|
|
credononcredo - Dialogo sopra alcuni misteri della fede cattolica
di
|
Sandro Fusari - credononcredo - Dialogo sopra alcuni misteri della fede cattolica
Collana "I Salici" - I libri di Narrativa
14x20,5 - pp. 124 - Euro 11,00
ISBN 979-1259510082
Clicca qui per acquistare questo libro
Prefazione
Spesso nelle prefazioni si leggono frasi del tipo: “conosco l’autore da molti decenni” oppure “mi lega all’autore un’amicizia che dura da moltissimi anni”. Per me valgono entrambe le affermazioni, anzi posso specificare che gli anni suddetti sono più o meno quarantacinque.
Con Sandro Fusari abbiamo condiviso alcune fasi della nostra adolescenza, prima, e della maturità, dopo. Dunque, mi sento autorizzato a scrivere della sua opera in piena libertà, pur con il riguardo che si merita pienamente.
La sua opera è sicuramente tanto originale quanto fuori dai canoni tradizionali. Si tratta di un romanzo? Un saggio? Un’opera teatrale, oppure un’autobiografia? Nessuno di questi, eppure un po’ di tutti. I tre personaggi che animano la narrazione dialogano tra di loro come in un cenacolo boccaccesco (in senso letterario, per carità!). Cinque capitoli per cinque argomenti e altrettanti incontri, in tempi e luoghi diversi. Con il progredire delle cinque scene e del serrato confronto intellettuale tra i personaggi emergono con chiarezza e lucidità le teorie e le convinzioni dell’autore.
Forse il maggior pregio di quest’opera è il tentativo di coniugare Fede e Ragione, o meglio, di partire dalla Ragione per arrivare alla Fede. Operazione che, si potrebbe obiettare, è già stata provata da molti autori nell’arco degli ultimi venti secoli. È vero. Tuttavia, l’originalità di Sandro Fusari sta nell’uso quasi esclusivo del dialogo, alla stregua del galileiano Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo, al quale l’autore non fa mistero di essersi ispirato. Ciascuno dei cinque capitoli, ai quali corrispondono i cinque incontri tra i tre personaggi, affronta uno specifico tema della religione cattolica, visto con gli occhi e l’animo dell’ingegnere, del matematico che usa gli strumenti propri della scienza (analisi, logica, deduzione) per sviluppare una visione di alcuni tra i principali assunti del credo cristiano. Una visione che si manifesta con chiarezza al lettore che, a sua volta, potrà essere d’accordo o meno con le tesi proposte, ma sicuramente nulla potrà eccepire sulla profondità morale e sull’integrità intellettuale dell’autore.
Da un punto di vista prettamente letterario, come detto prima, è difficile catalogare questo lavoro in un genere piuttosto che in un altro. L’uso prevalente del dialogo ricorda un testo teatrale che si sviluppa spedito e con leggerezza. Non sarebbe stato così in caso di saggio o di memoria autobiografica. La narrazione è arricchita da pochi ma essenziali cenni all’aspetto dei tre personaggi e alla descrizione dei luoghi. Il lettore è invogliato, dall’incalzare dei dialoghi, ad andare avanti per capire dove porterà il ragionamento che il protagonista suggerisce ai suoi due interlocutori. Ma allora si tratta di una sorta di giallo? Perché no, aggiungiamo anche questo genere letterario agli altri.
A quale target, come si dice oggi, può essere diretta quest’opera? Forse a chi è già di fede cattolica? Ai dubbiosi? Ai non credenti? Ebbene credo che si possa affermare che questo lavoro è diretto a tutti, ma proprio tutti, con una sola condizione: il lettore dovrà avere la stessa onestà intellettuale dell’autore e iniziare la lettura senza pregiudizi. Con questi presupposti egli finirà per manifestare una naturale empatia con il protagonista e sarà pronto per una libera “chiacchierata” con le proprie convinzioni partendo dall’inevitabile domanda: sono d’accordo con l’autore?
Non aggiungerei altro: la migliore conclusione è quella che esprimerà chi legge quando giungerà alla fine del “racconto”, parola debitamente posta tra virgolette.
