gesti… fece capire…
che eran dieci… fuori a morire.
Si torna indietro… s’odea nel vento…
un solo flebile lamento…
e fu così... che i contadini…
salvaron dieci “soldatini”.
Questo racconto “vissuto e vero”...
và raccontato…
“al mondo intero”.
Sepoltura di papà
Primo sabato del mese,
era febbraio… che così rese…
omaggi anche… dal forte vento…
e dai parenti… “più di cento”.
Noi lo vestimmo… “con gran zelo”,
il viso suo… era di gelo.
Non è lontana… come data
è ancor viva… ma un po’ “sfocata”...
sfocata… come pennellata…
un po’ leggera, un po’ “sfumata”.
Ma non tutto quanto… sfuma,
me ne ricordo… intensa… “una”...
sferzava il vento… “qual generale”
che omaggiava… “il caporale”,
il forte vento… tagliava i visi…
noi eravamo… “anche divisi”.
Io sottobraccio ad uno zio,
un po’ più in là... “Giovanni mio”,
divisi solo da due passi,
ma uniti e forti… “come sassi”,
però un po’... fragili nel cuore”...
per il crudele…
gran dolore
Squali!
Predatori senza eguali…
aggressivi… sono squali!
All’incontro… la prima volta
la mente resta… un po’ “sconvolta”.
Di due cose non puoi… far senza…
è il rispetto… è la prudenza.
Se gli offri… da mangiare,
vai sicuro… non “tremare”.
Occhio da morto… bocca aperta…
se lo imbocchi… “stai all’erta”.
Quando il pesce… è ormai finito,
lui ritorna… sul tuo sito…
guarda… trema… vuol mangiare…
è frenesia alimentare!
è frenesia… pericolosa,
può azzannar qualunque cosa.
Il nutrice puoi carezzare…
dolcemente… in fondo al mare.
Pinna nera… pinna bianca…
di giocare… mai “si stanca”.
Tigre… bianco!... “pericolosi”...
di umana carne… un po’ golosi…
è comunque… legge “suprema”
del marin… ecosistema.
Onda lunga
Notte d’estate e luna tonda…
vento rabbioso… con lunga onda…
quattro uomini… sul ponte…
lontan la costa… “lontano il monte”.
Forte la mano… sul timone,
il viso giallo… come un limone.
Un compagno… “stringeva i denti”...
timonava… “tra gli stenti”.
Prima si sale… poi si scende…
monta l’onda… ecco… “si stende”...
la sua forza è ... sovrumana…
la fatica è ... “quasi vana”.
Il segreto… è “cavalcare”...
come a terra… “ma sul mare”.
Con il cambio… a me il comando…
forte l’ansia… fino a quando…
ho capito che ci riuscivo…
e ne uscivo… “ancora vivo”.
Mare
Mare, dolce… forte ed imponente
di fronte a te… “sono impotente”...
tu accarezzi e a volte “uccidi”...
figli tuoi… ed anche i “fidi”
fidi che con… le loro barche
del lor mestier… han “fatto arte”...
che per potere… “il dì mangiare”...
passan la notte… con te “a pescare”.
Mare non copri… ancora tutto…
non hai così... “ancor distrutto”...
Terre, case e i nostri monti,
che un bel dì... saranno “ponti”
per poter “ricostruire”...
ciò che hai coperto… col tuo “salire”.
Per adesso ti studiamo…
nel tuo profondo… “ci immergiamo”,
per cercare di capire…
quel che domani…
può avvenire.
Cresta bianca
Già si vede… da lontano…
invano forzi… con la mano…
l’onda dalla cresta bianca,
il corpo soffre, ancora arranca…
non è questo “un bel nuotare”,
puoi rischiare di “affogare”.
La risacca è molto forte…
può portarti… anche la morte.
Volta le spalle all’orizzonte…
guarda lontano… “verso il monte”...
verso terra devi nuotare…
nessuno scherza… con il mare.
Ricordi d’infanzia
Son ricordi assai lontani,
si mangiavano… “coi pani”,
tanti gustosi “pesciolini”...
che conditi… con i vini…
eran… “sì io ci scommetto”...
per gli zii… “un gran banchetto”.
In riva al fiume… io pescavo,
con la canna… “come l’avo”,
che agli albori della vita…
già forgiava… con le dita…
gancio… amo… “non solo quello”...
per il pesce… “era un tranello”.
Poi… ometti… “non ancor nati”,
scalzi, allegri… spensierati…
fumavano… “in mezzo al sorgo”...
se ci penso… “io risorgo”...
il profumato… buon tabacco…
conservato… “dentro un sacco”.
Dalla vecchia… nostra cascina…
polverosa… una stradina
dipartiva in retta via…
c‘è ancor… “ma tuttavia”...
non rivivo sensazioni
e neppure… “sento i suoni”...
del mio piede nudo e il “calco”
... sembra proprio… borotalco…