Cercando nel fiume...

di

Pietro De Rose


Pietro De Rose - Cercando nel fiume...
Collana "I Gigli" - I libri di Poesia
14x20,5 - pp. 52 - Euro 8,00
ISBN 88-8356-722-6

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Prefazione di Gianluca Veltri

“LA PATRIA DI UN UOMO CHE PUÒ SCEGLIERE
È LÀ DOVE ARRIVANO LE NUBI PIÙ VASTE”
André Malraux

Pietro De Rose è un uomo sereno.
Un curioso tranquillo, instancabile, il cui candore va di pari passo con una saggezza mai esibita e mai sazia. Sembrano coniati apposta per lui, i versi bellissimi della poesia Itaca di Costantinos Kavafis:

“Devi augurarti che la strada sia lunga.
Che i mattini di estate siano tanti
quando nei porti – finalmente, e con che gioia – toccherai terra tu per la prima volta:
negli empori fenici indugia e acquista madreperle
coralli e ambre
tutta merce fina, anche profumi
penetranti d’ogni sorta, più profumi inebranti che puoi,
va’ in molte città egizie / impara una quantità di cose dai dotti.
Sempre devi avere in mente Itaca / raggiungerla sia
il pensiero costante.
Soprattutto non affrettare il viaggio; / fa’ che duri a lungo,
per anni…”.

Da sempre Pietro si interroga sulla finitezza del nostro orizzonte, senza che questo lo abbia mai indotto a darsi risposte certe. Semmai, a regalarsi altre domande, ad alimentarsi di interrogativi nuovi. Lo ha fatto, Pietro, e continua a farlo, sposando – nella finitezza – la frastornante ricchezza della tastiera umana: la psicoterapia, l’antropologia, la filosofia, i rimedi orientali, la poesia. Lo studio e l’amore, cura e sapienza. Senza mai sconfinare in una deriva schizoide, anzi arricchendo gli uni saperi con gli altri, stabilendo collegamenti, arrotondando gli spigoli e facendo abbracciare gli opposti.
Sicché Pietro è uno psicologo che cura anche con il balsamo della poesia; e un poeta i cui versi sono percorsi dal mercuriale movimento dell’antropologo esistenziale e del sophianalista. Tanta ricerca dell’armonia, in Pietro De Rose, è testimoniata dal ricorrere frequente, nelle sue liriche, anche in quelle che troverete in questo volume, di metafore musicali. C‘è una musica costante dentro ognuno di noi, sembra voler rammentarci il poeta calabrese, al pari del romanziere indiano Vikram Seth: il concerto a due; l’accordo di tre note che fa vibrare il petto; la voce per modulare il canto verso il cielo; il fiume che canta; il fiume con il suo peso di armonie e dissonanze.
Ecco il fiume, un’immagine molto cara al nostro poeta. Non a caso Cercando nel fiume è il titolo scelto da Pietro De Rose per questa silloge lirica che vi accingete a leggere. Il fiume interno e il fiume esterno. Il fiume interno: il destino interiore, alimentato dalle scelte profonde, dai desideri, dalle passioni, dai sogni nutriti “con gentile tenacia e con amore”; il fiume esterno, quel che Machiavelli definiva la realtà effettuale, degli accadimenti, della cronaca che incessante accompagna e influenza la vita di ciascuno. Anche eventi distanti, come il terremoto di S. Giuliano di Puglia. Ai bambini morti in quel sisma sono dedicati alcuni dei versi più luminosi e commoventi: “[...] atomi profumati di fresca rugiada / lasciate cadere / talvolta / una goccia d’innocenza / su questa terra arida”.
De Rose immagina questi due fiumi – quello interno e quello esterno – che scorrono senza conoscersi, ma parlandosi attraverso noi; noi, cui spetta di armonizzare le realtà molteplici e configgenti. Fiumi – esterni, sì, ma interiorizzati – sono per Pietro quelli che attraversano Cosenza: il Crati e il Busento. Cosenza è la patria di Pietro De Rose. Città fluviale, città amata più che mai: “Sono nato là dove il clamore tace / e la città dirada / lasciando spazio al verde / delle campagne attorno al fiume Crati”, scrive il poeta nella sua dedica A Cosenza. Città adorata e però, proprio recentemente, lasciata, al di là dell’ultimo ponte, “Cosenza amata / lontana quanto basta per sentirsi / esuli / a un passo dalla tua terra”. Nella sua casa rendese Pietro ha un piccolo giardino, nel quale ha piantato alberelli e fiori.
Dunque De Rose poeta e pensatore cosentino, di Cosenza Vecchia. È un padre che sa parlarvi in maniera del tutto convincente di argomenti molto moderni, in bocca a lui straordinariamente credibili. È bello e insolito, che un signore nato… tanti anni fa in via Casali ti sappia incantare mentre ti spiega la necessità che i chakra rimangano sgombri – “quando si otturano i chakra non entra più energia pulita e ci si può ammalare”.
L’obiettivo di Pietro è un’armonia tra l’anima e il corpo, senza dover mai più stilare una classifica tra le due entità e considerare l’una vassalla dell’altro, o viceversa. Insieme, il fiume interno e il fiume esterno.
Insieme, nell’alone dei ricordi e dei sentimenti, ci sono corpo e anima. E quell’alone è quel che resta, la poesia, come il vento che porta un canto.
Poesia ch‘è figlia di una gioia e d’un dolore, insieme.

