Michela Beggiato
Sentimenti appesi
Un quadro di sentimenti,
fissi, immobili,
ritratti da mano sublime:
«No, grazie» rispondo,
«il prezzo è troppo alto,
la tela è davvero pesante e
non riuscirei a trasportarla fino a casa.
E poi, forse, non ci entrerebbe.
E i colori così forti
lacerano gli occhi,
gli altri così tenui
li spengono.»
Se un mattino mi alzo,
e ancora assopita
scendo le scale e
mi ritrovo davanti
il rosso sangue della Passione e il nero del Lutto,
non posso che disperarmi
perché nel mio animo
non hanno ragione d’essere
sentimenti sì forti.
Se al contrario una sera
mi preparo per uscire e
tutta piena d’emozione scendo le scale e
getto uno sguardo distratto a quel quadro,
al suo grigio cenere e al pallore degli incarnati,
si smorza ogni vibrazione
che solleticava il mio cuore.
Il sentimento è un movimento che
vive con la persona,
con lei si accende e si spegne,
si apre e si chiude,
ma non può essere fissato
neppure per un attimo e
appeso ad un filo.
Marco Borruto Caracciolo
L’anima profonda del mondo
Hanno detto…
che un mondo ha molte facce,
ma c’è quello che ti passa accanto
e di mistero è segnato il suo volto.
Hanno detto…
che la via del futuro è insidiosa
ed in ogni istante,
un lampo di paura
si frapporrà
nel tuo cammino.
A lungo ho pensato…
mille mondi col mio cuore ho cercato.
Camminando dalla vetta originaria,
inchinandomi davanti al tempio dell’aspetto,
sino alla culla più profonda del desiderio,
non un attimo di vita
ho bruciato
seguendo quanto di soave lasciava
la tua scia.
A lungo ho pensato…
non un mondo dorme sotto le radici della ragione.
Quando ti accorgi
che il mondo che ti arde dentro
è pura illusione,
ricorda quello in cui da sempre
ho creduto:
Un mondo…
Una vita…
Un solo cuore.
Francesca Brancolini
Lacrime impotenti
Ho sentito parlare di bombe,
ho visto immagini di morte.
Mi hanno raccontato di soldati,
di gesta eroiche, di croci.
Il terreno traboccante di sangue.
Li ho sentiti gridare,
ho ascoltato il silenzio dopo il pianto,
la muta voce del dolore.
Ho visto la notte avvolgere tutto,
ingoiare i cuori e le speranze.
Ho visto occhi che si spalancavano,
per sempre.
E ho sentito l’odore della morte,
acre, nauseante
e così terribilmente pietoso.
Ho visto il baluginio delle lame,
udito il frastuono dei cannoni,
Odio, Disperazione,
Silenzio…
Li ho visti cadere, li ho visti
nella polvere e nel sudore
inginocchiarsi alla vita
e chiedere perdono al cielo.
E ho visto baratri trangugiare anime
e la morte falciare schiere di uomini.
Ho visto tutto, tutto il mare
e ho pianto
lacrime
impotenti
che non potranno mai lavare
il sangue
sul volto sofferente dell’umanità.
Ivana Brigliadori
Opera 7^ classificata ex aequo
La gatta
«Perché non mangi?
Perché sei così strana?
Perché piangi?»
Muta la sua vocina davanti la T.V:
modelle belle, piatti succulenti in primo piano
bimbi che muoiono di fame più lontano.
Con lo sguardo vuoto sui pezzi di pane e le banane
un sibilo di dolore antico, arcano come se venisse da lontano:
«Non ho fame».
Tutta bocca e grandi occhi, i capelli raccolti sulla nuca
un giro collo nero sulla gonna dimessa ora è seduta sulla mia tomba.
Ha vent’anni e sembra l’ombra di una vecchina.
A voce bassa incomincia a farfugliare preghiere e mantra.
Poi grida a parole scandite e chiare:
«Come si fa ad avere fame, appetito
in un mondo così infame così inaudito?
E’ strano il mondo non io, dov’è Dio?»
Le parole rimbombano far la sua pelle e le sue ossa
e sembrano raschiare la sua carne stanca.
Poi tace per delle ore fissando i miei ceri ed i miei fiori.
È nel guardare una farfalla come se volesse prenderla e afferrarla
che come la direzione di un taglio si lascia cadere
e con un fiume di lacrime inonda la mia lapide come se volesse scavarla.
