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La complessità contemporanea nell’odierno sistema linguistico-culturale - Tra il sociale e il giuridico
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Sergio Benedetto Sabetta - La complessità contemporanea nell’odierno sistema linguistico-culturale - Tra il sociale e il giuridico
Collana "Le Querce" - I libri di Saggistica e Diaristica
14x20,5 - pp. 254 - Euro 15,50
ISBN 9791259513700
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In copertina «Hofburg – Vienna» fotografia dell’autore
Prefazione
Sergio Benedetto Sabetta propone un nuovo interessante saggio che affronta la tematica della complessità contemporanea nell’odierno sistema linguistico-culturale ed indaga le numerose relative teorie spaziando in una approfondita analisi che affronta i sistemi complessi e le problematiche nella costante osservazione delle molteplici implicazioni sociali e giuridiche.
Come negli ultimi saggi di Sergio Benedetto Sabetta anche in questo nuovo lavoro ritroviamo un attento studio, la meticolosa documentazione e la corposa ricerca bibliografica, oltre alle profonde riflessioni relative alle numerose teorie degli studiosi che hanno affrontato tali tematiche.
Nel primo approccio del saggio, dal titolo “La complessità contemporanea nell’odierno sistema linguistico-culturale”, troviamo subito un importante riferimento al dominio odierno della comunicazione virtuale che ha ormai “prevaricato” la comunicazione reale con la conseguente perdita della riflessione sul proprio “sé” e sulla capacità di costruire “rapporti umani profondi e durevoli”.
Durante il processo analitico pone attenzione alle varie fasi di tale fenomeno e l’attenta critica mette in evidenza come, nel sistema odierno, si assista ad una “paralisi delle idee e dei sentimenti”, oltre al venir meno della capacità utopica dell’Uomo, e cioè “all’immaginare un futuro possibile”, una “utopia possibile”.
Nelle varie fasi di tale indagine, nel capitolo “Logica e etica tra il sociale e il giuridico”, vengono prese in esame le varie teorie in relazione alla scienza giuridica, come normazione sociale della dinamica delle complessità, nel vasto rapporto delle manifestazioni sociali: “la rete normativa deve essere calata in una rete di relazioni sociali che deve favorire la crescita e la stessa rete normativa, nel rapporto con il tessuto sociale e le organizzazioni, può essere valutata sotto i due aspetti della efficienza e della efficacia”.
Per quanto riguarda lo studio della logica del linguaggio viene determinato come l’analisi del linguaggio “avvenga in termini linguistici o in termini epistemologici”, e viene richiamato il riferimento a Wittgenstein che ricerca la “costruzione di un linguaggio logico-filosofico perfetto ed universale da poter comprendere ogni espressione linguistica significante”, elaborando, infine, che “il linguaggio ridotto a preposizioni elementari vere o false rappresenti la realtà”.
Nel capitolo dedicato all’etica nei sistemi sociali complessi troviamo le definizioni di logica, etica ed estetica che sono “gli elementi componenti l’individuo in quanto essere umano dotato di propria razionalità e di sentimenti; per logica intendiamo la capacità di coniugare gli elementi esistenti in natura o ideati dall’Uomo al fine di raggiungere uno scopo; l’etica si proietta all’esterno dell’individuo determinandone le modalità dei rapporti relazionali mentre l’estetica risulta come proiezione interna delle emozioni dell’individuo stesso”.
Nella seconda parte del presente saggio, Sergio Benedetto Sabetta offre un’attenta disamina relativa alla comunicazione, ai sistemi e al linguaggio in internet con riferimenti alle relative problematiche e ad alcune negatività delle nuove tecnologie che devono essere “governate” perché, nella “rete informativa continua”, vi sono le “masse di scorie informative” volutamente prodotte per diversi scopi e, quindi, emerge la necessità di filtrare le informazioni e la necessità di “definire un linguaggio comune”.
