Agli I.M.I. (Internati Militari Italiani, 1943-1945, A.N.R.P.) e ai miei zii Serg. Benedetto Sabetta (disperso a Cefalonia), Eugenio Sabetta, Raimondo Mattiuzzo (internati in Germania) nell’ottantesimo dalla Liberazione.
NERA POLVERE
Nella nera polvere del carbone
gallerie perse nel nulla,
vi è l’onore.
Nell’amarezza di una dura scelta
si è forgiata la verità,
emersa da un semplice pesante atto,
lungo addio sulla ghisa dei binari
su un mostro avvolto da bollente fiato,
vomitante roventi scintille.
Nel dovere dell’animo, sulla bocca dell’Ade,
Ettore passa lo Stige compiendo il destino del Pelide
nell’indifferente sguardo di Agamennone,
dolenti lacrime di madri.
(Dedicata al nonno Raimondo Mattiuzzo, che reduce quale artigliere dalle guerre di Libia e del 1915-18, devastati i beni sul Piave a Nervesa della Battaglia nella Grande Guerra, partì negli anni Venti con il figlio maggiore per le miniere del Belgio).
Sergio Benedetto Sabetta
“Le figure scomparvero dietro una nuvola di fuoco, terra zampillante e fumo biancastro. Quando il vapore fu disperso, Sturm era ancora solo. Puntò ancora una volta la pistola, poi un colpo alla parte sinistra del petto gli tolse vista e udito.
La sua ultima sensazione fu quella di affondare nel vortice di un’antica melodia.”
(Ernest Junger, Il Tenente Sturm,
Quaderni della Fenice, Ugo Guanda Editore)
Premessa
“Hannah Arendt, scrivendo all’indomani d’una dura stagione della storia del Novecento, osservava che i totalitarismi hanno bisogno – per radicarsi, giustificarsi e sopravvivere – della categoria del “Nemico metafisico”, responsabile primo e unico di tutti i mali e magari “radice del Male”: l’Ebreo, il Capitalista, il Borghese, il Prete, il Massone, il Fascista, il Comunista. Ma non si direbbe che sia proprio così: al contrario, c’è ragione di ritenere che anche quella in genere pensata la più sicuramente “democratica” tra le ideologie, il liberal-liberismo “occidentale” del XX-XXI secolo, sia suscettibile di partorire una nuova forma di totalitarismo – sotto l’aspetto del “pensiero unico” – o sia addirittura essa stessa, per sua natura, un totalitarismo.”
(103-104, F. Cardini, La deriva dell’Occidente, Editori Laterza 2023)
PARTE I
POLITICA – RELAZIONI INTERNAZIONALI
Il modello di Sabatier nell’analisi di una politica pubblica
Dobbiamo considerare che il mettere in agenda un problema è già definire una politica pubblica, questa può consistere anche nel non intervenire sebbene si sia in presenza di pressioni da parte della popolazione.
Fondamentale al riguardo è l’appoggio dell’amministrazione in quanto depositaria di informazioni e legittimante l’azione derivante dalla definizione delle politiche, essendo questa anche in grado di deviare e bloccare il processo, l’amministrazione pubblica sebbene in presenza di una lunghezza decisionale è la reale depositaria della continuità, ma anche della conoscenza tecnica necessaria, così che l’eventuale contrasto con l’amministrazione è causa di difficoltà se non impossibilità di condurre a buon compimento una politica pubblica.
Due sono le dimensioni che influenzano il potere nel definire e realizzare le politiche pubbliche efficaci:
• L’autonomia, ossia l’indipendenza dello Stato da pressioni sociali esterne tese a piegare l’azione per fini particolari;
• La capacità dell’amministrazione di mantenere la coerenza nell’azione e nell’organizzazione.
Questi due elementi si intersecano strettamente alla distinzione fra Stati “forti” e Stati “deboli”, ossia al grado di autonomia dell’amministrazione pubblica rispetto all’ambiente sociale esterno e alla struttura interna.
Accanto alle istituzioni svolgono un ruolo decisivo gli attori che si possono distinguere, in attori sociali strettamente coinvolti nel processo politico (policy network), in attori sociali coinvolti solo marginalmente nel processo politico (policy communities), in attori sociali toccati dall’azione ma privi di adeguate risorse per intervenire (attori dominati).
