PARTE PRIMA
OGGI – 2007
“Ho sognato di essere una farfalla, ed al
risveglio ho capito di essere un uomo.
Ma non so se sono una farfalla che
sogna di essere un uomo, o piuttosto
un uomo che sogna di essere una farfalla”
(Zhuangzi)
La fase di ritorno è quasi completata. Due o tre sconquassi da assestamento, ma niente di problematico. Bioritmi riallineati forzatamente da uno spiffero troppo insistente nello spolverare la palpebra sinistra.
Fred, prima di aprire gli occhi, si ripara con la mano la visuale. Con un balzo è già vicino alla serranda. La apre del tutto. Si veste in fretta, dando le spalle alla luminosa giornata di inizio autunno, i cui screziati colori non riescono a metterlo di buon umore. Il loft puzza di vestiti sporchi e lavandino otturato. E non odora di donna. Mancanza in positivo come in negativo: oltre al profumo, l’ambiente ci guadagnerebbe in pulizia e ordine, dunque il sudiciume tipico della vita da single sarebbe annullato. Fred sospira sommessamente l’insofferenza per la sua solitudine. Sette anni di intenso lavoro, con l’unico risvolto concreto di una vita privata inesistente, anziché di un proficuo appagamento professionale.
Il suo lavoro, sì… un’altra giornata a ripetere gli stessi, inconcludenti, esperimenti… senza alcun risultato applicativo degno di nota.
Con un moto di natura compulsiva, si toglie il bite dalla bocca. Ad un primo contatto con il palmo della mano, Fred sente un proliferare nuovo di taglietti, incisioni e scanalature nella plastica consunta. Si è dato da fare anche stanotte. Si dirige pian piano verso la cucina, mosso automaticamente dal desiderio di alleviare il palato dal sapore asettico che vi impera.
Speranza vana.
Il mix forzato di bevande sottratte alla confusione del frigorifero ha un retrogusto più amaro del solito. Fred imputa ciò all’abbattimento morale connesso al solo pensiero di dover passare altre quattordici ore di fila al “LaBerge & Berger” Institute, più che al succo d’arancia andato a male, nient’affatto in amalgama con un inacidito yogurt a pezzettoni.
Ribalta alla bene e peggio il divano letto senza la minima cura di sottrarre al riavvolgimento le coperte spiegazzate. Passa un attimo davanti allo specchio in entrata per darsi una controllatina al volto, prima d’uscire. Risistemandosi creste isolate di capelli ribelli, fissandosi nell’intimo con la mortificazione di una regina cattiva già sconfitta da Biancaneve, pensa ad un lato tragicomico della sua attuale esistenza: proprio lui, ricercatore con esperienza oramai decennale nel suo settore di studi, ad una visione esterna ed oggettiva della sua persona, potrebbe esser indicato come il meno adatto ad arrivare ad un qualche risultato di rilievo. Da circa tre anni, infatti, al risveglio non ricorda mai alcunché del tempo passato fra le braccia di Morfeo.
Il sole si è attenuato, per fortuna. Fred non sopporta di doversi infilare gli occhiali scuri. Trova che non si adattino affatto alla sua personalità. Traduzione: gli darebbero un tono troppo sicuro di sé; preferisce passare in sordina attraverso un costante e vantaggioso basso profilo di falsa umiltà. Il tram delle cinque è sempre affollato, nella prima parte del tragitto. Ricco di operai e impiegati stanchi ma dall’occhio ringalluzzito per la chiusura della giornata in ufficio o del turno in fabbrica. La zona dove si trova il loft di Fred è tempestata da megapalazzi zeppi di sedi legali o amministrative e capannoni industriali dediti alle produzioni più disparate. Poi, il popolo dello stipendio fisso, con l’andare delle fermate, scema nei paraggi dell’impermeabile ocra di Fred, ed egli, se ha fortuna, può anche riuscire a trovare posto a sedere. Il mezzo si inoltra nella zona residenziale della città, la più vivibile, segnata anche dai principali locali dediti ai divertimenti notturni. Fred non è diretto lì. Magari lavorassi in un pub come barista, pensa; bene o male, resterei sveglio nelle stesse ore del mio attuale impiego con il vantaggio di essere di fronte ad un po’ di vita vera, conoscenze femminili, pestaggi di ubriachi, partite di playoffs in TV… noccioline e birra, soprattutto. Un po’ di noccioline e birra, Dio santo!… basta con quei caffè allungati che non servono nemmeno a farti restare sveglio, tanto sono annacquati. La caffeina rischia di entrarti in circolo quando stacchi dal turno, alle sette di mattina.