Auguro a Sandro Fusari le migliori soddisfazioni con la sua opera prima. Spero che, in futuro, prenderà in considerazione la possibilità di creare nuovi incontri dei tre personaggi, per altre discussioni amabili e profonde su temi che non sono soltanto aspetti religiosi, ma che suggeriscono domande che da sempre l’uomo pone a se stesso e agli altri.
Vincenzo Maria Sacco
GSF – Gruppo Scrittori Firenze
Note dell’autore
Ho Iniziato a scrivere questo libro all’età di 55 anni. Da molto tempo mi ero detto: “adesso prendo un quaderno e scrivo”, credo da quando avevo venti anni. Se l’avessi fatto, questo libro sarebbe stato più una sorta di diario, dove le varie riflessioni sarebbero apparse in ordine cronologico e dove, con buona probabilità, quelle più recenti sarebbero apparse evoluzioni di pensieri più lontani, forse anche in contrapposizione con essi.
Adesso questo non è più possibile, le mie riflessioni in certi casi sono già in una fase evolutiva avanzata, anche se, forse, ancora non definitiva.
Se c’è qualcosa di affascinante in tutto questo è che ogni singolo pensiero potrebbe subire, fra qualche tempo, o anche fra un istante, un’evoluzione, piccola o sostanziale, tesa a definire più compiutamente il mio pensiero.
Certe cose è come se apparissero come dei flash, all’improvviso. Mi accorgo, infatti, che mentre scrivo questo libro le conclusioni vengono supportate via via da ulteriori riflessioni.
Fin da ragazzo ho sempre avuto il pallino della matematica. Ricordo che negli anni dell’università ogni tanto passavo il tempo ad inventare problemi ed esercizi sempre più complessi per divertirmi poi a trovarne la soluzione. Questa mia predisposizione sicuramente mi ha aiutato ad applicare la logica un po’ in tutto: mi piace quando le cose “tornano”, quando il cerchio su un determinato problema si chiude, allora provo una grande soddisfazione.
Questo mio libro è scritto con un linguaggio semplice, talvolta con un pizzico di ironia. Desidero stimolare la curiosità e di conseguenza il dialogo su temi che, inevitabilmente e talvolta inconsapevolmente, fanno parte della nostra vita quotidiana.
Quanti interrogativi si pongono alla nostra mente negli anni della nostra esistenza! Sono domande sulla vita, oppure sulla morte, sul nostro futuro, oppure sul nostro passato. Sono dubbi che ci vengono quando leggiamo la Bibbia, quando ascoltiamo le omelie dei sacerdoti, quando parliamo con gli amici. Ci si interroga sul bene, sul male, sul perdono e sulla condanna, sul Paradiso piuttosto che sull’Inferno.
Ci sono cose che mi tornano, altre che non mi tornano, oppure… che potrebbero tornare se fossero spiegate diversamente. Alcune risposte “ufficiali” non mi soddisfano, mi sembrano seguire percorsi talvolta obbligati da un’interpretazione della Sacra Scrittura un po’ troppo letterale. Il libro vuole essere allora una serie di esercizi di logica, tesi a verificare risposte coerenti ai numerosi dubbi che affollano la mente.
Un mio amico, Fabrizio, comprendendo la chiave di lettura che volevo dare al mio pensiero, mi aveva suggerito di intitolare il mio libro “Teo-logica”. Un titolo azzeccato, ma che alla fine non ho adottato perché dà l’idea di un trattato, magari pesante e noioso.
Alcune mie conclusioni potranno sembrare un po’ distanti o in contraddizione con quanto affermato negli insegnamenti tradizionali e ufficiali della Chiesa. E in effetti, da cattolico, mi sono posto tante volte la domanda: “ma sono un eretico? Forse non ho abbastanza fede? Perché non mi riesce di obbedire e basta, credere senza fare domande?”. Ma la mia risposta è sempre la stessa: non ne posso fare a meno, non posso fare a meno di pensare, di trovare una spiegazione alle varie cose, di cercare di arrivare alla verità. Pascal diceva: “Non v’è nulla che indichi una così cattiva disposizione del cuore come il non desiderare la verità delle promesse eterne”.