Gli attori a loro volta possono essere individui, caso sempre più raro, o gruppi appartenenti all’apparato amministrativo o alla società e che cambiano nel tempo durante il processo.
Le categorie di policy makers sono:
• Partiti politici, la loro influenza dipende dal tipo di sistema politico e dalla disciplina esistente all’interno del partito;
• Apparato amministrativo, con la distinzione fra collaboratori personali del politico “consigliere del principe” e gli altri alti funzionari, a questi si aggiungono i tecnocrati;
• Gruppi di interesse, generalmente associazioni economiche o sindacali che, forniti di ampie conoscenze sull’area in cui agiscono di loro interesse, lavorano in modo trasversale rispetto ai partiti che sono essenzialmente verticali. Il loro impatto politico varia a seconda delle risorse organizzative a disposizione;
• Organizzazioni di ricerca-esperti, ossia ricercatori e think tanks;
• Mass media, certamente influenti nel condizionare la comprensione da parte del pubblico e dei politici delle problematiche e delle relative soluzioni esistenti, ma su cui si discute dell’effettivo impatto in considerazione che gli attori hanno propri canali privilegiati per influire sulla formulazione delle politiche pubbliche.
La policy analysis si occupa di valutare:
a) il rapporto tra quantità e qualità delle risorse immesse nel processo decisionale e quantità e qualità dei risultati ottenuti (efficienza);
b) la misura in cui una determinata politica pubblica effettivamente raggiunge i risultati promessi (efficacia);
c) la distribuzione tra i componenti della collettività dei costi e dei benefici dell’intervento (equità).
I due settori di studio nati dall’analisi sopra esposta riguardano rispettivamente la produttività, l’impatto o il fallimento, nonché i costi e i benefici delle politiche pubbliche (evalutation research), mentre l’altro filone ha per oggetto le risorse a disposizione dei decisori e degli attori, oltre che le caratteristiche delle organizzazioni preposte all’implementazione (implementation research).
Il modello di Sabatier rientra in quest’ultimo filone, la sua prospettiva relativa all’aspetto contestuale e relazionale si focalizza sul contesto socio-economico, sui valori e gli interessi individuali, sulle regole e le procedure organizzative, e sull’interazione tra legislatori, amministratori e leaders dei gruppi di interesse.
Si ha pertanto la possibilità di rilevare l’influenza dei fattori contestuali e individuare, definendone i limiti, le coalizioni di attori che intervengono in una politica pubblica comprese le interazioni esistenti fra essi, a cui si ricollegano le strategie ed i metodi adottati per implementare un cambiamento organizzativo e culturale.
Nel processo d’apprendimento di Sabatier si valutano preliminarmente i parametri relativamente stabili (caratteristiche fondamentali del problema, distribuzione delle risorse naturali, valori socio- culturali della struttura sociale, caratteristiche fondamentali delle regole pubbliche) nonché in rapporto con questi, le caratteristiche del sistema esterno o parametri dinamici (cambiamenti delle condizioni socio-economiche, dell’opinione pubblica, delle coalizioni di governo e gli effetti delle politiche pubbliche realizzate da altri sotto-sistemi comprese le influenze sopranazionali).
Nel sotto-sistema politico vanno valutati i limiti e le risorse infrastrutturali degli attori, nonché le frontiere, ossia chi partecipa al sotto-sistema, i mediatori politici e le coalizioni dominanti e dominate, il tutto confluisce nella definizione delle politiche pubbliche (outputs) e nei loro effetti (impacts) questi vengono a loro volta a modificare il sistema esterno, deve tuttavia precisarsi che i tempi d’impatto da valutarsi hanno solitamente una cadenza decennale.
Non si possono concludere queste premesse senza una considerazione sui livelli di contrattazione politica che potranno riguardare solo gli aspetti relativi ai valori di politica pubblica (policy core) specifici di un sotto-sistema, nonché loro aspetti secondari, ma mai i valori fondamentali (deep core) concernenti tutte le politiche pubbliche, in quanto in questa ipotesi si rientra non nella contrattazione bensì nella rivoluzione degli assiomi normativi fondamentali.
