I
E disse Dio: «Facciamo l’uomo.
Pensiamo a Voi ed Io insieme
Che in uno solo siamo e sono
Perché in voi stessi siate il me che siete
Dilaghi Amor sopra le acque e il suolo!»
Ed inspirò e si fermò il creato
Attonito a quella vista nova
Ferma la belva nel ferale agguato
Ferma la chioccia intenta nella cova
Ferman le stelle il loro corso usato
Fermano i monti il loro starsi in posa
Tutti miranti immobili ed attenti
Tutti riunendosi in un punto negli intenti.
Ed espirò dentro a le nostre nari
L’indefinita forma dell’umano
Che appressa l’uomo a Dio quando è lontano
«sia questo, o uomo, mio novel respiro
Per te di guida nella vita scura
Per te sia segno di fatal destino
Non avrai porto o nave che sicura
Ti sosterrà nel naufrago cammino
Proverai il duolo, l’ira e la paura
Piangendo avrai la vita ed in sospiro
La chiuderai per tua mortal natura
Ma ricordati, amor mio, del mio respiro
Che talor ti incendierà nel cuore
E come fiamma che bruciando suole
Mostrar la via tra tenebre vicine
Ti sia nell’alma solitaria il soffio
E ti ripeta spesso le parole:
io sono teco dal principio al fine.
Non obliare queste dolci note
Pur se da presso vedrai come il mondo
Gli spiriti gentil con man percuote
Ricorda come spirai nel tuo profondo
L’amor che trassi da me stesso e in poche
Forme di fango da le terre roge
Trassi l’imago che con te confondo
Soffiandoti la vita nelle froge
Tu similmente con soavi rime
Modella i detti e le terrene ceneri
Perché i dolor diventino più teneri.
Toccando l’uomo col sentir le cime
Della mia impresa e con la fantasia
Tosto vedrete le sostanze prime
Riunendosi venire a me per via.
Ricordati sovente del legame
Che non puoi perdere ma pur scordare
Che unisce Noi e te nel vasto cielo
Rimanga il mio sospir sotto il velame
Resti con te a riscaldare il gelo.
Ma se dovessi pur dimenticare
E via da me lungi da te fuggire
Quell’intima e profonda unione
Che lega insieme voi ed Io potrai sentire.
Ed ora vai, ti do su tutto impero
Sarai signor su l’acqua e il fuoco
Per mente e per ingegno di non poco
Su bestie e piante regnerai primiero
E poiché Dio e Amor sono una cosa
E Amor nel sentimento si dà all’uomo
Soltanto nel sentirmi in ogni cosa
Potrai di nuovo risentir chi sono
Soltanto allor, fissando gli occhi miei,
Uomo potrai scoprire e risentir chi sei»
II
Non ho da rammentare un solo giorno
In cui il mio legno riposò ne la bonaccia
Da anni il mio equipaggio non risente la risacca
De la riva immota e de le terre lor natie
Da ventun anni seguitiamo ancora
A naufragare intorno
E disperiamo ormai della dimora
Ove chetar le vele e riposare i remi
Abbiamo il mare nelle vene
E il sale incrosta gli occhi nostri e il cor.
Non ha una meta il nostro viaggio
E non ha quiete la tempesta
Di navigare mai non resta
Il marinaio sognator
III
CAINO: Accogli l’offerta di messi
Costata dolore e fatica
Accoglila al suon dei cipressi
Che al vento ti allungan le dita.
La fiamma che i campi feconda
Consumi il dolore che provo
E il fumo che il capo circonda
Ricopra l’intorno ed il suolo.
ABELE: accogli l’offerta di carni;
nel petto c’è un cupo sentore,
deponi dall’animo l’armi
accogli l’offerta del cuore.
L’offerta che viene seconda
Per prima ti giunge nei cieli,
perché più veloce risponda
presento un dolor senza veli
C: in fondo da ignoti recessi
A: lo spirito geme nell’ira
C: ricopre la brace le messi
Erompe la rabbia più viva
A: il fato che al mondo mi hai dato
C: abbraccia lo spirito e il suolo
A: pur conscio del nero peccato
La fiamma purifica l’odio
Tra nuvole inquiete e serene
Tra rivi impetuosi e mansueti
Due animi muovon le menti
A piani d’arcani segreti.
Scrutando l’interno registro
Che è legge dell’animo umano
Un uomo resiste all’abisso
Un uomo sprofonda lontano.
Tra gioia e tormento, tra pianto e risata
La vita vi è data
Prudenti ed incauti, a piani più alti
Volgete l’intento
L’origine vostra dà voce
all’urlo incessante che senti da dentro
Qual è l’assetato
Che getta via l’acqua e mantiene la brocca?
Voi siete la brocca, io l’acqua,
e noi il sentimento.
Ma non Caino quel suo sguardo errante
Alzò nel ciel verso più alti intenti
Ora giungea pertanto da Levante
Grido di sangue ai tremolanti armenti,
un sentimento solo gli urta il cuore
e gli solleva i palmi dalle messi
per poi calarle sopra ad un che muore
muore nel sangue al grido dei cipressi.
IV
Un uomo a fine della via terrena
Giunse a una spiaggia ove sedeva assorto
Un tal mirando nella notte scura;
gli disse l’uomo con gioiosa lena:
«eccomi signor or ti riconosco,
lungo cercai i passi tuoi nel tempo,
li ricalcai con senno fiducioso
e godo ora a ritrovarti intento
a contemplar non so che entro la sera»
«guardo nel buio e penso a quel che sento
Ma porgimi la mano e presta il piede
Ancora un poco lungo il litorale
Lunga fatica è degna di mercede
Sì giungeremo al luogo ove risiede
Vestita in forma la vita tua mortale:
giunto alla cima il pellegrin s’allegra
dalle alte vette fino al deserto piano
a rimirar la strada fatta intera.»
Giunsero là ove la rena fredda
Prendeva sagoma in vestigia umane
«tutta la vita ne la sabbia impressa
Passa nel mondo, eterno ivi rimane.
Non v’è un istante, un sentimento o un moto
Che pose sede dentro i cuori lassi
Che in queste forme poi non vi si scriva
Ogni gioia ogni dolore ogni paura
Si imprime saldo sopra questa riva
Finché la vita all’altro mondo dura.»
E l’uomo vide presso le sue orme
Altro cammino fianco a fianco andare
«chi fu che andando in queste forme
Nel mortal viaggio mi fu sì vicino?»
«Son io il compagno che ti fu sodale;
curai i tuoi passi quando da piccino
t’incamminasti verso l’ore estreme
con te restai dai primi tuoi vagiti
e pur vedi due orme andare insieme
nel giorno addietro in cui fuggiti
dal petto furon gli ultimi respiri.»
ma allor lo sguardo volse l’uomo cupo
dopo che breve ebbe mirato i segni
e disse come tuono entro il dirupo:
«fan torvo il petto mio questi disegni;
mira i momenti della sorte avversa!
Guarda i momenti che la morte pinge!
Guarda ove fu desolazione e strazio!
Mira ove fu la vita troppo trista!
Fa il mio sapere soddisfatto e sazio
Poiché conosco infine in questa vista
Fin dove il sospirare ci sospinge.
Tutti gli istanti in cui fui manco e triste
Hanno un’impronta solitaria impressa
Quando maggior bisogno ci sussiste
Ti stai lontano dall’uman tempesta
Fosti agli estremi più remoti assente
Quando più stretto ebbi il mio legaccio
E mi lasciasti a disperarmi solo»
«in quei momenti ti ho tenuto in braccio,
triste mio figliolo»
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