ROBERTO COSTALDI
Blitz a quota mille
Una sera invasa dal desiderio…
la fuga nel buio, un divano nella tana.
Nell’idillio notturno il sonno che inghiotte la mente.
L’alba filtra silenziosa e scuote un corpo nuovo!
Spio il giorno che rinasce dal buio,
sui contorni dei monti sale vergine l’albore.
Freme il creato per l’ennesima festa di luce,
un brivido di felicità accompagna la sortita.
E allora via! Verso l’alto!
Gli occhi, rapiti, accarezzano ogni vista:
rocce dall’ispido fascino, l’austera eleganza dei faggi,
lacrime di rugiada come scintille ornano l’erba.
Singhiozza una sorgente, leggera veleggia la farfalla,
dei sentieri amati finalmente calco la terra.
Natura e solitudine fedeli compagni di un misterioso stupore.
E via! Tra spazi aperti e celate pieghe.
E ancor più su, tra dolenti foglie e aria vera.
Sull’apice, l’immenso abbraccio del Supremo dona vertigine.
Laggiù, naufraghi pregni di malessere,
sopravvivono in un mondo che schiamazza lontano.
Libero dal corpo, l’anima sognante,
grido come un bimbo appena nato.
Finalmente mi raggiungo.
Senza spine approdo tra cielo e monti.
MARIA ANGELA GOBBI
Andante
Partiti al buio, prima dell’alba,
con poco vento
e cristalli di ghiaccio nell’aria,
con passo veloce senza affanno
salimmo sicuri.
Creste affilate e ripide sponde
svelate ai nostri vigili sguardi,
oscuri anfratti e limpide pareti
affrontammo sereni,
contenti della nostra docile forza.
Infinito appariva lo spazio, ma breve la distanza,
e il tempo bastava
ad allentare o stringere legami
con mosse tranquille.
Passata però la metà del giorno
di un’ansia improvvisa trasalimmo:
si dilatò la distanza
si accorciò il tempo,
cauto si fece l’andare,
solo il coraggio ci sostenne
pur controvoglia, pur controvento.
Quando fu sera avvertimmo,
in fondo alla via del ritorno,
la solitaria luce che attendeva
nell’ombra i nostri ultimi passi.
Ci fu di conforto – allora – sperare
nel riposo dopo tanta fatica.
Sapevamo però: «Non rifaremo l’ascesa,
mai più partiremo
nell’alba di un fresco mattino.
Verrà la notte – pensammo –
e finirà il cammino»
ROBERTA IACOBUCCI
Opera 9^ classificata
Montagna in terremoto. (A Daniela)
Accoglimi, presto, presto,
come madre paziente che ristora e guarisce
e cura, adesso, adesso,
gli occhi che non sanno resistere a questa giornata senza fine,
ed ora proteggimi, ora, in questo momento,
dalle mani che si seccano a questo respiro di vento e fuoco,
soccorrimi, sempre,
da rocce che cadono miste a belle vite spezzate.
Non sopporto il tempo che si accanisce a non passare
sulle schiene di poveri che grattano a sangue,
non posso,
non ho cuore,
e quel poco che ho grida da qui,
da qui in alto, da te, da qui in alto che il mio grido arriva più forte
e tutti me li bacerei
quei visi sorridenti dal passato ignaro ed ancora tranquillo.
Così accoglimi,
ti prego,
nascondimi dal mondo che non capisco,
lasciami piangere senza ritegno che quando avrò finito le lacrime
continuerò a dolermi con anima muta
e mandami i tuoi verdi riflessi, fammi respirare da dove sei tu
che da qui le stelle sono più vicine
e loro non hanno colpa di niente
e tu che c’eri
e ci sei
e quando tutti saremo addormentati, ci sarai ancora,
canta dei trecento andati via di notte
che io non posso,
non ho cuore,
e quel poco che ho
grida da qui, da te,
che se anche il mio grido non sarà forte
tu lo ascolterai.