Angeli di fuoco
Sotto un cielo scomposto,
aquile con gli artigli d’acciaio
carpirono la terra
schiantandosi contro balaustre di cemento,
un botto che dilaniò l’intera umanità...
nell’inferno di cristallo
piovvero gocce di sangue
e coriandoli di pelle s’incollarono all’asfalto.
Uomini corazzati di fede
corsero contro il tempo…
fatti di una tempra speciale
approdarono con l’ardore dei pionieri
dentro labirinti fumanti,
si gettarono tra selve di fuoco,
sui laterizi arroventati dell’anima
imbracarono il destino,
mentre i secondi bruciavano sulle mani
e le corde strizzavano la vita.
Non bastarono occhi ignifughi
e nemmeno un generoso slancio d’amore…
i pesanti semi della grande mela
piovvero loro addosso
come in una fredda lapidazione.
Oggi a New York
le lacrime si strizzano nel marmo,
una scia di stelle sfreccia
e illumina la notte del ricordo,
l’idrante degli angeli di fuoco
non si è ancora spento,
loro sono sempre li a vigilare,
una spanna sopra di noi ed una… sopra ‘l cielo.
Il profilo nero dell’Africa
Dio tace…
lungo il profilo dell’Africa,
figure stilizzate
camminano su lastre di fuoco.
Angeli bruciati
da schegge di sole,
neri e vuoti
come mosche e ciotole
che gli masticano l’anima.
Bambini senza tempo
sbriciolano l’arido destino
dentro clessidre spezzate,
hanno la fame immersa negli occhi
e la pelle attillata
sulle ossa piegate dai crampi.
Bocche socchiuse
pizzicano il seno
d’abuliche madri,
latte amaro misto a lacrime
fuoriesce elastico
in gocce prive di vita.
Mani scarne,
divelte dal respiro della terra,
graffiano il cielo
a cercare un denso sussulto d’umanità.
Ma l’Africa è lontana,
troppo lontana,
per capire un manifesto
appeso dentro una vetrina
stracolma di pensieri Natalizi.
Vecchio lupo di mare
Tra un mozzicone acceso
e due dita ingiallite
c‘è l’anima di Aldo,
volto e barba increspati
affogano due occhi cerulei
che luccicano più dei gusci d’ostrica,
una moca dosata a caffè
emette un sibilo d’aroma appuntito
che penetra dentro orecchie e narici…
una fragranza ignota mista a dolcezza.
Aldo… vecchio lupo di mare,
sguscia le ore davanti ad una toppa di vetro,
una luce serotina riscalda l’artrosi
ad una pelle olivastra e grinzosa.
All’orizzonte… un silenzio di vele
armonizza l’aria,
il fruscio inesorabile delle onde
è un risciacquo perenne di ricordi,
un’espansione d’angoscia senza fine.
Aldo, vive in quindici metri quadri di mattonelle
e lì... racchiude tutto il suo vissuto,
una misera pensione d’invalidità
lo ingabbia tra pareti di fuliggine e ragnatele,
come stritolato da una languida tristezza
che gli soffoca anche il cuore.
Lui… che azzannava il vento
e sbranava gli oceani,
ora è solo un docile agnellino
legato sull’altare del sacrificio,
un’anima solitaria
schiacciata dall’inesorabile mutamento dei tempi.
Cinque denti cariati gli saltano in bocca
mentre una risata strozzata
l’acciglia dentro un rimbocco di coperte,
in lontananza uno scintillio di lampare
accerchia una corona di scogli…
le pupille di Aldo
fissano quell’immagine così soave e imperiosa,
il pensiero lo sovrasta… lui che è stato il Re dei mari,
adesso si sente solo un peso
per questa strana società che ha perso tutto,
tutto… compreso bussola e timone.
Angelo…
Nel dedalo del carcere di Volterra
un buio silenzioso squama la luce,
anime abuliche
recluse e anestetizzate dal lungo letargo
ricamano nell’aria sitibondi stimoli…
dissonanze di tempo
spezzate dentro crisalidi d’acciaio.
Angelo… vive all’interno di un cubo d’ossigeno,
abbarbicato alla stretta radica delle pietre,
il suono cupo della solitudine
lo disperde tra un cigolio di cancelli
e portoni a doppia mandata,
occhi cangianti
aguzzi e penetranti più di un laser
sgusciano fuori dalla penombra,
due specchi erosi riflettono un languore incancrenito,
mentre un rimorso che non si palesa, implume lo cinge.