LASCIATE QUINDI CHE I FIORI SBOCCINO NEL MIO GIARDINO ANCHE SE NON È IL
LORO TEMPO; LASCIATE CHE LE API NEL
MERIGGIO LEVINO IL LORO RONZIO”
Rabindranath Tagore


Cercando nel fiume...


A Maria, Emilia, e Lella


Come fiume che canta

Lascia che il tempo imbianchi come neve
il capo il petto il mento ormai rugoso
ogni piccolo solco una caduta
un’emozione
che scava una ferita
sulla docile pelle che si piega.

Lascia che il tempo scorra…
Anche la vita scivola via

come fiume che canta
la sua canzone senza fine,
l’amore la gente la città che sbuffa
le lacrime i sorrisi le speranze…

...E fino a quando un accordo di tre note

farà vibrare un punto
in mezzo al petto
senza rimpianti potrai dire
ancora…
...Lascia che il tempo imbianchi come neve…


Fuori dalla simbiosi

...Ricordi di un concerto a due

finito nella pattumiera dei giorni andati
alla inconscia ricerca
d’una prigione calda.

Si dirada lenta la nebbia
stagnante su scenari di cartapesta…
T’accorgi che le mura della tua prigione
sono alfine macerie.

Ormai fuori dalla simbiosi
non più servo umiliato
scopri che sei libero di urlare
o d’ascoltare
il tuo silenzio.


Adieu

Un addio
preparato nel silenzio,
premeditato come la vendetta
ha conficcato un gelido sgomento
nel mio corpo.

Un refrain
senza musica
da quel giorno accompagna i miei passi
intrisi di solitudine
desiderio e rabbia.


Anima

Per te ho dischiuso le porte
della mia anima
togliendo il velo
ai segreti nascosti ad altri.

Custodisci
i miei sogni, ti prego,
come perle nel fondo del mare.

Sii discreta
nel varcare la soglia di quest’anima.
Immagina d’essere in una immensità

fragile

come il silenzio.


Il fiume dentro

...E il fiume intraprese il cammino
colorando di rosa e d’azzurro
ogni parte di noi
quando la prima scintilla di luce
accese questa nostra vita.

Pulsa da allora
ogni piccola cellula viva
lambita dal fiume che scorre
silenzioso
col suo peso di armonie e dissonanze
raccolte lungo la via.

Il fiume preme
preme sul cuore che ascolta
per fermare i ricordi
e creare il suo canto che resta
testimone del tempo vissuto
tra palpiti e quiete.


A Cosenza

Sono nato là dove il clamore tace
e la città dirada
lasciando spazio al verde
delle campagne attorno al fiume Crati.

La maestosità del castello degli svevi,
primi invasori,
domina tutto:
l’ara dei Bandiera martiri inermi
e il confluente sonoro Busento
abile nascondiglio del bottino
di re Alarico.

Ricca di sole, di storia
e antica nobiltà,
Telesio oggi ti guarda con bronzea fierezza

Cosenza amata

aria di gente forte e dignitosa
alla ricerca dell’anima vera

protesa a ricreare

presente e avvenire.


Nel fiume

La gara, nostro pane quotidiano,
è passare di là
sull’altra sponda.
Chi primo arriva sarà il vincitore
Senza altro premio se non la pura gioia
d’essere primo e forte in quel momento.
......................................................

Altri fiumi altre acque
ho attraversato.
E nel volgere dell’impietoso tempo
ho ingoiato bocconi dolci e amari.

Nella grande ribalta della vita
ho vinto e ho perso tante tante corse.
Il viso contro il vento
quasi sempre.
Sentirsi vivi non è forse questo?


  • I miei vent’anni**

Fiumi senz’argini
spine senza rose
sogni colorati
soltanto sogni
abbracci andati a vuoto
canti sommessi e urla
scagliati verso cieli lontani
indifferenti e muti.

Felicità rubata
nelle notti estive
e giorni senza storia
e il procedere ansioso
verso i “quieti canali
della normalità”.


Mare Tirreno

Per sentieri scoscesi
discendevamo verso la marina
sulle spalle un bagaglio frettoloso…
D’improvviso il grido dei compagni
a lungo trattenuto: – Il mare!
Il mareeeh!

Un’onda d’emozione
azzurra
mi sommerse
nel chiarore dell’alba estiva
mentre rapito
abbracciavo il tutto.

Gli occhi inondati di meraviglia e di bellezza
s’inumidirono.
Immaginavo
i miei sogni navigare sul Tirreno profondo
e approdare verso rive assolate
amorevolmente accolti.


Totò

Ridendo forse si piangeva, le mani sulla pancia,
per le tue verità sbattute in faccia – con beffardo sarcasmo e comica ironia – a tutti noi, ohibò, pezzenti e gente-bene,
spaparanzati là davanti a te
comicissimo Principe – poeta…

Principe sì.
Con quanto amore ho abbracciato mille volte
quella tua faccia
da mimo “scompisciato” e triste
faccia da gran signore e umile terrone
anima grande e nobile
e così tanto mia!

Sei stato il sottofondo d’allegria
della mia giovinezza mai saziata…
Come nobile fosti molto ambito
la tua maschera, adesso… è osannata

L’anime grandi
portano nella vita fardelli assai pesanti
e notti senza fine
e forse senz’amore.


Il fiore

Io e te consumati
da secolari lotte di potere
portiamo nell’anima
e nel cuore
ferite ancora aperte
voragini
da scontri primordiali
e desideri di costruire arcobaleni
e ponti d’amore.

Uno di noi dovrà posare alfine
il fiore della pace
sulla mano dell’altro
senza più vergognarsi
di sorridere
di piangere
di chiedere perdono.


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