Il suo corpo minuto mi attraversa come una lama affilata
ed è così che ho sentito il dolore come fossi viva
come se non me ne fossi mai andata.
Ma è con le sue ultime parole che il mio corpo ha ripreso a respirare
il mio cuore a battere ancora ed è entrato nella vita di una gatta sperduta
che stanotte dal tetto entrerà nella sua camera da letto:
«Mamma non mi lasciare sola!»
Marina Capasso
Io, Dio
Io,
che scrutavo attento l’immensità delle acque
e con soffio leggero increspavo le spume
e col mio essere penetravo tutte le cose, le attraversavo in pienezza,
donando loro vita e bellezza
e restavo in ascolto
del parlar delle stelle, del solitario vagar dei pianeti, del lento brusio dell’universo.
Io, Immoto ed Eterno
percepivo il profumo di ogni cosa creata,
il fiorir di lavanda campestre e il morire del grano falciato,
il salmastro marino e l’ubertosa fragranza del terreno arato.
Io, che scrutavo il crescere di ogni singolo filo d’erba
e accarezzavo col mio sguardo tutte le creature
donando vigore allo stelo del fiore, coraggio al volo dei piccoli.
Io, per tuo amore
ho ristretto la mia immensità nell’angustia di un corpo,
ho bloccato la mia potenza nello spazio di due mani,
ho compresso il mio Amore nella piccolezza di un cuore umano,
ho limitato il mio sguardo al poco spazio d’intorno
e il mio ascolto ad un breve sussurro,
ho bloccato il mio muovermi nella limitatezza della vostra immobilità.
E tu, uomo,
indifferente, appannato,
ti trascini in giorni uguali e distorti
seviziato e compulso da squarcianti passioni,
tu, mi hai escluso dalla tua vita,
da tutti i pensieri, da ogni minima fibra del tuo cuore.
Mentre io Dio,
io cedo il mio eterno,
per un attimo del Tuo Amore.
Andrea Carducci
L’immagine di tela
Tu continua impavido il tragitto
sulla perfezione d’una lama di panico
non ricordandoti di te
che stavi diventando Andrea
e il vuoto d’echi che sei andato a colmare
oltre le nubi del pensiero
dove rivedi ancora quel ragno
che ti passò accanto in un filo di tela
filando per tutto lo spazio
che il tuo occhio d’allora poté vedere;
e non s’è spezzato, e continua:
non lo vedi, ma lo senti che continua
Meraviglioso sentiero
sul sentiero che prosegue con te
alveo e ruscello luminoso e tenebroso
che viene da ogni dove
e che nessun luogo può circondare
né alcun vivente incatenare
Francesco Carracchia
Panic
Non avere paura figlio mio, sono io –
sono qui al tuo fianco
ovunque tu sia.
Non avere paura, figlio mio,
ho messo le ali al mio cuore
ed ora volo accanto a te.
Perdona, se puoi, le mie inquietudini –
sono vecchie – mai sopite – ansie di padre.
Nel giudizio e nell’ora quieta della sera
ci incontreremo
e da lontano guarderemo la meraviglia
d’un arcobaleno
per essere infine padroni e poeti di noi stessi.
La vita ce lo deve.
Isabella Coluzzi
Primavera, che incanto…
il tuo cielo mutevole ondeggiante
tra l’azzurro splendente di sole
il bianco striato di cirri
o il plumbeo foriero di pioggia!
Primavera, che incanto
il tuo vento caldo che dalla terra
pian piano si innalza
e sensuale ci avvolge
o il tuo vento fresco del nord
che con forza scuote i nostri pensieri
o la brezza che lieve incede dal mare
accarezzando tenera i volti!
Primavera, che incanto
la tua magia di colori nell’aria
il tuo rapido cangiare d’umore
la tua struggente poesia
proprio come la mutevole vita
che a un tratto ci assale con gaie sorprese
o ci toglie d’improvviso il respiro
per il dolore che cupo penetra il cuore
che mai però non perde speranza.
Miriam De Berardis
Margini
Vorrei avere l’astuzia della volpe
quando, guardinga s’aggira nei campi
in cerca di prede. Non ne ho né la rapidità
né la tenacia. Se capta piccole insidie,
percorsi che non riconosce, subito si nasconde.
