Santa Francesca Saverio Cabrini, “un cuore largo come l’Universo”

di

Antonella Ravizza


Antonella Ravizza  - Santa Francesca Saverio Cabrini, “un cuore largo come l’Universo”
Collana "Koiné" - I libri di Religione, Filosofia, Sociologia, Psicologia, Esoterismo
14x20,5 - pp. 104 - Euro 10,00
ISBN 9791259511263

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In copertina elaborazione grafica dell’autrice

Foto all’interno riprodotte per gentile concessione di: Istituto Missionarie S. Cuore di Gesù (Roma); Parrocchia di Sant’Angelo Lodigiano (LO)

Foto dell’autrice e immagini di libero utilizzo tratte da pixabay


INTRODUZIONE

Sono nata a Sant’Angelo Lodigiano e, come tutti i Santangiolini, sono fiera di essere concittadina di una grande donna, esile di aspetto fisico, ma grande per la forza d’animo, che la spinse a compiere enormi opere in Italia e nella lontana America: Santa Francesca Saverio Cabrini, che io chiamo Cecchina, la nostra Cecchina.
Ho deciso di raccontarvi la mia storia, che non è solo una storia di semplice fede cristiana, ma che va al di là di un legame serio e duraturo che si può avere con chi ci ama, e che ha molto di soprannaturale, di misterioso e di inspiegabile agli occhi di chi non crede, e che invece è limpido e semplice per chi come me crede in lei, Francesca. Voglio partire dall’inizio, per farvi capire quanto la sua vicinanza mi sia stata d’aiuto nella vita e quanto sia importante per me parlarvene, perché tutti devono sapere che si può avere una Santa come guida, che vi aiuterà e vi proteggerà sempre.
Partiamo da quando ero una bimba: mia mamma mi portava a visitare la casa natale della Santa Francesca Cabrini, che era poco distante da casa mia, ed ero contenta, mi piaceva vedere la sua casa, la sua stanza con i suoi oggetti personali, o il cortile dove, quando nacque, si posarono delle colombe, per annunciare che era nata una persona speciale, una bimba che sarebbe diventata una grande suora, che avrebbe portato il nome di Sant’Angelo in tutta l’America e nel mondo. Ero una bambina, però, e non andavo oltre a ciò: tornata a casa non ci pensavo più. E per parecchi anni non ci pensai più, fino a che, un giorno, da laureata, andai in chiesa, sempre a Sant’Angelo Lodigiano, e mi fermai davanti ad un quadro della Santa, proprio vicino all’entrata della basilica.
Ero da poco laureata e mi sarebbe piaciuto insegnare, era il mio grande sogno nel cassetto, ma sapevo di non avere molte speranze, anche se avevo presentato domanda di supplenza in tante scuole della provincia di Lodi, ma non avevo punteggi, dal momento che non avevo nemmeno un anno di esperienza. In quel momento, lì davanti a me, sul lato della cappella vidi il quadro della Santa che è circondata da bambine, ha un libro in mano e si trova sulla scalinata dell’asilo di Castiraga Vidardo, dove Francesca fu maestra.
Io abito a Vidardo. I miei genitori si erano trasferiti a Vidardo quando io avevo circa sette anni, non potevo non riconoscere la scalinata di Vidardo!
E lo sguardo mi cadde su un altro quadro, in mezzo alla cappella, che raffigurava Francesca che probabilmente stava benedicendo, con la mano destra alzata. Ma a me quel gesto sembrava qualcosa di diverso, mi sembrava che la Santa mi stesse dicendo: “Ok, chiedimi quello che vuoi, e io ti aiuterò”.
E così il quadro per me divenne “il quadro della Santa che fa ok”.
L’unica cosa che effettivamente desideravo era poter iniziare ad insegnare, seguendo il suo esempio e quello di tante altre persone che avevano dedicato una vita all’insegnamento.
Non osai nemmeno chiedere di avere una supplenza tutta mia, ma questo era davvero quello di cui avevo bisogno, che desideravo tanto.
Fino qui sembra tutto normale, e lo è, ma la cosa strana venne dopo, quando arrivai a casa: trovai mia mamma che mi aspettava con gioia dicendomi che mi avevano chiamato da una bella scuola della zona, per offrirmi una supplenza annuale!