Bibliografia
Meny, Yves, Thoenig Jean / Claude, Le Politiche pubbliche, Il Mulino, 1991;
Regonini G., Lo studio delle politiche pubbliche, in A. Panebianco, L’analisi della politica, pp. 491-516, Il Mulino, 1989;
Sabatier P.A., Political Science an Public Politicy. In “PS”. 24, pp.144-47. 1991;
Sabatier P.A., Marmanian D., The Conditions of Effective Implementation: A. Guide to Accomplishing Policy Objectives, in “Policy Analysis”, 5, pp. 481-504;
Sabatier P.A., “Policy Change over a Decade or More”, in Sabatier P.A., Jenkins – Smith Hank C., Policy Change and Learning. An Advocacy Coalition Approach, Boulder, San Francisco, Oxford: Westview Press, pp. 13-39, 1993.
POLITICA E FLUSSO NORMATIVO
La psicologia sociale nell’evoluzione normativa
“È difficile resistere alle pressioni, combatterle e respingerle quando tali pressioni non ricorrono a una coercizione esplicita e non minacciano violenza”
(Bauman, “L’etica in un mondo di consumatori.
Governare l’egoismo”, 106, Laterza 2010)
Gli individui non si limitano singolarmente alla ricezione delle informazioni ma le rielaborano e nel trasferirle agli altri diventano coartefici dell’ambiente sociale; nel succedersi, la percezione delle informazioni stesse dipende dalla classe sociale di appartenenza, la loro elaborazione dal contesto sociale, mentre la valutazione dal coinvolgimento socio-emozionale.
La mediazione cognitiva ha pertanto il fine ultimo di allentare i vincoli che il comportamento umano riceve dagli istinti biologici e dall’inconscio, con un notevole vantaggio adattivo della specie umana che può percepire e interpretare gli eventi in rapporto all’ambiente (Tajfel), questo tuttavia non può negare l’importanza del coinvolgimento personale nonché degli stati affettivi.
La cognizione diventa sociale quando è creata e rafforzata attraverso l’interazione sociale ed è condivisa tra i diversi membri di un dato gruppo, fino a diventare stereotipi utili al pensiero fuzzy.
La rappresentazione sociale è quindi l’elemento fondamentale (agente) organizzativo nel contenuto del pensiero individuale, essa aiuta l’individuo a controllare e fornire un significato al mondo facilitando la comunicazione tra i membri del gruppo, in questo si avvale di due processi fondamentali:
• L’ancoraggio, per cui le idee nuove vengono ancorate all’interno di sistemi precedenti;
• L’oggettivazione, con la personificazione delle idee e la loro figurazione.
Se il gruppo viene a condividere i fatti sociali e le esperienze che ne nascono, allora ne condividono anche i processi cognitivi sociali alla luce dei propri bisogni, dei desideri e delle intenzioni, nasceranno delle rappresentazioni sociali quale trasformazione della conoscenza in senso comune, ossia l’estraneo nel familiare, in questo processo vedranno la luce gli stereotipi e le convenzioni collegate alle “percezioni” non oggettivizzabili mediante recettori sensoriali.
L’elaborazione dei dati disponibili attraverso ipotesi o teorie vengono a interferire sui giudizi teorici già posseduti, sì che prevarranno i dati che “confermano” le teorie stesse, gli schemi che permettono la velocizzazione del giudizio possono quindi essere origine agli stereotipi delle “teorie ingenue” che facilitano il raggruppare e caratterizzare gli oggetti sparsi nell’universo umano, in questa opera l’accentuazione dei contrasti diventa funzionale all’orientarsi nell’universo sociale stesso permettendo la manipolazione degli schemi e quindi dei giudizi.
Infatti le condizioni fisiche e sociali, ossia il contesto, vengono ad influire sulle motivazioni e gli stati d’animo sì da selezionare il tipo di informazioni, l’uso della logica e della memoria, nonché più in generale la maniera di affrontare e giudicare gli eventi.
Nelle categorizzazioni vi è un “prototipo” quale ideale derivante dalla più alta rappresentatività del concetto, a cui in termini probabilistici gli esseri o gli oggetti della categorizzazione si avvicinano, dobbiamo comunque considerare che i confini tra categorie possono essere piuttosto sfuocate proprio per il concetto probabilistico che permette ad un soggetto di possedere elementi di similarità con numerosi prototipi, sì che rientra in campo la finalità propria, anche politica, dell’accentuazione dei contrasti.
