In copertina e all’interno fotografie dell’autrice
Pubblicazione realizzata con il contributo de IL CLUB degli autori in quanto l’opera è Segnalata nel concorso letterario Jacques Prévert 2013
Motivazione della segnalazione al concorso letterario “Jacques Prévert” 2013 sezione poesia
«Una nota di merito a questa raccolta, che si segnala per alcune belle poesie e per il motivo di fondo, difficile e attraente insieme: lo si potrebbe chiamare “l’arte del congedo”, che sia da persone o cose poco importa, che sia personale o di altri importa ancora meno. Il saluto prima della separazione, l’attimo in cui si avverte che quella situazione, quella cosa, quella persona non la vedremo più, un attimo denso come piombo ma che scivola via come un’ala di farfalla: è questo il motivo che percorre tutta la raccolta, la rivestono di un dolore sobrio e scabro, che solo a tratti si permette di urlare, ma anche di consapevolezza e di gratitudine verso chi ha preso, dato, è stato e non è più. Qualche verso, tratto dalla poesia che apre la raccolta, dedicata alle innumerevoli donne / che mi hanno preceduta nel tempo: E io? E io? Grido ora / nell’abito rosso della ribellione / nell’abito rosso dell’ingiustizia / rosso come il sangue perso / per una mia scelta una mia rinuncia / È solo un grido e poi ancora il silenzio / e tacerò i miei bisogni vestiti di grigio… Una raccolta dedicata a tutti, ma in particolare alle donne, perché loro sanno che cosa vuol dire scegliere, congedarsi, stringere i denti tra il rosso e il grigio».
Olivia Trioschi
(presidente del Premio Letterario Prévert – sez. poesia)
Prefazione
La poesia di Silvana Marchini è profondamente sentita e rappresenta la fedele espressione della sua visione esistenziale sempre cercando di scandagliare le manifestazioni del vivere, dalla consapevolezza del percorso compiuto alla disamina della più labile percezione che tocca l’animo.
Tutti combattiamo la nostra personale battaglia in questo mondo e Silvana Marchini, nella sua osservazione, constata amaramente che è in atto un lento dissolvimento dei valori fondamentali che dovrebbero sostenere la nostra esistenza: ci si rifugia nel proprio angolo, “nascosti dietro un muro”, costantemente preoccupati di indossare la maschera giusta per l’occasione, incapaci di ascoltare gli altri perché chiusi ed asserragliati nel piccolo mondo che ci siamo costruiti intorno, solo capaci di difenderlo e ricostruirlo appena cede in qualche parte.
Nelle poesie che compongono la silloge “E… questa è la vita” v’è quindi la costante volontà di interrogarsi sulle dinamiche esistenziali, superando le delusioni ed i momenti di dolore che si presentano all’improvviso, facendo i conti con le difficoltà di un dialogo e con le mancanze dovute all’ascolto negato: nell’immobilità che prende alla sprovvista, nel silenzio che tutto ammanta, nella consapevolezza che “i sogni addolorano ma a volte consolano”, si ritrova lo spiraglio luminoso d’una nuova visione che può innalzare il nostro essere e aiutarci nella difficile arte della comprensione, fino a riuscire anche a “donarsi” agli altri come fosse un “respiro d’amore” che si è manifestato.
Le poesie di Silvana Marchini nascono dal travaglio nel profondo del cuore, si alimentano della sua passione e la sua Parola stupisce e commuove quando diventa “effusione d’amore” per la vita, come a sentirsi donna indifesa davanti all’abissale contemplazione della propria solitudine: e lei scrive “ognuno vive solo”, ma sa molto bene che, grazie al coraggio e alla determinazione, si deve sempre cercare di andare avanti senza voltarsi indietro.
E sono proprio “le parole che sconfiggono il silenzio”, che aiutano a penetrare nel profondo, che conducono alla sostanza autentica della vita stessa: tutto si miscela e si plasma in una visione lirica che fa dirigere la mente verso la volontà di una trasformazione, al desiderio di una “crescita” interiore che sia medicina per il proprio essere.
Al di là della simbolica “porta” che conduce ad una nuova dimensione vi può essere la rinascita perché oltre la fatidica porta c’è la propria vita da percorrere con “accresciuta consapevolezza”: solo allora si può abbandonare il pianto del dolore, guardare il mondo con nuovi occhi e sentirsi, finalmente, padrona di se stessa.
L’ultimo passaggio è riuscire a mettere sul piatto della vita la propria forza che aiuta a vivere il presente dopo aver superato le fatiche di un sofferto cammino, così come la propria rabbia che diventa energia propulsiva: ecco la capacità di accogliere tutto con “accettazione”, come a lasciare che “la vita segua il suo corso” eppure non perdere mai il desiderio di vivere la “meraviglia” che ogni giorno può concedere.
E Silvana Marchini riesce ancora a meravigliarsi.
Massimo Barile**