Non ci potevo credere! Ma ero sicura che quell’ok della Santa Francesca Cabrini mi aveva aiutato ad esaudire un desiderio così importante, che per me altrimenti sarebbe rimasto solo una meta impossibile da raggiungere.
“Era settembre, ed era normale che arrivassero offerte di supplenze!” questo mi dicevano tutti gli altri, “E soprattutto in matematica e in fisica non trovano insegnanti”.
Sarà, mi dicevo, ma ero sicura che qualcuno da lassù mi aveva aiutato, forse perché anche Lei amava l’insegnamento, forse perché aveva deciso di aiutare tutti gli insegnanti che come Lei lo facevano per vocazione, o forse solo perché ero sia santangiolina sia vidardese, e magari i santangiolini e i vidardesi le stavano particolarmente a cuore.
Spesso mi chiedo: “Chissà se avrà conosciuto i miei parenti, se era stata la loro maestra, magari della mia trisnonna…”
L’anno seguente, in agosto, decisi di tornare da quel quadro che mi era rimasto nel cuore, “il quadro della Santa che fa ok”, questa volta per chiedere un’altra supplenza, e per la seconda volta, tornata a casa, ecco che la scuola aveva chiamato per offrirmi una bella supplenza! Sarebbe un caso? Per la seconda volta, e in agosto? Io non credo.
Da qui iniziò la mia forte devozione per una Santa che aveva vissuto dedicando la vita all’educazione, ai giovani e ai poveri.
Pochi anni dopo uscirono i bandi per i primi concorsi statali a cui potevo partecipare. Feci più concorsi e diventai di ruolo. Ricordo di aver ricevuto una telefonata con la quale mi comunicavano che avevo vinto il concorso alle scuole medie inferiori. Avrei preferito insegnare alle superiori, mi dicevo tra me e me, ma un posto fisso non si poteva rifiutare. Come al solito mi affidai alla preghiera alla Madre Cabrini; lei avrebbe guidato di nuovo i miei passi. Il giorno stesso che avrei dovuto andare a firmare il contratto, una seconda telefonata mi avvisava che avevo superato anche il concorso per l’insegnamento alle scuole superiori e che avevo diritto ad un posto di ruolo anche lì. Potei scegliere la scuola che preferivo e la materia che preferivo, così iniziai l’insegnamento della mia materia preferita nella scuola che avevo scelto. Lì rimasi felicemente per più di venti anni, circondata da colleghi seri, con i quali instaurai presto un rapporto di stima e di amicizia reciproca.
Un problema alla vista, purtroppo, mi costrinse a fare domanda di trasferimento: la scuola distava circa trenta chilometri da casa, nella bassa lodigiana, una zona poco servita dal trasporto pubblico, dove la nebbia è molto fitta per parecchi mesi dell’anno scolastico e per me la guida alla mattina, quando c’era ancora buio, diventava difficoltosa. Presentai quindi domanda di trasferimento, con la tristezza nel cuore, scegliendo come possibili nuove sedi due scuole di Lodi e tre scuole di Milano. Tra queste scuole avrei preferito una scuola di Milano, ma sapevo che sarebbe stato difficile.
In quel periodo andai spesso al quadro della Santa Cabrini, chiedendo, come al solito, il suo aiuto. In estate ebbi la bella notizia: ero stata trasferita proprio nella scuola che preferivo!
Ero sicura che per l’ennesima volta Madre Cabrini mi aveva aiutato!
Nella nuova scuola mi trovai subito bene; fui accolta con molta gentilezza da tutti i colleghi e dal personale.
Ora sono già trascorsi quasi quattro anni da quel trasferimento e continuo a trovarmi bene: sono fiera del mio lavoro e penso sempre che l’insegnamento sia la mia strada; e so di essere fortunata, perché faccio un lavoro che amo e che non mi pesa per niente, nonostante sia molto impegnativo.
Così ho deciso di scrivere di Lei, la nostra Cecchina, una Santa santangiolina, per raccontare la sua vita a chi non la conosce nei particolari.