Durante l’analisi del processo comunicativo e dell’informazione nella comunicazione di massa, della formazione del significato e della produzione del testo, offre uno sguardo critico dissertando in relazione alla funzione dell’etica nella crescita tecnologica; del concetto di libertà e di coscienza; e dell’“etica della responsabilità” di Max Weber.
In ultima analisi non si può far altro che evidenziare l’attento studio delle varie teorie, con complessi riferimenti all’odierno sistema linguistico-culturale, che viene proposto da Sergio Benedetto Sabetta, e concludere citando McLuhan quando scrive “tutto quello che l’Uomo fa è interpretabile quale forma di linguaggio, dobbiamo considerare il “comunicare” elemento fondamentale della società, in quanto indispensabile per qualsiasi forma di relazione sociale”.
Nell’epoca odierna dove vigono “la necessità e il mito di una iperspecializzazione, anche nel giuridico, v’è il rischio della perdita del pensiero esteso, di una capacità di sintesi propria del pensiero umanistico, l’individuo perde la propria dimensione umana a favore della capacità produttiva, rischia di essere una fonte economica e come tale valutabile”: un pericolo profondo che si collega ad un “impoverimento linguistico” causato dalla “perdita culturale ed esperienziale”.
Massimo Barile
Alla Società Economica di Chiavari – 1791
e al Presidente Francesco Bruzzo
“La libertà arriva fin dove arriva la sensibilità dell’artista. Si può ben capire allora com’è importante educarla”.
(W. Kandinsky, Lo spirituale nell’arte, 79, SE S.r.l., 2005)
PREMESSA
La ricerca del senso, ovvero la mancata utopia
Il crescere massiccio degli scambi, della mobilità e della rete hanno creato una comunicazione virtuale veloce e sfumata che ha prevaricato la comunicazione reale fondata sull’ascolto e il tempo, la quale vive in un alternarsi di comunicazioni e riflessioni.
Parallelamente vi è stata una fuga verso un mondo virtuale fondato sull’immagine ed una felicità obbligata, dove l’insuccesso e il dolore non è previsto né ammesso pena l’esclusione sociale.
Il concentrasi su questi stereotipi, portati in un continuo eccesso, ha fatto perdere la riflessione sul sé e sulla capacità di costruire rapporti profondi nel tempo quale riflesso del proprio essere, ne è derivata una mancanza del senso che ha condotto alla nevrosi, in cui varie generazioni destabilizzate dai repentini cambiamenti hanno perso identità e ruolo finendo in una “depressione” da negare anche mediante la chimica.
La paralisi di idee, sentimenti e progetti emersa dalla violenza della crisi economica trasformata in una moderna “guerra” dai campi di battaglia virtuali, ha fatto perdere senso e significato al proprio agire.
Una “guerra” virtuale dai danni psicologici e materiali “reali”, che unita al forte narcisismo coltivato nella società dell’immagine, impastato con i diritti alla persona variamente rivendicati, ha portato alla ricerca di un riconoscimento ma anche di una protezione reclamata.
Viene meno la capacità utopica propria dell’uomo, ossia l’immaginare un futuro possibile e la capacità di realizzarlo, trasformando la realtà e gli ideali ad essa sottesi secondo i mezzi e le possibilità esistenti (Abbagnano), non quindi una utopia dell’irrealizzabile bensì una utopia del possibile propria di chi riesce a vedere la realtà che lo circonda, nonché le sue potenzialità con nuove lenti e ne fornisce nuove letture.
L’impossibilità di accettare la sofferenza che è nel costruire, svincolandola forzosamente in una artificiosa scissione dall’esaltazione che precede la creazione, determina il rifiuto sempre possibile dell’insuccesso in quanto segno di un destino negativo, che in senso calvinistico viene oggettivizzato in una misura economica valutaria.
Gli istituti giuridici diventano quindi oggetto di una richiesta di protezione che da economica e materiale acquista una valenza psicologica, come nel caso del D. Lgs. 81/08 e delle successive integrazioni sullo stress da lavoro correlato, i quali vengono a travalicare matrici e probabilità del rischio, per assumere la funzione di una indiretta richiesta di conferma di un proprio Io, di supporto alla paura di una propria mancata affermazione, in richieste che diventano pretese in funzione di una propria fragilità determinata dall’esaltazione dell’Io in rapporto ad una fragilità dell’essere.