Riflessioni, che seguono talvolta un pensiero ben definito, altre volte solo un flash.
Proverò ad illustrarle secondo la cronologia con la quale sono apparse nella mia mente, con tutti gli approfondimenti e le evoluzioni che, come dicevo poc’anzi, hanno subito negli anni.
Sono convinto che alcuni fatti riportati nella Bibbia, pur ispirati da Dio sui contenuti e sulle finalità (costituiscono infatti quella che chiamiamo comunemente “Rivelazione”), siano stati scritti in un certo modo in relazione alla cultura e alle convinzioni del periodo storico di riferimento, al fine di renderli più chiari e facilmente comprensibili; talvolta anche per spiegare e giustificare alcune scelte o situazioni e condizioni, forse perché rivolti a uomini ancora non maturi, non pronti, non sufficientemente evoluti. Sono ugualmente convinto che spesso le modalità di narrazione spingevano verso finalità precise, tese principalmente a rassicurare gli uomini, destinatari del messaggio, che Dio stava sempre e comunque dalla loro parte, in pace come in battaglia, nella scelta delle norme comportamentali come in quelle più strettamente religiose.
Non pretendo che tutte le mie deduzioni siano originali, se dovessi dire cose già dibattute, o esprimere concetti appartenenti a correnti di pensiero già definite, meglio, ne sono contento; per me sarà una conferma delle mie deduzioni.
Come ho detto, sono desideroso, anzi voglioso di ricercare la verità, dovrebbe essere la spinta che anima ogni uomo, ogni uomo che, per amore della vita, pensa, ragiona, alla ricerca della spiegazione più plausibile che dia un senso certo alla creazione e alla nostra esistenza su questa terra. Si tratta di cercare di rispondere ad alcune tra le più affascinanti domande che ci accompagnano, costantemente, nel nostro cammino di uomini. Credo che sia un atteggiamento maturo e responsabile.
Ogni capitolo rimanda spesso ad altri capitoli; talvolta le conclusioni di un pensiero riesco a trarle solo dopo aver trattato di altri argomenti. L’invito che rivolgo è dunque di seguire l’intero percorso in modo sequenziale.
Certe volte è un incalzare continuo di domande, quasi uno stordimento, ma il mio desiderio è di sollecitare la curiosità, riuscire a stimolare un dibattito, dentro noi stessi prima ancora che con i nostri cari e i nostri amici, perseguire la “conoscenza” anche attraverso l’uso della logica, pur se applicata in campi dove sembra non possa esistere. Tutto ciò, naturalmente, dal punto di vista di un uomo cattolico quale sono.
Socrate affermava che “l’amore per la conoscenza riecheggia nei nostri cuori e nutre la grandezza dei pensieri”.
Ho infine pensato che potesse essere più piacevole spiegare questi concetti in forma di dialogo, con vantaggi in termini di leggerezza su temi assolutamente non semplici e di possibile immedesimazione in uno dei personaggi, stimolando quindi una partecipazione attiva alla conversazione. Non ultimo, il dialogo si presta anche a lasciare spazi a ulteriori considerazioni e approfondimenti non meno interessanti dell’argomento principale.
Di questa idea devo ringraziare Galileo Galilei, che nel suo “Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo” utilizza questa tecnica letteraria.
Il dialogo si svolge in una bella villa anni ’20 posta su un poggio presso il golfo di Baratti-Populonia, nell’alta Maremma in provincia di Livorno. Nel salotto della torre, piuttosto che all’aperto nei luoghi circostanti, Lorenzo si intrattiene in conversazione con i suoi due amici, Benedetto e Giovanni.
LORENZO: rappresenta l’autore, la logica con la quale si vogliono affrontare i vari quesiti della fede cattolica, il pensiero dinamico, non legato alla tradizione.
BENEDETTO: incarna colui che crede e che non si pone domande. Non riconosce altri argomenti se non quelli a lui noti e riconosciuti dalla dottrina ufficiale.
