Mario Corbetta
Ti prego ricorda…
È bastata una parola
Non detta e all’improvviso
L’anima si perde
In un buio che va
Oltre la notte
Prendono corpo
Fantasmi che il cuore
Non può fermare
E tutto è tremendo
Come la vita che
Vedi andar via
E tu fermo e perduto
Ora
Una tua parola
Apre il cielo così greve
Un piccolo raggio di sole
Ricrea un sentiero
Fra le nuvole nere
Quel sentiero
Che ora insieme
A te ripercorro
Attimo dopo attimo
Per rivivere con te
Il tempo che avevamo
Interrotto e che ora
Riporta al presente
E il tempo perduto
Non è più tale.
Claudio Prili
Opera 1^ classificata
Il gioco nascosto
Chiamavi il sole per asciugare
queste nuvole in catene
che il cielo non riconosceva
e poi correvi alla fontana
per riempire le tasche
di acqua e trasparenze d’ossigeno.
A sera la tua piccola anima
si sdraiava sul tavolo in cucina
e lenta colava sul pavimento
per sposarsi alle ombre del cortile.
La notte si muoveva piano
sulla bocca di una luna
che pregava tra le tegole di una chiesa
ed il vento già tracciava le distanze
dai colori stanchi
di una breve eclissi sul mare.
Poi tornavi verso casa
e mangiavi un po’ della tua terra
che sapeva di sale e mandorle amare.
Luisa Foddai
Opera 2^ classificata
Cos’è…?
Cos’è quel tremolio
di stelle lassù che
accende il tormentato
nero di una notte?
Cos’è quell’insonne
languore che desta il riposo
e l’anima affama?
Quell’impertinente
perseverare su canti
già pianti e reclusi,
tra i miei vegliardi
e logori merletti?
Ah solingo palpito crudele!
Vertigine insolente
perchè scegli ancora
le mie ossa rotte?
La vita le ha già scritte
scegliendo lettere
sconosciute.
Il vento le ha poi scavate
e il mare ripulite
deponendovi conchiglie
senza perle!
Lascia ora che sia solo quel suo
raggio mattutino infranto
sul mio dolente viso,
allungato come
una carezza calda
nell’aria quotidiana
di pane profumato…
a crocifiggermi
il respiro!
Gennaro Moretti
Opera 3^ classificata
Malinconia serale
Cullano l’aria lontana
gli svogliati rintocchi
di una campana.
Tradisce gli occhi
e la mente
il sipario di nebbia
autunnale
e regala il rimpianto
del canto di cicale
e del ricamo
di stelle lucenti
nell’estate splendente.
Scivolano sospese
nel grigio cielo
della vita
chiare nuvole
di ricordi
e, tra i silenzi desolanti
di questo giorno
che muore,
come macigni rotolanti
sulle ferite del cuore,
rincorrono i pensieri
smarrite serenità.
Maria Rita Sirri
Opera 4^ classificata ex aequo
A Giovanni L.
La notizia arrivò col riverbero dello sparo,
tuono nelle nostre vite acerbe,
e segnò per sempre il cuore di ognuno.
Compagno di scuola,
inutile fardello di un giorno di Pasqua,
respiro pesante e solitudine,
sogni strappati come petali a terra.
Il dopo, una corsa ad ostacoli,
rimossa la sedia vuota,
imparammo a convivere
col silenzio dell’assenza,
di una parola fraintesa,
di un pensiero lontano che non muore,
soffio leggero che non sa svanire.
Ancora ti cerco
fra domande abbandonate,
ormeggi vuoti di un tempo ormai concluso,
sussurro fra le mie parole,
in preghiera la sera.
Potessi
regalarti colori intensi come desideri,
brillanti al sole,
ti stringerei, figlio mio,
fino al mattino.
Ti racconterei
che ho rincontrato lo sguardo ferito,
un freddo dicembre,
disperazione e follia,
una ragazzina in fuga, fragile.
Tremava,
con te l’ho raccolta e riscaldata
rosa profumata,
sbocciata fra le mie dita.
(suicida a 18 anni)
Antonietta Ursitti
Opera 4^ classificata ex aequo
Antico amore
Coste montane
assolate, carezzate
dal vento mattutino…
Mosso il drappo
celato nell’ombra
gioca col lembo…
Gode la vista
l’occhio alla finestra…
Istantanee volute
dal tempo fermato
da voglie cercate
tra gli alberi…
La corteccia parla
sillabe riecheggiate
tra le vallate…
Verde scuro si alterna
al giallo della radura
saltella il grillo
tra i cardi viola…
Muschio bruno di terra
indica il passaggio
degli orsi marsicani
tra le vette padroni di sentieri
incontaminati
mossi da antico amore i pensieri…
Liliana Paparini
Opera 6^ classificata
Sempre…
Sempre mi muove,
sciolte le ombre,
nell’ora più intima e cara,
la voglia di averti accanto.
Sorprenderti sempre,
ogni giorno qualcosa inventare.
Sedurti festosa,
con tenerezza di sguardi
e ironia da Grandi.
Succosa albicocca, ti dico,
senza nocciolo, su cui contare.