La normativa è una forma di comunicazione in cui, oltre al contenuto del messaggio e alla rilevanza del canale usato, si devono considerare altri fattori del contesto che vanno dal tipo di relazione interpersonale, alla personalità di colui che riceve l’informazione, fino al tempo storico in cui avviene la ricezione.
Come ci ricorda la psicolinguista Slama-Cazacu, i contesti degli insiemi organizzati funzionano come sistema di riferimento per gli elementi da cui sono costituiti, ossia permettono ai segni e agli elementi espressivi di variare a seconda dell’area in cui sono inseriti, anche se al contempo rimangono costanti in quanto legati ad un sistema, la variazione del sistema determina quindi la variazione di senso per gli elementi costituenti la comunicazione stessa, quindi anche i diritti e i correlati doveri, pertanto nel sistema rientra anche l’aspetto culturale su cui poggiano le relazioni storiche interpersonali del singolo e del gruppo.
Bibliografia
Galletto C. – Galletto G. – Panero L., La fatica di vivere. Cause e rimedi, Ed. San Paolo, 2011;
Wolf M., Teorie delle comunicazioni di massa, Bompiani, 1990.
La complessità contemporanea nell’odierno sistema linguistico-culturale - Tra il sociale e il giuridico
Relazioni in un gruppo definito “collegio”
Dinamica di un sottosistema
“Fu una battaglia degna di essere ricordata per il rabbioso coraggio delle truppe inglesi e per la straordinaria incompetenza dimostrata dai generali di ambo le parti”.
(Woodham-Smith, “Balaclava”, Rizzoli, 2002)
Solitamente i membri del gruppo forniti di leadership formale hanno la tendenza a proporre/imporre le proprie idee, avendone i mezzi per indurre i membri del gruppo a modificare il loro agire, tuttavia l’influenza sociale è un processo bidirezionale, circostanza che porta comunque ad una influenza sull’azione del leader, in questo si possono creare nuove forme di espressioni e termini di linguaggio, favoriti dalla stessa evoluzione tecnologica.
Accanto allo status riconosciuto e formalizzato, vi sono leadership informali che possono nascere dalla personalità (teoria della personalità) o dalle richieste funzionali della situazione (teoria situazionale).
Si realizzano nel gruppo due leadership, una esperta del compito, l’altra nel settore socio-emozionale, la prima fornita dalle abilità tecniche necessarie, la seconda capace di fornire risposte alle manifestazioni emotive all’interno del gruppo, i due ruoli possono essere separati e convergenti, ma questo non esclude la possibilità di raccoglierli in una unica leadership; pertanto il leader migliore risulta essere colui che pur riuscendo a realizzare le attività del gruppo resta sensibile alle opinioni e ai sentimenti dei membri.
Il fattore efficienza della leadership si realizza praticamente come una variabile dipendente tra stile del leader e tipo di situazione da affrontare, in altre parole l’atteggiamento del leader dipende dalla situazione più o meno favorevole (Modello interazionista).
Fiedler ha individuato a riguardo tre elementi che determinano la “favorevolezza” della situazione:
• L’atmosfera del gruppo (fiducia, lealtà, rispetto);
• La struttura del compito, in cui vi siano istruzioni chiare per raggiungere uno scopo ben definito;
• Il potere che possiede il leader in termini di ricompense e sanzioni.
In questo schema si può osservare che la relazione leader-membri è la più importante, solo successivamente si strutturano il compito e il potere, deve comunque notarsi che in gruppi caratterizzati da una forte componente tecnica è su questa capacità che si fonda una notevole parte della leadership.
Recentemente l’aspetto piuttosto statico dello schema di Fiedler, per il quale i tratti di una personalità restano immodificabili, è stato sottoposto a critica in favore di una analisi della leadership come processo, emerge a tale proposito l’importanza delle norme nella regolamentazione del comportamento del gruppo, infatti viene evidenziato che ciascun individuo è influenzato dalle norme comportamentali costituite nel gruppo, talché il leader è custode delle norme ma può anche essere elemento innovativo proponente l’adozione di nuove norme.
