Oceano d'aneliti infiniti

di

Sergio Baldeschi


Sergio Baldeschi - Oceano d'aneliti infiniti
Collana "Le Schegge d'Oro" - I libri dei Premi - Poesia
14x20,5 - pp. 56 - Euro 6,50
ISBN 88-8356-930-X

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Pubblicazione realizzata con il contributo de IL CLUB degli autori in quanto l’autore con la poesia «...la mia più bella poesia» si è classificato 2° nel concorso letterario «Age Bassi» 2004


Prefazione

Nella silloge di Sergio Baldeschi le poesie prendono corpo da un recupero memoriale affettivo e tutto viene miscelato tra sentimenti, speranze e sogni per un domani migliore.
Il vivere quotidiano si fa poesia per cercare di capire il senso della vita. Un sofferto tentativo di ricercare una nuova dimensione: una sorta di liberazione interiore e poetica che prende forma nei versi di poesie che diventano “pagine dell’animo” d’un uomo che fissa “attimi d’amore” che trapassano il tempo come a effettuare un recupero di spiritualità o d’un “soffio d’amore” che non subisca le “derive del tempo”. La voce poetica di Sergio Baldeschi è sempre forte e sincera e con le sue parole tenta di illuminare il sentiero d’un uomo che ricerca lo spirito oltre la materia, quel cammino che conduce alla fede.
E “l’involucro carnale” diventa così una mera impalcatura perchè l’energia vitale viene dall’anima, dall’essenza interiore che emana “amore e puro sentimento” destinati a “vivere in eterno”.
Spetta a noi lasciare tracce del nostro cammino, vivere senza paura, tentare disperatamente di amare, sconfiggere il vuoto abissale, fare risplendere i colori dell’amore, accendere nuovi ardori, catapultare in nuovi entusiasmi e ridipingere, ogni santo giorno, l’affresco della nostra vita.
A nulla serve vacillare, ricomporre con esasperazione le immagini se viene a mancare la gioia di vivere che sola può addolcire i momenti di tristezza, la nostalgia per le cose passate, la malinconia delle memorie d’un tempo racchiusa in quello scrigno di dolci ricordi che profumano ancora d’intenso amore.
Le emozioni vengono “strappate” dal profondo per farle riemergere come “spuma” sognante: la voglia di tenerezza, le calde labbra, fragranze, delizie e passioni: inebriante condizione dove destino e speranza si fondono, per tentare una fuga, un volo verso le stelle, nell’infinito.
Capita a volte di contemplare in silenzio, l’“effluvio di sacro che germoglia nel cuore”: e tutto scorre senza un senso, senza spazio né tempo, pervaso dall’“immaginario divino”.
L’umana passione che accarezza l’ingenua purezza o l’amore per un figlio, sempre pronti ad una nuova emozione davanti ad un mondo che ha perduto il senso delle cose, dove regna l’omologazione, succubi di quella scatola d’illusioni nella quale siamo racchiusi: un mondo dove tutto è apparenza, unico padrone uno specchio del nulla e tante bocche idiote pronte solo a “vomitare parole”.
Narcisi, manichini, “anime surgelate”, spolverate con frammenti d’ipocrisia, comparse demenziali e illusi protagonisti di niente: indifferenti e plasmati come ammassi di materia inerte mentre il “cuore non percepisce più / l’umile voce dell’amore”. Umanità alla deriva.
Oscure figure “mummificate dentro brandelli d’inutilità”, prodotti esposti sopra uno scaffale anonimo, non siamo che “anime scagliate nel vetro dei sogni”, “germogli appassiti in un prato d’illusioni”.
Una volta c’erano spensierate immagini, la voglia di far diventare i sogni fondamenta del nostro vivere, ora invece tutto scivola via dalle mani, pare disperdersi in un attimo, tra frammenti d’ansie e incertezze, e ci si sente naufraghi, miseri sopravvissuti che tentano disperatamente di aggrapparsi allo “scoglio della speranza”, simbolico e splendido bocciolo d’amore, forse “l’unica certezza a dare un senso ai sogni”.
Si deve tornare ad essere se stessi, per diventare padroni della propria vita, per riuscire ad incantare il nuovo giorno con amorevoli parole, con l’entusiasmo che nasce quando si desidera ardentemente, qualcuno o qualcosa, al fine di elaborare una nuova formula per far rinascere un minimo di felicità prima che tutto si dissolva, anche “l’ultimo raggio d’amore”.
Per cavalcare le onde del pensiero: fino al confine, al punto terminale dell’animo.

