LA TERRA DOVE CAMMINO
È lieve intorno un brusìo d’insetti le cicale
e il guizzo caldo d’un pioppo murato,
il viso mi transita
così che ancora oggi porgo al turbine vitreo dei prati
il mio mansueto e affondato lamento;
un altro anno è posato
come in pause di sera la pioggia
a poca luce che oscilla e perdura
come il vento in un dirupo, lontana ti sò:
non sia il passaggio funebre delle nubi
a far di me un prigioniero.
È giallo e poi bianco
dove le api scorrono il fico
e i caprifogli arrampicano la catasta
la terra dove cammino
mi porta da un male all’altro.