In copertina: «Monumento ai caduti del 4 A 1» (arte grafica di Maurizio Lobbia)
Prefazione
Sulla singolarità di ogni poeta, il noto letterato Peret afferma che il poeta non può essere riconosciuto come tale se non si oppone, mediante un non conformismo totale, al mondo in cui vive e, invero questo fa il nostro poeta Stefano Beccacece, apprezzato autore di brani di prosa e di poesia, giunto al suo secondo “singolo” (dopo “Cielo stellato”) e ben presente nel variegato universo culturale e letterario con diverse partecipazioni a recital e concorsi. Tutta la silloge ha una colonna sonora costituita dall’amore. Il verso “La poesia ha tracciato la mia strada” è un canto alla passione per l’espressione lirica, vera e propria valvola di sfogo, per Stefano, dei suoi sentimenti più puri.
“La nostra libertà”, che dà il titolo all’intera raccolta, è tutto un programma, pur nella sua sintesi: perderemo la nostra libertà se c’imporranno dei paletti persino in materia d’amore. C’è molto da riflettere, meditare e ponderare, cari lettori, sull’elevato significato intrinseco e sul forte messaggio che il giovane Beccacece dà a tutti, vecchi e giovani. E ragionando a proposito di “Traccia”, tornano alla mente i famosi versi del Foscolo: “Sol chi non lascia eredità d’affetti, poca gioia ha dell’urna.” Aveva ragione Orazio quando diceva di aver innalzato, con la poesia, un monumento perenne e indistruttibile. Passando a “Il linguaggio poetico”, è un omaggio alla soavità e alla dolcezza che le parole delle poesie riescono a creare e a quel senso di emozione che un po’ tutti proviamo leggendo una poesia che fa vibrare le corde della nostra sensibilità. “Insensibile” evidenzia la glacialità e l’indifferenza di chi, privo di amore, non riesce a provare alcunché nei confronti della musa ispiratrice, quella creatura sublime, angelicata, eccelsa, celeste, cui Stefano dedica varie poesie contenute nel volume. Ma se Petrarca vede l’amato suo bene (quasi soprannaturale) quasi dappertutto, nelle chiare fresche dolci acque, sui monti di pietra, nell’aria, invece le creature cui è dedicata gran parte dei versi, sono vive e presenti.
Ma è giusto evidenziare anche l’interesse per i temi sociali e attuali come nel caso di “Quando avviene una grande scoperta”, attraverso cui emerge l’attenzione nei riguardi dell’importanza della ricerca nei vari campi (medico, scientifico, tecnologico, ecc.) che meriterebbe maggior sostegno da parte di chi di competenza. Il brano “La speranza” è un vero e proprio inno al desiderio, che è in tutti, di migliorare il presente. La speranza non può essere legata ad un credo politico o religioso, altrimenti diremmo che “ La speranza è un fiore che frutti mai non dà.”
Come un caleidoscopio ricco di colori arriva “Non ho voglia di dormire” che è un vero e proprio programma da consigliare a tutti: quando non abbiamo voglia di dormire, mettiamoci seduti e scriviamo tutto quello che ci passa per la testa, sfogandoci.
Leggendo “Osservando il mare”, veniamo coinvolti nel rifiuto della mondanità circostante restando, però, affascinati dalle faraoniche imbarcazioni che solcano le spumeggianti onde blu.
“Stazione” è un rumoroso universo fatto di gente che parte, gente che arriva, e c’è – ovviamente – un treno simbolo dell’audacia e delle occasioni mancate al tempo stesso.
Stefano possiede una sensibilità eccezionale pertanto, non poteva mancare un bell’omaggio all’arrivo di un neonato con “Una nascita” e “Battesimo”, due brani splendidi ed originali.
In crescendo si perviene all’ossequio nei confronti della nota scrittrice Capisani con “A Dea”: una poesia molto fine cesellata con un linguaggio fotografico del momento dell’ispirazione, in una serata illuminata dalla beltà interiore della letterata.
Concludendo questa analisi passiamo a “Continuerò a scrivere”, un felice augurio e un auspicio per tutti noi: il simpaticissimo, fantasioso e spumeggiante Stefano ci assicura che continuerà a deliziarci con i suoi meravigliosi e soavi versi che vanno scritti che vanno dritti al cuore, regalano illusioni, emozionano e piacciono perché ricalcano quello che sentiamo e proviamo tutti noi.
Beccacece, oltre ad una solida preparazione culturale generale, che emerge da tutti i suoi scritti, ha anche considerevoli doti di fantasia e di sensibilità. È un artista, un poeta che capisce e spiega certe cose che sfuggono, ha la parola facile e va ascritto a grande merito il fatto che non usa parole altisonanti, astruse e incomprensibili. L’espressione è scorrevole, sciolta e affascinante. È il caso di dire “Ho detto tutto”. Ma sarà davvero così?
Prof. Renato Cesarò