Massimo Barile


Oceano d'aneliti infiniti


Le pagine dell’animo

Se vuoi sfogliare le pagine del mio animo
afferra da queste poesie
gli attimi dell’amore
quelli che trapassano il tempo,
che ti entrano dentro
senza farti male…
attimi che pulsano
nel mio cuore
come linfa vitale
e sbocciano pieni di rugiada
sui freschi germogli della vita.
Attimi che fuggono via,
come una lieve brezza,
che entra nel tuo cielo
e accarezza l’aquilone
che ti fluttua dentro,
quello che tieni legato al cuore,
che non riesci a sciogliere,
ma che vorresti liberare per sempre
sul prato dell’infinito.


Anima mia

Anima mia
essenza interiore
dove neanche il sangue
arriva al tuo incontro…
soffio d’amore,
che hai oltrepassato le barriere dell’ignoto,
per posare la tua spiritualità sulla mia vita.

Oceano d’aneliti infiniti,
che innalzi le tue onde
sopra gli spazzi della materia,
per ormeggiare l’ancora
sulle derive del tempo.

Sei sublime canto,
quando ti accendi nei pensieri
e doventi la voce del cuore…
una voce potente,
che illumina i sentieri della fede
e l’indirizza sull’immensa strada di Dio.

Non avrai il mio rancore,
quando con un fremito
lascerai l’involucro carnale
che mi sostiene,
perché tu sei energia intangibile
pura nei sentimenti,
che sempre hai emanato amore…
è per questo
che continuerai a vivere
oltre l’eterno di questo mondo.


Nata il 4 Luglio

Sei entrata nella mia vita,
in un intenso profumo di biade
odorate nella notte più dolce dell’estate…
un improvviso squillo di telefono,
il cuore che alita un sussulto,
mentre gli occhi non più assonnati
già risplendano di stelle
e mi guidano verso l’ospedale,
dentro un’automobile che vola di gioia,
finestrino aperto, vento in faccia,
e uno sguardo ansioso
che per distrarlo ho gettato
sull’imbrunite colline Volterrane,
dove vagabonde lucciole
da sempre accendono le loro minuscole lanterne,
per inondare campi d’orati, solcarne i mari,
e lasciarmi così alle spalle,
uno scintillio di felicità.
Sono arrivato giusto a tempo
per vedere un batuffoletto arruffato di lacrime…
piccolo girino fibrillante,
attaccato al solco di una madre,
torrente di solo amore,
che non prosciuga mai i suoi argillosi solchi,
non inaridisce mai le sue vene…
ma si trasforma in cicala
per frinire un’intera notte,
rapsodie d’infinite letizie.
Elena… poesia scritta con il fuoco della passione
sopra un prato di speranze,
ti ho colto come un rosa
e tu mi hai punto d’immenso amore…
ti cullo sui rami del mio vegliardo ciliegio
perché tu sei il germoglio più bello,
il frutto più prelibato delle mie piccole delizie.
4 Luglio 1996 festa del cuore… a stelle e amore.


Ad Elena

Racchiusa nel petalo dell’amore
come una rosa sei germogliata,
tu linfa di nuova vita
sei nata in me.
Sui colli!
di quest’antica Etruria
dove, dal sogno più bello
sei apparsa… Elena,
figlia mia
goccia del mio sangue,
a te dedico la mia preghiera
perché tu possa camminare
senza paura
nelle strade del tempo
e nell’eterno di questa terra
possa lasciare la tua orma
piena d’amore.


I sentieri dell’amore

Quando il registratore della mia mente
s’inceppa nel vuoto abissale del pensiero,
ricerco sempre nella scatola del tempo la tua pellicola…
quella incisa con i colori dell’amore,
ineffabili immagini, proiettate sulle pareti del nulla,
con il silenzio ad avvolgere la densità delle mie ansie.
Fotogrammi che lentamente mi rilasciano il fiato
per sospirare più forte sulla tua figura di madre,
un aspetto ben delineato che d’improvviso s’accende nel mio cuore,
come una brevità di fuoco che m’arde dentro…
un lampo fatto d’infiniti istanti,
quelli che il tempo ha bruciato sull’affresco dei miei giorni,
deturpando con la sua fiamma, il quadro che mi avevi
[creato col pennello dell’amore…
un dipinto unico, come il tuo sguardo… che cielo
[non è stato…
ma che ha avuto la sua stessa immensità.
Io non so da quale dimensione tu mi guidi,
ma sono certo che ad ogni svolta della vita,
tu mi sei al fianco, ad illuminare il cammino…
un tragitto che percorriamo insieme dentro la muta
[strada dell’animo,
quella che ho asfaltato con la fede e costruito con
[la preghiera,
dove le parole vi scorrono sopra con un’intensità tale
da far vibrare i lunghi ponti di Dio.
Cara madre… io non capisco, né mai capirò il senso di
[questa vita,
ma se un senso c‘è stato… tu di sicuro ne sei stata la
[prova,
tu che sei stata materia, fatta di solo amore,
sei stata l’unica risposta vera alle mie molte incertezze,
tu che mi hai insegnato ad amare il dolore,
ad amare oltre le imposte dettate da questa spoglia
[società...
fai nuovamente sbocciare nelle mie vene l’antica gioia,
che ho perso in quel livido Febbraio di due anni fa,
sopra ad un sentiero fatto di malinconia.
E adesso, che con gli occhi feriti spengo l’ultime stelle
di una notte come tante, riavvolgo il nastro della
[nostalgia,
e scolpisco con la penna nuovi sentieri,
che forse non avranno un senso compiuto,
ma di sicuro m’indirizzeranno verso al tuo infinito
[amore.