Hollander osserva che la leadership si costruisce inizialmente sulla propria “credibilità” di fronte al gruppo, definita come “credibilità idiosincratica” questa fornisce la legittimità necessaria per influenzare i membri e innovare le regole del gruppo, uno dei momenti fondamentali in questo processo è quello di adeguarsi inizialmente alle norme del gruppo stesso, dobbiamo considerare che tre sono le fonti di legittimità:
• Il processo mediante il quale il leader ha raggiunto la propria posizione, elezioni interne o esterne, nomina da autorità esterna o altro;
• Capacità di raggiungere i compiti del gruppo;
• Identificazione del leader con gli ideali e le aspirazioni del gruppo.
Inoltre devono considerarsi i rapporti esistenti tra i gruppi, infatti sussiste una stretta interdipendenza tra i processi all’interno del gruppo e quelli tra i gruppi, la leadership viene consolidata dalla capacità relazionale intergruppi.
Bavelas concepisce i gruppi come “legami” di comunicazione nel quale la leadership assume un ruolo corrispondente ad un “indice di centralità”, in cui tuttavia la crescente complessità dei compiti impone l’analisi e l’integrazione di una maggiore quantità di informazioni, circostanza che conduce ad una decentralizzazione della comunicazione nel gruppo a seguito di una sua superiore efficienza in presenza di una elevata elaborazione.
La funzione integrativa che ricade solo su un soggetto può determinare un “sovraccarico cognitivo”, sicché risulta più economico non centralizzare eccessivamente i processi decisionali compensando rapidità di decisione e necessità di una ampia raccolta ed elaborazione delle informazioni.
Altro elemento che interviene in un gruppo è la motivazione che per Vroom è una combinazione moltiplicatoria dell’aspettativa, intesa quale probabilità soggettiva al raggiungimento di un determinato obiettivo, con l’utilità soggettiva che il soggetto attribuisce alla meta-incentivo (teoria aspettativa-valore).
La formazione dell’aspettativa è a sua volta il risultato del rapporto della scala di valori propri dell’individuo con la specifica esperienza nel promuovere i comportamenti necessari al raggiungimento dell’obiettivo, il raggiungimento della meta-incentivo costituisce una funzione di rinforzo nel confermare l’impegno senza mai confondere la “valenza dell’incentivo”, come soddisfazione anticipata, dal “valore del risultato”, in cui vi è una soddisfazione reale.
In qualsiasi decisione rimane comunque la possibilità di una “dissonanza cognitiva”, per cui il processo di decisione non si esaurisce con la decisione stessa, ma restano sempre presenti le possibili alternative scartate, sì ché necessita una continua riconferma della decisione presa al fine di ridurre tale tensione.
Questo può accadere in quanto, secondo la “teoria della dissonanza cognitiva”, l’individuo tende a mantenere una certa coerenza tra conoscenze, credenze e opinioni costituenti i propri elementi cognitivi, questo induce ad eliminare la dissonanza proprio all’interno del dato cognitivo dissonante di minore resistenza.
L’intensità della dissonanza cognitiva deriva dall’importanza che la decisione ha per l’individuo, il numero delle alternative che si presentano, le caratteristiche positive e negative delle alternative.
Se il vincolo su una decisione è esterno, l’intensità della dissonanza è in rapporto inverso al valore dell’incentivo e viene a diminuire nel tempo.
Questo bisogno di coerenza mentale è caratteristico dell’attività post-decisionale, del tutto differente dal conflitto che precede la decisione, nonché dal “rimpianto”, nel quale si rifiuta la decisione presa polarizzandosi sugli attributi positivi dell’alternativa rifiutata, ma il gruppo può essere anche un luogo conflittuale, fonte e origine di frustrazione, del sorgere di ostacoli alla soddisfazione dei propri bisogni, che diventano carichi di emotività, sia nell’ipotesi di ostacoli ambientali organizzativi che nell’ipotesi inversa di carenze personali psicologiche o professionali.