Senza accorgersene, Fred è rimasto praticamente solo nel tram, che si è lasciato alle spalle il centro della città. Gli restano due fermate, poi dovrà proseguire a piedi per una quindicina di minuti, dieci dei quali rientrano già nello spazio fisico d’ideale pertinenza del LaBerge & Berger. Il gigantesco complesso ipertecnologico si vede spuntare anche adesso, con la parte superiore della sua struttura massiccia e ripetitiva, dall’altro lato di una dolce collinetta. Fred riflette, forse per la prima volta, sull’eccessivo sperpero di risorse finanziarie statali per la costruzione di un simile pugno in un occhio. E non si tratta nemmeno di un pulpito decisivo sulle più urgenti questioni e problematiche medico-scientifiche mondiali, secondo il parere di Fred. Soldi per le ricerche sulle malattie genetiche, sulla cura per il cancro, persino per il raffreddore, sarebbero stati spesi meglio.
Mentre scende incalzando i portelloni automatici, ammette a sé stesso di stare esagerando. Ci sono settori del LaBerge di innegabile importanza, come il C, dove si sperimentano nuove tecniche per la cura delle malattie del sonno, o l’F, famoso in tutto il continente come l’avamposto meglio piazzato nella mappatura dei geni implicati nel coordinamento del ritmo veglia-sonno. Altrettanto non si può dire del T, quello dove lavora lui. Una vera perdita di tempo; un congresso di eterni studentelli di medicina, affascinati dalla neurologia associata alla fase REM, che si divertono a prendersi a torte in faccia propugnando ognuno una teoria strampalata dell’ultim’ora. E con che coscienza i finanziatori privati, che sostengono interamente il progetto area T, continuano a foraggiare inutili vaneggiamenti inconcludenti?
Beh… seppur in maniera un po’ troppo critica, il soliloquio interiore è riuscito a fargli compagnia per buona parte della lunga galleria che immette all’ascensore d’ingresso. Non si è nemmeno accorto di aver estratto automaticamente la tessera identificativa ad ogni cancello presidiato dalla sicurezza. Pigiando, con un sospiro, il pulsante dell’undicesimo piano, emette un poco convinto: “Forza, su! Timbriamo il cartellino”.
E pensare che una volta gli piaceva. Non avrebbe desiderato fare nient’altro.
Kassie pratica dolcemente gli elettrodi sullo scalpo secondo il posizionamento classico. Oramai ha familiarità con il testone di Nathan. Quante sono ad oggi? Ottanta, novanta settimane? Senza contare le interruzioni… Non si ricorda con precisione. L’unica cosa di cui è consapevole è che si sta innamorando di quest’individuo bizzarro e strampalato. Subito aveva tentato di allontanare l’idea, impaurita più che dalla condizione di cavia propria di Nathan, ossia un essere umano con cui dovrebbe avere un rapporto oggettivo di studio, che dal senso di repulsione offertole dall’immaginarsi in una vita futura accanto ad un tipo del genere. In apparenza, Nathan è la sede di tutte le bassezze possibili immaginabili. Non ha un lavoro e non si scervella certo per trovarne uno. D’altronde, nell’età degli studi obbligatori, non si è affatto curato di costruirsi un futuro. Mantenuto dalla madre fino a tre anni fa, ha cazzeggiato in tutte le forme ed i modi possibili. Un re del cazzeggio, il vate del tempo libero, dell’onnipresente e assillante tempo libero. Quando mammina se n’è andata sotto terra, la pensione che li aveva fatti sopravvivere entrambi è evaporata. Dunque Nathan è stato sballottato fra sussidi sociali, lavori interinali improbabili, provini d’attore per produzioni pornografiche, persino la sporadica appartenenza ad un