Stefano Tonelli - Itinerario di un'anima
Collana "Le Schegge d'Oro" - I libri dei Premi - Poesia 14x20,5 - pp. 52 - Euro 6,30 ISBN 88-6037-074-4 Clicca qui per acquistare questo libro Pubblicazione realizzata con il contributo de “Il Club degli autori in quanto l’autore con la poesia “L’eclissi” si è classificato 2° nel concorso letterario Prefazione di Massimo Barile Vi sono uomini e donne che diventano lirici solo nei momenti cruciali della loro vita, e le esperienze si riversano nelle parole come un fiume in piena, sconquassano le aspettative, tracimano, abbattono gli ostacoli e allagano il terreno circostante. Le realtà profonde, e fino ad allora nascoste, vengono in superficie, strappate alla prigionia ritornano ad essere risorse vitali: l’infinità interiore spesso dimenticata ci conduce in una zona molto più complessa dove capita di agitarsi come in preda ad una nuova estenuante impresa. Provocare un incendio dentro di sé, mescolare nello stesso slancio la riscrittura di sé e il canto della propria sofferenza al fine di creare un ritmo intenso fino a diventare “ultimo superstite” di quella esperienza alla quale si credeva di non poter sopravvivere, al termine della quale più nulla sembrava avere senso dopo aver vissuto una sconfinata solitudine. La capacità di affrontare il nuovo processo che può condurre in zone segrete anche a noi stessi è l’atto di coraggio, è quella sorta di purificazione interiore perseguita e conquistata. Massimo Barile Prefazione di Manuela Pompas Questo libro potrebbe chiamarsi (se non ci avesse già pensato Giuseppe Berto) “Il male oscuro”, come è stato già detto in altre pagine. È l’estrinsecazione della fatica di vivere, di una disperazione sottile, di fondo, niente affatto plateale, ma presente in ogni attimo della vita, che non dà tregua, e colora di grigio le ore e i giorni, impedendo all’anima di vedere la luce e di gioire, ma anche di uscire allo scoperto e di gridare il suo bisogno di essere amata. E se la depressione è, da un punto di vista spirituale, l’incapacità di ascoltare ciò che il nostro Sé ci chiede per assolvere il compito per il quale siamo scesi sulla Terra, nel caso di Stefano la sofferenza prima di tutto viene da una ferita profonda, mai rimarginata – che lui si coccola senza lasciarsela mai del tutto alle spalle, come se lo riempisse e desse significato al suo agire – un abbandono al momento della nascita che l’ha tormentato impedendogli di vivere una vita normale, nonostante sia stato accolto e amato da quando era in fasce. Di fronte a certi destini, mi chiedo se le malattie, i traumi, le difficoltà che si incontrano nel corso della vita, oltre ad avere una duplice funzione karmica (dato che riguardano sia l’individuo sia le persone a lui collegate, permettendo a entrambi di evolvere risolvendo i problemi e gli errori di altre vite), siano anche lo strumento per sviluppare capacità che ci mettono a contatto con la nostra anima, in un cammino certo a volte doloroso e impervio, ma anche più autentico. E poi, se Leopardi fosse stato un ragazzo bellissimo, se fosse cresciuto in un altro contesto sociale, per esempio in una Corte europea, se si fosse sentito amato e compreso, ci avrebbe mai lasciato il suo “Infinito” o “A Silvia”? Però il dolore, come dicono i maestri tibetani, è solo un momento, più o meno lungo, legato all’ignoranza della mente. E quindi prima o poi va sanato, superato e risolto, per camminare più leggeri sulle strade della vita. Per questo auguro a Stefano di trovare la chiave del giardino dell’Eden, che è solo nascosta, e di trasformare la sua esperienza personale in un tesoro da distribuire a piene mani. Manuela Pompas Introduzione Fatti non foste a vivere come bruti, ma per seguir virtute e conoscenza… Dante, Paradiso, Canto XXVIII, versi 53-54 Ho cominciato fin dall’adolescenza a scrivere un diario, ove annotavo i miei pensieri e sentimenti, ma già da allora mi rendevo conto che l’affidare tutto ciò alla pagina in prosa non mi era sufficiente. Volevo cercare di fermare attimi, ricordi, fantasie, persone in una “fotografia istantanea”, per poter poi immergermi nuovamente in atmosfere, sensazioni, sentimenti vissuti realmente o solo immaginati. Per questo mi rivolgevo ai classici della lirica: gli autori greci e latini e gli epigrammisti (l’Antologia Palatina in primis). Ispirato ai loro versi cercavo di scrivere un po’ con parole loro un po’ con parole mie dei brevi componimenti, quasi dei “calchi”. E poi quanto