Elsa Berardi
Fiore di Giglio
Bianco, perfetto, tra il verde sta eretto,
il cerchio di stami è il dorato suo vanto,
strettissimo gambo gli fa da corpetto,
il prato l’avvolge parendomi un manto.
Saluta il ciliegio e il vivace amaranto,
l’oblio delle viole color mezzanotte,
tra centotré rose nell’erba sta affranto,
il mondo di lui non si cura, lo inghiotte.
Candido giglio di spine inondato,
sotto il mio sguardo sta semipiegato,
l’uomo incurante di qualsiasi cosa
alla sua amata raccoglie la rosa.
Tu te ne resti alla luna rivolto,
magico dio da nessuno raccolto,
non mi fraintendere, ascolta il mio pianto,
fai d’un lamento amabile canto.
Sembra una semplice sciocca novella,
il bel fiore è solo e a tutti s’appella,
ma l’angel dei boschi non può favellare,
Terra, tu sappilo valorizzare.
Fai del suo volto ghirlande dorate,
verde braccial di sue foglie incantate,
ammalia il mondo, signor della flora,
il suo splendore colpisce e ristora.
Elisa Biffi
Opera 4^ classificata
Mani
Ti terrò per mano altri infiniti giorni ancora,
ti accompagnerò sulle mie strade
con i polpastrelli ti sfiorerò
come fossi petalo di rosa canina
oleosa profumazione primaverile
essenza per rimarginare le ferite che ho dentro.
Le mie linee combaceranno con le tue
gli incastri miei saranno i tuoi
mi rimarrai impigliato dentro anche dopo che avrai rinunciato a me
alla felicità si rinuncia
all’amore no.
Ti stringerò le mani senza trattenerti
le sentirai sulle spalle mentre le avrai incurvate
la testa fra le mani
nostalgia dei momenti non vissuti.
Sarò l’appiglio ad ogni tua caduta
se un appiglio in me cercherai
sarò le tre dita che aspettano lo schiocco di un bacio da mandarti
se un mio gesto aspetterai
sarò un pugno che ti darai
se di me la mancanza sentirai.
Userò le mie dita per scrivere
prima che il tempo mi rubi la facoltà di farlo
ospiterò nelle mie righe il ricordo di noi
nelle mie rughe depositerò il tuo sguardo
ogni volta che sconosciuto mi scruterà
quando non sarò più tua.
Milena Boldi
Opera Segnalata dalla Giuria
Notte
Scivola nei meandri della mente
il ricordo di un amore
e si allarga
come una macchia d’olio.
Sola nel grembo della notte
rivivo i bei momenti
vissuti insieme
e mi assale una grande dolcezza.
Poi, un brutto giorno hai veleggiato
verso altri lidi
e io, ubriaca di disperazione,
guardavo incredula le mie mani vuote.
Mi lasciavi i ricordi del passato
e la paura del futuro;
in questa notte inghiottita dal buio
tutto torna presente con dolorosa lucidità.
Cerco di soffocare l’ansia
che mi brucia l’anima
e mi abbandono al sonno
abbracciando immagini di serenità.
Il mattino mi accoglie
ebbra di speranza
e il ricordo di quei momenti
svanisce col sorgere del sole.
Sullo sfondo il silenzio.
Emanuela Dalla Libera
Opera 6^ Classificata
Quiete notturna
Non ho pensieri stanotte
che di limo i solchi dell’anima stanca
riempiano lenti, fluendo da campi
solcati da muta tristezza.
Nè sguardi assecondo
ove mesto un ricordo si spenga
in un singhiozzo arenato
su spiagge battute da sordi rimpianti.
Stanotte respirano in alto le stelle
di piccole luci trafiggono il cielo
e guardano quiete le impronte rimaste
tra gesti dissolti in clessidre interrotte.
Di un soffio silente avvolge la notte
la veglia assopita del mondo,
dolce il buio ne accarezza la pelle,
nell’aria oscilla una tiepida pace,
come d’arpa un suono nell’anima scende
e avvinghia ogni cosa il suo intimo sonno.
Dilata il respiro la volta reclina
su orfane ore di insidie e di inganni,
dolce un nulla promette foriero di tregua
all’insonne dolore, e un guado a una riva fiorita
ove vago domani in altra luce si annida,
pietoso il silenzio raccoglie del giorno
le pallide voci e annega la disciolta fatica
in morbide acque di vita sospesa.
Francesca Danese
Tra piazze e viuzze
Passi e conosci le voci un po’ stridule
degli artisti di strada.
Chitarre languide e sporche strimpellano
ma si fan ricordare.
Pagliacci che si inchinano ai bambini
con nasi rossi e parrucche.
Tre cravatte eleganti, tre violini e archetti
sorprendono e sorridono.
Li riconosci, tu, passante.