Nell’astro morente della sera
intesse tele di progetti ed edifica confini d’argilla,
per vederli sgretolare dalla diabolica luce dell’alba…
pugni di polvere e rabbia appesi sulle labbra
e scagliati oltre quella grata
a cercare un flebile sussulto d’umanità.
La sua ombra tigrata…
una sentinella incollata al pavimento,
un calco d’assenzio
che lentamente gli scivola dentro
come una sabbia torrida che scricchiola gelo.
Ma l’estensione irrefrenabile dei suoi pensieri
non l’abbandona mai
e morbida risale sfumando angoli di cielo,
accarezzando quella speranza
compressa nel caleidoscopio dell’anima
e frullata nell’irreale che divampa.
Angelo ha capito lo sbaglio,
un pentimento sincero
è sbocciato dalle aride profondità del cuore
petali di sangue trapuntati di rugiada
pungono la coscienza,
l’essenza dell’essere si ricompone e si rigenera,
forgiata ed assolta
si screma per sempre dagli oscuri liquami.
L’altra settimana Angelo ha comprato la Bibbia…
ancora tre anni prima di sfogliare la libertà
poi la sua metamorfosi s’alzerà sopra cancelli di vento,
un volo scagliato verso la sorgente della saggezza
dove stille lucenti lo imperleranno d’amore
e finalmente Angelo, sarà Angelo… di nome e di fatto.
Valle del Diavolo
Una seta azzurrognola liscia le colline
mentre un cielo frustato di rosso
sanguina le scorie del giorno.
L’allodola e il mio sguardo,
rincorrono la polvere dell’ultima luce
per imbrattarvici l’anima dentro,
le campagne segate dall’ultimo volo di rondini,
spianano la quiete all’orizzonte.
Da questa posizione domino la mia valle,
il Castello di Montecerboli
sembra immerso dentro un catino
pieno di bucato caldo
con tutto il vapore che fuoriesce da ogni direzione,
e quei tubi scintillanti
rassettati come una ragnatela
che imprigiona il verde,
un paesaggio al di fuori del tempo
a cui hanno tolto l’anima.
Scendo giù da “Sassi Ritti”...
il buio già mastica il chiarore della luna,
le prime stelle fanno capolino
dentro un frinire di cicale,
m’avvio lungo il sentiero di ritorno,
un’infinità di piccole lanterne
volteggiano sull’oro dei grani e m’illuminano tutto.
Infondo, voglio ancora bene a questa valle,
anche se alle ali non ho ancora messo le forcine…
però le radici sono sempre intinte di zolfo,
respirano il palpito della speranza
e precarie scivolano sulle zolle di una terra
abbandonata anche dal Diavolo.
Angeli di plastica
Ombre di malvagità
strisciano lungo le bidonville del mondo…
sono i cacciatori di piccole taglie,
predatori d’organi e di sesso,
s’espandono a macchia di leopardo
a braccare l’innocenza
dentro vicoli zeppi di povertà,
affondano gli artigli della perversione
sulla tenera pelle dei bambini,
innocui esseri
adescati dallo scintillio dei dollari.
Stuoli di mani tese
s’aggrappano all’esiguo margine dell’esistenza…
i fragili equilibri della mente
si spezzano dentro abissi infidi e profondi,
mentre la carne
è solo un pezzo da macello
da smerciare al piazzista di turno.
Angeli di plastica,
usati e gettati via
come giocattoli di una notte,
vivono il piacere degli altri
ed invecchiano rapidamente
dentro placente di tristezza.
Burattini immobili, dallo sguardo di pietra,
smontati e rimontati
come pezzi di ricambio.
In quest’era convulsa
sommersa da cellule impazzite,
eclissa anche il senso della vita…
e dalle ceneri del nulla
riarde con vigore il fuoco della violenza,
fiaccole strappate al cielo
cadono sotto respiri di luna
e silenti si spengono
abbracciate dal soffio di una stella.
Maschere d’amore
Lungo le corsie di un’ospedale
si vedono strane figure…
vestiti colorati, imbottiti di coriandoli,
capelli gonfi di zucchero filato
e nasoni rossi come tuorli d’uovo.
Sono i clown del sorriso,
viaggiano dentro stanze asettiche
dove piccoli angeli
combattono la propria battaglia per la vita,
maschere d’amore,
che s’intrecciano dentro reticoli di siringhe e garze.