gruppo di rapinatori di botteghe d’alimentari dai risultati altalenanti. Il riassunto di tre anni, condito dalla dimenticanza di molti frangenti squallidi, come qualche mesetto di elemosina in giro per le strade, fino a che… fino a che non è capitato al LaBerge & Berger, grazie ad una qualità che aveva sempre saputo di avere, ma che non aveva mai avuto modo di far fruttare. Anzi, prima di essersi imbattuto per caso nell’annuncio giornalistico, non aveva in alcun modo pensato si trattasse di una dote degna di un così elevato apprezzamento economico. Non sapeva che il LaBerge & Berger non badasse a spese. Kassie ritiene, forse, di essere attratta proprio dalla leggerezza d’animo di Nathan, dal suo non crucciarsi in alcun modo del futuro, del dolore, della precarietà. È più forte di quello che sembra, pensa, dopo aver controllato se l’EEG è tarato bene. Mentre compie un rapido check-up anche del resto della strumentazione, facendo particolare attenzione ai contatti dell’Elettromiogramma e dell’Elettroculogramma, per evitare rimbrotti da Fred, Nathan sembra leggerle nel pensiero:
Nathan – Secondo te, il povero Fred non scopa poco?
Kassie – Come scusa?
Nathan – No, niente, è solo che mi sembra depresso. Non ha una donna a casa che possa risollevarlo?
Kassie – Ce l’aveva, fino a qualche anno fa. Stavano anche bene insieme, ma… ma che vuoi, non sono mica affari tuoi! E, in ogni caso, non mi pare poi così depresso. Magari sarà solo stanco. Ti ricordo, che anche se non sembra, questo lavoro è alquanto stressante. Almeno per noi e quelli che stanno dalla nostra parte, intendo.
Per un attimo si stava abbandonando a confidenze intime con Nathan, senza accorgersene. Ad ogni parola gli si faceva più vicina. Il linguaggio del corpo era inequivocabile. Farci sesso assieme potrebbe essere solo una questione di giorni. Il pensiero che l’infingardo si porterebbe a letto anche una novantenne tetraplegica, stranamente, non contribuisce a lenire la sua attrazione verso di lui.
Nathan – Scusami tanto! Non penso di essere stato così indiscreto. È solo che mi sta a cuore la condizione del boss… comunque mi deludi, ero convinto che avessimo raggiunto ben altri livelli di intimità, noi due. Non credi?
La battuta era stata formulata con un tono troppo giocherellone per essere presa come una frecciatina dagli intenti provocatori. Il solito divagare arzillo tipico di Nathan, insomma. Nonostante ciò, la ricercatrice era quasi sobbalzata sul posto, avvampando nel giro di poche frazioni di secondo su tutto il volto, come una pudica scolaretta. Doppiamente svergognata, poi, quando irrompe anche Fred sulla scena:
Fred – Sbaglio o ho sentito parlare di intimità?… siamo a posto. Siete già arrivati a questi discorsi? Beh, sappiate che avete la mia benedizione!
Ma che cos’è, pensa Kassie, una congiura? Su forza, ricomponiti, brutta scema!…
Kassie – Siete proprio spiritosi, voi due assieme. Che ne dite di proporvi come duo comico alla serata con i finanziatori, sabato?
Fred – Non farmi nemmeno pensare a quell’inferno… potessi dare buca, lo farei volentieri. Mi immagino già a trangugiare champagne e strafogarmi di dolcetti, cercando di prender tempo ed eludere le domande assillanti sui progressi del nostro dipartimento.
Nathan – Se proprio ti scoccia così tanto, sono pronto a sostituirti io, capo!
Fred – Mi vuoi vedere morto? Mi licenzierebbero in tronco, dopo le sceneggiate patetiche che improvviseresti da ubriaco fradicio. Mi è bastata la volta che ti ho invitato da me a mangiare messicano…
Nathan – Eh, sì, capo, beccato! Troppa tequila, capo!