GIOVANNI: funge da moderatore, all’inizio neutrale, ma essendo di natura curioso, non legato a pregiudizi né al senso comune delle cose, è disposto ad esplorare nuove idee e ad aprirsi a nuove possibili verità.
credononcredo - Dialogo sopra alcuni misteri della fede cattolica
1^ Giornata – Adamo ed Eva
LORENZO: Benedetto, Giovanni, sono felice che abbiate accolto questo mio invito a partecipare a queste giornate di approfondimento su temi della fede cattolica.
Il sole entrava dalle vetrate della torre e disegnava sul pavimento e sui divani strisce di luce geometriche. In lontananza, la rocca di Populonia dominava il golfo di Baratti, mentre un peschereccio rientrava dalla pesca mattutina lasciando una debole scia sul mare argentato. Lorenzo prese il thermos, versò il caffè nelle tazzine bianche di porcellana e le porse agli amici.
LORENZO: Le vostre conoscenze, il vostro desiderio, al pari del mio, di esplorare l’infinito mondo della nostra religione, così affascinante e carico di mistero, mi possono aiutare in questa mia ricerca del senso della nostra vita, in ultima analisi, della verità.
Spero che queste giornate, oltre che piacevoli, siano proficue per tutti noi.
BENEDETTO: Grazie Lorenzo, siamo amici da tanti anni e sono più che sicuro che saranno conversazioni estremamente interessanti e stimolanti.
GIOVANNI: Anch’io ti ringrazio Lorenzo per questo invito. Devo dire che quando mi hai chiamato hai destato in me non poca curiosità. Eccomi qui, pronto ad ascoltarti.
LORENZO: Grazie a voi cari amici, accomodatevi. Lì c’è un piatto di pasticcini, servitevi da soli.
LORENZO: Come ben sapete la materia religiosa mi ha sempre affascinato. Negli anni tante mie convinzioni hanno spesso lasciato il posto a dubbi e tanti dubbi si sono trasformati in certezze; indagini e intuizioni si sono susseguite con l’unico fine di trovare una spiegazione alle numerose controversie, di cercare di arrivare ad una coerenza d’insieme che non necessiti di artifizi né giustificazioni.
Oggi vorrei fare con voi alcune riflessioni sull’origine dell’uomo, partendo dunque da Adamo ed Eva.
BENEDETTO: Come primo argomento mi sembra cronologicamente perfetto.
LORENZO: Sì hai ragione, si tratta in effetti di uno degli argomenti che per primo ha stimolato i miei pensieri, lo voglio utilizzare con due finalità: stimolarvi a ragionare come si fa di solito nei processi matematici, quindi anche “per assurdo”, metodo che utilizzerò spesso per dimostrare le mie convinzioni e perché le conclusioni che ne trarrò ci introdurranno, in modo naturale, al tema della seconda giornata.
GIOVANNI: Dài Lorenzo, non farci attendere oltre, cominci a incuriosirmi.
LORENZO: Bene Giovanni, iniziamo.
Su Adamo ed Eva e sull’esistenza di un luogo sulla Terra dove originariamente sia esistito il Paradiso Terrestre si parla in molte tradizioni religiose.
Nella Genesi viene descritto come un luogo ben preciso, tanto che, nel corso dei secoli, diversi studiosi hanno tentato di identificarlo geograficamente o quantomeno di collocarlo in una zona delimitata, molto spesso individuata tra l’Africa e l’Asia.
GIOVANNI: Secondo le indicazioni bibliche l’Eden si collocherebbe nell’odierna regione della Mesopotamia meridionale.
LORENZO: Esatto. Ma andiamo avanti. Da sempre l’uomo ha cercato di dare una risposta convincente alle classiche domande: da dove veniamo? Dove si dirige la nostra esistenza? Quale sarà il nostro futuro dopo la morte? Pascal si poneva gli stessi interrogativi quando scriveva: “Come non so donde vengo, così non so dove vado; so soltanto che uscendo da questo mondo cado per sempre o nel nulla, o nelle mani di un Dio corrucciato, senza sapere a quale di queste due condizioni dovrò essere per sempre in balia”.