Giochi di carte e marionette
si mischiano sopra lenzuola di felicità,
bambini in gabbia
con le ali bruciate dal destino,
rinchiusi dentro un cielo di cemento.
Occhi raccolti sulle favole
incollano arcobaleni di sogni,
i sospiri si strozzano nel silenzio
mentre il tempo taglia le ore
e sulla scena del dolore tutto si spegne.
Carlo, tutti i giorni va a trovare i suoi piccoli amici,
non gli pesa la tinta che deve spalmarsi sul viso
o la finta lacrima appesa sul volto,
lui di lacrime vere ne ha viste tante.
La sua, è quasi una missione impossibile,
ma dare e ricevere amore
è una cosa che gli riempie l’anima.
Carlo… è solo un angelo,
con la maschera da uomo.
Ai piedi di un baobab
Ai piedi di un baobab
la sabbia scricchiola felicità
e si alza a scatti,
una palla frizza
sopra i piedi nudi dei bambini
mentre vicino a loro
delle capre prosciugate dal sole,
pascolano e si mescolano al gioco,
stracci colorati di sudore
sbandierano esili figure,
per un attimo fanno rifiorire
un deserto pieno di noie e miserie.
Il campo di calcio non ha segnali,
solo due sassi per i pali
e il sibilante fischio
che Amir spezza sulle sue labbra.
Amir fa l’arbitro…
i suoi occhi neri ed aguzzi
si perdono tra gli incroci
di piccole gambe,
lui non può giocare,
è seduto su un muretto di pietre
senza un piede ed un braccio.
Il suo gioco?
Si è rotto un anno fa
dall’altra parte del campo,
una mina
gli ha fatto saltare per sempre
l’unica speranza
che lo faceva volare…
aldilà dei sogni.
Nel breve varco di un’estate
In quelle sere di Settembre
dove tutto scompariva gradualmente…
non rivedemmo più la tua gonna plissettata
e le bionde trecce
con annodato il nastro di velluto rosso,
anche tu come le altre
stavi seppellendo l’adolescenza
dentro cassetti di cipria e rossetto.
Sembrava strano
che il nostro misogino divertimento
fosse svanito nel varco di un’estate…
un subitaneo e devastante smarrimento
ripose gli ultimi pomeriggi
tra una fionda ed un carretto,
come separati di colpo
da quel dilemma ancestrale
che ci lega ad un perimetro rosa.
Passò più di un anno
prima di rivedere il tuo malizioso passo
da puledra scalpitante,
quasi non ti riconoscevamo col tailleur a fiori
ed il mascara sfregiato sopra le ciglia,
eri diventata una ragazzina stralunata e conformista
che voleva cambiare il mondo…
una sorta di Giovanna D’arco postmoderna.
Sarà stato per ignoranza o per pigrizia
ma i tuoi enigmatici sofismi
proprio non li capivamo affatto,
l’unica cosa chiara e nitida che comprendevamo…
era quella tumida bocca color rubino
e quel dolce sorriso muliebre
che cadeva come miele sui nostri pensieri,
facendoci annuire il capo
tra zelanti assensi e irrazionali battiti del cuore.
Delle volte mi sono chiesto,
a quale mutazione genetica appartengono gli angeli
e perché sono sempre irraggiungibili,
forse… sono evoluzioni di luce
che s’accendono e si spengono
nel breve varco di un’estate.
Artisti d’emergenza
Da un piede d’ebano
nasce indissolubile l’arte…
Renzo… un equilibrista
appeso ai colori del mondo,
danza sulla tela
con la grazia di un ballerino
a ricamare vortici di libertà.
Dipinge il suo ermetismo
anelandosi su acriliche forme,
sviolinate e taccheggi
lo contorcono sotto una pioggia di pastelli
esaltandogli quell’irrefrenabile destrezza
che radiosa gli germoglia…
da un arto di luce.
Fasci d’azzurro invece
scivolano dalle labbra di Luca…
da una bocca di calcedonio
scaturiscono magmi variopinti,
zampilli di sole tinteggiano l’affresco,
smorfie facciali
s’impregnano di vita
ed uno zigzagare di felicità scoppia armonioso
sulla tavola della fantasia.
Renzo e Luca accomunati dallo stesso destino…
fanno sbocciare i sogni
su piccole pozioni di pelle.
Artisti d’emergenza,
l’anima legata ad un aquilone
solca un cielo senza braccia,
mentre pergamene d’infinito
la dirottano… aldilà dell’impossibile.