Santa Francesca Saverio Cabrini, “un cuore largo come l’Universo”


SANT’ANGELO LODIGIANO E CASTIRAGA VIDARDO

Partiamo dalle origini.
Santa Francesca Saverio Cabrini nacque a Sant’Angelo Lodigiano, Sant’Angel, in dialetto santangiolino, un comune lombardo in provincia di Lodi che oggi conta circa 13.000 abitanti, chiamati barasini.
Le origini della città di Sant’Angelo sono molto antiche e risalgono tra il X e l’XI secolo, quando rientrava tra i possedimenti dell’antica abbazia di Santa Cristina di Olona, un monastero di fondazione longobarda.
Grazie alla sua posizione rilevante, attraversata dal fiume Lambro, Sant’Angelo diventò dall’inizio del XII secolo capopieve, una città con parrocchia messa a capo di una pieve, acquistando importanza amministrativa e diventando sede del locale prevosto.
La chiesa parrocchiale prese il titolo di chiesa basilica prepositurale, appunto perché sede di un prevosto.
Nel 1452 Sant’Angelo fu infeudata a Matteo Bolognini, che decise di ampliare il castello scegliendolo come sede del proprio contado, grazie alla sua prestigiosa posizione di prefetto d’armi a Pavia al servizio dei Visconti e poi di Francesco I Sforza.
In questo periodo nacquero numerose cascine anche sul territorio circostante (Molino, Portinaro, Belfugito, San Martino, Mezzano, Pedrina, Gibellina, Graminello, Domo, Cassina Nova, Marudino, Domodossola, Montebuono, San Felice, Monte Albano, Maiano, Galleotta, Battistina, Boffalora, Baselina, Ranera, Altra Ranera, Coda di San Pietro, Recopina, Branduzza, Borgo Santa Maria, Musella, Altra Boffalora, Bosco, Comune de’ Poveri, Borgo di Santa Maria, Borgo di San Martino, Borgo di San Rocco con Massaglia, Galeotta con Resica, Bosarda, Domossola con Molino, Riviera della Cassinazza con Marudino e Cortesina, Cà de Frati, Favorita, Sant’Angelo di Fiorenza, Lissone, Riviera).
Durante la dominazione spagnola il borgo formalmente era infeudato ai Bolognini ma a livello fiscale era stato diviso in tre parti: una parte era rimasta ai Bolognini, una parte alla marchesa Talenti-Fiorenza e la terza parte al “comune dei poveri”.
Verso la metà del Settecento Sant’Angelo aveva circa 3.000 abitanti che per la tassazione dipendevano dalla città di Lodi, anche se alcune istituzioni locali utilizzavano statuti amministrativi di Pavia o misure di conto milanesi.
Il 26 settembre 1786 l’imperatore Giuseppe II istituì le province dello Stato di Milano e Sant’Angelo Lodigiano fu compresa in quella di Lodi, così uniformò i propri costumi amministrativi a quelli del Lodigiano.
Nel 1797 il comune di Sant’Angelo fu inserito nel dipartimento del Ticino. Intanto la sua popolazione stava aumentando, a tal punto che nel 1805 Sant’Angelo contava più di 5.800 abitanti, che aumentarono ulteriormente quando nel 1809 le furono aggregati i comuni di Castiraga da Reggio (la cascina Castiraga, una delle località che compongono il comune lombardo di Castiraga Vidardo) e Vidardo, ritornate autonome con la costituzione del Regno Lombardo Veneto.
Nel 1864 Sant’Angelo prese ufficialmente il nome di Sant’Angelo Lodigiano e nel 2004 divenne città.
Sant’Angelo Lodigiano è conosciuta non solo perché casa natale di Santa Francesca Cabrini, ma anche per il suo castello, costruito nel 1370 dai milanesi per assicurarsi il controllo del fiume Lambro, su desiderio di Regina della Scala, moglie di Bernabò Visconti.
Nel 1552 fu donato dagli Sforza alla famiglia Bolognini e nel 1763 ospitò Giacomo Casanova; a quei tempi e fino al XIX secolo il castello era in uno stato di forte degrado. L’ultimo erede della famiglia Bolognini, il conte Giangiacomo Morandi Bolognini lo fece restaurare, e i lavori continuarono fino al 1912. Alla sua morte la moglie Lydia Caprara creò la Fondazione Morando Bolognini, per ricordare il marito e per promuovere in Sant’Angelo la sperimentazione agraria e la gestione del castello.
Oggi il castello ospita tre musei: la casa-museo dei Bolognini con le pregiate armi dell’armaiolo Carlo Maria Colombo, il Museo Lombardo di Storia dell’Agricoltura e il Museo del Pane.

[continua]

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