L’identificazione di un nemico fornisce chiarezza ai fini dell’agire e al modo in cui agire, ma nell’attuale società definita da Bauman “liquida” convivono nello stesso soggetto l’appartenenza a più entità, vi è una ibridazione che rende più sfumata la categorizzazione negli schemi precostituiti, la mancanza di mappe mentali determina una “carenza di punti di orientamento saldi e attendibili e di guide affidabili”, vi è un continuo oscillare tra “l’anelito alla libertà individuale dell’autocreazione e il desiderio, altrettanto forte, di sicurezza” (Bauman), infatti i legami tra esseri umani stanno perdendo le precedenti protezioni istituzionali che diventano solo dei pesi alla propria libera scelta di autoaffermazione e da stabili diventano momentanei e sempre revocabili, secondo accordi, seguendo gli attuali schemi economici e tecnologici.
La normativa perde a sua volta la precedente rigidità ieratica, diventando continuamente mutevole e sottoposta a continua contrattazione e rivisitazione, secondo il mutevole emergere delle forze economico-sociali sotto la spinta delle fluttuazioni e cicli internazionali, si destrutturano i grandi sistemi rimodulandosi su identità locali, flessibili ma anche controllabili.
In termini politici questo dualismo tra autocreazione e sicurezza è l’insolubile antinomia tra lotta per il potere e ordine pacifico, che solo la consapevolezza della responsabilità morale può trasformare in una pubblica ragione morale e pertanto in un durevole ordine pacifico e in questo il potere riceve la sua giustificazione morale, vi è sempre il dubbio che l’idea e il “progetto” rivendicato nella lotta sia una semplice insegna al servizio del potere senza un’anima, sì che viene a mancare nell’azione dell’uomo di Stato una idea culturale a cui aspirare e coinvolgere.
“Il movimento nazionale tedesco era cominciato con una insurrezione contro la tirannide straniera e con le guerre di liberazione, e fu la consapevole opposizione al pensiero politico del razionalismo dell’Europa occidentale a far maturare in Germania la filosofia nazionalistica dello Stato da Heder e dai primi romantici, fino a Hegel”, ma ben presto si passò “dall’entusiasmo estetico a conclusioni politiche radicali” (Ritter) ed una volta avvenuta la rottura gli estremismi e gli interessi personali non ebbero più limiti.
Come sottolinea Ritter nell’introduzione della sua opera monumentale “I militari e la politica nella Germania moderna”: “Uomo di Stato nel senso più alto è soltanto colui nel quale la consapevolezza della sua indiscutibile responsabilità non può essere turbata dalla volontà di potenza né da un trionfo o da una sconfitta nella lotta per il potere”, egli deve gestire la tensione permanente fra ordine e disordine che continuamente rinasce (Merton). Il potere può esercitarsi come coercizione fisica e psichica o più sottilmente come scambio economico tra risorse non monopolizzabili né condivisibili, pertanto ad una prima fase promozionale deve accompagnarsi l’attuazione, la gestione dell’equilibrio tra ordine e disordine non può risolversi esclusivamente in una campagna promozionale di immagini.
Sachs osserva che vi è una crisi della gestione pubblica in cui vi sono fattori che vanno dalla privatizzazione delle funzioni di controllo del settore pubblico, al collasso della pianificazione governativa, dalla carenza delle risorse pubbliche favorita dalla scarsa crescita economica e da un cattivo uso politico amministrativo delle stesse che ne giustificano eticamente la riduzione e il passaggio al privato, fino alla incapacità di dialogo istituzionale, il sistema rischia di avvitarsi su sé stesso creando ulteriore disservizio per l’incapacità del pubblico di imporre l’osservanza economica e sociale dei parametri determinati. (Sachs, La crisi della gestione pubblica, in Le Scienze, 20, 495, novembre 2009).
«Una società che si è realmente impoverita, soprattutto, nelle fasce del lavoro dipendente o precario, e che ha visto al tempo stesso diffondersi nuove forme di “plebeismo culturale […] nel cuore ansioso dei nuovi ceti”» (G. Cruiz, “Storia della Repubblica”, 351, Donzelli 2016)
Bibliografia
Bauman Z., L’etica in un mondo di consumatori, Laterza, 2010;
Cardini F., La deriva dell’Occidente, Laterza, 2023;
Donolo C., Italia sperduta. La sindrome del declino e le chiavi per uscirne, Donzelli, 2011;
Merton R.K., Teoria e struttura sociale, Il Mulino, 1966;
Vedere anche: PsicoSrittura.it;
Ritter G., I militari e la politica nella Germania moderna, Vol. I, Einaudi, 1967.