ho “ruminato” Chiare fresche dolci acque, Erano i capei d’oro a l’aura sparsi, Movesi il vecchierel canuto e bianco del massimo lirico italiano: Francesco Petrarca. Infine la scoperta dei moderni (il trittico degli ermetici: Montale, Quasimodo e Ungaretti) e dei contemporanei (Alda Merini), senza dimenticare però gli amati Leopardi e Pascoli. Ho continuato a scrivere durante i miei anni universitari qualche poesia qua e là senza darvi peso, perché la mia attenzione e le mie energie erano assorbite dalla preparazione degli esami e da altri interessi paralleli, tra cui la musica classica e operistica. Nel 2003 ho ripreso la penna in mano e come un fiume carsico, è nuovamente sgorgata in età adulta la voglia e il piacere di fare poesia in prima persona. Parallelamente all’esperienza psicoterapeutica, ho cercato conforto nel trascendente, non nella fede cristiana o di altre religioni, ma in ciò che oggi viene sbrigativamente etichettato come “new age”. Ero dapprima affascinato dalla figura della medium inglese Rosemary Altea che, attraverso i suoi libri, mi ha insegnato tra l’altro che “la vita è una scuola che talvolta impartisce dure lezioni”. Questo concetto si è poi evoluto e arricchito in me nel comprendere l’esperienza umana come una serie di vite necessarie per apprendere ed evolversi spiritualmente. In tale senso mi sono stati maestri i libri di Brian Weiss e Manuela Pompas. Tutto ciò che accade ha un senso, anche se a noi, nell’“Aldiquà” tale senso sfugge. Non solo, i passaggi più importanti di ogni vita terrena sono stati predisposti per ciascuno di noi da anime più evolute – gli Spiriti Guida, o Maestri del Kharma (gli Angeli Custodi, nella tradizione cattolica), per darci la possibilità con l’esperienza diretta in questa dimensione corporea di capire (e superare) i nostri limiti. Questo già lo dicevano Pitagora e Platone, per limitarci alla cultura occidentale…altro che “new age”! è tutto “old”, vecchio e antico come l’Umanità. Ho capito, fin quasi a toccare con mano, che la vita è un percorso necessario per capire e per amare meglio noi stessi e gli altri, ecco perché è così faticosa e dolorosa. Tutti noi dobbiamo passare attraverso alcuni avvenimenti – interiori ed esteriori spesso davvero strazianti e angosciosi – da cui non possiamo prescindere: anche quando due sentieri sembrano divergere, spesso si incontrano dietro una collina che nasconde i loro itinerari. Il corpo per sua natura giustamente tende al piacere e alla felicità, questa però è una prospettiva non sufficiente e soprattutto non esauriente. Chi misura la vita soltanto con questo metro, non riuscirà a cogliere che un aspetto sì “legittimo” ma parziale e minoritario dell’esistere umano. E quel che è ancora peggio, andrà incontro a enormi frustrazioni, senza riuscire a dare ai momenti di dolore (ma neppure a quelli piacevoli) il loro giusto significato. Ancora oggi, dopo tanti anni, continuo a scrivere il mio diario cui ho stabilmente affiancato la creazione poetica, e continuo a scontrarmi e a soffrire a causa dei miei limiti e incontro spesso il Male Oscuro di vivere. Però alla fine ciò che conta è quanto riesco a capire e ad amare con compassione e altruismo, in una prospettiva evolutiva che un giorno porterà me come tutti laddove Conoscenza, Amore, Bellezza e Verità splendono assieme. Sono qui per questo. Siamo tutti qui per questo. L’Autore Itinerario di un'anima
Chi ha potuto perderti o lasciarti, Ma non hanno visto neppure la gioia Ti sono negati la parola e il riso, § § § § § Sparissero nella morte la madre e il padre, A te basta poco: sono nel tuo DNA
Il sole colora l’aria Fruscianti tappeti di foglie morte,
Maestro, Solitari anni malinconici e laboriosi Non avrò mai dunque pace Ma il cammino della mia Noi sappiamo entrambi bene Ho imparato, mio malgrado, Navigo a vista, stanco e sfiatato
A Wolfgang Amadeus Mozart Eri d’aspetto insignificante, Sei disceso dalla dimensione Sei stato un angelo inviato da Dio stesso, – certo ne sono – per ravvivare in noi Ogni tua nota emana Noi aneliamo con gli occhi umidi
Volava alto e lontano il mio sguardo, La tarda primavera schiudeva Vivevo sensazioni presenti e future, Poi un osceno pianeta maligno Oppresso e gravato dal buio
Viviamo perché siamo obbligati Per tutto questo soffriamo, Ma proprio così dev’essere: Non esiste il caso: Come una spada che ha bisogno del fuoco Contatore visite dal 11-11-1111: 3088. |
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