Fred – Nathan?
Nathan – Sì, capo? Che c’è?
Fred – Smettila di chiamarmi capo, per favore. Dove pensi di essere? Non siamo mica una squadra investigativa… seconda cosa: perché sei così dannatamente sveglio?
Nathan – Non saprei capo… sarà la stagione!
Fred – Ma non dire fandonie, per piacere! Semmai, è più normale sentirsi affaticati, in questo periodo dell’anno.
Nathan – Appunto, capo, così stanchi da non resistere ad una piccola pennichella pomeridiana.
Kassie – No Nathan, non mi dire che… un’altra volta! Ti avevamo raccomandato di restare sveglio durante il giorno. Cazzo, con tutti i quattrini che ti becchi puoi anche fare lo sforzo di resistere ad un po’ di sonnolenza!
Fred, persa del tutto la speranza di aver ragione di un individuo del genere, si siede al tavolo da lavoro e china la testa su rotoli interminabili di grafici zigzaganti. Ha distolto volutamente l’attenzione dalla cavia. Dopo aver riflettuto per qualche minuto si rivolge a Kassie:
Fred – Si sono avuti quattro picchi nella nottata di ieri.
Kassie – Sì, gli ultimi tre, a distanza molto ravvicinata nel tempo, nella seconda metà del sonno, come è evidenziato dai dati polisonnigrafici.
Fred – I dati relativi ai principali parametri fisiologici?
Kassie – Rispecchiano gli andamenti soliti. Come puoi vedere, il metabolismo del glucosio rallenta in fase Non REM, per poi aumentare progressivamente durante il sonno paradosso. Allo stesso modo si comportano il flusso sanguigno e la pressione arteriosa intracranica.
Fred – Una storia già scritta… noto sporadici fenomeni di aurosal. Condensati attorno al terzo ciclo.
Kassie – Sì, esattamente. Se ti ricordi, abbiamo appurato che si trattava di una risposta di natura emozionale. Esattamente in quei secondi stava sognando di cadere nel vuoto.
Nathan – Ho capito la vostra tecnica; con quest’elenco di dati noiosi cercate di addormentarmi… molto bravi, ci state riuscendo.
Fred – Kassie, vai con la punturona, ti prego!
Kassie – Ma come, non l’abbiamo mai fatto finora… i sonniferi, seppur naturali, rischiano di alterare il normale pattern di alternanza ciclica, interferendo con l’attività onirica. Rischiamo di ottenere risposte falsate.
Fred – Con quello che si è buttato giù da giovane Nathan, tra pasticche, antidolorifici e barbiturici, il suo caso può definirsi alterato a monte… diciamo che viviamo già di rendita. Un po’ di chimica omeopatica non lo sposterà di una virgola. Sono stanco di perdere tempo!
Kassie – Come vuoi tu!
La giovane dottoressa prepara controvoglia la mistura di sonniferi ad azione organica immediata, ossia una bestemmia per l’integrità degli studi polisonnigrafici, e giunge alla conclusione che Nathan non è proprio stupido come si mostra. Effettivamente, Fred dovrebbe farsi una bella scopata rilassante…
Se uno del campo lo vedesse all’opera per la prima volta, ne rimarrebbe di sicuro incantato. Negli annali delle cronache dei maggiori centri del passato, specializzati nell’indagine polisonnigrafica, si raccontano di casi celebri che nemmeno possono avvicinarsi a questo. Nathan è un portento. Già essere un sognatore lucido è circostanza piuttosto rara nello spettro totale della varianza umana. Arrivare, però, ad un tale livello di padronanza della situazione onirica va al di là di ogni comprensione. Ed è anche un po’ sospetto, pensa Fred. Tanto per dare un’idea, è come avere a disposizione un reportage diretto sulle fantasie di un sognatore, nel momento stesso in cui esse si concretizzano. Ed è lo stesso sognatore a fornircele in presa diretta. Seppur attraverso un codice concordato fra lui e gli osservatori, ovviamente. Ma anche in quest’ambito Nathan dimostra la sua eccezionalità. Il tipico sognatore lucido, per quanto bravo possa essere, si limita a comunicare la presenza nel sogno di alcune situazioni tipo, attraverso un prestabilito movimento delle pupille in fase REM. Ad esempio, due movimenti da destra a sinistra, seguiti da tre da sinistra a destra possono voler dire che si è consapevoli di essere nel bel mezzo di un incubo. Quasi mai, poi, piccole abilità nel muovere i polpastrelli delle dita autonomamente possono essere strutturati in un linguaggio preciso, e vengono utilizzate solo come conferma che il sognatore diventa di fatto lucido, senza ulteriori specificazioni di contenuto e lettura psicologica.