L’officina dei ricordi

Non ho toccato niente, tranquillizzati,
tutto è al suo posto
nel tuo piccolo garage officina,
gli attrezzi che hai lasciato,
sono lì fermi nell’attesa…
un attesa sospesa nella mia mente
che non afferra il senso delle cose,
non riesce più a stringerle nella morsa del pensiero,
perché oramai diventate limatura d’illusioni,
arrugginite impietosamente
sul banco dell’apatia.
Resto qui immobile, vicino all’incudine,
che ora non sente più
il gioioso rintocco del martello,
ma solo il battito stonato del silenzio
a forgiare un cuore che brucia di nostalgia…
quella che oramai ho fuso dentro l’animo.
Persino il trapano, con la sua punta elicoidale,
non gira più nel giusto asse tridimensionale,
ma perfora il mio umano
facendo fuoriuscire un’infinità d’aneliti
che lentamente si saldano sulla mia pelle,
in un caldo brivido d’amore.
Lì vicino al cassetto degli utensili,
c‘è rimasta l’impronta della tua immensa arte,
che nasceva dalla grezza materia e diventava viva,
perché modellata con il tuo ingegno…
quello che ti slanciava in un meraviglioso impeto
[d’amore,
quando creavi le tue opere e le rendevi uniche…
grazie babbo di avermi scolpito la vita.


Solidea

In questo puzzle d’immagini
che disperatamente tento di ricomporre
nel quadro del mio pensiero, mancano alcuni pezzi…
forse i più importanti, quelli che hai portato via con te,
per incastrarli nel quadro di Dio.
Mia dolce madre…
figura solare, come il nome che portavi,
rifletti sulla mia vita
un raggio elastico della tua luce
e fammi nuovamente oscillare
sul verde prato della speranza.
Clona sul mio cuore la tua gioia di vivere,
perché diventi la mia arma in più,
con la quale hai combattuto le battaglie più dure…
vinte sempre con quell’intenso slancio d’amore,
che ti faceva resistere al dolore
oltre ogni limite d’apparenza…
vinte con quella fede che traspariva lucida dai tuoi
[occhi,
che non moriva mai, incisa nell’animo
dall’armonioso suono della preghiera,
un suono dolce, recitato a mani incrociate,
inciso sulle note dell’amore, per sedurne il silenzio.
Mamma… fai che questo mio cuore,
non muti in arcaica pietra
dove scheggiare violente lacrime di tristezza,
addolciscimi il senso delle cose
perché le emozioni che vivo abbiano gli stessi brividi
che nascondevo nelle tasche della giovinezza,
dove il buio era tenebre e la luce era amore…
un amore che portava il tuo nome… Solidea.


Il profumo del tempo

Dall’albero della vita
il senso olfattivo coglie spesso degli odori
che riempiano il cestino della mente,
come quelli congelati nelle mie memorie…
erano i primi anni settanta
e dentro una piccola casetta
l’alba batteva i suoi tenui raggi,
fasci luminosi, stagliati dentro le fessure di una persiana
e genuflessi sopra il tavolo della cucina.
Su quel tavolo rigato di luce,
c’era uno specchietto circolare,
che sovrastava una bacinella di plastica
riempita d’acqua calda…
un vapore che appannava la tua immagine,
spesso assolta sopra quella ciotola
dove immergevi quel tondo pennello pieno di schiuma,
che dipingeva il tuo rugoso volto di nuvole bianche
e con un tagliente rasoio ne diradavi gli anni,
per ridare smalto ai colori del tempo.
Tinte forti, che non smettevano mai di sciogliersi nel
[tuo sguardo,
che riflettevano una voglia d’amore troppo grande
da tenere rinchiusa in un piccolo vetro,
quello che riponevi di tutta fretta nel cassetto delle
[attese,
quando all’improvviso comparivo davanti ai tuoi occhi
e ti chiamavo nonno.
Erano gli anni della mia giovinezza,
ma quel forte odore d’acqua velva
dato sulla pelle a rilasciare freschezza,
mi è restato dentro…
con esso ho intriso i miei più dolci ricordi,
quelli che profumano sempre d’intenso amore.