La prima domanda riguarda l’origine del mondo, più in particolare l’origine della vita, l’origine dell’uomo. Grazie a potenti telescopi messi in orbita, vere e proprie macchine del tempo, oggi si cerca di vedere il momento iniziale che ha portato alla nascita dell’universo, il cosiddetto Big Bang; studiando le onde gravitazionali se ne vuole percepire il “mormorio”; all’interno di un acceleratore del diametro di qualche chilometro, realizzato nei laboratori del CERN a Ginevra, si cerca di replicarlo, dando la caccia alla cosiddetta “particella di Dio”, che ha dato massa a tutte le altre. Non li vedo atti di superbia; è la voglia, o il bisogno, che ha l’uomo di scoprire e capire da dove e in che modo nasce il nostro mondo e la vita che lo anima, il mistero della creazione, il fine, ciò che dà significato.
Ognuno di noi conserva in forma spirituale nel proprio cuore e in modo materiale nella propria casa i ricordi delle proprie origini, le cosiddette radici, per le quali prova sentimenti forti di bellezza, di amore, di sicurezza e delle quali, altrimenti, ne è costantemente alla ricerca per raggiungere quel senso di appartenenza di cui sente, talvolta in modo schiacciante, la mancanza.
Conoscere da dove veniamo e dove siamo destinati ad andare ci aiuta forse a scoprire il senso della nostra esistenza, a dare un significato alle nostre sofferenze e quindi a sopportarle meglio.
GIOVANNI: Il tema delle nostre origini ha affascinato sempre anche me. Purtroppo possiamo fare solo ipotesi.
BENEDETTO: Il racconto della Genesi ci può dare la rivelazione che cerchiamo. La scienza, per quanto si sforzi, non riesce a dare una soluzione che prescinda dall’intervento di Dio. Quella famosa particella di cui hai prima accennato, Lorenzo, piuttosto che un mondo già in parte formato e in continua espansione, è la creazione di Dio.
Benedetto, con la sua abituale calma, sorseggiava il suo caffè. Era entrato fin da subito in argomento e aveva voglia di confermare con gli amici le sue convinzioni. Posò la tazzina sul tavolo da fumo di cristallo e, con un gesto naturale, si passò le dita sui suoi baffi bianchi ben curati.
LORENZO: Ciò che dite è tutto corretto, ma il punto che voglio focalizzare con voi è un altro. Seguitemi.
Noi siamo abituati a vedere Adamo ed Eva come li hanno dipinti i vari pittori negli ultimi secoli: due giovani, belli, lui con i riccioli castani, lei con i capelli lunghi e biondi, nudi, raffigurati talvolta nel momento in cui Eva coglie il frutto, oppure mentre scappano inseguiti da un angelo, altre volte beati insieme ad altri animali.
I dati che abbiamo sui primi uomini che hanno abitato la Terra ci mostrano invece un uomo molto simile ad un primate, interamente ricoperto di peli, dall’aspetto scimmiesco e dotato di un’intelligenza e di un linguaggio assai primitivi.
Mi immagino Dio che, nel Paradiso Terrestre, si rivolge con voce ferma, ma pacata, all’uomo ammonendolo: “potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare”, diversamente “dovrai morire”.
Ma a quali creature Dio si rivolge?
GIOVANNI: Cosa intendi Lorenzo?
LORENZO: Se Adamo ed Eva fossero stati davvero come i primi esemplari australopitechi, Dio si sarebbe rivolto a creature profondamente ignoranti e primitive nell’intelletto, incapaci forse di comprendere i suoi avvertimenti in merito allo scegliere tra il bene e il male. Ammonire creature non intelligenti apparirebbe un atto premeditato di crudeltà e questo è assolutamente inverosimile.
Nel Paradiso Terrestre, dunque, Adamo ed Eva erano evoluti, nel corpo e nella mente (forse lo stesso corpo e la stessa mente che riavremo dopo la morte, in Paradiso?). Non si può pensare che fossero privi di viva intelligenza, altrimenti non avrebbero potuto capire il senso delle parole di Dio.