Scatti al mattino e rincasi la sera:
fermi sui loro ritagli di strada,
ancora una nota, un palloncino,
il tintinnio di uno spicciolo,
un grazie dal marciapiede.
Finché senti un pizzicore dentro,
forse è così l’allegria.
E fischietti, a cena.
In fondo al sentiero, quella cascata
L’acqua scrive le pietre e
il suo canto i miei pensieri.
Un giardino siciliano, un cactus
E dopo tante spine,
fiori.
Maurizio Leggeri
Opera Segnalata dalla Giuria
Il mio primo amore
Lei era già grande,
ne aveva ventotto:
io di anni ne avevo undici.
Era già esperta della vita,
mi dava la mano e mi sorrideva,
mi portava dove lei voleva:
per strade impervie
e cammini sconosciuti.
Mi faceva vedere la luna
e toccare il cielo con un dito.
Ne ero profondamente innamorato,
e in poco tempo
mi fece sentire già uomo.
Mi accorsi del cambiamento,
nel piccolo bosco
delle “Castagnole”,
allorché, profondamente avvolti,
cademmo in un burrone;
sol mi preoccupai di lei,
nonostante fossi io
ad aver la peggio.
La chiamavo
confidenzialmente “Bice”.
Mi parlava dei suoi tanti,
troppi, rapporti,
ma io la sentivo solo mia:
il mio primo amore,
la mia adorata, bellissima,
azzurra bicicletta.
Alberico Lombardi
Opera Segnalata dalla Giuria
Mare d’inverno
Forza inesauribile, pregna di energia solare
riportami lontano, là dove sorge l’alba della vita,
montando l’asprezza dei tuoi flutti rossastri,
tumidi di brezza marina e di argentea salsedine,
i miei occhi, seppur velati, leggono il tuo pianto antico.
Invoco la tua fulgida luce, o mare impietoso,
che da millenni solca le tue rotte impervie,
senza speranza alcuna
di un improbabile e folle primavera d’ amore.
Vento, sospingi oltre le onde impetuose
la voce fioca del mio spirito inerte,
tergi i miei occhi umidi di rugiada salmastra,
trascinami al di là delle fosche nubi, verso l’infinito,
ch’io possa liberar l’affanno.
Amedeo Millefiorini
Il primo bacio
Luciana ed io avevamo frequentato la stessa classe
al Ginnasio – Liceo “Torquato Tasso”. Ci incontrammo
per caso l’anno successivo alla maturità classica.
Ci eravamo sempre piaciuti e cominciammo a vederci.
Provammo subito un trasporto reciproco. Dopo un mese
al capolinea del 60 a Monte Sacro quasi senza volerlo
ci baciammo teneramente. Lei era la mia prima ragazza.
La guardai. Luciana era veramente stupenda.
Giorno dopo giorno l’amavo sempre di più; lei non capiva
anche se le parlavo sempre dei miei sentimenti.
Per lei misi da parte i miei libri prediletti.
Andavamo a Villa Ada nei pomeriggi di primavera;
sdraiati sull’erba verde e tenera ci scambiavamo
con ardore sguardi, baci e carezze. Era l’amore
dei vent’anni che non torna e non si dimentica.
In certi istanti il suo corpo morbido mi faceva sognare,
il suo volto meraviglioso mi affascinava.
Prima delle vacanze estive nacquero delle tensioni
non evidenti e ci fu uno scambio di idee troppo vivo.
Sembrava però che il problema fosse risolto.
A luglio eravamo da lei in una località del litorale pontino;
ci fermammo sulla spiaggia in una notte incantevole,
con la luna che inargentava l’arenile e le onde del mare.
Ma lei volle che la nostra storia finisse bruscamente
quando cominciavo a sperare che durasse per sempre,
facendomi provare un dolore nuovo ed immenso.
Negli anni ho cancellato dalla mente quella delusione
ed ho idealizzato i giorni trascorsi con lei,
che sono divenuti un ricordo dolcissimo, forse il più caro.
Ennio Scardicchio
Aliti
Esule
del Cielo
contemplo
la Luna.
Figlio
di mondi
paralleli
la gravità
mi trattiene.
Nella nostalgia,
tra il canto
dei grilli
e il profumo
di ginestre.
Aliti
di vita
mi elevano
l’Anima.
Franco Tagliati
Opera Segnalata dalla Giuria
Amata città
Ti dedico versi
scritti con occhi di papaveri
su pagine di nebbia
tra barche alla deriva
sulle rive del Po.
Sei racchiusa tra le mie mani
madre
che mi accogliesti alla nascita
tra i sogni
degli antichi portici
e le pietre austere
contro i miei passi
tra le vie attenuate
alla luce di un lampione
dietro la vetrina di un bar
ti specchi
in una tazza di caffè
amaro desiderio
di tenerezza
bevuto avidamente
dall’anima.