Dal sistema binario alla logica fuzzy
Rapporti tra differenti visioni giuridiche
I sistemi normativi nazionali o internazionali sono per lo più interpretati come estensione dei termini logici binari (vero o falso) di matrice aristotelica, l’ulteriore estensione alla logica booleana per cui gli operatori logici AND, OR e NOT permettono di agire su classi di insiemi dandone figurazione con la rappresentazione di Venn, se da una parte sembra risolvere la struttura logica che presiede ai sistemi normativi, dall’altra parte risulta insufficiente quando un sistema normativo chiuso e quindi di per sé coerente viene calato nella realtà relazionale umana, emergono immediatamente le sfumature interpretative che destrutturano un sistema rigido, questo ancor più in mancanza di una coerente cultura sociale del rispetto delle regole.
Se i principi di non contraddizione e del terzo escluso restano validi per Razionalità Interne Oggettive, perdono di significato in valori di verità frazionari nei quali un certo enunciato può essere paradossalmente vero e falso allo stesso grado e nello stesso tempo circostanziato, in altri termini probabilistici l’evento accade ma solo in una certa misura, quindi l’evento rientra in un determinato insieme normativo con un grado di verità che può assumere infiniti valori nell’intervallo 0-1 secondo la logica fuzzy.
In un sistema chiuso tradizionale le regole hanno successo o meno, al contrario in un sistema aperto fuzzy le regole possono avere successo secondo vari gradi di una ipotetica “scala dei grigi”, questo comporta che possono esservi più regole in grado di avere successo con differenti gradi, secondo livelli diversi a partire dallo zero di fiducia delle premesse antecedenti la regola.
I concetti possono essere rappresentati in termini più semplificati mediante regole, ma anche con alberi decisionali che riducono la complessità computazionale del processo di apprendimento sebbene meno sintetici, i nodi interni all’albero sono contrassegnati come attributi, i rami che ne derivano non sono che valori degli attributi, mentre le foglie del ramo sono le classi dei valori.
L’attributo – norma che prevale con i rispettivi valori è quello contenente più informazione, questo attributo – norma attraverso i valori diventa una classe interpretativa.
La selezione dell’attributo più informativo, considerando la necessità dell’ammontare di una certa informazione al fine della classificazione, è dato dall’ammontare dell’informazione residua dispersa (entropia) rispetto all’informazione contenuta nella norma, l’informazione insufficiente trasforma l’albero decisionale in una “probabilità di classe” nella quale le norme sono incomplete e pertanto insufficienti a distinguere tra valori di classi, con interpretazioni non definite, nelle quali non può esservi una classificazione dell’evento quotidiano in base ai valori espressi dai rispettivi attributi.
Una proposizione potrà pertanto essere “vera” al 60% e altrettanto “non vera” nel restante 40%, permettendo di violare in tal modo i principi di non contraddizione e del terzo escluso, questa logica graduando la zona grigia cala il sistema normativo meccanicistico, di per sé chiuso, nella quotidiana complessa biologia delle relazioni umane, superando la visione riduzionistica all’angolo dell’universo da noi conosciuto e inserendola quale snodo in una più vasta rete, che diventa dinamica in un rapporto nel tempo alternato di causa/casualità secondo il modello dell’albero di Feigenbaum, nel quale il sistema aperto della logica fuzzy permette di seguire la frontiera del caos.
Bibliografia
Kosko B, Il fuzzy – pensiero. Teoria e applicazioni della logica fuzzy, Baldini & Castoldi, 2000;
Stacey E., Management e Caos, Guerini e Associati, 1996.
SULLA LEGITTIMAZIONE CARISMATICA
La razionalità dello Stato moderno
Weber individua tre forme ideali di potere a cui collegare i procedimenti di legittimazione: il tradizionale, il carismatico e il razionale.
Nel tradizionale vi è la credenza nell’immutabilità della validità delle tradizioni, nel carismatico vi è l’appoggiarsi sulle ritenute qualità straordinarie di un soggetto, mentre il razionale si fonda sulle procedure di formazione dell’autorità da cui ne deriva la legalità dei comandi.