Tuttavia nonostante sia una esperienza spiacevole la frustrazione non è sempre negativa e destabilizzante sul comportamento, se non addirittura utile ai fini di una maturazione dell’individuo, quello che la caratterizza è la sua intensità, la durata della stessa, la possibilità di superarla mediante compensazione, nonché la sua arbitrarietà, pertanto la tollerabilità del livello di frustrazione costituisce un indice della maturazione dell’individuo, come la capacità di analisi critica del proprio comportamento.
Se il fattore tempo è un elemento fondamentale sulle dinamiche della frustrazione, altri “meccanismi di difesa” come l’autoinganno possono favorire l’adattamento psicologico dell’individuo proteggendone l’autostima.
Dobbiamo considerare che l’organizzazione è fonte di incentivi per alcuni elementi propri dell’uomo, quali il successo, lo sviluppo, l’autorealizzazione e la sicurezza. In essa si sviluppano sentimenti quali l’orgoglio che può assumere due facce opposte, quella di un alto livello di autostima o al contrario di narcisismo, quando il singolo si pone quale causa predominante di un evento, nella prima ipotesi, instabile e controllabile, orientata all’obiettivo, nella seconda, stabile e non controllabile, presuntuosa rappresentazione relativa al proprio “sé globale”.
Bibliografia
Campus D., Lo stile del leader. Decidere e comunicare nelle democrazie contemporanee, Il Mulino, 2016.
PARTE I
LOGICA ED ETICA TRA IL SOCIALE E IL GIURIDICO
Introduzione
Vi è la necessità di inserire la “scienza giuridica” nel più vasto rapporto delle dinamiche sociali, superando il puro aspetto autoreferenziale e sociologico, nonché l’esclusivo rapporto che talvolta si vuole creare con l’economia, vi è infatti una dinamica della complessità di cui la scienza giuridica ne è la normazione sociale, la rete è più complessa di quello che si vuole e si tende a credere.
Se lo schema della vita è uno schema a rete vi è un intrecciarsi di relazioni tra i membri, il crescere della cui complessità è favorito da anelli di retroazione interdipendenti il cui intreccio viene ad oscurare completamente le fonti originarie, le diversità possono costituire vantaggi strategici solo se non vi è alla base una frammentazione sociale, per cui al posto di una sostenibile fluttuazione vi è un collasso del sistema.
Questo pericolo sussiste anche nell’ipotesi del raggiungimento dei limiti di tolleranza del sistema in cui viene meno la possibilità di una compensazione, ecco sorgere la necessità di una corrispondente strategia per la risoluzione dei conflitti al fine di aumentare la flessibilità del sistema e quindi la sua tollerabilità agli inevitabili stress (Capra).
La crescita della complessità di un sistema segue la classica curva a S, solo nella parte centrale si crea una “finestra di prevedibilità” nella quale si può prevedere il futuro con una sufficiente esattezza, con il decrescere della curva aumenta l’imprevedibilità a causa della combinazione di numerosi fattori interni o esterni e il sistema può esaurirsi in una regressione o al contrario entrare in un periodo caotico da cui uscire con una nuova autorganizzazione.
Queste “sacche di prevedibilità” vengono a crearsi all’interno di un qualsiasi sistema estremamente complesso, tuttavia la prevedibilità può essere solo a breve termine, in questo aiutati dalla ciclicità dei fenomeni nei periodi di omeostasi globale del sistema (Gandolfi).
Vi è pertanto la necessità di un ripensamento filosofico sulla realtà che comprenda anche la formazione della stessa, superando non solo il tecnicismo proprio individuato e ben descritto da Weber che lo divide dalle altre parti del sistema, ma anche la contrapposizione tra psicologia individuale e sociologia che viene a impedirne una più ampia comprensione della sua dinamica nella realtà sociale.