Nathan, Dio solo sa perché e come, riesce a farti capire anche se sta sognando di pattinare con un tutù viola addosso, alle olimpiadi invernali, facendo un duetto con il mahatma Ghandi. Per la precisione: pollici in alto per sogno di natura positiva e felice; quattro colpi d’occhio sinistra-destra per movimento, sei contrazioni dell’indice sinistro per ruote e tre del mignolo destro per piedi; sette occhiate destra-sinistra per il colore viola e rotazione a compasso dell’anulare (destro o sinistro non importa) per sensazione di vestito stretto che costringe il corpo. Descrizione più che sufficiente, estremamente particolareggiata, sarebbe il commento di uno avvezzo al mestiere. Ma l’uomo comune non si accontenterebbe di uno spettacolo così incompleto. La sua domanda sarebbe: “E come diavolo fate a capire che sta pattinando con Ghandi?”. Lo specialista avvezzo, indi, storcerebbe il naso di fronte ad una simile, estemporanea ricerca di effetti speciali. Ma al settore T del LaBerge & Berger sarebbero felici di rispondere alla cafonaggine mediopopolana con un semplice, “è lui stesso che te lo dice!”.
Nathan – Ecco signora: trecentoquarantot…
La seduta quotidiana è agli sgoccioli. Sono le sei e mezza di mattina. Nathan ha avuto cinque cicli di sonno, con altrettante fasi REM. Momenti lucidi a bizzeffe. Fred e Kassie sono distrutti, non ci vedono quasi più attraverso le lenti degli occhiali, divenute dei macigni a tracolla delle occhiaie. Occhiaie spese a controllare l’andamento aghiforme dei dati sputati ininterrottamente dalle macchine agganciate a Nathan.
Nathan – Guardi, signora, le lascio anche un po’ di soldi in più… avrà avuto delle spese… il vetro del salotto…
Fred non è molto attratto da quest’ultimo sogno. Dalla sua interpretazione. Si tratta, senza ombra di dubbio, di un “sogno di comodo”, come vengono definiti nella psicanalisi classica. Il sognatore, prima di svegliarsi, consapevole dell’imminente ritorno alla veglia, concretizza nella manifestazione onirica un aspetto o una circostanza che egli sa perfettamente lo aspetterà al varco. L’esempio più classico è quello del viaggiatore prossimo alla partenza, che prima di svegliarsi, sogna di essere appena partito, di aver già preso l’aereo o il treno.
Nathan – Lo so che sono molti di più di quelli che le spettano per l’affitto, signora Raesmussen, ma… è giusto così!
Nathan sta pagando l’affitto alla sua padrona di casa con qualche ora d’anticipo.
Kassie – Senti come fa il gallo! Scommetto che è il primo mese in vita sua che pagherà regolarmente l’affitto. Ed è tutto merito nostro!
Fred – Io direi colpa nostra… Pregusta così tanto l’evento, che se l’è voluto sognare prima di svegliarsi, assaporando un’anticipazione del piacere futuro.
Kassie – Così direbbe Freud!