Poi aspetta.
Confondo ancora i rumori del vento,
ad ogni sbattere di foglia
mi ritraggo aspettando
da un momento all’altro scoppi
di uragani.
Vorrei avere lo sfavillio,
il calore della luce.
Mi appartiene l’ombra, l’odore del muschio,
il brusio sotterraneo dei boschi,
l’incedere della lumaca.
Vorrei avere la costanza
del rampicante,
si allarga aggrappandosi
con destrezze d’alchimisti
senza temere il gelo.
Mi è più congeniale
il filo d’erba che si piega,
annaspa sotto gocce di rugiada.
Mi terrorizzano gli orizzonti
aperti, l’infinito.
Preferisco i margini,
preferisco quella linea
sottile dove ci si sente
padroni e stranieri dell’universo.
Franca De Denaro
Tanti giorni ancora
E domani sarà un altro giorno,
forse un cervo passerà stanotte
e lascerà le impronte,
e sarà il giorno del cervo.
E poi un giorno ancora,
i fiori secchi diventeranno un quadro
e sarà il giorno del quadro.
E poi verrà la pioggia
e sarà il giorno dell’amore
E poi ancora tanti giorni
uno dopo l’altro
in questa dimora di pace
per cantare la vita
Aliosha De Pari
I segreti degli amanti
Aspetto il giorno in cui i nostri sguardi
dovranno arrendersi alla voglia l’uno dell’altro,
all’attimo in cui non serviranno più parole,
il momento in cui esploderà la volontà
di lasciarsi andare alle nostre braccia.
Sarà l’attesa più bella nel pensarti
nuda e sensuale come lo sei sempre,
mentre ti tocchi i capelli con i gesti morbidi e lenti
di chi sa come creare eleganza dal niente.
Aspetto il giorno in cui sarai mia o io tuo,
il giorno in cui le passioni cocenti
imprimeranno nella nostra carne
il gusto delicato dei corpi.
Non esisteranno parole, nessuno mai saprà
il nostro segreto di grandi tremori amorosi.
Siamo noi gli amanti del niente,
che per noi è tutto ma che non esiste,
ed i giorni passeranno normali,
ma con il gusto dei baci sulla pelle,
con il fremito delle delicate carezze.
Sarà il nostro tesoro, aspettando il giorno
in cui apriremo lo scrigno e rimarremo inermi
ed esausto rimarrò abbagliato dalla tua bellezza
che già tanto luminosa mi ha reso cieco.
David Di Marco
Ville lumière
La città tranquilla, siede
in mezzo ai viventi.
Le mura, quiete degli abitanti
fin troppo rintanati.
Innegabile, è lei;
le fiaccole, verdi del picchetto,
acciai ricamati, i confetti avana;
l’aria trova e spira a passo d’uomo.
Cosa, meglio d’una fortezza,
un atrio che non pretende chi sei,
accasa scortese e segnala l’arrivo da miglia.
Il freddo che spia, meraviglioso!
Intenso ne sfiorisce sbiadito,
dai posti pronti, parallele a stradine,
gemelle, ognuna breve, titolata
per vaso, nome per numero.
Crepa volontà, morte saliente
vizi cura, tranne dormire;
rarefatto implora zincato
dal retro di un’ode caduca!
Pretendo, come le candele,
versare un pianto caldo
e cementare un rivo
quasi perfetto,
per meglio aggiogare,
influssi dispersi,
il culto liso del maio
al secolo tetano.
Iride Enza Funari
L’attesa
Ai miei figli Alberto ed Edoardo
Esplode giorno
resto sospesa
negli abbracci
dei vostri occhi
che a mattina
accompagnano
profumi
di prima colazione.
È inizio…
voi
lì
a rallegrare
a dare un senso.
Alla porta
parole in eco.
Preannunci
di movimento,
nel varo d’emozioni
si fa largo il mare.
M’immergo
lontana dal rumore
rifletto
intensità e silenzio.