Per Weber la specializzazione e l’istruzione professionale di carattere razionale può trasformarsi in una “macchina inanimata”, ossia in uno “spirito rappreso” che può produrre servitù, così che la superiorità tecnica viene a contrapporsi alla libertà individuale (Rossi).
Si ha, quindi, un comportamento ordinato che può trasformarsi nella stasi e quindi nel congelamento dell’azione, ma il pensiero pur tuttavia corre e dall’implosione si creerà l’instabilità, che da una singola fluttuazione porterà all’esplosione caotica da cui rideterminare il comportamento periodico necessario alla complessità sociale umana.
È stato osservato che il pensiero filosofico si è finora limitato ad una linearità propria della realtà più semplice precedente al sistema industriale, vengono quindi a mancare la logica e le strutture mentali necessarie per sistemi più articolati e complessi (Oliverio), tanto che lo psicologo De Bono ha parlato di Parallel Thinking contrapposto al precedente Linear Thinking di origine classica, nel quale l’analisi procede in parallelo e non sillogisticamente secondo catene logiche.
D’altronde gli stessi errori possiedono un valore evolutivo, in quanto se diminuisce la loro accettabilità nel breve periodo secondo una visione lineare di sistema, divengono una risorsa nei momenti di crisi in cui la loro tollerabilità, se da una parte diminuisce per la sostenibilità del sistema, dall’altra diventa una opportunità per la soluzione di problemi e il salto di fase necessario nella nuova autorganizzazione (von Weizsacker), divenendo in tal modo il serbatoio della creatività nell’imprevedibilità ambientale (De Bono).
La logica del pensiero sistemico se è già entrata nella teoria aziendalistica con il Systems Engineering, metodica empirica per risolvere problemi complessi, di cui tuttavia è stata osservata una sua scarsa diffusione pratica presso i vari livelli e snodi della rete aziendale, per non dire di quella economica, dove la visione è sempre quella di un optimum locale se non a breve termine (Gandolfi), viene comunque a mancare in altri settori del sapere umano.
Noi confondiamo sistemi “complicati” con sistemi “complessi”, sebbene l’incapacità di governarli con sufficiente sicurezza ci mostra, attraverso le sempre più frequenti cicliche biforcazioni catastrofiche, i limiti di un ragionamento permanente settoriale e lineare, di cui lo stesso diritto attraverso la formazione tecnica prettamente settoriale ne è ampia parte, vi è quindi l’urgente necessità di superare la distinzione fra le scienze naturali e le scienze sociali e umanistiche (Prigogine – Làszlò).
Làszlò osserva che le nostre decisioni sono un misto inestricabile tra scale di valori e calcolo intuitivo delle probabilità, tanto che le stesse non sono altro che un risultato finale solo parzialmente razionale, d’altronde il nostro passato vive in noi come una ricostruzione della nostra coscienza attuale, la quale è a sua volta il prodotto di eventi passati secondo un processo circolare, quindi la stessa linearità è a breve mentre il sistema nel tempo è a feedback.
La logica della nostra razionalità è quindi di per sé stessa probabilistica, dovendo in essa inserire sia il caso che le nostre limitate capacità elaborative e le distorsioni di immagini che nel tempo noi stessi elaboriamo, come ci ricorda Godel, esistono vari concetti particolari di razionalità facenti parte della nostra complessa quasi-razionalità, in quanto l’etica pone una semplificazione di origine biologica alle complesse relazioni umane limitando la competizione estrema, distruttiva del tessuto sociale, a favore di una più efficace collaborazione, il diritto a sua volta, inserendosi nella crescente complessità sociale, dovrebbe favorirne l’omeostasi tra comportamento eccessivamente ordinato, quindi congelante, e comportamento creativo, nel quale vi è l’impossibilità organizzativa.
Per raggiungere questo fine la struttura dello stesso è una struttura a rete alla quale l’interpretazione collega i nodi concettuali dispositivi (Hengel), questa rete normativa è tuttavia a sua volta calata in una rete di relazioni sociali che deve potere favorire nella crescita, stabilizzandone al contempo la sostenibilità, al fine di evitare gli estremi della disintegrazione o della implosione nella stasi, entrambi corrispondenti al concetto di morte organizzativa, tale visione viene a modificare i paradigmi su cui si fonda la visione settoriale dell’universo normativo (Kuhn).