Nell’arco della nottata si è ripetuto anche un sogno del giorno precedente, quello che aveva provocato l’iperaurosal. Una serie di microrisvegli non coscienti dettati da perdita di respiro. Tutto frutto di un incubo angoscioso. Nathan aveva rivissuto una versione distorta del proprio battesimo. Si vedeva adulto, vestito solo da un pannolino e con i capelli bagnati dall’acqua santa, seduto sopra ad una fonte battesimale che si sollevava da terra di almeno dieci metri. La madre che lo fissava dal basso, confusa in un’accozzaglia di mattonelle variopinte, il padre assente, e una voce insistente che gli giungeva distorta alle orecchie. Ad un certo punto Nathan si volta e vede dietro di sé il prete, con le fattezze del padre. È lui che gli sta parlando. Continua a ripetergli di non farlo, che ha tutta la vita davanti. Nonostante la proclamazione verbale di soccorso, però, il genitore-prelato continua a spingerlo sempre più avanti con le mani, finché Nathan cade nel vuoto. In questo caso, a differenza della notte scorsa, Nathan si è svegliato del tutto e ha raccontato dettagliatamente la vicenda terrifica ai ricercatori, con dovizia di particolari, oltre ad averlo anticipato nel mentre del suo decorso con il solito codice. Le implicazioni morali e le soluzioni analitiche al piccolo giallo onirico sono molte, alcune ataviche, sulla scia di Jung, altre di rimozione, in base al metodo freudiano. Tutte cose che non interessano Fred e Kassie. Non è loro compito addentrarsi in un simile campo parascientifico, come ama definirlo sprezzantemente Fred. Devono limitarsi a registrare ogni minima variazione nei paramentri fisici del sognatore, vedere come il cervello è interessato nella faccenda, selezionare quali strutture cerebrali sono coinvolte nel meccanismo onirico, stabilire, fra di esse, se vi sono differenze modali legate a diverse tipologie di sogno. Un lavoraccio insomma: niente di creativo o deduttivo. Pura induzione che segue a descrizione oggettiva. Fred ripassa nella sua mente tutto ciò con un’acredine che fino a qualche settimana fa non conosceva. Cosa gli sta succedendo?
Nathan – Niente scuse… non ho scuse… l’ho infranto io, è giusto che le paghi almeno il costo della riparaz…
Fred – Bene, penso che possiamo azionare un leggero filtraggio solare di luce bianca.
Kassie – Vuoi svegliarlo.
Fred – Sì, tanto qui non caviamo più un ragno dal buco… almeno per oggi intendo!
Kassie – Ok, come vuoi tu.
Nathan – Devo ammettere, signora, che ha fatto un buon lavoro. Vede: adesso posso aprire la finestra senza problemi…caspita che bella giornata!
Kassie – Toh, guarda! È talmente lucido che ci ha preceduto… ti dico sempre che lo sottovalutiamo, ’sto ragazzo!
Fred – È un fatto puramente casual…
Nathan – Così finalmente la luce entra contemporaneamente da entrambi i lati dell’appartamento… per due settimane ho vissuto praticamente solo nell’ala sinistra… lo sa che odio avere un’ombra!
I due ricercatori si guardano un attimo e poi si lasciano andare ad una sottile risata, che sancisce la chiusura della raccolta dati giornaliera. La luce artificiale, ricostruita alla perfezione sul modello di quella diurna, si è oramai diffusa in tutta la stanza. Nathan comincia a sbatacchiare le palpebre. Preludio di quello che sarà un veloce risveglio. Due, tre sbadigli seguiti d’altrettanti stiracchiamenti, rumore a ventosa di elettrodi che si staccano e…
Nathan – Ragazzi, devo scappare, che ore sono?
Kassie – Le sette meno dieci.
Nathan – A beh, allora… ho ancora tempo. Sapete oggi ho…
Fred – Hai appuntamento con la padrona di casa per pagarle l’affitto.
Nathan – Ah, già! Dimentico sempre che non ti si può nascondere nulla. Mi pareva di averlo sognato, è che sono talmente preso dalla faccenda.
Kassie – Dev’essere una novità per te rispettare dei termini. Fare la persona normale, insomma.
Nathan – Lo so che è uno sfottò bell’e buono, ma lo prendo, invece, come un augurio, il segnale che la vita dello sfortunato Nathan qui presente sta voltando pagina!
Fred – Bene, sono contento per te, ma adesso, su da bravi, tutti fuori di qui. Almeno due di noi hanno un bisogno estremo di dormire.
NOTE
[continua]