Andrea Gregnanin
A mio padre
Guardo il viso sofferente di un uomo
mio padre
accarezzo il suo volto
i suoi capelli
padre come farò senza di te
le grandi mani
mi hanno protetto
quanta gioia
quanti sorrisi
quanto amore
forte vorrei gridare
non andartene
non lasciarmi
ma troppa è la sofferenza
hai combattuto una crudele battaglia
contro un male orribile
tua era la voglia di vincere
la voglia di vivere
poi
i tuoi occhi sconfitti
Padre
ho voglia di stringerti forte
dirti quanto ti amo
ma questo tu già sai
grande sarà il vuoto,
immenso il dolore
Qemal Hoxha
Angelo mio
Angelo mio, luce della mia
vita,
battito del mio cuore…
Sono sempre stato molto
affettuoso con te e ancora
di più lo sono,
Per un semplice motivo:
“Perché ti amo”!!!
Soltanto per il grande
amore che ho per te,
ho lasciato la mia terra
in Albania, e ho attraversato
un lungo mare…
Sai che la mia vita senza
di te, non ha senso!!!
Margerita Leka
Radici d’aria
Nessuna terra ha voluto stringermi
le radici
legarsi nell’osmosi vitale. La prima
maltrattata, stentava riconoscersi
nel bastrardume, rigettava i figli
Benevola l’altra terra
tardiva
guardinga non si scompone
E sono arrivate le mie radici d’aria
inerpicandosi sul vuoto, diafane
sotto il diroccamento delle piogge,
imperniate su sogni crocifissi
e desideri
e crocifisso orgoglio,
esausti stracci d’un corpo senza volto
Ma respirarono, d’ogni terra respirarono
gli odori; nella colluttazione
ghermendo sillabe che totale il vento
macina,
le mie radici da trivio, senza prezzo
offerte per mancato amore
specchiate nell’occhio vigile del sole,
fuori dall’ordine delle proporzioni
sparpagliate, antenne pronte
a ciò che la saturazione emana…
subisco la libertà delle mie radici d’aria,
sopra i confini c’è l’orizzonte
tutto,
mi fermerò dove vorranno, qualsiasi posto
sceglieranno per il riposo.
Silvana Licari
Smarrimento
Aspro il momento
che percepisce
inanimato quel volto.
Poco prima
eravamo insieme…
ora solo il ricordo
può ridare vita…
permeati ancora
della sua assenza.
Se nel dolore
lo sfogo è il pianto…
– placato questo –
l’anima
sentirà nuova
quella presenza.
Lina Lolli
Lampi di colore
Al suono ritmico
d’antiche corde
la vita
trae
piaceri sottili
che serpeggiano
lenti
in centimetri
di pelle
dorata.
Lampi di colore
nutrono l’ombra
e lumeggiano
spazi interiori.
Tra odio e violenza
incolume
viaggio
il futuro
di chi sa leggere
arcani segni
nel cielo chiaro
di un giorno qualunque.
Claudio Malune
L’apocalisse era dolce
Un pensiero concepito nella nuda verità
che si apriva sul tuo viso,
si apriva e lo condividevo,
nudo anch’io fra tutte le parole piovute là
per sedare l’ingenuo concetto e distrarmi…
Cantarono i nembi fino al giorno
che non ebbe mai fine,
suonarono fino a tardi,
che quel tardi significava non avere mai fine.
Così lo ricordo.
Mi dicesti:
“…io sono il colore dei tuoi occhi
quando i tuoi occhi cessano di rassegnarsi.
Io sono l’espressione,
l’essenza che t’ama
e a cui non puoi rinunciare…”
Carlo Marconi
Il suono della caligine spezza il fumo delle ciminiere
lampi di saldatrici quantistiche fondono
la materia per plasmare palazzi di cristallo
saette gelide rischiarano le notti delle città opache.
Giungla di antenne e ripetitori invadono l’etere
modem, reti, computer ultrasuoni digitali
guidano cervelli d’acciaio dei falsi profeti
artefici del caos di un paranoico progresso.
Ci salveranno le comete portatrici di vita
feconderanno il vuoto infinito universo
porteranno il canto di altre aurore
adageranno la rugiada su nuovi germogli.
Claudio Martini
Ti ho accompagnata questa mattina
quando ancora Aurora nascondeva le dita di rosa.
Ti ho accompagnata sotto l’ombrello
quando tu ancora profumavi di sogni.
Ti ho tenuta stretta guidandoti lungo i marciapiedi
specchiandoci sull’asfalto. Brillavamo
dentro la nostra ombra che cambiava direzione,
ci guidava e ci seguiva verso la littorina che come un bruco
si attaccava al binario migliore. Ti ho baciata e sei salita,
non era un addio, solo per qualche ora una separazione
ma abbiamo finto salutandoci con la mano finché sparivamo.