La formazione dello Stato moderno a partire dal XVII secolo, unito all’evoluzione nel XIX secolo dallo Stato autocratico allo Stato liberale, ha evidenziato l’agire degli apparati burocratici quali modelli di comportamento tipizzati, conducendo alla formulazione di comandi in termini altamente tecnicizzati, fondati su convinzioni di tipo etico ed economico.
La democratizzazione di massa avvenuta nel XX secolo ha introdotto a sua volta il concetto di legittimazione mediante elezione, un suffragio che allargandosi è diventato universale ha avuto la necessità della mediazione dei partiti di massa o di altre organizzazioni, nelle quali vi è stato il trasferimento delle capacità rappresentative e delle competenze decisionali necessarie alla selezione legittimante dei rappresentanti politici.
Tradizionale
Tralasciando il tradizionale, dove prevalgono le consuetudini e la sacralità delle procedure consolidate nel tempo, tipiche delle società antiche ed agricole, cristallizzate in lenti cambiamenti, l’attenzione si concentra sul carismatico ed il razionale.
Carismatico
Nell’attenzione sul carismatico, Kershaw osserva che, oltre alla capacità magnetica del leader, alla sua affabulazione oratoria, al “culto dell’immagine”, oltremodo accresciuto dalle moderne possibilità tecniche, interviene la stessa “massa umana” che subisce il fascino, la quale in termini dinamici va verso il leader.
I singoli si fanno portatori della volontà del leader mediante interpretazioni e “intuizioni”, che potenziano infinitamente la sua volontà senza che il leader debba decidere continuamente, rischiando per tale via il logoramento o l’errore. Ma, anzi, assumendone la responsabilità in caso di successo e misconoscendole, se inopportune o addirittura foriere di insuccessi.
Nel carismatico la società deve trovarsi in un contesto storico particolare, dove i valori tradizionali sono stati travolti senza che siano stati nel contesto sostituiti dal sorgere di nuovi valori, il vuoto viene così riempito dalle “intuizioni profetiche” di capi forti.
Insito nell’accumulo di potere che il capo carismatico possiede vi è il rischio del fallimento, man mano che evapora l’equilibrio dei poteri vi è la possibilità di una crescita esponenziale di errori non corretti da dibattiti, riflessioni e interventi terzi; questo tuttavia non esclude l’esistenza di un equilibrio interno al leader, frutto di preparazione ed esperienza, che nel sapere scegliere i collaboratori venga a ridurre i possibili errori.
La figura legittimante carismatica può essere senz’altro costruita a tavolino da forze economiche e sociali terze, tuttavia nel preciso momento che questa cresce e si rafforza sfuggirà al controllo impostato, che diventerà sempre più ipotetico, fino a capovolgerne i rapporti di forza.
Viene quindi a superarsi l’interpretazione “intenzionalista”, ma anche la “strutturalista”, fondata sul potere delle agenzie, non può essere accolta in quanto incompleta. Essa limita l’attenzione su un singolo aspetto, di potenziamento del potere carismatico, tralasciando le capacità affascinatorie e intuitive insite nel leader stesso.
Conflitto tra razionalità e carismatico
Il razionale, fondato sul valore della procedura quale garante della legalità, non può resistere al potere carismatico derivante da un movimento di massa, che permette al leader di rifondare le procedure, consolidandole o riplasmandole in continuazione.
L’attuale sviluppo si trova nella simbiosi tra l’organizzazione partitica ed altre strutture aziendali o in altre funzioni, che mantengono una doppia funzionalità parallela così da travasare i valori dalla struttura originaria a quella partitica, nella quale vi è una osmosi possibile tra utile e valori.
La normazione in formulazioni generalizzate è l’ultimo passaggio, del livello più generale di concettualizzazione dei valori, concepite come componenti normative essenziali (Parsons).
In una società tecnologicamente aperta la conseguenza è la fluidità del consenso e dei valori collettivi, la risposta è l’irrigidimento del controllo psicologico indiretto tanto a livello dell’uso strumentale che sociale.
La legittimazione carismatica viene quindi a sovrapporsi completamente alla legittimazione razionale, che ne diventa la scatola di contenimento.
“Il capo carismatico è colui che costituisce il centro etico del gruppo e che viene riconosciuto come capace di dare una soluzione al dilemma etico dei singoli e del gruppo” (F. Alberoni, 220, Genesi, Garzanti, 1989).