La rete normativa nel suo rapporto con il tessuto sociale e le organizzazioni, che lo costituiscono, nonché con gli Ego che ne formano il mosaico, può essere valutata sotto i due aspetti dell’efficienza e dell’efficacia, ossia della capacità di essere mezzo di trasmissione e facilitatore nella produzione di risorse fisiche e intellettuali, ma anche capace di temperare le fibrillazioni del sistema adattandole al modificarsi del contesto.
Il modificarsi dei sistemi attraverso il loro interagire fa sì che le regolarità, presenti nei sistemi umani, possono facilmente trasformarsi in irregolarità di soglia, in cui si manifestano le necessità di scelte le cui biforcazioni vengono a modificare le stesse strutture e regole che le costituiscono, d’altronde tutti i modelli logici con cui attualmente si rappresenta il mondo ne appaiono come rappresentazioni imperfette, dove l’intrecciarsi di esperienze e conoscenze con il metodo della prevedibilità analitica ottiene risultati imprevisti, tanto da indurre a passare dalla prevedibilità alla possibilità nel lungo periodo.
Osserva Feyerabend che gli apparati concettuali emergono lentamente da situazioni impreviste, talvolta irrilevanti e solo successivamente si trasformano in teorie, fino a fare dimenticare o considerare superate le osservazioni e i problemi anteriori, questo si inserisce nell’attesa dell’evento che l’osservatore crea nel momento in cui viene rilevato il problema secondo il modello popperiano, se ne deduce che la logica giuridica si inserisce in una causalità negata in quanto contraria alla successiva necessaria tecnicità.
D’altronde vi è uno scollamento anche tra il meccanismo causale proprio dell’io giuridico e la rilevanza statistica del sistema normativo, le relazioni causali proprio per la complessità dei rapporti umani non si possono correlare integralmente al sistema normativo in termini statistici (Salmon), questo impone da una parte una correzione con l’introduzione di una forzatura interpretativa dall’altro una semplificazione mediante attrattori, che si possono individuare nelle Corti Supreme.
L’Estetica in Logica ed Etica
I sentimenti etici sono anche sentimenti estetici, tanto che Lalo chiama questi ultimi “sentimenti tecnici”, in quanto intuizione immediata di tutti quei mezzi d’azione accettati dalla collettività.
L’insieme dei “sentimenti tecnici” vengono a trovarsi in “armonia” mediante l’uso razionale degli elementi matematici, fisiologici, psicologici e storici, così che l’estetica è in stretto rapporto con la scienza e la morale, come già teorizzato da Véron, Proudhon e Taine, ma è la più complessa vita sociale che imponendo una forma storica circostanziata, “tipicizza”.
L’universalità si riduce alla collettività che a sua volta determina la normalità, la quale affonda le sue radici in una precisa organizzazione.
L’etica come l’estetica è quindi un contrappunto di strutture mentali e tecniche, dove l’estetica psicologica viene a raffrontarsi con l’estetica sociologica come l’etica psicologica si raffronta con l’etica sociologica, secondo una precisa normazione
Basch riconosce, come Kant, al sentimento la forma primordiale su cui agiscono pensiero e azione, ma contesta a Kant il sottomettere il “sentimento” al “GIUDIZIO”, quando prevale comunque il “sentire”, dove estetica ed etica vengono a corrispondere.
La “forma” dell’estetica a sua volta l’avvicina alla “forma” della logica nel togliere o lasciare aristotelico, nella dissolvenza o nello sfumare della “logica fuzzy”, vi è quindi una corrispondenza tra logica, etica ed estetica che si trasfonde in una esperienza e in un atteggiamento.
Bello è, quindi, quello che in tutti i campi si avvicina alla perfezione o armonia perfetta (Sourian).
[continua]
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