Giuliana Mencherini
Alba
Ti vengo incontro all’alba
lungo il viale che porta alla stazione.
Costeggio i giardini dove s’annida ancora
il buio,
sfioro appena
quello acquattato in me.
Rari passanti straniti
scandiscono la solitudine
che presto ammasserai
nel frastuono.
Nel sottopasso
mi precede anche stamani
il cane che una ferocia
ha martoriato.
Ne sento il tremito
di chi aspetta le percosse
di un implacabile padrone.
Rasenta il muro,
prova a eluderti,
vita.
Mauro Montacchiesi
…di un fiore di Venus
Lentamente lascio calare le palpebre.
La mia mente inizia la sua catabasi,
inizia a percorrere le profonde, tortuose anse,
dei segreti, impenetrabili sentieri del mio labirinto.
La mia mente non vede, la mia mente ha percezioni
oggettivamente icastiche di quella realtà che non vede.
La mia mente ha percezioni sinestetiche
del buio che non vede, del freddo che non sente,
dell’umidità che non la penetra.
Poi, disperatamente, nel fondo del mio labirinto,
percepisce una botola che si disintegra,
una botola che la fa precipitare ancora più giù,
oltre quel fondo che credeva incavalcabile confine,
centripetata da un maelstrom,
che la risucchia, nella percezione di un bènthos
e lì, paradossalmente, in un caleidoscopio di metazoi,
vede, sente, s’inebria di un fiore di Venus,
blandito da tiepide acque .
Questo simbolo di amore eterno,
ha ridato speranza alla mia mente,
che vagava in una brughiera di superficie,
che è colata a picco,
che non ha toccato ilo fondo soltanto perché è andata,
attraverso, oltre il fondo,
che è stata centripetata da un maelstrom,
per scoprire, per capire,
che ovunque, che inopinato, si può trovare l’amore.
Silvia Murnigotti
In viaggio verso casa
Tutti i miei viaggi
son eterni ritorni,
miraggi.
Leggono le carte ad una tavola rotonda
e chiromanti
promettono una nuova vita,
l’abbandonano
stimolata tra le mie dita.
Dopo tutti i miei viaggi
ripercorro il perduto andare
come un bisogno naturale.
rivedo lei,
signora Fantasia,
mentre regna sovrana sulle acque catalane;
al suo vorticoso banchetto
brindano pensieri fluttuanti,
danza un mosaico di contrasti.
O antica Barcino,
uno sciupato calore
veste il tuo popol d’ardore,
accende fuochi di rumore.
La gente di mare
non necessita d’obblighi,
vive in conviviale solitudine,
affronta la notte
nera e vera,
e va
senza scarpe all’occorrenza,
ribelle di resistenza.
Dopo tutti i miei viaggi
riparto dal via,
ma ora riposo semplicemente in questa scia.
È o non è la mia?
Piero Lorenzo Patetta
Ombre
I tuoi occhi, i tuoi occhi tristi e inquieti
su quel bianco cuscino d’ospedale
e l’ombra degli antichi giorni lieti
lontani dall’angoscia, dal tuo male.
Tu chiedevi in silenzio il mio conforto
una frase, un sorriso in cui sperare.
Stancamente tergevano il tuo volto
quelle piccole mani a me ‘si care.
Anch’io in silenzio in quell’assurda stanza
innanzi a te ‘si fragile e indifesa
cercavo di inventarmi una speranza.
Vegliavamo vicini, nell’attesa
di che ne so. Ombre senz’importanza
sotto una triste lampadina accesa.
Massimiliano Piccolo
Ho innaffiato per troppo tempo
Ho innaffiato per troppo tempo
I pessimi fiori del dolore,
nel tremendo giardino della disperazione;
ne ho assaporato la fragranza amara
ed ho provveduto ad annaffiarlo sempre,
ogni sera ed ogni notte,
con le mie lacrime
che parevano zampillare via dall’animo.
Ho curato quel giardino troppe notti,
mentre mia moglie si assopiva al mio fianco,
ed il mio piccolo si coricava,
nella sua stanza dipinta di vivace turchese.