Si deve ammettere quindi che dopo il peccato l’uomo abbia subito una regressione, nel corpo e nella mente. Il peccato lo trascina in una condizione diversa, meno evoluta, costretto a partire da zero.
GIOVANNI: Comincio a capire dove vuoi arrivare. Se non sbaglio, stai dando una possibile spiegazione che possa coniugare l’origine dell’uomo sulla terra con l’uomo creato nel Paradiso Terrestre.
LORENZO: D’altra parte nella Genesi Adamo ed Eva dovevano avere un “corpo” assai diverso da quello che abbiamo noi, in quanto non doveva essere soggetto a sofferenze, quali malattie o ferite di qualunque genere. Egli godeva dell’eternità – nella Genesi si parla infatti dell’albero della vita a cui i nostri avevano accesso – anche se si nutriva di erbe e frutti. Insomma, un “corpo” che è un po’ spirituale e un po’ materiale, è eterno ma ha bisogno di nutrimento, non si ammala o ferisce, anche se cammina sui prati e sul nudo terreno.
Sull’immortalità dei nostri progenitori ne parla anche S. Agostino, che scrive: “Né questa generazione sarebbe morta nei suoi singoli individui se quei due primi […] non l’avessero meritato per la loro disobbedienza”.
BENEDETTO: S. Agostino prosegue affermando che: “Da essi fu commesso un peccato così grave che per sua cagione la natura umana fu mutata in peggio”.
LORENZO: Bravo Benedetto, proprio così! Questo “corpo”, che Adamo ed Eva possedevano, viene perso a causa del peccato. Le parole di Dio sono chiare: “Poiché hai ascoltato la voce di tua moglie […] maledetto il suolo per causa tua! Con dolore ne trarrai il cibo per tutti i giorni della tua vita. […] Con il sudore del tuo volto mangerai il pane, finché non ritornerai alla terra, perché da essa sei stato tratto”.
Il frutto del peccato è per Adamo ed Eva fatica e dolore e anche la terra condivide la stessa punizione: maledetta per colpa dell’uomo, diventa arida e difficile da coltivare. L’uomo, perdendo la sua immortalità – dopo il peccato Dio, temendo che Adamo ed Eva possano stendere la mano sull’albero della vita, pone i Cherubini a guardia del Giardino – regredisce.
Adamo ed Eva si ritrovano a possedere, dopo la caduta, non più il “corpo” che Dio aveva dato loro nel Paradiso Terrestre, ma un corpo fragile, sofferente, simile a quelli, ritrovati, dei nostri avi australopitechi; essi vagano sulla Terra, costretti a lavorare con sudore della fronte e a partorire con dolore.
GIOVANNI: Pensi che questa teoria possa conciliarsi con le conoscenze che abbiamo oggi sull’origine della Terra? E con la Genesi?
Giovanni stava seduto sul divano in punta di piedi. La sua curiosità si stava materializzando via via che Lorenzo parlava. I suoi occhi scuri scrutavano quelli dell’amico in cerca di risposte.
LORENZO: La teoria della regressione potrebbe in effetti conciliare racconto biblico e rilievi scientifici.
La scienza ci spiega dal punto di vista meccanico e chimico come si è sviluppata la vita. Evoluzionismo e creazionismo sono per molti studiosi due spiegazioni, o teorie, mutuamente esclusive. La scienza è convinta che l’uomo primitivo sia all’origine dell’umanità, mentre il racconto biblico pone all’origine Adamo ed Eva. Ma se questi dopo il peccato regrediscono sulla terra, i ritrovamenti fatti di uomini primitivi spiegherebbero un periodo immediatamente successivo alla creazione dell’uomo e quindi compatibile con essa.
BENEDETTO: Lorenzo, la tua teoria è azzardata, ma non mi dispiace, non pone in contraddizione quanto narrato nella Genesi che, ricordiamoci, è rivelato.
GIOVANNI: Non solo, l’idea di Lorenzo che Adamo ed Eva, dopo il peccato, abbiano subito una sorta di regressione nel corpo e nella mente – è difficile pensare che gli uomini davanti a Dio nel Paradiso Terrestre potessero essere simili a dei primati – concilia creazione ed evoluzione, dà una spiegazione ai ritrovamenti fatti dei primi uomini, resti scheletrici molto simili appunto a dei primati e intellettivamente poco dotati.