Vellutata colomba, dalla sottile caviglia
e capelli annodati alla nuca,
con tatuato, di fresco,
il tuo nome sul cuore.
È un divertente gioco a due
il nostro,
a carte scoperte,
senza tavolo verde,
scaltri di cuore e di mente
ma onesti e felici.
Né vinti né vincitori…
sempre alla pari coi punti.
Pietro Ciampa
Opera 7^ classificata
Ricamo
Accendi ancora
La luce del tempo,
non siamo legno tarlato
d’antiche persiane,
prendi la vita
per ricamarla ancora
col filo dei sogni
nell’ago dei giorni,
ed io il telaio
d’antico legno
del tuo ricamo.
Elena Malta
Opera 8^ classificata
Al focolare
C’è una sedia impagliata in cucina
e la fiamma, tranquilla al camino,
balla vivace dai ciocchi di quercia.
C’è il chiarore di un cielo d’inverno
che dai vetri annuncia la sera.
Traballa la fiamma nel buio
mossa non so da che volo,
danzano ombre d’intorno
e un gioco di luce, dal fuoco,
dipinge un profilo sul muro
di giovane donna seduta.
Il capo è coperto di ricci,
le mani, intente al filato,
sferruzzano sciarpe di caldo,
intrecciano trine di sogni
e ricami di giorni
nei vuoti e nei pieni dei mille trafori
e passano poi dolcemente
tenere dita d’amore
nei riccioli sulla mia fronte;
mi accoglie raccolta nel grembo
mi canta sommessa l’incanto
di quelle antiche canzoni
ora sepolte nel cuore e dondola piano
la sedia, cullando materna la vita.
Scoppiettano mille faville,
sprizzando, dai tronchi di brace,
una folla festosa di punti di luce.
Mi chiamano belle, vivaci
e affamate le voci chiassose dei figli.
Antonietta Manzo
Opera 9^ classificata
Dei bimbi non sento più il riso
Dei bimbi non sento più il riso,
il suono argentino
che inonda nell’anima stanca,
curando gli insulti del tempo.
Dei bimbi lo sguardo è vestito
d’immagini d’orchi incombenti,
subiti e vissuti ogni giorno
senza le adulte difese,
nutrendo un sentire malsano,
molesto e foriero
d’inevitabili pene.
Dell’amore orfani nascono
i bimbi già al primo vagito,
sottratti al diritto
di essere fragili,
riflessi supini di aneliti altrui,
germogli di alberi sterili,
strumenti di carne in un rissoso mercato.
Catturano l’interesse
quando, rabbiosi di futili ansie,
impugnano una pistola.
Clara Bianchi
Opera 10^ classificata
Incerta parola
Cade sospesa l’incerta parola
e diventa preghiera di verità
portata alle labbra in libero canto,
dell’audace il fiero cimento ridesto,
ma tuona il silenzio dell’assenza
sull’arduo cammino del mondo.
Il cuneo della storia incide parole a narrare
di vite immolate nel fuoco che incendia
sulfurei fumi di campi flegrei
esplode la terra in lapilli di guerra
a mutilare i giorni in pianto
di ciglia tremanti,
crudele accanirsi sui cuori dei deboli.
Serpeggia onda anomala del nulla
nell’egoismo puerile della vanità
disilluse forme di gravidi giorni
nel perverso gioco della finzione.
Ripetersi di vittorie e sconfitte
assalti e ritirate sul fronte
sterile dell’imbarbarimento
dove s’immolano ideali e sogni
sull’altare dell’ipocrisia,
la parola ancora unica via di umana salvezza.
Serafino Randazzo
Opera 11^ classificata
Fine settembre
Non c’è aria di festa qui, né di buoni raccolti…
Lascio la campagna
alle foschie di questo fine settembre…
inforco la bici e mi rotolo
sul più vicino sentiero
ricamato d’erbacce e pietre spuntate…
un contadino si sbraccia,
vorrebbe che lavorassi
nei campi… ma io lo ignoro.
Non c’è aria di festa qui, né di buoni raccolti…
Quando il sentiero finisce
vedo il saggio di campagna.
La sua voce mi sfiora appena:
«hai tutta l’aria di un galantuomo, stamani!»
Non penso sia possibile,
mi avrà scambiato per un altro…
Rinforco la bici e me ne vado in città.
Non c’è aria di festa qui, né di buoni raccolti…
Mi fermo sul ciglio della strada,
guardo l’asfalto e guardo
le mie mani callose… di campagna.
Allora torno indietro
e rivedo il contadino che ancora si sbraccia.
Non c’è aria di festa qui, né di buoni raccolti
in questo fine settembre…
…ma quest’aria è ancora così buona!…
Silvia De Angelis
Opera 12^ classificata
Senso d’infinito
la mano si è posata con forza
su parabole vitali ferendomi a dismisura
eppur da quella sofferenza ho tratto un vanto
e senza retrocedere ho varcato il limite del cerchio
scrutando oltre
Ho assimilato colori d’ocra e nuova luce
nel gemito di foglie aleatorie nel vento
Nell’odore d’aliti di primavera
ho tratto semi germoglianti natura
Migro ora coi polsi liberi da legature
ampliando ascolti aperti a inedite impronte
in una piazza ove si racchiude il senso d’infinito