Ho tenuto le chiavi di quel maledetto giardino
Il più lontano possibile da chi mi amava,
sorridendo ed apparendo normale,
quando il peso dei debiti
ed un mutuo divoratore,
ci stavano inghiottendo…
Ed ora sono qui
Sul mio posto di lavoro,
tanta fatica e poco guadagno,
appartato dal lavoro e dai colleghi
che possiedono forse meno problemi…
lo so
le affilate armi del giudizio e della morale
mi uccideranno una seconda volta
ma almeno mi libererò da questa angosciante prigionia
che non mi consente più di svegliarmi la mattina
e di guardare a testa alta
la mia amata famiglia.
Ed ora la faccio finita
indossando lo scomodo cappio della sconfitta,
la robusta corda del fallimento
prima che mi strangoli
il sottile filo della vergogna…
Vincenza Prada
Il mio vagare infinito
Come barca alla deriva,
ricerco te approdo sicuro
del mio sconfinato peregrinare
nei tempestosi flutti della vita.
Ricerco te nell’illusione
del mio vagare infinito
E scrivo…
Nelle parole la mia storia è per sempre…
Uno spicchio del mio animo
a poco a poco si apre
al disperato desiderio di umani rapporti.
Più ricca e giovane per entusiasmi e progetti
con gioia interiore offro la mia parte migliore.
Timore mi prende per il tempo irridente
che inafferrabile fugge,
senza rimedio tutti leviga ciottoli di fiume
e scorre su di noi vittorioso.
Scrivo…
Nelle mie parole la mia storia è per sempre.
Rachele Protasi
Libertà
Quella gente,
quella povera gente
uccisa per niente!
La libertà rinchiusa,
spenta,
imprigionata,
i pensieri silenziosi,
quasi non preziosi,
le parole mute
obbligate
a non poter correre tra le labbra della gente.
Quelle parole tristi
ci fanno capire:
che a volte,
anzi sempre
la gente diversa,
con parole diverse,
con pensieri diversi
formano noi
tutti noi
Manila Seidita
La leggo nei tuoi occhi…
Chiuso nel tuo silenzio
Ad accompagnarti la paura,
giorno dopo giorno la paura.
L’angoscia di vivere
l’angoscia di morire.
L’ignoto che si fa chiarezza
e la chiarezza che si fa ignoto.
Un girotondo: la tua vita, la vita degli altri
e in ogni vita la tua vita,
la tua eternità ma anche la tua fine.
Il limite e l’infinito si confondono
un infinito che vedi troppo lontano e un limite che avverti troppo vicino
il senso del non senso,
mentre l’unica certezza è l’incertezza che alimenta la paura.
A mio padre…
Ramon Trinca
I.
Ho ripassato la strada con gli identici passi
due passi di due notti fa
per rinvenirti come allora
un metro e settanta di luce
e un nome incline alla normalità.
ma queste lunghissime strade sono il domicilio del non ritrovarti
ed è facile confondersi fragili
ad un passo dal piangere;
e resto scuro come una notte fa, nel ripensarti,
un volto confezionato da lenzuola umide
sconvolte dal nubifragio del mio perché,
l’insensata truffa del mio ritorno.
Antonio Zannino
Immagini al tramonto
Guardo il sole…
Sembra sciogliersi nel mare!
la luna quella notte sarà bella,
nessuno ci sarà più ad ammirare,
nel cielo brillerà la prima stella.
Colore rosso fuoco sullo sfondo,
le nuvole vapore minaccioso.
È grande, è bello e gira il mondo,
ma il tempo non camminerà a ritroso.
Un gabbiano già volteggia a largo raggio
sull’acqua ribollente e insiste ancora
e cerca almeno un pesce di passaggio,
la sete l’attanaglia, la fame lo divora.
Vaga sulle coste abbandonate,
silenzio tra le case permanente,
le strade son roventi e deformate,
chissà dove sarà tutta la gente.
Dov’era la foresta c’è un sentiero,
costeggia un lungo fiume tutto asciutto
e porta dritto a un grande cimitero
di piante rinsecchite e nere a lutto.
Spiccano qua e la le bianche ossa
di uomini e animali, a ricordare
che ignari già scavavano la fossa
e forse si poteva anche evitare.
Immagini… al tramonto, di sventura,
visioni di profeti stravaganti…
la notte scenderà, si sa ch’è scura,
ma segue sempre il giorno e l’uomo,
con la fede e la sua scienza… sempre avanti!