LORENZO: Non è tutto. Vi siete posti la domanda: ma dopo la regressione, quale diventa il progetto di Dio sull’uomo? Se il progetto di Dio era creare l’uomo affinché potesse stare con Lui nel Paradiso Terrestre, può apparire logico supporre che, se c’è stata a causa del peccato una regressione dell’uomo, possa esistere un cammino di ritorno, magari lungo e travagliato, che ci porti alla condizione originaria.
BENEDETTO: Quello che dici, in merito al rinnovato patto tra Dio e l’uomo, si sposa con quanto leggiamo nella Bibbia. Dopo il peccato di Adamo, Dio rinnova la sua Alleanza con gli uomini, per il tramite del suo popolo eletto: dalla liberazione dalla schiavitù egiziana, al dono della terra promessa, passando attraverso la consegna a Mosè, sul monte Sinai, del decalogo, vincolo reciproco di alleanza tra Dio e la comunità israelitica.
LORENZO: Hai detto giusto Benedetto. La tua presenza in queste conversazioni è fondamentale. Grazie alla tua conoscenza biblica e alla rigorosa adesione all’insegnamento ufficiale puoi dare quel contributo, sempre utile su questi temi, per cercare di conciliare le mie riflessioni con la dottrina… per quanto possibile naturalmente.
BENEDETTO: Grazie Lorenzo. Devo dire tuttavia che, per quanto riguarda il ritorno dell’uomo al Paradiso Terrestre, ho qualche dubbio.
Lorenzo si alzò dal divano, passò un dito nel collo del suo dolcevita blu e guardò fuori dalle vetrate. Sul mare piatto, di colore blu intenso, il vento disegnava macchie di luce, tagliate da due vele strette in bolina. Si girò verso gli amici.
LORENZO: Vediamo allora di chiarire meglio questo concetto. Vi faccio questa domanda: Dio ci ha creato e posto nel Paradiso Terrestre; se non avessimo peccato oggi saremmo ancora lì, oppure no? Nel libro della Genesi non mi appare che tale condizione fosse stata pensata da Dio transitoria, né leggo altri passi o racconti nei quali si affermi più chiaramente che quella dovesse essere una vita di passaggio, per poi accedere ad una condizione di beatitudine diversa. Sono spinto a pensare pertanto che dovesse essere una condizione stabile. Adamo ed Eva potevano disporre dell’albero della vita che, solo dopo il peccato, è stato dato in custodia ai Cherubini per renderlo inaccessibile all’uomo, quindi può avere un senso pensare che si debba tornare a quell’origine, il che implica vedere nel Paradiso Terrestre l’abitazione destinata all’umanità.
GIOVANNI: Continua…
LORENZO: L’uomo, nel corso dei millenni, è progredito in tutto e in misura assai rilevante: nell’aspetto, nell’intelligenza, nelle scoperte scientifiche, nell’arte e nella letteratura, nella filosofia e nella teologia, nella sensibilità verso il mondo naturale, nella ricerca della verità. Ciò che differenzia l’uomo da tutti gli altri animali, che ci rende unici, è proprio questo: si tratta di una differenza qualitativa.
Sappiamo che l’uomo, nella sua evoluzione, ha accresciuto enormemente la massa del suo cervello, ma abbiamo anche scoperto che ne utilizza solo una parte. Quali possibilità, o addirittura, quali “poteri” potrebbe avere l’uomo se utilizzasse tutto il cervello? Cosa riusciremmo a fare? Leggere nel pensiero? Parlare altre lingue? Vedere nell’aldilà? Avvicinarsi più profondamente alla verità? Forse Adamo ed Eva per tenere il rapporto intimo con Dio utilizzavano tutta la massa cerebrale messa a loro disposizione?
L’evoluzione continua dell’uomo mi fa pensare che questo “viaggio di ritorno” sia in atto. Dopo la regressione causata dal peccato ha avuto inizio il faticoso cammino evolutivo di perfezionamento. Nel suo continuo migliorarsi, l’uomo giungerà alla fine all’origine della sua creazione, ovvero nel Paradiso Terrestre.