Nel tuo sguardo

Quando nel tuo sguardo c‘è silenzio
è difficile per me potervi entrare,
preferirei tuffarmi nell’oceano del nulla
piuttosto che nel tempestoso mare
dei tuoi occhi.
Ma quando nel tuo sguardo c‘è immensità,
allora vorrei immergermi
nell’abisso più profondo dell’animo,
strapparne l’emozione
e poi riemergere sull’onda
che innalza
la spuma delle sensazioni,
con la certezza,
di averti preso…
un attimo di felicità.


Volo di Stelle

Nella notte in cui le stelle
concedono aneliti d’amore…
il tuo respiro si fa bramoso
nasconde voglia di tenerezza,
la tua mano umida
lentamente scivola sul mio petto
infuocando intimi desideri.
Porgimi ti prego
le tue calde labbra
che non pungono come spine strappate al rogo,
non fomentano rancori nascosti,
ma hanno la fragranza del nettare
succhiato dal bocciolo più dolce,
hanno la potenza del fulmine
che scocca la sua scarica
per avvolgere nel fuoco
le nostre passioni.
Ti prego… se questo è un sogno
non svegliarmi,
voglio godere delle tue delizie
nel turbinio d’emozioni
che fanno ondeggiare i nostri corpi
travolti da impulsi frenetici,
con il sangue che non accoglie più ragioni
perché in esso scorre la vita,
scorre l’ebbrezza di queste carni
avvinghiate in una simbiosi di tumulti
dove destini e speranze
s’incrociano sulle lacrime dell’amore.
Non sospirare più mia sincera compagnia,
prendimi la mano
e fuggiamo insieme
in questo volo di stelle
perché esso sia testimone
del nostro infinito amore.


La croce

Nella croce resta solo il sangue
dell’uomo…
una piccola goccia cade
a nutrire la terra,
trasudano le pietre
pulsano i fiori
sboccia l’eterno amore.
Freschezza e gioia
percuotono l’inizio
di una nuova era.
Lì sul monte Gòlgota
corolla del mondo
c‘è una croce di dolore
dove il Cristo è morto
è la croce del mistero
simbolo di vita,
che fa esplodere
le sue gemme
nell’anfratto dei nostri cuori,
riempie l’oscuro
per straripare in un ruscello
di luce incandescente
dove albe e tramonti
s’incendieranno
fino alla fine dei tempi.
La croce è l’essenza…
e al suo cospetto
l’infinito genuflette
il suo arcano.


Emozioni che non si fermano mai

Ogni sera d’estate, quando piccole ombre
emergono sotto i lampioni,
dietro il muro del mio cortile
c‘è sempre qualcuno che grida la propria felicità,
bambini che giocano a chiapparello,
spensierate anime che scorrazzano
senza tregua nella frenetica corsa del gioco…
una corsa che scappa via, e calpesta i miei ricordi,
quelli scolpiti sulle orme del tempo,
modellati sotto un manto di stelle,
rimossi teneramente dal fotogramma della memoria
quella che mi assilla nei sensi
e che delle volte svanisce nell’abisso del nulla.
Una nostalgia cucita nel mio DNA col filo della
[speranza,
quella che non muore mai
e sdrucita sui jeans della mia gioventù
che parlava col muto linguaggio della strada,
con il vocabolario dei ginocchi,
scritti sopra quell’asfalto ruvido
che ci graffiava nell’orgoglio
ma che ci rendeva unici,
sempre pronti a gareggiare
per l’immensa gioia di dare un calcio ad un pallone.
Una nostalgia fatta d’eterni attimi,
quelli che s’incollano alla pelle e non vanno più via
perché irripetibili, sorseggiati dal fresco calice della
[vita,
assaporati dolcemente dai nidi di giochi,
dove l’innocenza celava patti d’amicizia perenne.
Emozioni che rivivo aldilà del muro
e che all’improvviso fuggono via
dentro una miriade di scarpette da tennis
come in un gioioso slancio d’aneliti infiniti.
Emozioni che delle volte ritornano
perché racchiuse dentro un boomerang
che rotea dentro il mio infinito e che non si ferma mai
... non si ferma mai.


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