Il capo supera il rischio del dissolvimento del gruppo, evitando da un lato, il riassorbimento nelle istituzioni e dall’altro la liquefazione in una serie di scissioni.
Mediante la sua azione il gruppo acquista un valore salvifico, divenendo fonte di nuovi valori e reinterpretazioni del mondo, esso costituisce la nuova legittimazione del potere risolvendo le tensioni etiche formatesi nello stato nascente.
Egli fornisce la verità necessaria a cancellare il dubbio divenendo un “salvatore”, risolve il conflitto insito nello stato nascente e crea coesione.
Diviene necessario al confluire di diversi gruppi e alla conseguente tensione che si crea, ma non emerge immediatamente e in forma evidente all’interno del gruppo, bensì risulta con più chiarezza ad un osservatore esterno.
Ma lo stato nascente è qualcosa che ha una vita breve e deve istituzionalizzarsi, se non vuole scomparire a seguito del suo esaurirsi per stanchezza, non potendo essere inteso come una possibile forma di governo, questo anche con il mutare delle tecnologie usate.
Per evitare l’asservimento che il potere carismatico porta con sé non resta che garantire i diritti individuali attraverso il loro riconoscimento e la creazione di istituzioni che siano in grado di garantirli, evitando gli automatismi propri del potere carismatico.
“Sono proprio le dottrine politiche che più sottolineano il momento fondante collettivo, assembleare, consigliare senza mediazioni, che tendono a realizzare l’uguaglianza assoluta, quella che, di fatto, producono poi i fenomeni carismatici, di asservimento morale e, quindi, istituzioni politiche totalitarie”. (F. Alberoni, 252, “Genesi”, Garzanti, 1989).
Altro discorso è lo sfruttamento economico dei diritti che in una democrazia può sempre manifestarsi, quale squilibrio tra autorità e libertà, una spinta che può favorire, nel suo eccesso, richieste di autoritarismo nel tentativo di trovare una via veloce al riequilibrio.
Conclusione
Attraverso il processo innanzi descritto si ha il superamento della norma quale vincolo all’azione del leader e, quindi, di coloro che lo rappresentano o che da esso ne traggono legittimazione.
La tecnicità diventa elemento di supporto alla sua volontà e alla elité che in essa si riconosce, vi è così un continuo allargarsi sugli altri poteri che vengono progressivamente riassorbiti.
Nella simbiosi tra potere carismatico e potere economico quello che viene a realizzarsi è il solo utile, anche a costo dell’equilibrio istituzionale, tanto che la norma esiste finché confacente alla prospettiva carismatica, la quale si pone come la sola fonte etica, in un potenziale conflitto la norma cessa di valere essendo ostacolo e come tale è semplicemente ignorata ed eventualmente cancellata.
Si ottiene una potenziale “feudalizzazione”, in cui necessita e rientra il controllo degli stessi poteri di garanzia.
La fedeltà da partitica, quale intreccio tra ideologia e interessi diventa personale, fondata sullo scambio di interessi in reti clientelari dalla struttura capillare, né la tecnologia è di per sé sufficiente a superare questa forma ancestrale di fedeltà.
La razionalità scientifica in espressioni altamente tecnicizzate, propria del diritto moderno, e la diffusione di sistemi di convinzioni etiche, religiose o laiche che siano, come nel caso del riconoscimento dei diritti naturali, diventano strumenti di legittimazione subalterni e integrati al potere di legittimazione carismatico.
Anche la stessa strategia di legittimazione degli apparati burocratici, che forniscono modelli mentali tipizzati per un consenso automatico, diventa funzionale alla conferma della virtù carismatica del leader secondo antiche esigenze di sicurezza proprie di un branco.
La stessa attività politica, nell’incrociarsi del potere carismatico con il potere tecnologico dell’immediato, porta a scindersi tra la pianificazione programmatica a lungo termine e il momento della contrattazione insita nel pur necessario “coordinamento”.
La contrattazione si trasforma nel “contratto”, con valore autonomo ma a tempo limitato, leader diversi possono quindi accordarsi per risultati a breve, riservandosi di capovolgere le alleanze su termini più lunghi, si crea pertanto una incertezza e un senso di precarietà con la conseguente necessità dell’incasso immediato di cui la stessa attività normativa ne risente, già di per sé sottoposta ad attività lobbistica.
[continua]