L’idea di un mondo primo armonioso, di una nicchia di vita felice, di amicizia e di pace universale, l’idea di un Giardino dell’Eden dove siamo nati e dove, alla fine, potremo tornare, nasconde probabilmente il sogno di ciascuno di noi. Questo è il traguardo, il Paradiso, che raggiungeremo con la risurrezione del corpo.
GIOVANNI: Ma con quale corpo?
LORENZO: Il “corpo” che ci aspetta è quello che possedevano Adamo ed Eva, un corpo che esprime efficacemente l’equilibrio tra materiale e spirituale, così come Dio in modo sublime aveva progettato per l’uomo, una creatura che, per questo, si doveva distinguere dalle altre creature solo spirituali o solo materiali e che manifesta la potenza e l’amore straordinario del Creatore.
Se la condizione di Adamo ed Eva nel Paradiso Terrestre fosse stata stabile, il progetto di Dio sull’uomo sarebbe forse finito lì. Il Creato, con tutte le sue cose visibili e invisibili, esisteva e viveva in un’armonia globale e universale.
BENEDETTO: Lorenzo, ti conosco da molto tempo, parli troppo al condizionale. Non mi stupirei se il tuo ragionamento non finisse qui.
LORENZO: Hai ragione. Se la logica mi ha portato a formulare le teorie della regressione e del ritorno, la stessa logica mi porta a cancellare tutto questo in forza di un interrogativo che si affaccia, adesso, sempre più prepotentemente: non è più logico pensare che l’uomo, fin da Adamo ed Eva, abbia sempre abitato questa terra e che il peccato originale non sia mai accaduto? Non è più logico pensare ad un progetto di Dio sull’uomo, unico, concepito fin dall’inizio?
Rileggendo i primi capitoli della Genesi, mi viene da pensare che l’interpretazione del racconto, in particolare del peccato originale commesso da Adamo, abbia il fine di costruire il movente atto a spiegare la nostra presenza in un mondo tanto ostile e difficile, quanto pieno di sofferenza.
GIOVANNI: Sembra quasi affermare che Dio non poteva metterci qui se non a causa di un peccato.
LORENZO: Ma non è come sminuire la stessa opera di Dio? O si deve pensare che la terra dove viviamo sia in qualche modo opera dell’uomo, giacché così si è trasformata per colpa del suo peccato? “Maledetto il suolo per causa tua!”, disse il Signore ad Adamo.
BENEDETTO: Se si pensasse questo, allora tutto l’universo, pur con le sue leggi naturali, perfette e armoniose, sarebbe oggi così quale conseguenza, voluta da Dio, del peccato dell’uomo.
LORENZO: L’opera di Dio, dunque, era un’altra cosa? Bisogna pensare al progetto di Dio come ad un luogo, o ad un mondo primo di bellezza, di armonia, di convivenza universale tra uomini e animali, senza violenza né guerre, che ora non esiste più? Tutto il mondo che noi respiriamo è dunque opera del male, del peccato?
Ebbene io affermo che non solo per logica – il contenuto (l’uomo) non può costruire il contenitore (l’universo) – ma per rispetto in nostro Padre, Dio Creatore, non è così.
BENEDETTO: Mi pare di capire, da quanto da te esposto, che la prossima volta ci dobbiamo aspettare un ribaltamento delle teorie “della regressione” e “del ritorno”.
LORENZO: Non vi anticipo nulla, ma vi avevo accennato all’inizio del nostro dialogo che le ipotesi da me esposte sarebbero servite per portarci al tema della seconda giornata.
Chiuderei quindi il nostro primo incontro lasciandovi con questi nuovi interrogativi. La giornata è ancora calda e piacevole, vi propongo due passi lungo il mare, nella prossima ci aspetta un lungo tour de force sul tema del peccato originale.
GIOVANNI, BENEDETTO: Volentieri, grazie.
[continua]
Note
Contatore visite dal 08-02-2021: 2792. |
|
|